Mentre in Italia tutto tace, l’ultima notizia che siamo riusciti a
cogliere in India sul conto dei nostri fucilieri, là detenuti da 29 mesi
senza accuse, riguarda gli sviluppi di una circostanza inattesa sulla
strada che avrebbe dovuto portare verso la liberazione dei nostri
militari. Una circostanza la cui pericolosità Qelsi aveva denunciato esattamente 5 settimane fa,
ma alla quale non hanno sinora attribuito la dovuta attenzione nè la
Mogherini, nè tantomeno Renzi, troppo impegnato questo a giocare al
Risiko delle riforme per “farci caso”. Come raccontato in dettaglio in
quell’articolo (India, siamo alla farsa: l’accusatore ed il difensore
dei Marò sono la stessa persona; Qelsi 4 giugno 2014) s’è verificato un
fatto nuovo che neanche il più fantasioso scrittore di gialli avrebbe
mai potuto immaginare: l’avvocato dell’Italia, cioè il difensore di
Latorre e Girone è diventato un membro del nuovo gabinetto di Narendra
Modi uscito dalle recenti elezioni politiche in India, assumendo la
carica di Attorney General, ovvero di Capo del Sistema giudiziario
indiano e Consigliere per gli affari giuridici del governo indiano.
Questo significa che quello che per quasi due anni e mezzo è stato
l’avvocato difensore dei Marò, ora si ritrova improvvisamente dall’altra
parte della barricata. Nella sua nuova posizione, infatti, l’avvocato
Mukul Rohatgi si ritrova a far parte di un governo che vuole che i Marò
vengano processati, che si augura che vengano condannati e preme perchè
lo siano, impersonando lui allo stesso tempo il ruolo di avvocato
difensore e di avvocato dello Stato per quanto concerne il ricorso
pendente presso la Corte Suprema dell’India con il quale i Marò chiedono
la loro scarcerazione. Nella sua nuova veste, a Rohatgi l’India chiede
di trovare argomentazioni ed appigli giuridici sui quali basare un
castello accusatorio coerente con le prove manipolate rese disponibili
dalla polizia keralese, cioè usando quegli stessi elementi probatori che
lui stesso, in qualità di avvocato difensore dei Marò, da quel
riconosciuto Maestro del Diritto quale è ha provveduto a smontare uno ad
uno, elencando con puntigliosa puntualità tutte le numerose violazioni
del Codice e della Costituzione dell’India in cui la pubblica accusa,
dapprima nel Kerala e poi a New Delhi, era incorsa nel costruire un
teorema infondato per tentare di incastrare Latorre e Girone.
Una situzione grottesca, perchè Rohatgi dovrebbe sostenere in
tribunale ed alla Corte Suprema allo stesso tempo le ragioni per le
quali liberare i Marò come loro difensore, ed invece quelle che ne
dovrebbero raccomandare il processo seguito da una condanna, come molti a
livello governativo auspicano in India, in qualità di Attorney General.
Naturalmente in Italia nessuno si è ancora accorto di questa
situazione. Ci sono occorsi otto mesi per fare capire a tutti, dalla
stampa più “autorevole” al governo del Paese che i Marò stavano per
essere proocessati come terroristi passibili di pena capitale, vediamo
stavolta quanto ci vorrà a far capire ai nostri responsabili (?) al
governo la drammaticità di questa situazione che rischia di diventare un
cappio stretto al collo dei nostri indifesi militari. Al contrario, in
India questa situazione è ben nota a tutti e tutti la prendono molto sul
serio. E’ notizia di ieri che Rajnath Singh, il ministro degli Affari
Interni, ha inviato, come si usa in India, una lettera ufficiale a Ravi
Shankar Prasad, il ministro della Giustizia e quindi “capo politico” di
Rohatgi che rappresenta il suo braccio operativo, per chiedere lumi su
questa intrigata ed apparentemente insostenibile sistuazione. Nella
lettera, il ministro degli Interni chiede un “parere legale fresco”
sulla vicenda dei Marò e come regolarsi nei suoi sviluppi successivi.
Ovvio che il ministro della Giustizia, per ottenere questo parere,
non potrà che rivolgersi a colui che per legge costituzionale
rappresenta l’Istituzione preposta a rendere pareri giuridici al governo
dell’India, cioè l’Attorney General, ovvero Rohatgi, quello che sino a
prova contraria è ancora l’avvocato dei Marò, che ne ha perorato la
causa in tribunale e che ha firmato il loro ricorso pendente presso la
Corte Suprema dell’India.
Nella lettera si legge tra l’altro, a proposito di questo clamoroso
conflitto d’interessi che rischia di risolversi tutto a danno di Latorre
e Girone facendo passare il loro avvocato nelle fila dell’accusa:
“Si è venuta a determinare una situazione particolare, perchè
l’attuale consigliere giuridico (Rohatgi, ndr) del nostro Governo ha
rappresentato il Governo Italiano per tutto questo tempo. Abbiamo
scritto al Ministero della Giustizia per chiedere indicazioni sul come
andare avanti con il caso. Nessuno sta mettendo in discussione il merito
della causa, tuttavia si richiede una nuova serie di suggerimenti da
parte del ministero competente. Va sottolineato che il 26 aprile, la
Corte Suprema aveva indicato nella NIA (l’Agenzia antiterrorismo che se
coinvolta nel caso potrebbe solo applicare condanne a morte per statuto
costitutivo, eventualità che proprio Rohatgi ha contribuito in modo
determinante a scongiurare, ndr) l’agenzia cui affidare la fase
inquisitoria e l’istruttoria contro i due Marò italiani accusati di aver
ucciso due pescatori indiani al largo delle coste del Kerala nel 2012.
Rohatgi, che ha rappresentato il governo italiano, allora si era opposto
alla decisione di affidare il fascicolo alla NIA, argomentando che
l’agenzia non ha giurisdizione e che il caso in oggetto avrebbe dovuto
essere affidato alla CBI (Central Bureau of Investigations, la polizia
federale indiana, ndr). In particolare, siamo (il Governo Indiano, ndr)
ancora valutando se appellarci all’UAPA (Unlawfull Activities Prevention
Act : è una legge quadro con vari addendi mirata a prevenire attività
illegali che minacciano l’integrità dell’India: insomma, per i Marò
l’accusa di terrorismo uscita dalla porta rischia di rientrare dalla
finestra, ndr). D’altra parte, siccome è già stato disposto (dalla Corte
Suprema, ndr) che il processo venga condotto da un giudice monocratico
con udienze giornaliere (teoricamente per accelerarne l’iter, ndr) non
intralceremo in alcun modo l’attività del magistrato speciale qualora
codesto ministero della Giustizia riterrà di dare il segnale di via
libera al procedimento giudiziario”.
Prendiamo atto che il ministero degli Interni non intende interferire
nella vicenda giudiziaria dei due italiani qualora il Ministero della
Giustizia desse il segnale di via libera per un loro immediato processo.
Ma chissà cosa farebbe se tale segnale non arrivasse. Cosa c’entrino i
politici, cioè il Governo ed in particolare i Ministeri della Giustizia e
degli interni è un mistero irresolubile visto che teoricamente, anche
in India, la magistratura è un corpo separato, autonomo ed indipendente
dello Stato. Prendiamo atto che i politici danno per scontata la
celebrazione di un procedimento giudiziario escludendo a priori e senza
motivazioni la possibilità di un proscioglimento degli “Italian
marines”. Prendiamo atto che di garanzie costituzionali e di tutela dei
più elementari diritti umani neanche si accenna più.
Come si faccia poi, ci riferiamo alla Renzi&PD Co. a
gratificare un Paese che si comporta così definendolo come “la più
grande democrazia” del mondo anzichè come un Paese canaglia alla stessa
stregua, tanto per dire, della Corea del Nord, è altrettanto misterioso.
Prendiamo anche atto che quanto sopra raccontato va bene ed è
accettabile senza obiezioni per l’attuale premier Renzi, visto che di
questa ignominia non ha fatto il benchè minimo cenno a Starsburgo, che
pure sarebbe stata una splendida occasione per infilare la vicenda dei
Marò nel quadro più generale ed importante per tutti della lotta alla
pirateria ed al terrorismo internazionale che lui ha invece
completamente trascurato nonostante quello che sta avvenendo in Medio
Oriente. Perchè se sono quelli che danno la caccia ai terroristi ad
essere arrestati, invece che i guerriglieri distruttori di mare e di
terra, non si va da nessuna parte, neanche sul piano della
globalizzazione economica, e della pace, della libertà e della
democrazia.
Interrogato in merito al suo silenzio “europeo” Renzi ha detto
testualmente: “Stiamo internazionalizzando il caso dei Marò, ma dovete
tenere presente che certe volte il silenzio è meglio di una parola”.
Certe volte, ma non stavolta in cui due connazionali sono detunuti da
due anni e mezzo, senza accuse, senza prove di aver commesso alcun reato
di qualsivoglia natura come ammesso persino dal presidente della Corte
Suprema, che rischiano di essere processati e condannati non sulla base
delle risultanze processuali, ma delle indicazioni dei politici, i quali
sono così convinti della liceità del loro operato da farlo trasparire
tranquillamente sui media indiani senza alcun ritegno od il ricorso a
diplomatici giri di parole.
Renzi si svegli. Tutta questa pantomima degli indiani serve ad
una sola cosa: continuare a rinviare ogni decisione in merito
all’appello dei Marò ed a destabilizzare la loro intera architettura
difensiva congegnata da quello stesso Rohatgi che ora si trova di fronte
al dilemma se tradire la causa dei suoi difesi, o tradire l’attesa del
Governo del suo Paese, con gli strascichi e le conseguenze che una
decisione pro-Marò potrebbe comportare per chi bene o male dovrà cercare
di potere continuare a vivere in India. Prenda atto il premier che
questa è una di quelle “volte” in cui ad essere d’oro sarebbe la parola,
forte e chiara, non il silenzio vigliacco di chi è connivente.
Fonte: http://www.qelsi.it/
Rimango stupito dalle considerazioni fatte in questo articolo.
RispondiEliminaMukul Rohatgi, avendo accettato la carica di Procuratore generale, non può in alcun modo occuparsi di un procedimento giudiziario che prima lo vedeva quale difensore; è indubbio che solleverebbe sia conflitto di interesse che la violazione del codice deontologico e non sarebbe ammissibile in nessun tribunale, tanto meno alla Suprema Corte. Rajnath Singh e Ravi Shankar Prasad, possono scriversi quante lettere vogliono ma non possono andare contro la Costituzione Neanche in India si possono compiere acrobazie come quella di appellarsi all'UAPA sarebbero destinati a cadere nel ridicolo internazionale e non credo che il neo governo voglia correre un simile rischio per un capriccio politico. Inoltre, se è vero che il nostro ministero degli esteri a deciso di seguire la linea del disconoscimento dell'autorità giudiziaria Indiana, qualsiasi procedimento venga istituito si svolgerà in assenza dei nostri Fucilieri che saranno solo rappresentati dagli avvocati.
Dalla stampa indiana risulta che Rohatgi si è già chiamato fuori per conflitto d'interesse. Se e quando ci sarà l'udienza Rohatgi non ci sarà ma la pubblica accusa sarà rappresentata da qualcun altro. Il sito Qelsi in questo caso fa disinformazione.
RispondiElimina