sabato 30 novembre 2013

Caso Lexie: La polizia indiana della Nia presenterà il rapporto d’accusa entro 15 giorni, di Andrea Lenoci


“La polizia indiana della Nia presenterà il rapporto d’accusa contro i maró entro 15 giorni e sulla base di quest’ultimo il giudice indicherà i capi di accusa”. Sono queste le ultime dichiarazioni del Commissario straordinario Staffan De Mistura, al termine della sua settima missione in India.

L’inviato speciale del Governo italiano, che segue sin dall’inizio la vicenda del caso Lexie, conclude con queste affermazioni, la sua ultima missione durata otto giorni, nel corso della quale ha incontrato le Autorità di New Delhi e i due militari italiani.

Audizione in Senato. Soltanto pochi giorni prima di partire, De Mistura partecipò ad un’audizione innanzi alle Commissioni Difesa ed Esteri del Senato, tenutasi il 13 novembre u.s. Le dichiarazioni rese seguono la linea politica da sempre mantenuta. Con maniacale calma diplomatica, il Commissario straordinario parlò di nebulosità nelle indagini indiane, pur non specificando a cosa fossero dovute queste imprecisioni: le notizie corrono in rete ed i vari interpreti fanno proprie tali dichiarazioni. Ci sono coloro che riesumano le ipotesi di differente calibro, apparse su alcuni media italiani, in seguito alla perizia balistica della polizia scientifica indiana e chi invece, ritorna a parlare della corrispondenza fra i proiettili rinvenuti sul peschereccio e le armi assegnate al team del Reggimento San Marco, ma in uso ad altri militari dell’equipaggio.

E palese che le due versioni siano completamente contrastanti tra loro e che sarebbe stata necessaria una specificazione, almeno per evitare che le già frammentate e talvolta celate notizie, si rendano ancora più incomprensibili per l’opinione pubblica. Solo in concomitanza della partenza però l’inviato De Mistura, spiega a cosa fossero dovute le sue dichiarazioni. “La nebulosità di cui ho parlato in Senato non riguarda i calibri di questi proiettili, ma l’appartenenza ai fucili che li hanno sparati”: é chiaro quindi che l’inviato si riferisse alla seconda ipotesi paventata dai media italiani e aggiunse: “Non siamo noi ma la perizia scientifica indiana ad avere indicato le matricole dei fucili che avrebbero sparato i proiettili rinvenuti nei cadaveri dei due pescatori”. Egli tentò inoltre di far passare l’idea che tali circostanze fossero a favore della difesa di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone: ciò che invece ci chiediamo, é il perché si sia cambiata la linea diplomatica proprio in occasione del cambio di Governo.
Strategia diplomatica. Perché il Governo Monti, seppur con molte difficoltà e numerosi errori sulle scelte intraprese sin dai primi minuti, ha sempre sottolineato la giurisdizione esclusiva dell’Italia sul caso Lexie, mentre il nuovo Governo Letta e i suoi interpreti, non fanno altro che giustificare i tempi e rimandare alla speranza che il processo si concluda nel minor tempo possibile? Ed è alla luce di questa posizione che, il Commissario straordinario aggiunse prima della partenza:
“Non vorrei che la Nia scegliesse di formulare comunque capi di accusa durissimi nei confronti dei due marò, magari presupponendo un’utilizzazione da parte loro di armi assegnate invece ad altri fucilieri di Marina che erano sulla Enrica Lexie. Questo viaggio servirà a esaminare lo scenario possibile al momento della formalizzazione dell’accusa, ad aggiustare il tiro della difesa anche per un eventuale contrattacco, e a preparare più in generale la nostra strategia processuale.”
Possibile che non si riesce a capire che dobbiamo essere rispettati come Nazione, che pretendiamo di giudicare i nostri marò, così come stabilito dalle norme internazionali consuetudinarie e pattizie? Non vogliamo solo indietro i nostri militari, ma vogliamo che ciò avvenga nel pieno rispetto del Diritto Internazionale. E cosa succederà se la difesa fosse quella che la morte dei due pescatori indiani fosse avvenuta per mano di altri due militari?

É lo stesso ministro degli Esteri Emma Bonino a far sue le medesime dichiarazioni di De Mistura. In seguito alla testimonianza in videoconferenza degli altri quattro componenti del Nucleo di Protezione Militare, fu proprio il Ministro a dichiarare: “Adesso la procura di Delhi deve chiudere il fascicolo delle indagini, arrivare al capo d’imputazione e poi si apre il processo”.
Ma come di consueto, dopo dichiarazioni concludenti volte all’accettazione del processo in India, susseguono speranze di risoluzione in tempi brevi, speranze che sono state divulgate fin dal Maggio del 2012. Ed invece, sono passati 22 mesi.

La posizione indiana. Dal canto suo, la Nia ha fatto sapere di essere già impegnata a consultare esperti giuridici per la formulazione dei capi di accusa, in un rapporto che a suo avviso sarà “a tenuta stagna”, rispondendo invece con canonici “no comment” alle domande sui tempi di definizione delle indagini.

É il Ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid a riferire il 21 Novembre 2013, a conclusione dell’incontro con Staffan De Mistura, che “La polizia sta preparando il fascicolo con i capi di imputazione e subito dopo potrà iniziare il processo, che come stabilito dalla Corte Suprema si svolgerà con cadenza quotidiana”.
Insomma, nonostante la giurisdizione esclusiva italiana, ormai si è deciso che debba essere l’India a giudicare: ma di tutto questo ormai, non se ne parla più! Nessuno spiega perché non facciamo valere i nostri diritti, perché non tentiamo di coinvolgere le Organizzazioni internazionali che hanno voluto la lotta alla pirateria marittima! Si tende ormai, a fornire speranze di risoluzione in tempi brevi, ma non ci stancheremo mai di dire che, aldilà di come possa andare il processo, noi vogliamo che lo Stato italiano faccia valere i propri diritti e, soprattutto, i diritti di coloro che da sempre difendono la Sua bandiera.

L’incostituzionalità dell’art. 698 e il Caso Venezia, di Erika Palazzo

Negli ultimi tempi, in merito al caso marò, più volte in vari articoli è stato citato l’articolo 698 del Codice di Procedura Penale e il Caso Venezia. In relazione a quale caso scaturì l’intervenuta incostituzionalità di tale disposto? Il 24 Dicembre 1993, Pietro Venezia, 40 anni, proprietario di un noto ristorante italiano di Miami, sparò cinque colpi di pistola contro l’agente del Fisco dello Stato della Florida Donald Bonham, 61 anni. Venezia, accusato di omicidio di primo grado, per il quale in Florida è prevista la pena di morte, fuggì in Italia.  Il successivo 30 dicembre venne spiccato il mandato di cattura e scattò la caccia internazionale all’uomo che si concluse con l’arresto nel 1994, a Laterza in provincia di Taranto. L’America fece richiesta all’Italia di estradizione, con la garanzia che non sarebbe stata inflitta la pena capitale, poiché non ammessa dall’ordinamento italiano, come sancito dall’articolo 27 della nostra Costituzione:
“La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.
Il Caso Venezia diventò fin da subito oggetto di dibattito parlamentare e giuridico, in quanto l’Italia, nonostante le garanzie dell’America, non voleva concedere l’estradizione, in deroga alla Convenzione europea di estradizione del 1957 stabilisse che: “se il reato per il quale è richiesta l’estradizione è punibile con la pena di morte secondo le leggi del paese richiedente e se per tale reato la pena di morte non è prevista dalla legge dello Stato cui viene fatta la richiesta o non è normalmente eseguita, l’estradizione potrà essere rifiutata, a meno che la parte richiedente non dia assicurazioni, ritenute sufficienti dallo Stato estradante, che la pena di morte non verrà eseguita“. Quest’ultima ipotesi infatti, era contemplata  dal secondo comma dell’art. 698 del Codice di Procedura Penale italiano.  Quindi, avendo dato l’America queste “assicurazioni”, alla fine del 1995 il ritorno in Florida pareva inevitabile. Nel giugno ’96, Venezia presentò ricorso al Tar, che demandò la questione alla Corte Costituzionale. Quest’ultima, con una sentenza destinata a fare giurisprudenza, dichiarò l’incostituzionalità dell’articolo sopra citato, negando definitivamente l’estradizione, in quanto:
“il ripudio della pena di morte, sancito dall’art. 27 della Costituzione, non può dirsi adeguatamente tutelato dal riferimento alle «sufficienti garanzie» che tale pena non venga inflitta o comunque eseguita, contenuto nella norma in esame. Per le medesime ragioni è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della l. 26-5-1984, n. 225, di ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione fra Italia e Stati Uniti, nella parte in cui si riferisce all’art. 9 del trattato medesimo.”
Sostanzialmente, la Corte Costituzionale reputò che le garanzie volte da uno Stato richiedente l’estradizione circa la mancata esecuzione della prevista pena capitale, non potevano essere sufficienti a determinare la “consegna”  dell’imputato, in quanto tale condanna lede il Diritto alla Vita sancito dalla nostra stessa Costituzione.  Pietro Venezia fu quindi, processato e condannato, in Italia, per l’omicidio volontario premeditato di Donald Bonham in Florida e gli furono inflitti 23 anni di reclusione.

Le vicende del Caso Lexie, di Roberta De Luca

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Il 15 febbraio 2012 segna l’inizio di quello che sarà definito caso Lexie (o caso maró): il peschereccio Sir Anthony di colore bianco, al largo delle coste Indiane, viene coinvolto in un conflitto a fuoco in cui trovano la morte Valentine Jalestine e Ajesh Binkuil per un colpo di arma da fuoco  rispettivamente alla testa ed al cuore. 

Approdato al porto di Kochi alle ore 18.20 l’equipaggio del natante denuncia l’accaduto, sostenendo che al momento dell’incidente dormivano tutti e che nessuna imbarcazione era stata vista nelle vicinanze. Le Autorità  Portuali contattano, quindi, tutte le navi presenti nella zona dell’incidente: l’Enrica Lexie, la Kamome Victoria, la Giovanni DP e l’Ocean Breeze, invitando chi avesse subito attacchi pirati, ad entrare in porto per un riscontro su un peschereccio fermato con armi a bordo.

Tra tutte risponde all’invito solo al Enrica Lexie che entra in porto alle 23,00. E’ l’unica che ammette sin da subito che ha effettivamente subito un tentativo di approdo alle ore 16.30 a circa 22 miglia dalla costa da un natante pirata, di piccole dimensioni di colore blu. Arrembaggio evitato sparando raffiche di avvertimento in acqua.

Anche la Olympic Flair, identica per colore e struttura alle altre, è in zona. Nega l’attacco dei pirati e lo denuncia solo il giorno dopo adducendo di averlo subito in prossimità delle acque territoriali intorno alle 22.30 c.a. ora in cui la Enrica Lexie, scortata dalla guardia costiera indiana, transitava proprio in quelle acque.

La Enrica Lexie è una nave battente bandiera italiana con a bordo un nucleo militare di protezione per contrastare la pirateria, composto da sei fucilieri del battaglione San Marco, forza anfibia della Marina Militare Italiana, comandato dal Capo di I classe  Massimiliano Latorre ed il sergente Salvatore Girone.
Il 19 febbraio Massimiliano Latorre  e Salvatore Girone vengono sottoposti a fermo dalle autorità locali per l’omicidio dei due pescatori.

I corpi di Valentine e Ajesh, vengono sottoposti ad una frettolosa autopsia e cremati dopo due giorni dalla morte. Gli stessi sono di religione cattolica.

Nel corso dell’esame autoptico e delle perizie balistiche la magistratura Indiana rifiuta la presenza dei periti Italiani, ammessi solo in qualità di osservatori: decisione che nega loro la possibilità di richiedere ulteriori analisi o di firmare eventuali documenti.

In data 24 Febbraio i giornali riportano la notizia del ritrovamento, nei due cadaveri, di proiettili di calibro 0,54 pollici, non compatibili con le armi in dotazione dei marò Italiani. Il calibro 0,54 pollici equivale a 13,7 mm e non esiste come calibro NATO. Questa cartuccia può essere stata sparata da un solo fucile, Boys MK1 AT Rifle, in servizio durante la II Guerra mondiale nell’esercito britannico e di cui è cessata la produzione nel 1940 e ritirato dal servizio nel 1943. Si tratta di un’arma residuato bellico inglese che potrebbe essere giunta  tramite organizzazioni criminali nelle mani di pirati.

In data 4 marzo 2012 in un articolo di giornale si citano le parole di K. Sasikala, professore di Medicina e Chirurgia legale, il quale sostiene che il «proiettile metallico a punta» ritrovato nel cranio di uno dei pescatori misura «3,1 centimetri di lunghezza», «due centimetri di circonferenza sulla punta» e «2,4 sopra la base». Attraverso queste indicazioni possiamo dedurre, partendo dal raggio, il diametro del proiettile rinvenuto: 7,62 mm, compatibile con un classico calibro esistente sia in versione occidentale che in versione orientale.

Considerando la lunghezza del proiettile riportata da Sasikala, pari a 31mm, possiamo risalire ad una serie illimitata di armi ad esso compatibili; fra queste rinveniamo anche la mitragliatrice di fabbricazione sovietica  tipo “PK”, posta sui barchini della Guardia Costiera dello Sri Lanka al fine di controllare le acque territoriali e di reprimere la pesca illegale.

Una ultima indicazione viene fornita in data 11 Aprile circa la compatibilità dei proiettili rinvenuti con le rigature delle canne dei due fucili. Tuttavia alla compatibilità delle rigature non è direttamente consequenziale alla compatibilità dei calibri: difatti proiettili di calibro diverso non possono essere sparati da canne di fucile che presentano la stessa rigatura.

Di conseguenza pur essendovi compatibilità di rigatura su proiettili 5,56X45 NATO e su proiettili 7,62X 51 avremmo comunque un calibro differente.

Nell’annuncio fatto dagli inquirenti indiani con il quale si affermava di aver rilevato la “compatibilità delle rigature” su due dei fucili sequestrati ai militari italiani, è stato indicato il tipo di fucili: Beretta ARX 160.

Ma ben sappiamo che i due Militari Italiani erano armati di un fucile Beretta SC 70/90 ed un comunicato della Marina Militare italiana ha chiarito che il fucile Beretta ARX 160 non è in dotazione ai reparti imbarcati in operazioni anti pirateria e nemmeno a quelli imbarcati sulla Enrica Lexie, essendo un’arma ancora in corso di valutazione da parte delle Forze Armate Italiane.

In data 14 aprile vengono ufficializzate e rese note le conclusioni finali elaborate dagli esperti balistici indiani: nei corpi dei due pescatori deceduti nell’incidente sarebbero stati ritrovati proiettili calibro 5,56 compatibili con i proiettili dei fucili Beretta 70/90 in dotazione ai due Fucilieri ma che sono in dotazione anche alle forze armate Indiane oltre che a quelle Srilankesi. Di conseguenza, pur ritrovando all’interno dei corpi  delle vittime  proiettili calibro 5,56 mm, unicamente attraverso una analisi scientifica del proiettile è possibile determinare il nome del produttore, il lotto di produzione, l’arma che lo ha sparato e infine verificare che lo stesso proiettile era in dotazione alle Forze Armate italiane.

Testimone fondamentale per lo sviluppo delle indagini è il peschereccio Sant’Anthony dissequestrato e restituito al proprietario che lo ha abbandonato e lasciato affondare.
Freddy Bosco, proprietario del peschereccio, dopo aver negato la presenza di navi intorno al peschereccio dichiarava che una nave rossa e nera, aveva inspiegabilmente sparato numerosi proiettili  contro di loro e che una delle vittime Valentine si trovava in posizione eretta al timone al momento della morte e che il proiettile lo raggiungeva alla tempia destra. I vetri del peschereccio, all’entrata nel porto erano intatti.

Nelle more delle indagini e del giudizio, celebrato nello Stato del Kerala,  i due militari, posti in libertà vigilata alla scadenza dei termini di custodia cautelare, ottengono il permesso di tornare in Italia in occasione delle festività Natalizie del 2012 e delle elezioni amministrative del febbraio 2013. Il Ministro degli Esteri Giulio Terzi annuncia, in questa ultima occasione, la decisione di non rinviare più i militari in India. Decisione non condivisa dal Governo, che a seguito le ritorsioni dell’India, che intimava al Nostro Ambasciatore di non allontanarsi dal territorio Indiano, limitando di fatto la sua libertà, in violazione della Convenzione di Vienna, annuncia il rientro di Latorre e Girone in territorio Indiano, per onorare l’impegno preso da Mancini, garante del loro ritorno.

Il processo per omicidio volontario che vede imputati i due militari Italiani,  viene, intanto,  interrotto a seguito della sentenza del 18 gennaio 2013  della Corte Suprema di New Delhi, emessa su ricorso dell’Italia che chiedeva  il riconoscimento della giurisdizione Italiana in merito al caso, in conformità a quanto sancito dalla a Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare o UNCLOS (United Nations Convention on the Law of the Sea), a cui hanno aderito ad oggi 162 Stati, tra cui Italia ed India, nonché alle norme di diritto internazionale di antichissima applicazione che riconoscono l’immunità funzionale dei militari di truppa  nell’esercizio delle loro funzioni: la loro azione non può essere imputata loro personalmente, ma deve esserlo allo Stato Italiano. 

La Corte con  una corposa sentenza, affermava: che l’incidente non è avvenuto in acque territoriali ma nella cosiddetta ZEE, che competente a compiere indagini ed a giudicare non è il Kerala e che pertanto,  si rende necessario un supplemento di indagine, in seguito affidate  al NIA,  e che  il successivo processo, anche in merito alla giurisdizione, sia celebrato innanzi  ad un istituendo Tribunale Speciale.

Attualmente il Nia ha concluso le indagini, ma non si conoscono i capi di imputazione.

domenica 24 novembre 2013

Lettera aperta a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, di Nicola Marenzi


patriottismo italiano

Carissimi Massimiliano e Salvatore, volevo con voi condividere, i sentimenti vissuti alla Manifestazione tenutasi ieri 23 novembre a Roma. Associazioni d'Arma, Veterani, rappresentanti delle varie Brigate e dei vari Battaglioni, ma anche tantissima gente comune, si sono ritrovati in una piazza UNITI per invocare la vostra LIBERAZIONE e per dire basta alle manipolazioni e alle menzogne.

Una camminata piena di emozioni a favore della VERITA', della GIUSTIZIA  e della LIBERTA', tre principi universalmente accettati la cui violazione non può essere che percepita come intollerabile. La determinazione delle donne e degli uomini che si sono stretti alle vostre famiglie e quindi a voi, risuonava nell'aria con effetti di eco. 

La LIBERTA', condizione di chi può agire senza costrizioni; la GIUSTIZIA, principio morale, virtù, consistente nel dare a ciascuno il dovuto, nel giudicare con equità; la VERITA', quindi la ricerca di ciò che è vero, rispondente alla realtà, in relazione ai fatti e non alle falsità. Questi sono i VALORI che la nostra Nazione deve prodigarsi a perseguire, questi sono i valori per cui il popoplo deve lottare. 

Per arrivare a questo ci vuole DIGNITA'  e un instancabile forza d'animo ed è per questo che voglio ringrare voi e le vostre famiglie per avere dimostrato che, anche nei momenti più difficili, sono caratteristiche che vi appartengono, sono la vostra VIRTU'.

Per tutti questi motivi voglio infine dirvi GRAZIE, perchè con il vostro calvario, state risvegliando tutti questi valori che per vicissitudini varie, vengono calpestati e sottovalutati. Con il vostro esempio l'ITALIA si deve risollevare.

Un forte abbraccio, Nicola.




giovedì 21 novembre 2013

Macché complotti d'India Ci umiliano per i marò e pure per Finmeccanica

Il governo indiano potrebbe stracciare il contratto per gli elicotteri italiani dell'Agusta Westland e i marò sono sempre in attesa di processo a Delhi.


Due pugni nello stomaco dell'Italia con l'aggravante che in India è già iniziata un'infuocata campagna elettorale. E il leader nazionalista dell'opposizione torna a cavalcare la vicenda dei nostri fucilieri di Marina.
Nelle ultime ore è tornato d'attualità il contratto di 560 milioni di euro per 12 elicotteri Agusta, società del gruppo Finmeccanica, che dovevano venir venduti al ministero della Difesa indiana.
In fiumi di articoli gli specialisti dei «complotti» hanno sempre sostenuto strane e oscure connessioni con la vicenda dei marò, che al riscontro dei fatti e dei tempi dell'appalto non risultavano fondate. La tesi che andava per la maggiore era la svendita della pelle dei marò, in cambio dei 12 elicotteri. Altre ipotesi parlavano di innominabili «scambi» di favori sull'inchiesta per corruzione relativa all'appalto e quella su Latorre e Girone accusati di aver ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati.
Ieri i rappresentanti di Agusta si sono recati al ministero della Difesa indiano. Il giorno prima la stampa di Delhi aveva dato per spacciato il contratto. In realtà il governo di Delhi deciderà cosa fare il 26 novembre, dopo aver ricevuto ulteriori risposte scritte dalla società sulle accuse di aver pagato tangenti. Agusta Westland ha annunciato di aver designato un ex giudice, B.N. Srikrishna, per l'arbitrato previsto dal contratto. L'alto magistrato è stato presidente dell'Alta corte del Kerala, dove è iniziata l'odissea dei marò.
Gli esperti di dietrologia troveranno chissà quali connessioni, ma la verità è che l'Italia risulta fregata, da tempo, sul caso marò e pure sulla vendita degli elicotteri fortemente a rischio. Lo scandaloso do ut des teorizzato dai complottisti, se fosse vero, si starebbe rivelando un sonoro bidone sia per i fucilieri di Marina, bloccati a Delhi, che per la possibile perdita economica di un contratto da mezzo miliardo di euro.
L'inviato speciale del governo italiano, Staffan De Mistura, è a Delhi per l'ennesima missione, ma non si sbilancia sui tempi di chiusura dell'indagine della polizia anti terrorismo. Si spera in un mese, praticamente sotto Natale e si teme un capo d'accusa pesante, che poi potrebbe venir smontato in aula.
Avanti di questo passo il processo della corte speciale rischia di iniziare il prossimo anno nel pieno della campagna elettorale, già cominciata, per le elezioni nazionali in primavera. Il blocco dell'opposizione guidato dal partito nazionalista indù e dal suo discusso candidato, Narendra Modi, ha rispolverato il caso marò. Nel mirino c'è il partito del Congresso, che rischia di perdere le elezioni, guidato da Sonia Ghandi di origine italiana. Modi l'accusa di avere un occhio di riguardo sulla vicenda dei fucilieri di Marina.
Il risultato è che gli indiani si muovono con i piedi di piombo sul lato giudiziario e i marò potrebbero diventare di nuovo dei capri espiatori della politica locale, che per motivi di propaganda elettorale agiterà la richiesta di una pena esemplare.
Per risollevare l'attenzione dell'Italia sullo spinoso caso i familiari di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno indetto la manifestazione, «Tutti insieme per i marò», sabato prossimo nella capitale. «Non è una marcia su Roma, ma semplicemente una marcia per le vie di Roma con l'obiettivo di dimostrare tutti insieme la solidarietà degli italiani» hanno spiegato i familiari. Alle 15 il corteo partirà da piazza Bocca della Verità. Nessun incontro con esponenti del governo e sono vietati simboli o bandiere di partito. Le associazioni combattentistiche degli alpini, bersaglieri, paracadutisti e dei «Leoni del San Marco» hanno aderito al corteo. La compagna di Latorre, Paola Moschetti, spera che «tutto si risolva il prima possibile, ma neppure pensiamo al Natale. L'importante è che i marò tornino a casa con onore».
 
Fonte: ilgiornale.it / Fausto Bisoslavo
 
 

Le spese pazze della UE che impoveriscono gli stati membri, articolo sconsigliato a persone sensibili


 


A titolo informativo, ma anche in risposta alle inconsistenti accuse di Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo e alla guida dell’Assemblea dell’Unione per il Mediterraneo, vi proponiamo un elenco, anche se incompleto, dei miliardi spesi dalla UE (e dall’Italia) negli ultimi mesi in aiuti ai paesi della sponda sud del Mediterraneo e non solo…
La Commissione europea lancia un piano d’azione molto aggressivo contro l’evasione fiscale.


Ecco dove vanno a finire le nostre tasse

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mercoledì 20 novembre 2013

La Cortina di Silicio, Internet, democrazia e destatualizzazione.

«Da Stettino nel Baltico a Trieste nell'Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente», così Churchill sentenziò in un discorso tenuto al Westmister College di Fulton, nel Missouri, il 5 marzo del 1946, alla presenza di Henry Truman, Presidente degli Stati Uniti.
 
 
 
Anche se l'espressione «cortina di ferro» era farina del sacco di Goebbels, il suddetto discorso di Churchill ben delineava ciò che sarebbe successo sia nel teatro eurocentrico sia su scala planetaria a causa delle tensioni fra Mosca e Washington; la «cortina di ferro», quale linea di separazione e di confronto fra i due blocchi Est-Ovest, entrò nel gergo comune e rappresentò per mezzo secolo, nel mondo della civiltà Occidentale, il confine, il limes fra mondo libero e mondo oppresso.
 
Oggi, invece, ciò che ora separa la comunità Occidentale dagli stati accentrati e centralizzati - descriverli solo come autoritari sarebbe eccessivamente esemplificativo -  è una Cortina di Silicio. Laddove arriva la “libera” (per li meno formalmente) cybercomunity, internet, il web, la rete, insomma, laddove la capacità di comunicazione intra persone non è regolata in compartimenti stagni, come è tipico di quei paesi dove vige un forte esercizio della polizia politica; laddove v'è strumenti e strumentazione per la comunicazione telematica; laddove arrivano i social network, in definitiva, si trova la frontiera fra stato continentale e potenza talassocratica, per usare termini cari a Carl Schmitt.
 
Nato come sistema (con il nome di ARPAnet) per le comunicazioni telematiche fra i vari quartier generali NATO durante la Guerra Fredda nell'ottica di coordinazione della difesa in caso di attacco nucleare, caduto il Muro di Berlino, internet è stato reso pubblico ad uso civile nell'ottica di un sistema di comunicazione di massa a livello planetario negli anni '90. Ad oggi, da un punto di vista geostrategico, è un potente veicolo di PsyOPS, di propaganda laddove si vuol destabilizzare uno stato nemico. La congiunzione fra smartphone e social network, l'avanzare della tecnologia delle telecomunicazioni, ha reso possibile il passaggio di informazioni (sensibili o meno) insomma, la comunicazione mobile difficilmente intercettabile da chi non ha il know how per farlo. Considerando, inoltre, che la genealogia geostrategica del Leviatano virtuale nel mondo Occidentale e la geopolitca statunitense sono legati biunivocamente in un circolo vizioso: Washington deve il suo poter anche al potere tecnologico delle comunicazioni virtuali e queste devono la loro esistenza all'influenza geoeconomica americana.
 
Difatti, se D'Annunzio volò su Vienna bombardandola di volantini in cui si incitava la popolazione a ribellarsi agli Asburgo - una delle prime, vere PsyOPS in chiave aeronautica - oggi sono i tweets che incitano alla ribellione nonché la rete satellitare che ne permette l'invio. 
 
Quando Gheddafi, riappacificatosi con l'occidente nel 2005, acconsentì che venisse concesso l'uso ad ampie fette della popolazione di cellulari e internet; oltre che spostare i petroldollari di famiglia in banche americane. Gheddafi sapeva bene che così sarebbe venuta a pendere una doppia spada di Damocle sulla sua testa: quella del possibile congelamento dei beni economici e quella della possibilità di spargere voci destabilizzanti al suo regno. Difatti, non possedendo affatto la tecnologia per controllare le cyber attività del suo popolo, si affidò a aziende occidentali e non del settore che spiavano i cittadini libici su internet. Non poteva fare altro, avendo perso l'antico protettore sovietico e volendosi reinserire nella comunità internazionale. 
 
Scoppiate però le rivolte, deciso l'intervento della NATO, le aziende che prestavano tali servigi al padre padrone libico gli voltarono la faccia. Da quel momento Gheddafi perse il controllo della popolazione. Ci rimise pelle e trono, a colpi di kalashnikov e di tweets. Sopravvissuto alla Cortina di Ferro, quella di Silicio, come politicamente per Ben Alì e Mubarak, fu a Gheddafi fisicamente fatale. Anche in Siria, le aperture a internet operate da Bashar al-Assad gli si sono ritorte contro, portando a ciò che oggi sappiamo sta imperversando in Siria.
 
Sarà che, come asserisce Fukuyama in un suo ben noto e fortunato saggio, riprendendo la concezione escatologica e filosofica di hegeliana, la fine della Storia passi dall'ultimo uomo; ma anche, probabilmente, dall'ultimo tweet e dall'ultimo cyberattivista... 
 
Fonte: Saverio Fidecicchi - http://www.disordinemondiale.com/

Wall Street Journal: "In Italia la ripresa è soffocata dalle tasse"

Uno studio del giornale Usa sul sitema fiscale italiano evidenzia il più alto carico d'Europa sulle imprese.

Che sia o meno "a portata di mano", come indicano da settimane gli esponenti di governo, la ripresa in Italia è sostanzialmente bloccata da un carico fiscale ai danni delle imprese che assomiglia più ad una oppressione vera e propria. ”Con una economia che stenta a ripartire ed una disoccupazione a livelli record, il peso delle tasse in Italia potrebbe distruggere le prospettive di ripresa”. A dirlo è il Wall Street Journal, che ha dedicato uno studio approfondito al sistema fiscale italiano. Il giornale Usa sottolinea che proprio “l’enorme peso delle tasse” su aziende e lavoratori è una delle principali cause per la scarsa crescita dell’Italia negli ultimi dieci anni, addirittura “la più bassa tra i 34 Paesi dell’area Ocse“.
 
IL PROBLEMA DELLE TASSE SUL LAVORO - L’Italia si distingue in Europa per la sua dipendenza dalle tasse sul lavoro, pagate da imprese e dipendenti per finanziare il sistema pensionistico. L’esborso per le pensioni di anzianità rappresenta circa il 13% del Pil, ossia un terzo più alto rispetto alla Germania e il doppio rispetto agli Usa, secondo i dati Ocse. Si verificano così veri e propri paradossi come quello secondo il quale un lavoratore italiano costa alla sua azienda più di uno spagnolo, per fare un esempio, ma ha uno stipendio più basso. Secondo Paolo Manasse, professore di economia all’università di Bologna interpellato in proposito dal WSJ, per essere in linea con la media Ocse il governo dovrebbe tagliare altri 30 miliardi di euro di tasse sul lavoro.
 
L'ALLARME DELLA CGIA - Citando il rapporto “Paying Taxes 2014" diffuso in questi giorni, la CGIA di Mestre sottolinea come "il peso complessivo di tasse e imposte in Italia è il più alto d’Europa, pari al 65,8% dei profitti commerciali contro una media scesa al 41,1% nel Vecchio Continente e del 43,1% nel mondo". Si sottolinea inoltre come in Italia le società impieghino 269 ore all’anno contro le 179 ore impiegate in media da un’impresa europea e le 268 ore l’anno della media mondiale per gli adempimenti fiscali. In Italia le imprese effettuano 15 pagamenti contro i 13,1 europei e i 26,7 richiesti mediamente a livello globale. Il carico fiscale complessivo nel nostro Paese si conferma il più alto d’Europa, pari al 65,8% dei profitti commerciali, in miglioramento rispetto al 2012 (68,3%) contro una media Eu&Efta scesa a 41,1% dal 42,6% del 2012 e una media mondiale del 43,1%, in miglioramento rispetto al 44,7% dello scorso anno.
 
Fonte: economia.virgilio.it

 

Trans Pacific Partnership Agreement. I brevetti come strumento di un nuovo “imperialismo”?


Trans-Pacific-Strategic-Economic-Partnership-Agreement-TPP

Il sito Web “WikiLeaks” ha pubblicato il 13 novembre 2013 un interessante quanto inquietante reportage su alcuni protocolli che il governo statunitense starebbe discutendo con un gruppo privilegiato di partner nell’area del Pacifico (USA, Giappone, Messico, Canada, Australia, Malesia, Cile, Singapore, Perù, Vietnam, Nuova Zelanda, Brunei) nel contesto dei negoziati per l’Accordo di Cooperazione Trans Pacifico (TPP). 


Nel nome del “libero mercato”, sembra che si voglia facilitare l’ottenimento di brevetti per categorie di farmaci e la loro durabilità: a vantaggio delle grandi aziende farmaceutiche, che nel corso degli anni hanno consolidato una specie di oligopolio. WikiLeaks denuncia la segretezza che accompagna questi negoziati, che il governo statunitense si appresti a farli approvare secondo procedure d’urgenza che permetterebbero di tenere all’oscuro il congresso di Washington sul loro contenuto, che tale protocollo transpacifico escluda paesi quali la Russia, la Cina, il Vietnam e altri e, infine, che preluderebbe a un accordo di partenariato transatlantico di simile natura (Transatlantic Trade and Investment Partnership).
Questi negoziati internazionali presentati da WikiLeaks, appaiono un po’ come una cospirazione volta tra l’altro a favorire una specie di privatizzazione dei rapporti tra gli stati o, meglio, di utilizzo della politica di alcuni stati a vantaggio di alcune poderose imprese multinazionali quali Chevron, Halliburton e altre.
Il sistema dei brevetti, sorto quale strumento per difendere il privilegio di utilizzare il frutto dell’inventiva propria ricavandone profitti tramite una produzione industriale “protetta”, è stato uno dei principali motori dello sviluppo economico dal XIX secolo in poi. Ovviamente si presta a manipolazioni. C’è chi, all’epoca della grande propaganda sul “buco dell’ozono” (che da tempo pare stia restringendosi), sosteneva che la causa “ufficialmente” data per certa di tale fenomeno, cioè il disperdersi nell’atmosfera del gas CFC, usato nei frigoriferi, servisse in realtà per impedire ai paesi in via di industrializzazione di produrre per proprio conto quel gas il cui brevetto stava scadendo. In realtà il CFC ha continuato a essere prodotto, solo è stato reso più “pesante” così da non raggiungere gli strati alti dell’atmosfera.
E riguardo ai brevetti per la produzione di farmaci, c’è anche da osservare che, se può essere sgradevole e forse anche economicamente non conveniente che sia un oligopolio di grosse compagnie a produrli, forse queste offrono anche il vantaggio di fornire un prodotto meglio controllato di quanto non possano fare piccole aziende che operano in contesti dove l’igiene e l’accuratezza procedurale non sono eccelsi.
Ovviamente la denuncia di WikiLeaks ha una portata che va al di là del tema della legittimità nell’uso dei brevetti in campo farmaceutico e riguarda più in generale il rapporto tra gli stati e lo stesso rapporto tra un governo e i propri cittadini.
Se la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti del 1776 asserisce nel suo incipit il diritto di ogni nazione a occupare una “condizione separata ed eguale” (“When in the Course of human events, it becomes necessary for one people to dissolve the political bands which have connected them with another, and to assume among the powers of the earth, the separate and equal station to which the Laws of Nature and of Nature’s God entitle them, a decent respect to the opinions of mankind requires that they should declare the causes which impel them to the separation”), argomentando quindi che a ognuno vanno riconosciuti certi “diritti inalienabili” (“vita, libertà, ricerca della felicità”) ecco che accordi segreti volti ad escludere alcune nazioni, o persino a offrire privilegi ad alcune corporation, appare eludere questi alti principi che fondano non solo l’esistenza degli Stati Uniti, ma che sono la buona regola di convivenza tra gli stati nel consesso internazionale.
Appare arduo formarsi un’opinione e prendere una posizione netta su questioni poco note e molto gravi, quali questa denunciata da WIkiLeaks. D’altro canto proprio per questo sarebbe il caso che i governi interessati da tale denuncia facessero conoscere con la maggiore chiarezza possibile quali sono i termini della questione.
Per favorire la più ampia discussione possibile riportiamo qui il testo pubblicato da WikiLeaks (wikileaks.org), dal cui sito è anche possibile scaricare la parte del protocollo in discussione per il TPP, relativa alla “proprietà intellettuale”.
Today, 13 November 2013, WikiLeaks released the secret negotiated draft text for the entire TPP (Trans-Pacific Partnership) Intellectual Property Rights Chapter. The TPP is the largest-ever economic treaty, encompassing nations representing more than 40 per cent of the world’s GDP. The WikiLeaks release of the text comes ahead of the decisive TPP Chief Negotiators summit in Salt Lake City, Utah, on 19-24 November 2013. The chapter published by WikiLeaks is perhaps the most controversial chapter of the TPP due to its wide-ranging effects on medicines, publishers, internet services, civil liberties and biological patents. Significantly, the released text includes the negotiation positions and disagreements between all 12 prospective member states.

The TPP is the forerunner to the equally secret US-EU pact TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), for which President Obama initiated US-EU negotiations in January 2013. Together, the TPP and TTIP will cover more than 60 per cent of global GDP. Both pacts exclude China.
Since the beginning of the TPP negotiations, the process of drafting and negotiating the treaty’s chapters has been shrouded in an unprecedented level of secrecy. Access to drafts of the TPP chapters is shielded from the general public. Members of the US Congress are only able to view selected portions of treaty-related documents in highly restrictive conditions and under strict supervision. It has been previously revealed that only three individuals in each TPP nation have access to the full text of the agreement, while 600 ’trade advisers’ – lobbyists guarding the interests of large US corporations such as Chevron, Halliburton, Monsanto and Walmart – are granted privileged access to crucial sections of the treaty text.
The TPP negotiations are currently at a critical stage. The Obama administration is preparing to fast-track the TPP treaty in a manner that will prevent the US Congress from discussing or amending any parts of the treaty. Numerous TPP heads of state and senior government figures, including President Obama, have declared their intention to sign and ratify the TPP before the end of 2013.

WikiLeaks’ Editor-in-Chief Julian Assange stated: “The US administration is aggressively pushing the TPP through the US legislative process on the sly.” The advanced draft of the Intellectual Property Rights Chapter, published by WikiLeaks on 13 November 2013, provides the public with the fullest opportunity so far to familiarise themselves with the details and implications of the TPP.

The 95-page, 30,000-word IP Chapter lays out provisions for instituting a far-reaching, transnational legal and enforcement regime, modifying or replacing existing laws in TPP member states. The Chapter’s subsections include agreements relating to patents (who may produce goods or drugs), copyright (who may transmit information), trademarks (who may describe information or goods as authentic) and industrial design.

The longest section of the Chapter – ’Enforcement’ – is devoted to detailing new policing measures, with far-reaching implications for individual rights, civil liberties, publishers, internet service providers and internet privacy, as well as for the creative, intellectual, biological and environmental commons.

Particular measures proposed include supranational litigation tribunals to which sovereign national courts are expected to defer, but which have no human rights safeguards. The TPP IP Chapter states that these courts can conduct hearings with secret evidence. The IP Chapter also replicates many of the surveillance and enforcement provisions from the shelved SOPA and ACTA treaties.

The consolidated text obtained by WikiLeaks after the 26-30 August 2013 TPP meeting in Brunei – unlike any other TPP-related documents previously released to the public – contains annotations detailing each country’s positions on the issues under negotiation. Julian Assange emphasises that a “cringingly obsequious” Australia is the nation most likely to support the hardline position of US negotiators against other countries, while states including Vietnam, Chile and Malaysia are more likely to be in opposition. Numerous key Pacific Rim and nearby nations – including Argentina, Ecuador, Colombia, South Korea, Indonesia, the Philippines and, most significantly, Russia and China – have not been involved in the drafting of the treaty.

In the words of WikiLeaks’ Editor-in-Chief Julian Assange, “If instituted, the TPP’s IP regime would trample over individual rights and free expression, as well as ride roughshod over the intellectual and creative commons. If you read, write, publish, think, listen, dance, sing or invent; if you farm or consume food; if you’re ill now or might one day be ill, the TPP has you in its crosshairs.”
Current TPP negotiation member states are the United States, Japan, Mexico, Canada, Australia, Malaysia, Chile, Singapore, Peru, Vietnam, New Zealand and Brunei.

Traduzione:  Oggi, 13 Novembre 2013 , Wikileaks ha pubblicato la bozza del testo negoziato segreto per tutta la TPP ( Trans-Pacific Partnership ) Diritti di proprietà intellettuale Capitolo . Il TPP è il trattato economico più grande di sempre , che comprende le nazioni che rappresentano oltre il 40 per cento del PIL mondiale . La WikiLeaks rilascio del testo è in vista del decisivo TPP Capo vertice negoziatori a Salt Lake City , nello Utah , il 19-24 Novembre 2013. Il capitolo pubblicato da Wikileaks è forse il capitolo più controverso del TPP causa dei suoi effetti ad ampio raggio sui farmaci , editori , servizi internet , le libertà civili e brevetti biologici . Significativamente , il testo pubblicato contiene le posizioni negoziali e disaccordi tra tutti i 12 futuri Stati membri .Il TPP è il precursore per l'altrettanto segreto USA-UE patto TTIP ( Transatlantic Trade e Investment Partnership ) , per il quale il presidente Obama ha avviato negoziati USA-UE nel gennaio 2013 . Insieme, il TPP e TTIP coprirà più del 60 per cento del PIL mondiale . Entrambi i patti escludono Cina .Dall'inizio dei negoziati TPP , il processo di redazione e negoziazione di capitoli del trattato è stato avvolto in un livello senza precedenti di segretezza . L'accesso a bozze del TPP capitoli è premuniti contro il pubblico . I membri del Congresso degli Stati Uniti sono in grado di visualizzare porzioni selezionate del Trattato relative a condizioni molto restrittive e sotto stretto controllo . E 'stato precedentemente rivelato che solo tre individui in ogni nazione TPP hanno accesso al testo integrale del contratto , mentre 600 ' consulenti commerciali '- sono concessi - lobbisti guardia gli interessi delle grandi aziende statunitensi come Chevron , Halliburton , Monsanto e Walmart accesso privilegiato alle sezioni cruciali del testo del trattato .I negoziati TPP sono attualmente in una fase critica . L'amministrazione Obama si prepara a fast-track del trattato TPP in modo da evitare il Congresso degli Stati Uniti di discutere o modificare le parti del trattato. Numerosi capi TPP di stato e figure maggiori di governo , tra cui il presidente Obama , hanno dichiarato la loro intenzione di firmare e ratificare il TPP prima della fine del 2013 .WikiLeaks ' Editor - in-Chief Julian Assange ha dichiarato : " . L'amministrazione degli Stati Uniti sta spingendo aggressivamente il TPP attraverso il processo legislativo statunitense in sordina " La bozza avanzata del diritti di proprietà intellettuale capitolo , pubblicato da Wikileaks , il 13 novembre 2013, prevede la pubblico con la più ampia possibilità finora di familiarizzare con i dettagli e le implicazioni del TPP .Il 95 pagine, 30.000 parole IP capo stabilisce le disposizioni per l'istituzione di un regime giuridico e applicazione di vasta portata , transnazionale , la modifica o la sostituzione di leggi esistenti negli stati membri TPP . Sottosezioni del capitolo includono gli accordi relativi ai brevetti ( che può produrre beni o farmaci ) , diritti d'autore ( che può trasmettere informazioni ) , marchi ( che può descrivere informazioni o merci come fede) e il design industriale.La sezione più lunga del Capitolo - ' Applicazione ' - è dedicata a dettagliare nuove misure di polizia , con implicazioni di vasta portata per i diritti individuali , delle libertà civili , editori , fornitori di servizi internet e della privacy su Internet , così come per il creativo , intellettuale , biologico e beni comuni ambientali . Particolari misure proposte comprendono tribunali contenzioso sovranazionali a cui sono attesi i giudici nazionali sovrani di differire , ma che non hanno alcuna tutela dei diritti umani . Il TPP IP Capitolo afferma che i tribunali possano condurre le udienze con prove segrete . Il Capitolo IP replica anche molte delle disposizioni di vigilanza e di esecuzione dal accantonato SOPA e ACTA trattati .Il testo consolidato ottenuto da Wikileaks dopo l' agosto 2013 incontro 26-30 TPP in Brunei - a differenza di tutti gli altri documenti TPP legati precedentemente comunicati al pubblico - contiene annotazioni che dettagliano le posizioni di ciascun paese, sulle questioni in corso di negoziazione . Julian Assange sottolinea che un " cringingly ossequioso " L'Australia è la nazione più propensi a sostenere la posizione della linea dura di negoziatori americani contro altri paesi , mentre gli stati tra cui Vietnam , il Cile e la Malesia hanno più probabilità di essere in opposizione . Chiave Numerose isole del Pacifico e le vicine nazioni - tra cui Argentina , Ecuador, Colombia , Corea del Sud , Indonesia , Filippine e , più significativamente , la Russia e la Cina - non sono stati coinvolti nella stesura del trattato .Nelle parole di WikiLeaks ' Editor - in-Chief Julian Assange : "Se istituito , il regime IP del TPP sarebbe calpestare i diritti individuali e la libera espressione , oltre che calpestare i beni comuni intellettuale e creativo . Se andate a leggere , scrivere , pubblicare , pensare, ascoltare , ballare, cantare o inventare , se azienda o consumare cibo , se sei malato ora o un giorno potrebbe essere malato , il TPP si ha nelle sue mirino " .Attualità TPP negoziazione stati membri sono Stati Uniti , Giappone, Messico , Canada, Australia , Malesia , Cile , Singapore , Perù , Vietnam , Nuova Zelanda e il Brunei .

Fonte: https://www.facebook.com/pages/Frontiere_Rivista-di-Geocultura/153718254662589