domenica 9 settembre 2018

#Maro: IL RILANCIO POSSIBILE


IL RILANCIO POSSIBILE

L’ombra dei maròsull’intesa Italia-India

Il Tribunale della Corte arbitrale dell’Aja potrebbe pronunciarsi a breve sulla giurisdizione competente a giudicare i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, a meno che non decida per ulteriori approfondimenti. Superata la fase acuta della crisi, Roma e New Delhi hanno dato concordemente mostra di non voler esasperare i toni, consapevoli che un esito favorevole per l’uno creerebbe situazioni difficili da gestire per l’altro, vuoi sul piano dell’interesse nazionale italiano, vuoi su quello della proiezione internazionale dell’India. Ma le cose potrebbero cambiare.

Avendo sbaragliato gli avversari con un misto di nazionalismo e mercato, intolleranza etnico-religiosa e apertura al mondo, il primo ministro indiano Narendra Modi si era lanciato in un ambizioso programma di riforme nell’intento dichiarato di fare dell’India la superpotenza che avrebbe sempre voluto essere. Per un po’ le cose sono andate bene: l’economia ha continuato a crescere a ritmi vicini a quelli cinesi, l’attenzione degli investitori internazionali si è fatta più forte, Cina e Stati Uniti hanno guardato con occhi diversi un Paese cardine per il «pivot to Asia» degli equilibri mondiali. L’opposizione, paralizzata dalla crisi senza fine del Congresso di Sonia Gandhi, era allo sbando, mentre l’onda del successo faceva passare sotto silenzio le sbavature che di quando in quando apparivano fra le frange più estremiste del partito di Modi, il Bjp.

Le politiche che fanno leva sull’effetto di annuncio rischiano come noto di subire contraccolpi.Le resistenze opposte da una burocrazia arroccata in tutti i gangli del potere sono state maggiori del previsto, le privatizzazioni sono andate avanti con il contagocce, il tentativo di scuotere il sistema con mosse di grande impatto come la demonetizzazione e l’introduzione dell’Iva ha creato scompiglio. Quanto alla corruzione, se Modi è a parere di tutti integro, la pratica è continuata altrove più o meno come prima. La distanza crescente fra aspettative e risultati ha ridato fiato alle opposizioni e sono apparse le prime crepe in un consenso sin qui largamente maggioritario.

Mentre si avvicina la data delle elezioni politiche della primavera del 2019, una vittoria che appariva certa rimane probabile ma non scontata, soprattutto nella misura. L’apporto della borghesia emergente e dei delusi dal Congresso potrebbe non ripetersi nella stessa misura e per Modi diventa cruciale rinserrare le fila con lo zoccolo duro estremista dei suoi sostenitori, che era riuscito a tenere a freno giocando tatticamente sull’ambiguità fra posizioni di governo e dichiarazioni di singoli esponenti politici. Poco importa se egli sia davvero un induista intollerante, come molti temono, o no; gli sarà molto difficile sottrarsi del tutto alle rivendicazioni oltranziste e xenofobe di quanti si attendevano molto dal suo governo e sono pronti a presentargli il conto. Per rafforzare la sua presa nei loro confronti il tema dei marò può tornare strumentalmente assai utile, dando alla sua destra estrema un megafono nazionalista importante e consentendogli, dall’altro, di utilizzare la connotazione «italiana» della vicenda per attaccare gli avversari del Congresso, sempre in difficoltà dinanzi ad accuse di più o meno immaginaria connivenza con interessi del Paese della «straniera» Sonia.

Per l’Italia l’India rappresenta un mercato fondamentale, nel quale dobbiamo recuperare posizioni che si sono appannate per varie ragioni. Risolte con fatica alcune questioni di tangenti, rese più ingarbugliate dalle implicazioni italo-italiane, il precedente governo Gentiloni si era mosso per cercare di ripristinare una situazione di normalità, colmando un vuoto di contatti politici che durava da più di dieci anni. Il sistema delle imprese ha cominciato a vedere come sulla via della Cina si incontri un altro gigante, dove i giochi sono ancora aperti e abbiamo buone carte. Le premesse per un rilancio ci sono quindi tutte, ma rimangono i marò.

Sarebbe importante per la Corte poter prendere il tempo necessario per decidere senza strumentalizzazioni e senza la pressione di avvenimenti esterni, ma non è detto che vada così: potremmo trovarci di fronte a una drammatizzazione elettorale della vicenda arbitrale dannosa soprattutto per l’Italia. L’India guarda alle relazioni internazionali in termini di rapporti di forza e la percezione della nostra forza è debole: dovremmo non perdere tempo nel tessere una rete di relazioni politiche ed economiche a largo spettro, capace di innalzare il «costo» di una eventuale nuova crisi nei nostri confronti. Senza dimenticare che, elezioni o non elezioni indiane, la decisione sui marò prima o poi arriverà e servirà una strategia per gestirne le ricadute interne.

Fonte: https://www.corriere.it/opinioni/18_settembre_09/ombra-maro-sull-intesa-italia-india-fbf197c4-b390-11e8-98e5-ba3a2d9c12e4.shtml?refresh_ce-cp

giovedì 6 settembre 2018

Caso Enrica Lexie, la cronistoria.
Di Raffaella Bonadies.


L'8 luglio scorso, dopo oltre sette anni dai fatti che hanno indotto l'Italia a rivogersi al Tribunale del Diritto del Mare di Amburgo, si è aperto il dibattimento ad esito del quale la Corte, senza entrare nel merito del caso, dovrà decidere sull'attribuzione della giurisdizione a decidere dei fatti che hanno coinvolto la petroliera italiana Enrica Lexie ed i Fuciliari di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone,  alla cognizione dell'autorità giudiziaria italiana o indiana.

L'avvicendarsi di vari Governi fra il 15 febbraio 2012 ad oggi ed i lunghi tempi del procedimento arbitrale (cui ha dato impulso il Governo Italiano nella persona dell'allora Primo Ministro Matteo Renzi il 26 giugno 2015) hanno inevitabilmente diluito il ricordo dei fatti.

Mi permetto pertanto di riportare alcune date rilevanti, premettendo comunque che MAI nessuna accusa formale è stata avanzata nei confronti dei due militari italiani.

Il 15 febbraio 2012 la petroliera italiana Enrica Lexie, che viaggiava a oltre 20 miglia dalla costa indiana dello Stato del Kerala, veniva avvicinata da una imbarcazione con modalità giudicate "aggressive".

A bordo della petroliera si trovavano 6 Fucilieri di Marina (il capo di 1ª classe Massimiliano Latorre, il secondo capo Salvatore Girone, il sergente Renato Voglino, il sottocapo di 1ª classe Massimo Andronico e i sottocapi di 3ª classe Antonio Fontana e Alessandro Conte) del 2° Reggimento San Marco della Marina Militare in missione di protezione della nave mercantile in acque a rischio di pirateria.

Interveniva il personale militare che,  sparando alcuni colpi in acqua (a 500 metri, 300 e 100 metri), dissuadeva le persone a bordo della piccola imbarcazione a proseguire l'avvicinamento.

L'imbarcazione si allontanava, e dalle testimonianze dei militari, che descrivevano il natante come di colore blu e lungo circa 12 metri, nessuno era stato colpito.

Nello stesso giorno il peschereccio indiano St.Antony (imbarcazione di colore bianco) riporta alla guardia costiera del distretto di Kollam di essere stato fatto oggetto di colpi di arma da fuoco da parte di una nave mercantile; colpi che hanno ucciso due membri dell'equipaggio: Ajeesh Pink (o Ajesh Binki), di 20 anni, e Valentine Jelastine (o Gelastine), di 44 anni. La guardia costiera indiana contatta via radio la Enrica Lexie chiedendo se sia stata coinvolta in un attacco pirata e, dopo aver ricevuto conferma dalla petroliera italiana, richiede alla stessa di attraccare al porto di Kochi. Dopo un contatto con la società armatrice, il comandante dell'Enrica Lexie, Umberto Vitelli, asseconda le richieste della guardia costiera indiana e attracca nel porto indiano.

Il 19 febbraio 2012 due dei Fuciilieri di marina presenti a bordo della Enrica Lexie, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono fatti scendere dalla nave e fermati.

Ne segue una lunga diatriba sulla giurisdizione senza che mai si arrivi ad una accusa formale.

Il 20 dicembre 2012, in attesa del verdetto della Corte Suprema sulla giurisdizione, viene concessa una licenza di due settimane per Natale al termine della quale i due militari fanno ritorno in India.

Il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema stabilisce che il Kerala non ha giurisdizione e il caso viene trasferito a New Delhi.

Il 22 febbraio 2013 ai due militari viene concesso un nuovo permesso in Italia per quattro settimane per poter votare.
L'11 marzo 2013 l'Italia  annuncia che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non rientreranno in India il 22 marzo perchè New Delhi ha violato il diritto internazionale.

A seguito delle minacce di “seri provvedimenti" da parte delle autorità indiane, che limitano anche la libertà di movimento dell'Ambasciatore Mancini cui viene imposto di non lasciare il paese in violazione di ogni norma internazionale, il 22 marzo 2013 i due militari vengono “costretti” a ripartire per l'India.

Il 26 marzo 2013, a seguito della decisione di rientro in India, il ministro degli Esteri Giulio Terzi si dimette.

La diatriba presso la Corte Suprema Indiana sulla giurisdizione continua fra continui ed estenuanti rinvii.

Il 31 agosto 2014 Massimiliano Latorre ha un grave malore a seguito del quale viene concesso il rientro in Italia (inizialmente per un periodo di quattro mesi poi prolungato)

Il 26 giugno 2015, l'Italia ha attivato la procedura di arbitrato internazionale sul caso dei marò nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, rivolgendosi, quindi, al Tribunale Internazionale del Diritto del Mare (ITLOS) di Amburgo.

Il 24 agosto 2015 l'ITLOS, con 15 voti favorevoli e 6 contrari, stabilisce che, in attesa delle decisioni del tribunale arbitrale, "Italia e India devono entrambe sospendere ogni procedimento giudiziario e astenersi dall'iniziarne di nuovi che potrebbero aggravare o estendere la disputa sottomessa al tribunale arbitrale di cui all'allegato VII o compromettere o pregiudicare l'esecuzione di qualsiasi decisione che il tribunale arbitrale potrebbe adottare".

Il 6 novembre 2015 nell'ambito della procedura arbitrale avviata dall'Italia il 26 giugno 2015, a l'Aia viene costituito il tribunale arbitrale presso la Corte Permanente di Arbitrato (CPA). Il tribunale è composto da: Francesco Francioni, scelto dall'Italia; Patibandla Chandrasekhara Rao, scelto dall'India; Jin-Hyun Paik (sud-coreano) e Patrick Robinson (giamaicano), scelti da Vladimir Golicyn (russo), presidente dello stesso tribunale arbitrale, in qualità di presidente dell'ITLOS.

Il 19 gennaio 2016 il tribunale arbitrale stabilisce per il 30 e il 31 marzo 2016 l'udienza per decidere sulla richiesta italiana di consentire il rientro in Italia di Salvatore Girone e fissa il calendario per la procedura arbitrale che avrebbe dovuto concludersi entro il 2018, salve proroghe.

A seguito dell'udienza tenutasi nei giorni 30 e 31 marzo 2016 (in relazione alle misure provvisorie richieste dall'Italia) la Corte Arbitrale ha deliberato che
l'Italia e l'India dovranno cooperare, anche nei procedimenti in corso dinanzi alla corte suprema dell'India, al fine di assicurare, per ragioni umanitarie, una mitigazione delle misure cautelari imposte al sergente Girone, in modo che, pur rimanendo sotto l'autorità della corte suprema dell'India, possa far ritorno in Italia durante l'arbitrato.
l'Italia è comunque soggetta all'obbligo di restituire Girone all'India nel caso in cui il tribunale arbitrale decida che l'India ha giurisdizione su di esso nel caso in questione.

Il 26 maggio 2016 La Corte Suprema indiana ha accettato di rendere immediatamente esecutivo l'ordine del Tribunale arbitrale internazionale dell'Aia di far rientrare in Italia il fuciliere di Marina Salvatore Girone per tutta la durata del procedimento arbitrale a condizione che lo stesso assicuri tramite dichiarazione giurata di accettare e riconoscere di continuare a essere sotto l'autorità della corte suprema; che il suo passaporto sia ritirato dalle autorità italiane e che non gli sia concesso di lasciare l'Italia senza il permesso della corte suprema indiana; che gli sia imposto l'obbligo di firma presso un commissariato di polizia italiano ogni primo mercoledì del mese e che non abbia contatti, diretti o indiretti, con altre persone coinvolte nell'incidente dell'Enrica Lexie. Inoltre, l'ambasciata italiana a Nuova Delhi dovrà informare la Corte ogni tre mesi, tramite nota verbale al ministero degli esteri indiano, sulla situazione di Girone; e l'ambasciatore italiano in India assicurare, tramite dichiarazione giurata, che Girone farà ritorno in India entro un mese nel caso in cui il tribunale arbitrale o la corte suprema dovessero decidere in tal senso.

Il 28 maggio 2016, Salvatore Girone fa ritorno in Italia e il 28 settembre 2016 la corte suprema indiana  permette a Massimiliano Latorre di restare in Italia fino alla fine dell'arbitrato, sostanzialmente alle stesse condizioni imposte a Salvatore Girone.

Questo lo stato dei procedimenti.
Nessuna documento depositato da Italia o India presso la Corte Arbitrale a supporto delle proprie ragioni è stato ad oggi reso pubblico.

Tuttavia in sede di avvio del procedimento presso il Tribunale di Ambuego, l'India ha depositato una serie di documenti (da tempo richiesti dalle autorità italiane e mai consegnati) relativi agli avvenimenti (quali l'autopsia, la perizia balistica e le testimonianze) che l'ing. Luigi Di Stefano (che già si era occupato quale perito di parte nell'inchiesta sulla Strage di Ustica) ha tradotto e analizzato.
Già da quanto in precedenza noto (testimonianze contraddittorie emerse e dichiarazioni non concordanti) emergevano seri dubbi sul coinvolgimento dei militari italiani nella vicenda del peschereccio indiano ma ancor più da tali documenti emergono elementi tali da fare escludere il coinvolgimento della Enrica Lexie e quindi dei militari italiani in detta vicenda e pertanto nella morte dei poveri pescatori.
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone emergono come totalmente estranei a quei fatti e completamente innocenti.

Per l'analisi dei fatti rinvio a quanto pubblicato dall'Ing.Di Stefano e, ritengo, fornito alla difesa italiana: http://www.seeninside.net/piracy/it-inch.htm

Questo lo stato dei fatti.
Ad esito del dibattimento iniziato il 7 luglio 2019, se la giurisdizione non dovesse essere riconosciuta all'Italia, Latorre e Girone rischiano seriamente di essere “rispediti” in India per essere giudicati da una autorità giudiziaria che già prima dell'inizio dell'arbitrato non è stata in grado di formulare alcuna accusa formale (probabilmente per la inconsistenza delle “prove” su cui l'accusa dovrebbe poggiare e l'assoluta incongruenza tra documenti, fatti e testimonianze).

Pertanto come Italiano, unitamente agli Italiani che non hanno dimenticato in questi lunghi anni ciò che è accaduto, nella imminenza di un così importante appuntamento chiedo che il Governo Italiano (che ha dato impulso al procedimento) venga sollecitato a non presentarsi impreparato rischiando di subire l'azione del Governo Indiano che, fino ad oggi, si è sempre dimostrato particolarmente agguerrito.