mercoledì 26 febbraio 2014

Marò: 'Riportate i fucilieri a casa oppure niente aiuto agli indiani in Italia'

Un poliziotto di Trieste scrive al Governo indiano dopo l'ennesimo rinvio del processo ai due fucilieri della Marina. "Attenzione, gli italiani sono stufi". L'intervista e la lettera.
 
Marò: 'Riportate i fucilieri a casa oppure niente aiuto agli indiani in Italia'"Aspettiamo gli ultimi eventi diplomatici e politici e poi decideremo il da farsi. Personalmente se un indiano in Italia mi chiederà un aiuto, forse sarà la prima volta che risponderò: “Si rivolga al suo Paese”. Non usa la diplomazia Maurizio Cudicio, ispettore della Polizia di Stato e fondatore di Cittadini Poliziotti, nell’esprimere disgusto davanti all’ennesimo rinvio di due settimane stabilito dalla Corte indiana sul caso dei due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
 
“Gli italiani esigono, anzi pretendono rispetto come Popolo Italiano perché questo avviene ai cittadini indiani nel nostro Paese nonostante siano questi protagonisti di fatti di sangue– dichiara a Panorama.it, Cudicio - questo non è solo il mio pensiero ma quello di migliaia di italiani, militari e poliziotti”.
Solamente sei giorni fa a Roma, al Gianicolo, un cittadino indiano ha ucciso un italiano di 33 anni pugnalandolo con un cacciavite al cuore. Il motivo? Il volume troppo alto, secondo il cittadino indiano, della radio.
 
Maurizio Cudicio, perché ha deciso di scrivere una lettera al Governo indiano?
"Ho deciso di rivolgermi al Governo Indiano sia da cittadino italiano che da operatore delle forze dell'ordine. Da cittadino italiano perché i due Maro' sono italiani come me e devono essere rispettati in quanto tali. Il governo italiano "forse" ha le mani legate, posso comprenderlo, ma fino ad un certo punto, perché se fossero stati americani, inglesi o francesi a quest'ora sicuramente sarebbero già a casa. Quindi ognuno di noi può trarre le conclusioni. Da poliziotto perché vedo ogni giorno per le strade delle città tanti stranieri che risiedono in Italia e vengono da noi "italiani" aiutati e rispettati e se compiono dei reati vengono giudicati come fossero italiani e non terroristi..."
 
Lei come risolverebbe il caso dei marò? Ci ha mai pensato?
"Risolvere il caso marò? Troppo facile rispondere. Immediatamente li farei prelevare in ambasciata, in un modo o nell'altro. Poi, se ne può discutere con il Governo indiano. Certo, ci sono di mezzo scambi economici, equilibri politici, ma prima ci sono sempre le vite umane e se adesso mi ordinassero di andare a prenderli di persona, non esiterei un istante a farlo.
 
Ecco il testo della lettera inviata al Governo indiano
"CARO" Governo Indiano, io ti scrivo da uomo e anche da poliziotto. Questa mia lettera Non vuole essere una minaccia ma meglio dire un “avviso ai naviganti”. NOI Italiani siamo stanchi e stufi di farci prendere in giro dagli esponenti del Vostro Paese e spero vivamente che anche qualcuno degli indiani residenti in Italia, legga queste poche righe.
In Italia sono presenti più di 120mila indiani sparsi in tutte le Regioni. Moltissimi di loro vivono serenamente e quasi tutti hanno un lavoro, una casa e dunque si sentono sicuri e non ci pensano neanche di ritornare a casa.
Le situazioni, però, possono cambiare in seguito ad eventi accaduti sia in casa nostra che nel vostro Paese.
Voi Governo indiano tenete in “ostaggio” 2 Italiani e il nostro Governo dice di avere le mani legate. Se è così allora si deve agire in altri modi e sono sicuro che ben pochi in Italia sono disposti a girare le spalle ai due fucilieri e a far finta di niente.
La sicurezza nel nostro Paese è sacra e non ci deve essere mai da nessuno un'istigazione alla violenza, ma nello stesso tempo vogliamo anzi esigiamo rispetto come Popolo Italiano.
Aspettiamo gli ultimi eventi politici e diplomatici e poi decideremo il da farsi. Personalmente se un Indiano in Italia mi chiederà un aiuto, forse sarà la prima volta che risponderò: “Si rivolga al suo Paese”.
 

martedì 25 febbraio 2014

Marò India: COMUNE di RUDIANO PROVINCIA DI BRESCIA - RICHIESTA DELL'ARBITRATO INTERNAZIONALE

VIOLAZIONE DELLE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE DA PARTE DELL'INDIA IN MERITO ALLA PRIVAZIONE DELLA LIBERTÀ PERSONALE DEI FUCILIERI DI MARINA DEL BATTAGLIONE SAN MARCO, SALVATORE GIRONE E MASSIMILIANO LATORRE. PROPOSTA SOLLECITARE L'INTERESSAMENTO DEL GOVERNO ITALIANO, DEI MINISTERI DEGLI ESTERI DEI PAESI MEMBRI UE, DELLA COMMISSIONE EUROPEA, DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL DIPARTIMENTO DI STATO USA, E DELLE NAZIONI UNITE PER IL RIPRISTINO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA REALIZZAZIONE DI UN ARBITRATO INTERNAZIONALE PER DIRIMERE LA CONTROVERSIA TRA ITALIA ED INDIA.

Anche il mio Comune ha aderito all'iniziativa promossa dall'Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, ex Ministro degli Esteri del Governo Monti. Tale iniziativa era partita dal Comune di Rosolini a Siracusa. 


Voglio ringraziare per questo Atto Formale, tutta la Giunta del Comune di Rudiano:
- Il Sindaco Dott.ssa Simona Moletta
- Il Vice Sindaco Ing. Pietro Vavassori
- L'Assessore alla Cultura Geom. Fabio Locatelli
- L'Assessore alla Finanza e Tributi Rag. Fabio Rosa

Un ringraziamento particolare alla Responsabile dei servizi Sociali Dott.ssa Viviana Aldeghi e all'Impiegata Ilaria Cassarà per la disponibilità e il cuore messo a disposizione per il lavoro impiegato alla consegna a tutti i vari Enti e Istituzioni nazionali ed estere.

Nella speranza che chi legge questa pubblicazione, stimoli la propria Amministrazione Comunale a seguirci in questa "buona causa". 

La Giunta del mio Comune, mi ha ringraziato per avergli dato la possibilità di far qualcosa di concreto per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i nostri Fucilieri di Marina del Battaglione San Marco, ormai da due anni, detenuti illegalmente in India.

Per visualizzare la delibera, vedi COMUNE DI RUDIANO Provincia di Brescia, Albo Pretorio - Delibera N. 118 del 12/03/2014

http://www.halleyweb.com/c017167/mc/mc_attachment.php?x=36c75338673c1ccb8667f8168987d332&mc=310

http://www.halleyweb.com/c017167/mc/mc_attachment.php?x=36c75338673c1ccb8667f8168987d332&mc=309&



domenica 23 febbraio 2014

Marò, parla l’ex ministro Terzi: «Che errore la linea soft, l’Italia continua a procedere a zig zag»

Marò, parla l’ex ministro Terzi: «Che errore la linea soft, l’Italia continua a procedere a zig zag»
Non ha perso la fiducia nel miracolo che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone possano tornare in Italia «con onore». A parlare è l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, ministro degli Esteri del governo Monti, il cui impegno per la soluzione del caso dei nostri marò è documentato dalla sua vicenda personale e politica che ha avuto come epilogo le dimissioni dalla Farnesina. «Nessun pentimento, ­era importante che il Parlamento venisse informato», spiega ricordando il doppio errore della restituzione all’India dei sottufficiali di Marina nel dicembre 2012 e nel marzo 2013.
 
 
Il lieto fine è ancora possibile?
Lo spero, i nostri ragazzi devono tornare senza aver subìto un processo illegittimo e una condanna precostituita. La linea seguita dai governi Monti e Letta, fin da quando alcuni ministri del governo Monti cedettero a pressioni “terze” per riconsegnare i marò all’India nel marzo 2103, si è rivelata perdente. Una strategia debole, basata sulla convinzione erronea che, una volta conclusosi rapidamente il processo a Nuova Delhi, si sarebbe approdati a un accordo bilaterale per lo scambio.
 
Un’illusione?
Un errore sotto diversi aspetti. Innanzitutto perché si è rafforzata la posizione dell’India sulla giurisdizione della vicenda, poi perché si è alimentata la sensazione di rinuncia alla sovranità nazionale e alla tutela delle nostre forze armate, visto che la drammatica vicenda riguarda due valorosi sottufficiali di Marina impegnati in un intervento di anti-pirateria su una nave battente bandiera italiana, in acque internazionali.
 
Di fronte ai continui stop and go del governo indiano, ora l’Italia sembra aver virato verso una rotta “più energica”
A dire il vero resta l’impressione di un governo italiano che continua a zigzagare di fronte all’unica mossa decisiva da fare, adire l’arbitrato obbligatorio. Finora l’Italia ha dimostrato debolezza e confusione che, mi auguro, vengano archiviate dal governo Renzi grazie a un coinvolgimento internazionale della vicenda.
 
Il richiamo a Roma dell’ambasciatore italiano è un segnale di svolta?
Certo è una decisione che ha un valore politicamente importante, anche se tardiva. Da molti mesi l’Italia avrebbe dovuto procedere alla formalizzazione di una controversia e alla procedura di arbitrato, appunto. Aprire una controversia non significa aprire una crisi diplomatica nei rapporti bilaterali, lo ha già fatto l’Olanda con la Russia sul caso Greenpeace, per esempio, non c’è alcuno scandalo.
 
Inadeguatezza, mollezza o paura di ripercussioni economiche?
Come ho denunciato in occasione delle mie dimissioni, ci furono responsabilità pesanti di alcuni ministri sotto la spinta di pressioni di gruppi di interesse economico sulle quali è necessario fare luci con una commissione parlamentare d’inchiesta, si temettero ripercussioni sull’esito di alcune contrattazioni commerciali avviate con l’India. Ma, come sanno bene persino le matricole di Scienze politiche, le relazioni internazionali tra gli Stati non sono ispirate alla beneficenza ma all’interesse nazionale. E infatti la politica rinunciataria italiana non ha dato risultati positivi, come dimostra il calo degli scambi commerciali e del turismo.
 
Lei decise di dimettersi quando comprese che il governo non era allineato con la sua posizione?
L’ho spiegato all’epoca, ho prodotto documenti eloquenti (dei quali ha dato notizia il tg5 nei giorni scorsi) che dimostrano come si svolsero i fatti. Rispetto ai due rientri in Italia di Girone e Latorre, esisteva un affidavit che prevedeva la non responsabilità del nostro governo se la magistratura italiana fosse intervenuta con un’azione penale obbligatoria. La scelta che l’esecutivo avrebbe dovuto compiere, per la quale mi sono battuto, era quella della non restituzione, che invece venne decisa da un comitato ristretto di ministri ribaltando la posizione presa dieci giorni prima. Una volta compreso il cambio di rotta, ho scritto una comunicazione formale al premier ponendo almeno le condizioni per la restituzione: la non applicabilità della pena di morte da parte dell’India, l’accettazione dell’arbitrato internazionale e un impegno per l’incolumità dell’ambasciatore Marini. Risultato: i nostri ragazzi partirono per l’India senza che nessuna condizione fosse stata accolta. Di fronte a questa situazione ho ritenuto necessario informare il Parlamento con il mio intervento in Aula nel quale ho annunciato e motivato le mie dimissioni da ministro degli Esteri.
 
Di fronte alla beffa dell’accusa di pirateria nei confronti dei due fucilieri di Marina che invece erano impegnati in azioni anti-pirateria, lei condivide la proposta fatta dal centrodestra di ritirare l’Italia dalle missioni internazionali?
Vede, il ritiro dalle missioni di pace non è una rivalsa nei confronti degli indiani ma uno stato di necessità per tutelare giuridicamente le migliaia di uomini e donne delle nostre forze armate impegnate nei più svariati teatri nel mondo. Se non viene blindato il principio che chi deve giudicare su eventuali incidenti (come quello capitato ai nostri marò) è lo Stato italiano e non i tribunali locali (somali o libanesi per fare un esempio) non saremmo dei buoni padri di famiglia perché qualsiasi Paese in futuro potrà fare come l’India contravvenendo al diritto internazionale.
 
Che relazione passa tra i continui rinvii della soluzione da parte di Nuova Delhi con la situazione politica indiana e le imminenti elezioni?
L’India sta seguendo una linea coerente con il suo interesse nazionale e ha strumentalizzato a fini politici la vicenda dell’uccisione dei due pescatori. Ha deciso che dovevano esserci due responsabili, li ha individuati nei due militari italiani, ha costruito e trascinato per due anni un processo senza nessuna prova né base documentale (anche la perizia lascia molto a desiderare) per rafforzare l’orgoglio nazionale alla vigilia della competizione nazionale. L’Italia non ha seguito, al contrario, una linea coerente, anche partecipare alle udienze della Corte Suprema è stato un errore perché si è di fatto legittimato un procedimento illegittimo.
 

venerdì 21 febbraio 2014

Caso Marò: Ricette per uscire dal tunnel indiano

A fronte del “consueto rinvio” della Corte Suprema dell’India sul caso dei due marò, si manifestano puntualmente reazioni roboanti del tipo “ora basta”, la “misura è colma”. Ma a parte le schermaglie diplomatiche, con tanto di convocazioni di ambasciatori, cosa è possibile fare? Esaminiamo di seguito alcune opzioni.

Restare in ambasciata La prima potrebbe essere quella di tenere i due fucilieri di marina nella nostra ambasciata di New Delhi, in modo che essi non si presentino più all’appuntamento settimanale con la polizia indiana per apporre la firma sul registro. La motivazione è semplice: l’India non ha giurisdizione sul caso e l’Italia afferma la propria sovranità. Ovviamente si creerebbe un incidente diplomatico. Non credo che l’India si comporterebbe come l’Iran nel 1979 nei confronti degli Stati Uniti, consentendo l’invasione della nostra ambasciata. Potrebbe però arrivare alla rottura delle relazioni diplomatiche con conseguente intimazione al nostro personale diplomatico di lasciare il territorio. In caso contrario, i due fucilieri resterebbero nella missione fino a quando la questione non venisse risolta. La prassi diplomatica è ricca di episodi simili.  

Arbitrato Internazionale La seconda opzione è quella di attivare l’arbitrato internazionale, come da qualche tempo si sta ventilando. Qui bisogna essere chiari. Le condizioni per attivare l’arbitrato sono due: l’esistenza di una controversia internazionale e la volontà di sottoporre la questione ad un’istanza arbitrale, volontà che può essere manifestata prima della nascita della controversia mediante una clausola compromissoria o altro strumento, oppure successivamente, sempre che le parti siano d’accordo. La Convenzione contro il terrorismo marittimo, che l’India vorrebbe applicare al caso in esame, contiene una clausola che permette di deferire, a richiesta di parte, ogni controversia circa la sua applicazione o interpretazione ad arbitrato o alla Corte internazionale di giustizia. Ma l’India, come consentito dalla Convenzione , ha apposto una riserva e non è vincolata dalla clausola. 

Resta la via della procedura arbitrale contenuta nell’Annesso VII alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare che, a quanto sembra, è possibile attivare unilateralmente. Qui vedo i seguenti ostacoli. Il primo è il fattore tempo. Come dimostrano i precedenti, occorrono 3-4 anni per terminare la procedura arbitrale. Il Tribunale ovviamente deciderebbe sulla controversia tra i due Stati, il cui oggetto riguarda l’esercizio della giurisdizione, ma non potrebbe giudicare dell’eventuale responsabilità penale dei due marò. Nelle more il Tribunale potrebbe disporre come misura provvisoria il ritorno dei marò in Italia o il loro affidamento a un terzo Stato (quale e fino a quando?). Il ritorno in Italia lo trovo poco credibile, dopo il pasticcio della licenza elettorale e la non esecuzione dell’impegno a far ritornare in India gli altri quattro marò che componevano la squadra a bordo della Enrica Lexie, impegno che era stato assunto per consentire alla nave di ripartire. Vi sono poi le motivazioni di merito. Il punto forte della difesa italiana è costituito dall’immunità funzionale dei militari e non dal fatto che l’incidente è accaduto in alto mare. 

Il Tribunale arbitrale, dovendo giudicare in base alla Convenzione sul diritto del mare, potrebbe lasciare da parte la questione dell’immunità funzionale che, è bene ricordarlo, è una costruzione dottrinale (cui il sottoscritto crede), ma non è oggetto di una convenzione internazionale ad hoc. Infine l’India potrebbe opporsi, anche come tattica dilatoria, alla procedura arbitrale, affermando che non esiste una controversia internazionale e che l’Italia ha rinunciato a coltivarla, intervenendo nel processo di fronte ai tribunali indiani. 

Difesa nel processo 
La terza opzione è quella finora seguita: difendersi nel processo e non dal processo per dimostrare ai tribunali indiani che non è applicabile la legge antiterrorismo, che l’India non ha giurisdizione e così via. In caso di condanna, e una volta che la sentenza sia divenuta definitiva, è possibile attivare il Trattato Italia-India sul trasferimento delle persone condannate e chiedere che i marò siano traferiti in Italia. Richiesta che peraltro non è di automatica esecuzione, ma resta subordinata a un accordo ad hoc tra i due paesi. Peccato che in questo caso non si realizzerebbe una delle condizioni di cui si sente tanto parlare e cioè che i marò tornino in Italia con onore! 

Iniziativa internazionale  
La quarta opzione - quella che si sta seguendo in questi giorni insieme alla precedente, ma che si è tentato di coltivare senza successo anche in passato - è quella di una forte iniziativa diplomatica, volta ad un’efficace opera di sostegno dei nostri alleati. Beninteso la questione non deve essere impostata come un problema di diritti umani, ma di sovranità e difesa di coloro che si dedicano alle missioni antipirateria. Qualcosa si è mosso in ambito Unione Europea e Nato. L’idea di far intervenire il Segretario generale delle Nazioni Unite va perseguita, quantunque finora non abbia trovato il riscontro sperato. Peccato che gli Stati Uniti, che avrebbero molte carte da giocare nei confronti dell’India, si siano mostrati finora latitanti: eppure, come qualcuno ha ricordato, siamo stati al loro fianco in Afghanistan ed Iraq. 

Verso una nuova convenzione 
La scelta della via migliore da perseguire è una scelta politica che dovrà essere messa di nuovo a fuoco dal prossimo governo. Non è detto che esista un metodo unico, ma ci può essere una combinazione dei vari metodi. Per rendere più credibile la sua azione presso le competenti istituzioni internazionali, l’Italia potrebbe intanto proporre una convenzione internazionale volta a disciplinare il personale armato (militari e contractor) imbarcati su navi mercantili a difesa degli attacchi pirateschi. La convenzione dovrebbe stabilire che, in caso di incidente, la giurisdizione penale spetti esclusivamente allo stato della bandiera su cui è imbarcato il personale armato. Il caso della Enrica Lexie sarebbe l’occasione per una nuova codificazione internazionale, come lo fu l’incidente del Lotus negli anni venti (una collisione tra una nave francese ed una turca in Mediterraneo) per disciplinare in senso favorevole allo Stato della bandiera l’urto tra navi ed altri incidenti della navigazione. 

Fonte: http://www.affarinternazionali.it/

giovedì 20 febbraio 2014

Marò India: segnali dagli ITALIANI ma non dai politici nostrani






Io amo i coraggiosi, ma non basta essere bravi guerrieri, si deve sapere anche chi colpire. E spesso c'è maggior coraggio nel trattenersi e passare oltre: per risparmiarsi per il nemico più degno (F.Nietzsche)

A Fellini non sarebbe di certo dispiaciuto filmarla, Prima serata del 64esimo Festival della canzone italianaquesta scena. Mezzogiorno, la sala stampa dell'Ariston ribollente come una tonnara. Di lì a pochi istanti inizierà l'incontro con gli stati generali del Festival, a poche ore da un debutto mai così denso di incognite. È in quel momento che si crea la spaccatura insanabille tra l'Italia mediatico-frivola-canzonettara e quella che si interroga sulla credibilità internazionale di un Paese che non riesce a tirar via due soldati dalle sabbie mobili indiane.

Raffaella Carrà «Ho un desiderio profondo». Dica, signora Carrà.
«Se potessi o ne avessi l'autorità, andrei io stessa in India a chiedere spiegazioni a quel governo. Perché ce le devono. Parlano tanto della lentezza della giustizia italiana, ma che dire della loro? È come minimo increscioso che dopo due anni non abbiano ancora comunicato le motivazioni ufficiali sul caso dei nostri due marò. E che rimandino all'infinito il giudizio. Rallentamenti inaccettabili».

La Rai ha ostinatamente taciuto sull'argomento. Neanche una parola da parte di Fazio, che ieri pareva visibilmente imbarazzato mentre lei lanciava l'appello dal palco.

Anche i vertici della rete sono rimasti ostentatamente chiusi di fronte alla soluzione più semplice: quella di manifestare solidarietà umana, senza arroccarsi dietro alla «politica internazionale che con le canzoni non c'entra». Leone si è detto «contento» della sua sortita. Ma a denti stretti.

07_DiStefanoSimone Di Stefano, vicepresidente di Casapound, intervistato da Intelligonews ritorna a parlare dei Marò, commentando prima l’appello della Carrà che ieri ha rappresentato sul palco i valori di destra e che “la dice lunga sulla sinistra sempre più anti-italiana”, poi la necessità di un incidente diplomatico che spiega, addirittura lanciandosi in avanti: “Se la Farnesina dicesse che i due soldati sono diplomatici italiani a quel punto l’India non potrebbe far altro che rimandarceli. Potrebbe essere fatto in qualsiasi momento, basterebbe che il ministro degli Esteri lo volesse”.

 

Prosegue l’abbraccio di Sanremo ai due fucilieri di marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, trattenuti a Nuova Delhi. «Per solidarietà ai nostri marò detenuti ingiustamente, in questa agenzia non si vendono viaggi destinazione India».L’ultima iniziativa è di Paolo Neri, titolare de «Last Minute Tour» di via Manzoni, a due passi da piazza Colombo, che nella vetrina dell’agenzia ha affisso l’avviso dell’iniziativa in solidarietà ai due militari. 


«Mi rendo conto che si tratta di un’iniziativa che non potrà certamente portare a casa i due marò - spiega Neri -, mi sono comunque sentito in dovere di farla, visto che lo Stato italiano e la comunità internazionale sono inermi di fronte a quella che io ritengo una ingiustizia. Sono convinto che la battaglia per la liberazione dei due fucilieri si gioca sul campo economico. Serve una pressione internazionale su Nuova Delhi. Rinunciando a vendere tour per l’India voglio dare il mio piccolo contributo a questa battaglia ed essere da esempio per lo Stato italiano e la comunità internazionale. Ma non mi faccio illusioni». 


Fonte: http://www.iltempo.it/
          http://www.intelligonews.it/
          http://www.lastampa.it/
          

mercoledì 19 febbraio 2014

Marò India: DIRITTO ALLA VERITA' INTERVENTO AL PARLAMENTO EUROPEO,di Giulio Terzi


 

Ieri alla sede di Bruxelles del Parlamento UE si è svolta la Conferenza sul "Diritto alla Verità come fondamento dello Stato di Diritto", organizzata dai Radicali e trasmessa anche dalla loro Radio. Hanno partecipato importanti personalità politiche e istituzionali italiane e straniere, e il Vice Presidente della Commissione Tajani ha proprio all'inizio del suo intervento sottolineato - riferendosi specificamente alle mie ultime interviste - come il caso dei nostri Marò debba essere risolto ristabilendo la completa verità su quanto avvenuto: l'incidente iniziale, l'incredibile rinvio a New Delhi di Latorre e Girone, la crisi apertasi con l'India…l'On. Tajani ha sostenuto con vigore la necessità di una posizione ferma, con l'avvio - come noi sosteniamo da tempo - dell'Arbitrato internazionale obbligatorio. 


Per parte mia, ho contribuito al dibattito con un intervento centrato *sull'affermazione del principio di Verità* attraverso l'informazione e la trasparenza, quale base di una diplomazia efficace e sostenuta dall'opinione pubblica, citando anche le vicende relative alle Armi di distruzione di massa in Iraq... L'interesse nazionale non può che basarsi sulla tutela della libertà democratica: una Ragion di Stato ossessionata dal segreto, dal potere e da obiettivi di sola preminenza regionale o globale, non può avere spazio in una comunità internazionale imperniata sullo Stato di Diritto. Molto seguiti sono stati gli interventi, tra gli altri, di Guy Verhostadt, Louis Michel, di esperti di diritto internazionale e diritto pubblico, di esponenti della opposizione iraniana e irachena, insieme a quelli della nutrita delegazione del Partito Radicale Transnazionale guidata da Marco Pannella, e anche Fausto Bertinotti, Cesare Salvi, Vittorio Prodi e Marco Perduca hanno attivamente contribuito al dibattito. Per chi è interessato, ecco la trascrizione in lingua italiana del mio intervento…

http://www.slideshare.net/GiulioTerzi/discorso-del-18-febbraio-31330225

Fonte: https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi?hc_location=timeline

martedì 18 febbraio 2014

Leone lascia i marò fuori da Sanremo


 


Il direttore di Rai1 Giancarlo Leone: "Il tema (marò, ndr) continuerà ad essere trattato dalla Rai nei luoghi previsti, cioè l’informazione"

Giusto parlare dei nostri marò a Sanremo? Sì, ma non troppo. "Il tema dei nostri Marò in India è estremamente delicato e importante - dice all’Ansa il direttore di Rai1, Giancarlo Leone - perché riguarda la vita e il futuro di due nostri connazionali, un futuro legato a una serie di variabili oggetto di valutazioni giuridiche anche di natura internazionale.


Temi, questi, che scoraggiano chiunque non sia un organo di informazione di trattarli, tanto più all’interno del festival della canzone italiana".
Leone poi entra nello specifico: "Se il Comune e il sindaco - aggiunge - hanno giustamente voluto rendere merito alle mogli dei marò, è cosa più che corretta. Ma non possiamo e non dobbiamo permetterci il rischio di parlare di loro fuori di un contesto strettamente informativo. Ecco perché il tema continuerà ad essere trattato dalla Rai nei luoghi previsti, cioè l’informazione".
E se qualche cantante volesse esprimere la propria personale solidarietà ai due militari ingiustamente bloccati in India, cosa accadrebbe? Leone si arrabbierebbe (e basta) o il cantante in questione verrebbe in qualche modo penalizzato?




Fonte: http://www.ilgiornale.it/

domenica 16 febbraio 2014

Marò in India: Latorre e Girone chi????



Nessun Italiano ha votato Renzi come Presidente del Consiglio. E' stato "eletto" con 2 Euro dai militanti del Pd. 

Alla vigilia di conoscere i capi d'imputazione che dovranno incriminare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, NON ABBIAMO UN GOVERNO. La puntualità degli occupanti ad oltranza, dei palazzi romani, è davvero impareggiabile. A nulla valgono le telefonate di Napolitano ai marò "tornerete con onore" ma in India continua a prevalere la nostra sottomissione ai loro diktat. Renzi non risulta che abbia mai rilasciato una dichiarazione sul caso dei fucilieri di Marina.

Il presidente del Consiglio dimissionario è uscito di scena dopo aver presieduto a Palazzo Chigi la task force sui marò. Letta ha ribadito «i sentimenti di vicinanza a Girone e Latorre e alle loro famiglie. Sono certo che l'impegno delle istituzioni e dell'Italia intera continuerà con determinazione fino alla soluzione della vicenda». 

Qualcuno deve spiegare agli italiani, quali siano stete le AZIONI del Governo Letta. Non ha fatto altro che proseguire la linea "indiana". Emma Bonino, come Ministro degli Esteri, ha confermato un asso nella manica come Staffan De Mistura. Ne il caro Letta e tantomeno la Bonino, sono mai andati in India.
 
Palazzo Chigi ha già dettato la linea. In un comunicato si legge che «l'eventuale ricorso da parte indiana alla legge sulla sicurezza marittima (il Sua act) avrebbe conseguenze negative nei rapporti con l'India e nella lotta globale contro la pirateria». Il ministro uscente della Difesa, Mauro, ha parlato «dell'ipotesi di un arbitrato internazionale».Sono state solo parole, niente di più.

Unica nota positiva è che l'Europa si sta muovendo sul serio. Venerdì la «ministra» degli Esteri Ue Catherine Ashton è andata da Ban Ki Moon per discutere la questione e prima dell'incontro ha ribadito che essere «preoccupata per l'accusa di terrorismo» e ha aggiunto: «Stiamo lavorando con l'Italia».







 

sabato 15 febbraio 2014

Caso Marò: intervento a Brescia pochi giorni fa, di Giulio Terzi

L'Ambasciatore Terzi ci offre una vera e propria analisi sociologica, oltre che storica, del Principio di Sovranità Nazionale, quasi un saggio di "Filosofia del Diritto (internazionale).Credo anche io che residui ideologici del passato, con...tinuino , negativamente," a zavorrare " - a quasi 70 anni dalla nascita della nostra Repubblica - la percezione di questo fondamentale Principio e tutte le importanti implicazioni pratiche connesse. Non è un caso che il Testo Costituzionale usi più volte, in vari Articoli, il termine "Sovranità". Un miscuglio dannoso di pregiudizio ideologico ( aveva ragione l'Ambasciatore Gaja... ) e comoda indifferenza,permisero, così, nel passato recente a far "digerire" ,senza sussulti di sorta, il Trattato di Osimo, derubricandolo a lontana (ed esotica) questione burocratica tra Cancellerie, disconoscendo, così, le sofferenze morali e materiali che, a seguito di quell'evento, ricaddero drammatiche su una larga fetta di nostri Connazionali. Cambiando quello che c'è da cambiare, la percezione "affievolita" di Sovranità nazionale - e soprattutto di Interesse nazionale - , ancora una volta, si cela dietro alle argomentazioni di chi sostiene che la questione dei nostri Marò, non dovrebbe monopolizzare tutta questa attenzione e di chi sembra quasi infastidito dalle vicissitudini giudiziarie dei nostri due Fucilieri di Marina.L'Ambasciatore Terzi ci fa capire come abbiano radici lontane ( e purtroppo profonde ) questa "mancanza di consapevolezza diffusa" per riprendere proprio l'espressione da lui usata. Dall'analisi e comparazione storica, l'Ambasciatore Terzi non solo ne fa discendere un puntuale "diagnosi" dello stato odierno della realtà, ma anche un preciso indirizzo di "cura", per una efficace e giusta azione politica, che credo di poter sintetizzare così : Realismo ad utile vantaggio del Dinamismo, Idealismo a imprescindibile difesa all''Umanitarismo (Prefazione di Davidantonio Rubino Crisci).

Non è la prima volta che l'Italia abdica al proprio interesse nazionale: la storia è sempre una severa maestra, della quale però tendiamo a dimenticare volutamente gli insegnamenti…

 
Sono int....ervenuto in un evento a Brescia, pochi giorni fa, esaminando *un precedente storico eclatante*, anche in questo caso condito da segretezza, approssimazione e miopia… Ho pensato di riportare online il mio breve discorso, per permettere a chiunque di Voi fosse interessato di leggerlo e commentarlo qui sulla Pagina…ecco il link:
 

MARO’: L’ITALIA S’E’ DESTA…TARDI

Quanto importi alla classe politica italiana di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre lo hanno dimostrato due anni di silenzi, figuracce e tradimenti ma lo dimostra chiaramente in questi giorni anche la caduta pilotata del governo Letta e la sua sostituzione a tavolino con il premierato di Matteo Renzi a poche ore dalla (prevista) decisione della Corte Suprema indiana circa l’incriminazione dei due fucilieri di Marina in base alla legge anti-pirateria e anti-terrorismo SUA Act. Se venisse approvato l’atto d’accusa le reazioni del premier e dei ministri e funzionari preposti a seguire il caso (Emma Bonino, Mario Mauro e Staffan De Mistura) risulterebbero ulteriormente indebolite dalla scadenza del loro incarico. Una vulnerabilità di cui Enrico Letta sembra essere consapevole come dimostra la nota di Palazzo Chigi di questa mattina, poco prima delle dimissioni del premier. “Voglio ribadire i miei sentimenti di vicinanza a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre e alle loro famiglie. Sono certo che l’impegno delle istituzioni italiane e dell’Italia intera continuerà con determinazione fino alla soluzione della vicenda” si legge nella nota. Con un minimo di buon senso si poteva attendere il pronunciamento della Corte Suprema prima di cambiare governo, il terzo a dover gestire il “caso marò” da quando la vicenda prese il via il 15 febbraio 2012.

A questo proposito gli elementi di riflessione vanno ben al di là della vicenda dei marò. Il governo Letta, nato dalle larghe intese raggiunte dopo le elezioni dell’anno scorso, smobilita per far entrare a Palazzo Chigi un premier che ha vinto solo le elezioni a sindaco della sua città e le primarie del suo partito e porta nei diversi ministeri i suoi fedelissimi. Il tutto deciso in stile sovietico dal “comitato centrale” del PD senza chiedere il permesso e il parere agli italiani ma con il via libera (a quanto sembra) di quasi tutti i partiti i cui eletti sembrano ben lieti di conservare la poltrona invece di rimetterla in gioco alle urne. Niente male per l’uomo che dovrebbe portare una ventata di rinnovamento nella politica. Di questo passo basterà venire eletti presidenti della bocciofila o rappresentanti di condominio per pretendere incarichi governativi. Fa sorridere (ma di amarezza) che pochi giorni or sono l’Italia si sia accodata alle dure critiche della Ue al referendum svizzero sull’immigrazione, a conferma di come questa Europa e questa Italia  improntate con arroganza al dirigismo verticistico abbiano un concetto di democrazia sempre più vago e crescenti insofferenza e noncuranza per la volontà popolare.

Tornando alla vicenda dei marò non si può certo dire che il governa Letta sia stato un fulmine di guerra anche se nelle ultime settimane ci sono stati tardivi e spesso raffazzonati tentativi di alzare i toni con Nuova Delhi. Iniziative che, perdonerete il cinismo, sono apparse determinate non tanto da un rigurgito di dignità nazionale e patriottismo quanto dal rischio che qualche forza politica potesse sfruttare la vicenda in vista delle prossime elezioni europee e comunali.  Come interpretare l’iniziativa di inviare una delegazione parlamentare  (dopo due anni?) a Nuova Delhi se non con la necessità dei principali partiti di non lasciare campo libero al M5S che per primo aveva annunciato l’invio di propri parlamentari per avere chiarimenti dal governo indiano? I gruppi parlamentari erano presi più dalla foga di non concedere un vantaggio ai grillini che dalla volontà ferrea di esercitare una formidabile pressione sulle istituzioni indiane, come dimostra il fatto che il drappello italico giunto a Nuova Delhi ha incontrato Latorre e Girone ma è stato ignorato dai “colleghi” indiani.

 Sarebbe bastato pianificare per tempo la missione o almeno guardare il calendario per scoprire che si sarebbero recati in India durante la festa nazionale, giorno di vacanza anche per la politica. Inoltre non ci volevano certo sagaci consiglieri diplomatici per intuire che con le elezioni imminenti nessun deputato di Delhi avrebbe voluto rischiare di essere tacciato di collusione con gli italiani (si pensi a quanti problemi ha Sonia Gandhi per le sue origini) incontrando la delegazione parlamentare guidata da Pierferdinando Casini. Non si può del resto dare torto agli indiani forse preoccupati che dopo i numerosi e rocamboleschi cambi di schieramento in Italia, Casini volesse allearsi con il Partito del Congresso compromettendone le residue speranze di vincere le elezioni. Battute a parte sembra incredibile che solo nelle ultime tre settimane si sia compreso che nella vicenda dei due fucilieri di Marina sono in gioco non solo gli interessi ma anche quel che resta della credibilità nazionale e dopo due anni di immotivato e ridicolo silenzio-stampa Roma ha persino autorizzato i marò a rispondere alle domande dei giornalisti.

Pur contestando più volte la pretesa indiana di applicare le proprie leggi l’Italia ha di fatto accettato da un pezzo la giurisdizione di Delhi partecipando alle udienze con i suoi avvocati e presentando ricorsi alla Corte Suprema. Eppure tutti i maggiori esperti di diritto internazionale hanno sottolineato in più occasioni che i militari non possono venire processati in Paesi stranieri per quanto compiuto durante il servizio. Dell’operato di Latorre e Girone può essere chiesto conto solo allo Stato italiano mentre i due marò, se hanno compiuto atti illeciti, ne renderanno conto alle autorità giudiziarie italiane. Lo sanno bene anche gli indiani che nel 2008 rimpatriarono dal Congo 12 ufficiali e 36 soldati del contingente di caschi blu, accusati di stupri e rapimenti di donne e bambine congolesi costrette poi a prostituirsi dentro le basi militari. Militari che in India hanno subito solo sanzioni risibili ma che Nuova Delhi non ha certo lasciato alla mercé del tribunale di Kinshasa. Roma ha però accettato l’abuso indiano di non riconoscere l’immunità funzionale dei due marò, non ha voluto ricorrere all’arbitrato internazionale (il ministro Mario Mauro ha proposto solo oggi questa soluzione, nell’ultimo Consiglio dei ministri del governo Letta) e nel marzo scorso ha persino riconsegnato all’India i due sottufficiali in cambio di supposte e vaghe garanzie che non verrà loro applicata la pena di morte. Perché una condanna a 10 o più anni di reclusione verrebbe forse considerata accettabile o magari un “successo”?

A parte le perizie balistiche corrette e sbianchettate, le testimonianze contraddittorie e più volte rettificate dell’equipaggio del peschereccio Saint Antony e tutti gli elementi del caso (inclusa l’accoglienza affettuosa riservata loro l’anno scorso dal Presidente della Repubblica) che inducono a ritenere Latorre e Girone  innocenti come ha sostenuto in più occasioni  il ministro Mauro, resta inaudito che Roma abbia accettato la metodologia processuale imposta da Delhi. Un processo presso un “tribunale speciale” istituito dalla Corte Suprema e dal governo indiano la cui valenza politica è dimostrata dai litigi tra tre ministri (Esteri, Giustizia e Interni) circa la legge da applicare e le imputazioni a da attribuire a carico di  Latorre e Girone. Ma in quale Paese dove sia vigente lo Stato di diritto sono i ministri, i membri del governo, a stabilire le imputazioni nei tribunali?

Il 18 febbraio la Corte dovrebbe esprimersi circa la richiesta dell’accusa di processare i nostri militari in base alla SUA Act, ipotesi che ha fatto infuriare l’Italia che ritiene giustamente inaccettabile l’equiparazione di suoi militari a pirati e terroristi. Meglio non farsi illusioni circa le decisioni indiane anche se Delhi sembra essersi imbrigliata nella sua stessa rete. Se processa due militari in servizio anti-pirateria in base alla SUA Act si espone a possibili ripercussioni internazionali perché oltre a non riconoscere l’immunità funzionale di Latorre e Girone finirebbe per  accusare l’Italia di essere uno “stato canaglia” dedito a terrorismo e pirateria. Il fatto che la pena di morte non venga richiesta imputando ai due militari solo atti di violenza che prevedono una pena fino a dieci anni e non l’omicidio non risolve certo la questione ma la rende ancor più ridicola. Se si ritengono colpevoli perché non accusarli di omicidio per i due pescatori uccisi? Se non lo sono che senso ha l’accusa di violenze?

Il problema vero è che l’India non dispone di strumenti giuridici diversi dalla SUA Acti per perseguire Latorre e Girone per un atto accaduti fuori dalle acque territoriali. Per questo la Corte Suprema di Delhi negò all’Alta Corte del Kerala la possibilità di giudicare i due italiani imputabili solo attraverso la legge federale contro pirateria e terrorismo con cui l’India si arrogò nel 2002 il diritto di perseguire questi reati in tutta la Zona economica esclusiva che si estende fino a 200 miglia dalla costa. Se rinunciano all’imputazione in base alla SUA Act gli indiani devono rilasciare Latorre e Girone ma applicando quella legge si espongono alle critiche internazionali e alla possibilità che Roma si rivolga a un tribunale internazionale. Nonostante in due anni non sia riuscito a incriminarli, il governo indiano non può permettersi però di prosciogliere Latorre e Girone perché rimedierebbe una figuraccia che sul piano interno che avrebbe pesanti ripercussioni sulle imminenti elezioni di maggio. Anche il rilascio di Latorre e Girone con l’escamotage di un ritorno in Italia in attesa del processo, soluzione chiesta a gran voce dall’Italia, verrebbe giudicato dall’opinione pubblica un atto di debolezza da parte del Partito del Congresso o un favore di Sonia Gandhi al suo Paese d’origine.

Per queste ragioni la vicenda rischia di protrarsi ancora a lungo ed è meglio non contare troppo sul supporto internazionale. Il segretario generale dell’Onu, Ban ki-mon non sembra entusiasta di farsi carico della crisi e l’Italia non pare proprio avere gli attributi per dare segnali forti ritirando immediatamente tutti i caschi blu presenti nelle missioni dell’ONU.  Al di là delle frasi di circostanza anche sui nostri partner europei è meglio non fare troppo affidamento tenendo conto che molti sono ben lieti di poter fare buoni affari con l’India speculando sulla crisi tra Roma e Nuova Delhi che ha già determinato dal 2012 un crollo dell’interscambio commerciale dopo molti anni di crescita. Per Latorre e Girone il rischio concreto e immediato è che il tribunale pretenda la loro presenza in aula per poi farli arrestare e tenerli in custodia per il periodo del processo. Un’ipotesi che va scongiurata tenendo i due militari confinati nell’ambasciata di Delhi oppure mobilitando gli opportuni apparati nazionali per cercare di farli uscire clandestinamente dal Paese, con la conseguente rottura dei rapporti con Nuova Delhi. Ammesso che qualcuno a Roma abbia gli ttributi per firmare un ordine del genere.

Fonte:  http://www.analisidifesa.it/

Marò: “Ci dispiace per la morte di due persone, ma siamo innocenti”


 Marò: “Ci dispiace per la morte di due persone, ma siamo innocenti”


Durante un incontro con i giornalisti italiani a New Delhi Massimiliano Latorre e Salvatore Girone respingono l'accusa di aver ucciso i due pescatori indiani: "Siamo gente di mare come loro, siamo molto dispiaciuti"

 

 

“Ci dispiace per la perdita di due vite umane, ma non ci sentiamo assolutamente responsabili”. Il fuciliere del San Marco Salvatore Girone, parlando con i giornalisti italiani a New Delhi, respinge l’accusa di aver ucciso i due pescatori indiani il 15 febbraio 2012 e proclama l’innocenza sua e del collega Massimiliano Latorre. ”E’ un dispiacere umano – ha concluso il marò – , ma siamo innocenti”. 
E sulla possibilità che venga applicata la legge antiterrorismo, Latorre dice: “E’ un’accusa che ci fa molto male non solo come militari, ma anche come genitori e uomini”. “Come militare professionista italiano che combatte la pirateria – ha aggiunto – questo mi rammarica molto”.
“Noi siamo cresciuti in due città, Taranto e Bari, che si affacciano sul mare – proseguono i due fucilieri della Marina – dove una delle principali attività è la pesca: conosciamo i pescatori, siamo pescatori noi stessi. Come militari, come uomini e padri di famiglia siamo molto dispiaciuti per la morte dei due pescatori indiani, ma non siamo responsabili”. Ribadendo il loro dispiacere per la morte dei due pescatori del Kerala, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno sottolineato che “anche noi, come loro siamo uomini di mare”.

 Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/mondo/

 

venerdì 14 febbraio 2014

COMUNICATO DEGLI AMICI DEI MARO'

Carissimi amici il 15 febbraio p.v. saranno due anni da quando la Marina Militare ha emanato un comunicato ufficiale, il numero 04, con il quale annunciava :
“I Fucilieri del Battaglione S. Marco, imbarcati come nucleo di protezione militare (NPM) su mercantili italiani sono intervenuti oggi alle 12,30 indiane, sventando un ennesimo tentativo di abbordaggio. La presenza dei militari della Marina Militare ha dissuaso cinque predoni del mare che a bordo di un peschereccio hanno tentato l’arrembaggio della Enrica Lexie a circa 30 miglia ad Ovest della costa meridionale indiana …..”.

Foto: COMUNICATO 
Carissimi amici il 15 febbraio p.v. saranno due anni da quando la Marina Militare ha emanato un comunicato ufficiale, il numero 04, con il quale annunciava :
“I Fucilieri del Battaglione S. Marco, imbarcati come nucleo di protezione militare (NPM) su mercantili italiani sono intervenuti oggi alle 12,30 indiane, sventando un ennesimo tentativo di abbordaggio. La presenza dei militari della Marina Militare ha dissuaso cinque predoni del mare che a bordo di un peschereccio hanno tentato l’arrembaggio della Enrica Lexie a circa 30 miglia ad Ovest della costa meridionale indiana …..”.

Una notizia che ha dato inizio ad una delle più complesse controversie internazionali e che ha segnato il principio di un calvario per due nostri militari Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ancora “colpevoli di nulla” non avendo l’India formalizzato i capi di accusa ma comunque in ostaggio arbitrario di Delhi .
Quel giorno, comunque, sono anche morti due pescatori indiani a cui va il nostro ricordino accompagnato dall’auspicio che “Riposino in Pace”.

Propongo, quindi, di ricordare tutti il 15 febbraio la morte di due persone dedicando loro se possibile un minuto di silenzio durante i nostri impegni quotidiani  ed il 18 febbraio inviamo una serie di comunicazioni alle  nostre Istituzioni per ricordare che l’Italia unico Paese al mondo ha delegato atti giudiziari indebiti ad un Paese terzo che prevede nel suo ordinamento la pena di morte e non ha garantito ai nostri ragazzi i diritti loro dovuti in qualità di militari al servizio dello Stato, rinunciando peraltro ad un atto internazionale di fondamentale importanza come l’Arbitrato.
In ordine alfabetico 

D’Ecclesia Alfredo 
Marenzi Nicola 
Medini Edoardo
Milella Antonio
Termentini Fernando 
Tentor Maurizio

Una notizia che ha dato inizio ad una delle più complesse controversie internazionali e che ha segnato il principio di un calvario per due nostri militari Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ancora “colpevoli di nulla” non avendo l’India formalizzato i capi di accusa ma comunque in ostaggio arbitrario di Delhi .

Quel giorno, comunque, sono anche morti due pescatori indiani a cui va il nostro ricordo accompagnato dall’auspicio che “Riposino in Pace”.

Proponiamo, quindi, di ricordare tutti il 15 febbraio la morte di due persone dedicando loro se possibile un minuto di silenzio durante i nostri impegni quotidiani ed il 19 febbraio inviamo una serie di comunicazioni alle nostre Istituzioni per ricordare che l’Italia unico Paese al mondo ha delegato atti giudiziari indebiti ad un Paese terzo che prevede nel suo ordinamento la pena di morte e non ha garantito ai nostri ragazzi i diritti loro dovuti in qualità di militari al servizio dello Stato, rinunciando peraltro ad un atto internazionale di fondamentale importanza come l’Arbitrato.
 
In ordine alfabetico

D’Ecclesia Alfredo
Marenzi Nicola
Medini Edoardo
Milella Antonio
Termentini Fernando
Tentor Maurizio

giovedì 13 febbraio 2014

CASO MARO': AL TG 5 I RETROSCENA DEL DOSSIER!



Per chi non avesse avuto modo di seguire il telegiornale della sera dell'altro ieri e di ieri, ecco i link con i due servizi sui rapporti economici e politici "retrostanti" alla vicenda dei nostri due fucilieri di Marina…
http://www.video.mediaset.it/video/tg5/full/438297/edizione-ore-20-00-del-10-febbraio.html (minuto 13.12)
http://www.video.mediaset.it/video/tg5/full/438488/edizione-ore-20-00-dell-11-febbraio.html (minuto 14.50)

Foto: CASO MARO': AL TG 5 I RETROSCENA DEL DOSSIER! Per chi non avesse avuto modo di seguire il telegiornale della sera dell'altro ieri e di ieri, ecco i link con i due servizi sui rapporti economici e politici "retrostanti" alla vicenda dei nostri due fucilieri di Marina… 
http://www.video.mediaset.it/video/tg5/full/438297/edizione-ore-20-00-del-10-febbraio.html (minuto 13.12)
http://www.video.mediaset.it/video/tg5/full/438488/edizione-ore-20-00-dell-11-febbraio.html (minuto 14.50)
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Fonte:  https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi?hc_location=timeline

LE CARTE SUL DOSSIER MARO': PERCHE' NON SONO STATI TRATTENUTI IN ITALIA?





 

Dopo le mie dimissioni, presentate al Parlamento per protesta rispetto alla decisione di rimandare in India i nostri due fucilieri di Marina, ho proseguito senza sosta per mesi - anche grazie alla collaborazione preziosa di tutti Voi su questa Pagina - la battaglia "informativa" per tenere alta l'attenzione su questo dossier *di interesse nazionale*. 

Nel contempo, da funzionario dello Stato poco avvezzo al clamore e ai protagonismi, ho ritenuto opportuno trattenere l'impulso di pubblicare e rendere note carte e documenti relativi a una vicenda così delicata, anche per non rinfocolare polemiche e dar modo al Governo in carica di svolgere la propria funzione avviando le iniziative più opportune per sbloccare l'empasse e riottenerli in Italia… Per contro, 12 mesi di *inerzia*, di inconcludenti dichiarazioni, e - nelle ultime settimane - di vera e propria disinformazione, hanno spinto alcuni organi di informazione ad acquisire e rendere pubblica una piccola parte della documentazione inerente il caso, sollecitata da un'opinione pubblica giustamente sempre più attenta a una situazione che pare letteralmente *sfuggito di mano* alle Istituzioni nazionali. ERA POSSIBILE TRATTENERLI IN ITALIA SENZA VIOLARE IN ALCUN MODO L'AFFIDAVIT FIRMATO CON L'INDIA, come dimostrano le carte riprese in questo servizio TV https://www.facebook.com/photo.php?v=1468601410018085 e approfondite in questo articolo del quotidiano "Libero". Chi ha scelto di rimandarli in India si assuma le Sue responsabilità, e soprattutto il Governo la smetta di "annaspare senza mete precise" e attivi finalmente gli strumenti giuridici di tutela necessari per internazionalizzare il caso e per RIPORTARE A CASA DUE RAPPRESENTANTI DELLA REPUBBLICA ITALIANA IN MISSIONE ALL'ESTERO!



Fonte:  https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi

mercoledì 12 febbraio 2014

Marò, la Bonino telefona a Ban Ki-moon. L'Italia sospende l'esame del decreto sulle missioni estere

L'Aula del Senato appoggia in pieno la sospensione dell' esame del decreto che proroga le missioni all'estero in attesa che il governo riferisca sulle dichiarazioni del segretario dell' Onu Ban Ki-Moon contrario ad una mediazione sulla vicenda dei due marò detenuti in India, richiesta dai presidente delle commissioni Esteri e Difesa. Tutti i gruppi hanno preso la parola, hanno condiviso la proposta di Latorre e Casini e hanno espresso una «forte preoccupazione» per un possibile isolamento dell' Italia e la necessità di dar ancor più vigore all' iniziativa diplomatica presso le istituzioni internazionali.
 
E' previsto in tarda serata un colloquio telefonico tra il ministro Emma Bonino e il segretario dell'Onu Ban Ki-moon. L'ambasciatore italiano all'Onu Cardi ha espresso oggi a Ban «la preoccupazione del governo italiano per le ripercussioni negative» dell'applicazione della legge antiterrorismo indiana ai due marò. Lo riferisce la Farnesina.
In queste ore si terrà a New York una riunione di coordinamento Ue a 28 in relazione alla decisione indiana di sottoporre i due fucilieri italiani al Sua Act, riunione promossa a seguito di un colloquio telefonico tra la Ministro Bonino ed il suo omologo Venizelos, presidente di turno dell'Unione Europea. Lo riferisce la Farnesina.

«Sospendiamo l'esame del decreto sulle missioni all'estero finchè il ministro degli Esteri Emma Bonino non viene in Aula a dire quali iniziative intende prendere per contrastare le inaccettabili dichiarazioni del segretario dell'Onu Ban Ki-moon». Lo ha detto il presidente della Commissione Esteri Pier Ferdinando Casini.

Il presidente del Senato Pietro Grasso ha sospeso la seduta dell'Aula e ha convocato la Conferenza dei capigruppo affinchè si decida sulla richiesta avanzata questa mattina dai presidenti delle commissioni Difesa ed Esteri di Palazzo Madama di sospendere l'esame del decreto missioni fino a quando il ministro Bonino non verrà a riferire a proposito delle dichiarazioni di Ban Ki-moon sui marò italiani.

Emma Bonino riferirà sulla vicenda dei Marò domani alle 10 nell'Aula del Senato. Lo ha stabilito, secondo quanto rendono noto dal Pd, la Conferenza dei capigruppo, convocata da Grasso dopo la richiesta di Casini e Latorre di sospendere l'esame del Dl missioni fino a che non fosse arrivato un chiarimento del governo sulle parole Ban Ki-moon.

Il governo valuterà il ritiro dalle missioni internazionali se non ci sarà il sostegno della comunità internazionale sulla vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i nostri due marò trattenuti in India. Lo ha detto il ministro della Difesa, Mario Mauro, ospite della trasmissione 'L'aria che tirà, su La7. «Aspettiamo che a breve si pronuncino anche le altre Alleanze di cui facciamo parte -ha detto- ma il tema dell'Onu rimane centrale. Anche alla luce delle determinazioni che assumerà il governo nella riunione di venerdì, anche sul caposaldo dell'arbitrato internazionale». Mauro ha sottolineato l'internazionalizzazione del caso: «Il braccio di ferro, fosse anche con le Nazioni Unite -ha spiegato- va vinto per questo: non si può pensare che questa sia una questione solo tra Italia e India, per la semplice ragione che si tratta di due militari impegnati in una missione che risponde a un'esigenza della collettività globale, quella di porre un argine alla pirateria». Il ministro della Difesa ha ricordato che l'Italia ha 7.000 uomini impegnati in 21 nazioni in 26 missioni diverse, e «la vicenda dei due marò è intrinsecamente legata con il nostro impegno internazionale».

«Sono personalmente preoccupato per i due marò italiani e per l'idea che siano perseguiti per terrorismo e per le implicazioni negative» sulla lotta alla pirateria, Lo ha detto il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen.

«A distanza di molte ore attendiamo ancora una replica ufficiale del nostro governo alle inaccettabili parole del Segretario Generale dell'Onu Ban Ki - moon che ha definito la vicenda dei due marò 'una questione bilateralè tra Italia e India dimenticando che quegli stessi uomini in divisa erano impegnati in una missione internazionale contro la pirateria e che dopo due anni e 29 rinvii, e in barba ad ogni diritto, attendono ancora di conoscere i capi di imputazione». Lo dice il presidente di GFdi Ignazio La Russa.

L'accusa di terrorismo rivolta ai due fucilieri della Marina italiana dalle autorità indiane è «infamante». Lo ha detto il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani in occasione del suo intervento ad una conferenza in corso a Lisbona. I due marò, ha aggiunto Tajani, «si trovavano nell'Oceano Indiano a difendere la nostra libertà di commerciare. Non riconoscere il loro ruolo di difensori della legalità comporterebbe gravi ripercussioni non solo in Italia, ma in tutti i Paesi coinvolti nella lotta alla pirateria».

Sul caso marò «è arrivato il momento di accentuare la pressione ancora sull'Onu, la Nato, la Russia, l'Ue altrimenti bisogna rivedere la partecipazione dell'Italia non solo nelle azioni internazionali contro la pirateria ma su tutte le missioni che vedono coinvolto il nostro Paese in ogni punto del globo». È quanto dichiarano in una nota congiunta i senatori del M5S Luis Orellana e Lorenzo Battista.
 

E Napolitano vuole a tutti i costi la Bonino agli esteri.

Al Presidente Napolitano non interessa se si fa il rimpasto con Letta o se si fa la staffetta con Renzi,a questi dettagli non è interessato,almeno cosi dice. Ma subito dopo viene smentito.
 
Formalmente e a tutti i corrispondenti stampa ha comunicato che sarà il PD a decidere,se rinnovare la fiducia al contaballe Letta, che non ha fatto un cazzo e che continua a sparare stronzate,o se cambiare Premier con Renzi,che sa benissimo che ogni giorno che passa il suo partito si indebolisce,considerando la nullità e la vacuità di Letta.
 
Ma lo strano indifferente Napolitano ha già comunicato che agli esteri vuole la Bonino,sicuramente sono io il malizioso ,che diffido di questi signori,ma se dovessimo trovarci di nuovo la Bonino ,si vede che questo signore ha delle brutte abitudini che deve modificare. Ora che lo vogliano gli Stati Uniti, che lo voglia lui e u poteri forti che rappresenta,perché deve portare la storia marò all’infinito,come sta facendo,e dopo due anni non solo non sappiamo chi ha dato gli ordini ,ma non troviamo i nomi da nessuna parte. I giornali non parlano di Monti di Passera e di Napolitano .
 
A parte qualche blogger e l’ex ministro degli esteri Giulio Terzi,un vero galantuomo che ama il suo paese,e che quando ha capito che tutti i suoi sforzi sono stati vanificati ha dato le dimissioni ,e ha fatto un grande gesto ha preavvertito gli iscritti della sua pagina che ci sarebbero state novità.Un gesto di estrema sensibilità e nobiltà d’animo che in pochi sono in grado di fare.
 
Giulio Terzi qualche nome importante l’ha fatto ,Monti e Passera. Il nome di Napolitano ancora non lo ha fatto perché forse non faceva parte dell’entourage di Re Giorgio,sperando che l’ambasciatore contibuì a pressare,e sperando che tutti seguano queste nomine perché se qualcuno o Renzi o Letta nomina la Bonino, altro che decide il Pd occorre una immediata denuncia per alto tradimento.
 

Marò India - Vinod Sahai: "Potevo aiutare i marò, mi fermò Roma"

Vinod Sahai era stato soprannominato «l'uomo che in India apre tutte le porte». A nome della comunità indiana in Italia, che si sente sotto accusa, aveva trovato una via d'uscita per i marò.
Il governo italiano era d'accordo, ma al momento cruciale ha fermato tutto, come rivela a Il Giornale.

È vero che il caso dei marò si poteva sbloccare un anno fa?
«Certamente e più di un anno fa. Sono andato in India diverse volte in accordo con il ministero della Difesa italiano, come rappresentante dei 250mila indiani presenti nel vostro paese. A Delhi ho parlato con il premier, il ministro degli Interni e quello degli Esteri. Tutti avevano sottolineato che l'Italia stava esercitando solo pressioni politiche. Anche il presidente russo Vladimir Putin si era raccomandato sul caso dei marò. Le autorità indiane sostenevano di avere le mani legate, perché la Corte suprema era al di sopra dello stesso governo».

E lei aveva un'idea concreta in mente per uscire dall'impasse?
«Sono andato dal presidente della Corte suprema, Altamas Kabir, che già era coinvolta nel caso marò. Era stato assistente di mio suocero e mi disse chiaramente: “Non possiamo fare nulla se non ci viene chiesto con un'istanza”. Per questo motivo ho preparato una petizione a nome degli indiani che vivono in Italia. Spiegavo che volevamo mantenere gli ottimi rapporti fra i due paesi e garantire gli interessi della nostra comunità. Si chiedeva che la Corte suprema autorizzasse il governo indiano a trovare una soluzione extragiudiziale oppure che rinviasse il caso a un tribunale internazionale».

E poi cosa è successo?
«Nel settembre 2012 l'istanza era pronta, ma sono stato convocato a Roma. Il ministro della Difesa Di Paola mi ha chiesto di non presentare la petizione. Gli indiani avevano arrestato i marò e così non sarebbe stata l'Italia ma un rappresentante della comunità indiana a sbloccare la situazione. Gli ho detto: “Ma a voi dovrebbe solo interessare che tornino casa”. Non mi ha risposto».

Quante possibilità aveva di sbloccare la situazione con la petizione?
«L'istanza l'ho preparata solo dopo aver parlato con il presidente della Corte suprema e con i vertici dei ministeri interessati in India. Sarebbe stata senz'altro accolta».

Con il governo Letta nessuno l'ha interpellata?
«Ho scritto una lettera al ministro Bonino, spiegando tutto e dicendomi disponibile a riprendere in mano il caso. Non ho ricevuto alcuna risposta».

L'Italia ha compiuto altri errori in questi due anni?
«Diversi. L'Italia si sta muovendo solo politicamente. I ministri vanno in India pure se non serve a nulla, solo per far vedere in patria che fanno qualcosa. Le pressioni politiche sono state contro producenti».

Ma il caso è politico…
«L'opposizione si è avvantaggiata perché Sonia Gandhi è di origine italiana. Se i marò tornano a casa il suo partito perde sicuramente le elezioni».

Forse le perderà lo stesso. Il leader nazionalista indù, Narendra Modi, che vuole la testa dei marò, potrebbe diventare primo ministro. Cosa accadrà a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone?
«Se vinceranno le elezioni non ci sarà più motivo di agitare la propaganda. E allora troveranno una soluzione per far tornare a casa i marò oppure per rinviare il caso a un tribunale internazionale. Può anche essere che ci sia una condanna non esagerata, che poi i marò sconteranno in Italia. E se il presidente Napolitano vorrà graziarli Delhi non si opporrà».

Fonte: http://www.ilgiornale.it/

I Marò presi in giro dal procuratore d' accusa, la Bonino da Ban Ki Moon



Come se non bastasse da parte dell' accusa indiana di usare la legge antiterrorismo,  il procuratore si permette pure di fare dell' ironia... e il M.A.E. Bonino invece di muoversi per un arbitrato internazionale si rivolge alla commissione ONU dei diritti umani solo per ricevere l' ennesimo rifiuto da Ban Ki Moon, a cui servono i nostri soldati per le missioni ONU ma si guarda bene di intervenire nel sequestro dei Fucilieri di Marina.

Il procuratore dell’accusa non contento dei due anni d’attesa dei nostri fucilieri di marina,non contento del dramma umano  che vivono due ragazzi che ancora non hanno capito che cosa ci fanno li ,si permette anche di fare del sarcasmo,grande paese l’India.
Di fronte alle proteste della delegazione della difesa italiana sulla scelta di applicare la Sue act,il procuratore dell’accusa indiana rivolgendosi alla difesa ha chiesto se per caso volessimo una decorazione  ai due marò per aver ucciso due uomini.

martedì 11 febbraio 2014

Marò India: Una vita da fuciliere

L’India non sta facendo una bella figura, ma anche noi italiani - dobbiamo riconoscerlo - non stiamo brillando. Di mezzo ci sono loro, i due Marò pugliesi. Sono gli unici, colpevoli o innocenti che siano, che stanno mostrando grande dignità e straordinario senso del dovere. Le autorità indiane, in un evidente imbarazzo, stanno giocando con loro e con la loro capacità di resistere, forse per cercare di fiaccarne lo spirito.
 
Non è semplice prepararsi ad affrontare un giudizio - in cui fino a pochi giorni fa si rischiava anche la pena di morte - e poi vedere tutto rimandato.

Un’altra settimana di voci, chiacchiericci, telefonate alle famiglie lontane, un’altra udienza e un altro rinvio. A molti altri sarebbero già saltati i nervi. Ma Girone e Latorre - e da pugliesi dovremmo esserne più che orgogliosi - restano imperturbabili e silenziosi. Mai si sarebbero sognati di trovarsi in una vicenda così ingarbugliata che neppure il miglior Kafka sarebbe riuscito a raccontare.

C’è un aspetto che forse in molti ignorano e riguarda la posizione giuridica dei due fucilieri secondo le norme del diritto internazionale. Mentre erano impiegati in missione antipirateria sulla nave «Enrica Lexie» godevano della cosiddetta «immunità funzionale», garantita dal diritto internazionale. Immunità funzionale significa che i comportamenti di «organi» dello Stato che agiscano nell’ambito delle loro attribuzioni sono da considerarsi come riferibili allo Stato e non all’individuo. Ora Girone e Latorre erano e sono in questa condizione poiché la loro missione è avvenuta in seguito a una legge dello Stato (la 130/2011) che a sua volta aveva recepito la risoluzione n. 1897/2009 del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Altro che terroristi o pirati.

Proprio questa particolare posizione faceva sì che Latorre e Girone potessero legittimamente rifiutarsi di tornare in prigionia in India all’indomani della licenza ottenuta per Natale 2012. Invece, da galantuomini, ancora una volta hanno obbedito e con dignità e onore sono tornati a consegnarsi alle autorità indiane. Questo passaggio chiarisce la polemica innescata ieri dall’ex ministro Terzi contro l’ex premier Monti, che avrebbe spinto i due Marò a tornare in India in nome di non meglio precisati interessi economici dell’Italia.

Un’ultima considerazione di carattere giuridico e forse anche questa trascurata: l’imbarcazione sulla quale sono morti i due pescatori, al momento della sparatoria, avvenuta in acque internazionali, non issava la bandiera indiana né risulta iscritta al registro navale indiano. Particolare che da solo basterebbe a escludere, secondo le norme del diritto internazionale e secondo la stessa legge indiana (l’Indian merchant shipping act del 1958) la possibilità di ritenere il peschereccio di nazionalità indiana.

Ma queste sono considerazioni su cui stanno dibattendo gli avvocati mettendo in crisi la pretesa del governo di Delhi. Perché se dopo due anni non si riesce a formulare un’accusa che stia in piedi, se la stessa Corte Suprema deve arrampicarsi sugli specchi per non ammettere che i due Marò vanno rimandati a casa, è evidente che sono in difficoltà. E le parole di ieri del giudice che presiedeva l’udienza sono emblematiche: «Le parti sono in disaccordo e quindi spetta a questa Corte decidere». Come dire che la proposta del governo di Delhi di processare i Marò per violenza, ma sempre in base alla legge antipirateria (Sua act) non è condivisa dai supremi giudici.

Adesso bisogna aspettare un’altra settimana per conoscere la nuova decisione. Ma non può essere un altro tempo di sterili dichiarazioni roboanti. L’Italia che da ieri è ufficialmente accusata di essere uno Stato terrorista, quasi fosse l’Afghanistan al tempo dei talebani, deve difendere con ogni mezzo il suo onore e il suo prestigio. Esattamente come dal primo giorno, con discrezione e tenacia, stanno facendo due anonimi soldati figli di un Sud povero e piagnone, ma che sa bene quando è il momento di mostrare tutto il suo legittimo orgoglio.

In questa vicenda così strana e ingarbugliata e in questo tempo così sbandato, Girone e Latorre hanno il merito di essere gli unici a mostrare con coraggio e tenacia una coerenza di ferro. Scusate se è poco e scusate anche se sono loro a tenere alto in questo momento il buon nome dell’Italia.
 

La vergogna marò continua, intervista al Gen. Termentini

Caro Generale Termentini si aspettava l’indignazione della Bonino? E che tipo di indignazione è dopo che l’unica azione che ha prodotto è stata quella di dire che avranno un processo equo rapido e veloce,insieme al suo vice Pistelli. A leggere le loro parole e sopratutto le azioni che hanno prodotto vengono molti dubbi. Aiuti a capire ai nostri lettori il ruolo di questo ministro.

La risposta non é sicuramente semplice in quanto nella vicenda dei due Fucilieri di Marina il ruolo del ministro degli Esteri é stato almeno fino ad ora totalmente marginale. Non credo che questa affermazione possa essere considerata azzardata in quanto la Ministro stessa in piú di un'occasione ed anche recentemente ha avuto modo si dire che la vicenda era nelle mani del dott de Mistura Commissario di governo e che come tale riferiva direttamente al Presidente del Consiglio e che tutto sarebbe stato deciso dal Premier. 
 
Una distanza forse anche determinata dall'antica allergia che affligge la Bonino per chi indossa un'uniforme militare. Forse sarebbe stata piú presente se le persone interessate fossero state due Cooperanti come le due Simona in Iraq o giornalisti in cerca di scoop come la Sgrena in Iraq o più recentemente Quirico in Siria.

Ciò premesso ritornando ad alcune dichiarazioni del Vice ministro Pistilli con le quali parlava di "regole di ingaggio (invece che dire soluzioni) condivise con l'India fatte proprie dal Ministro in apertura del Thread della sua pagina di FB Dedicato ai Marò e durato alcune ore e poi scomparso, possiamo azzardare che proprio la strada di una condanna seppure pesante potrebbe rappresentare uan soluzione concordata, pur di mettere fine ad una vicenda che piú va avanti e piú fa emergere resposnabilitá forse anche poco piacevoli" perngli amici degli amici" .
 
Naturalmente se ciò fosse vero per il Ministro i dieci anni di galera rappresentano una "pena equa" come ha piú volte detto, i non meno dei trenta mesi che complessivamente ci dividono presumibilmente dalla fine della vicenda rappresentano "un tempo breve" come la Bonino ha ripetuto, ed il ritorno dei due Fucilieri di Marina in Italia con uan condanna inflitta indebitamente un rientro con "onore" . Ebbene se é così non condivido le aggettivazioni del Ministro e sicuramente abbiamo una concetto assolutamente diverso della parola onore.
 
Naturalmente il massimo rispetto delle reciproche opinioni ma il concetto di onore legato all'etica professionale é qualcosa di non interpretabile a seconda dei proprio concetto di morale, ma sono valori universali.

Anche il Presidente Letta definisce indiana ,ma ha fatto qualcosa oltre a prendere in giro tutto e tutti . Mi dica un azione sensata fatta da questo governo,una sola azione generale.

Ha solo seguito alla lettera le indicazioni e la strada tracciata dal precedente Governo con un un'unica differenza che nel Governo Monti il ministro Terzi si è dimesso quando si é accorto che le decisioni dell'Esecutivo potevano danneggiareni due ragazzi. Nell'attuale il Ministro bonino sembra orientata a tutto meno che a dimettersi.

Il Ministro della difesa Mauro sembra che si sia smarcato dalla Bonino ,che subito ha voluto precisare che è Letta che decide la linea non lei che ne pensa generale Termentini?

Concordo. Il Ministro Mauro é l'unico che ha sempre anteposto la parola "onore" al rientro dei due Marò, che ha parlato di innocenza mentre tutti gli altri auspicavano solamente "equitá e rapiditá " ed il ministro Bonino ha anche messo in dubbio lo Stato di diritto dichiarando a Repubblica il 19 sett. 2013 " Non é provata l'innocenza dei due Marò". Quasi un'anticipazione la sua delle decisioni indiane nel momento che fosse applicata come è orami quasi certo la SUA Act che impone ai due Marò di provare la loro innocenza di fronte al Giudice.

De Mistura sta ancora la a sparare cavolate,ma qua nessuno paga?

Direi meglio de Mistura è ottimisticamente convinto della sua potenzialitá di mediatore e dopo che ha scoperto Machiavelli si sente vincitore nei confronti degli indiani, e questo é il suo errore. Forse ha fatto comunque il suo tempo visti anche i modesti risulati che sta ottenendo.

Un altro campione che ha ritrovato la parola è il Presidente della Repubblica Napolitano,lei ha capito dove vuole andare a parare ?

Assolutamente no, lo interpreto solo come un obbligo di uscire allo scoperto dopo tanto silenzio sulla scia delle iniziative prese dalParlamento improvvisamente svegliatosi dal letargo e di fronte alla comunitá internazionale che sembra si stia accorgendo del problema.
 
Fonte: http://veraitalia.blogspot.it/