Amanda Knox attacca la giustizia italiana dopo la sentenza, Chico Forti ringrazia i giornalisti in un nuovo videomessaggio. Esiste la possibilità di "scambio prigionieri" tra Italia e Stati Uniti?
Cosa hanno in comune Amanda Knox e Enrico “Chico” Forti? Ad una prima occhiata ben poco: la prima è “il mostro” di Perugia per i media italiani ed il capro espiatorio per il Tribunale di Firenze (il giornale The Atlantic, nell’editoriale di giovedì, definisce il processo “farsa” ed il sistema giudiziario italiano “carnevalesco”, stessa linea tenuta da gran parte dei media americani che hanno seguito la vicenda di Meredith, come Business Insider che definisce il processo “folle”); il secondo è invece detenuto dal 2000 presso il Dade Correctional Institution, condannato all’ergastolo in primo grado, senza possibilità di rilascio sulla parola e senza appello: da ben 14 anni Chico Forti si dichiara vittima di un errore giudiziario.
Ad una prima occhiata, dicevamo, tra i due casi non ci sono molti punti in comune, se non fosse che entrambi (Amanda e Chico) si professano completamente innocenti, vittime di errori giudiziari.In verità c’è molto altro: già a dicembre Amanda Knox aveva scritto un post sul suo blog nel quale professava l’innocenza di Chico Forti; un’attenzione “particolare” quella di Amanda (secondo molti maligni, ipotesi più che plausibile ma inutilmente scandalistica, la ragazza è stata imbeccata dai suoi legali) che oggi, da Seattle, rilascia interviste di fuoco ai media americani professando la propria innocenza e la persecuzione nei suoi confronti del sistema giudiziario italiano.
La condanna di Guede e la totale assenza di tracce che riconducano ad Amanda (siano esse prove ematiche o test del DNA) sono effettivamente due elementi critici nell’impianto accusatorio che ha condannato la ragazza, che ha dovuto affrontare un processo di primo grado (con condanna), un processo d’appello (con assoluzione), un altro appello che ha annullato il primo ed un terzo appello (nuova condanna), al quale ha annunciato ricorso in Cassazione. Un iter giudiziario indegno in uno stato di diritto.
Altrettanto indegno in uno stato di diritto è stato il processo a Chico Forti, condannato sulla base di accuse evasive, senza che nessuno avesse mai rinvenuto l’arma del delitto nè elementi di colpevolezza, senza che nessuno abbia mai rintracciato i presunti complici (così è scritto nella sentenza): in base al diritto americano inoltre non vi è possibilità di appello, a meno che non vi siano delle “newly discovered evidence”, nuove prove determinanti. Prove che, nel caso di Forti, non vengono ammesse da nessuna corte americana.
E così si fa spazio l’ipotesi di uno “scambio prigionieri” tra Italia e Stati Uniti, entrambi gravemente ammalati nel loro sistema giudiziario e penale: se il Belpaese, oltre ai processi molto discussi, vive anche il dramma del sovraffollamento carcerario (impensabile per gli Stati Uniti estradare la Knox, se la destinazione è un carcere in cui si violano i diritti umani fondamentali), anche la Grande Democrazia Americana non vive i suoi giorni migliori con il caso Forti (impensabile, per il Ministero degli Esteri, mollare anche di un solo centimetro sul caso).
A lanciare l’ipotesi di scambio, possibile in base agli accordi internazionali tra Italia e Stati Uniti, è Sergio Divina, senatore della Lega Nord:
“Per due volte Amanda Knox è stata condannata in Italia per omicidio, ancorché il primo processo fosse stato annullato. La Knox però non ha alcuna intenzione di lasciare gli Usa dove sta comoda, libera e protetta. La ministra Cancellieri a questo punto ha un’arma importante in mano: negoziare con gli Usa uno scambio di condannati: la Knox con Chico Forti.”Una possibilità che, correttamente, la diplomazia italiana potrebbe seguire, nel tentativo di sbloccare il drammatico caso Forti: come dimostra anche il recente passato (viene in mente la vicenda del Cermis: i piloti americani, processati negli Usa, continuano a macinare ore di volo e non hanno fatto una sola ora di cella nonostante la strage) in materia giudiziaria conviene trattare con gli americani, non scontarsi. Nel braccio di ferro infatti gli Stati Uniti, per ovvi motivi, hanno sempre avuto la meglio.
Dal carcere della Florida dove è detenuto Chico Forti continua invece la sua battaglia:
“Qui in America molti casi complessi o dimenticati sono stati risolti grazie all’intervento di televisione e stampa, il cosiddetto quinto potere. Sono 14 anni che sto lottando contro dubbi, perplessità e indifferenza. I vari giudici preposti alle revisioni processuali inspiegabilmente e selettivamente sono divenuti sordi o ciechi. Realisticamente quasi non ho più voce. La mia voce siete voi. Fino a quando parlerete della mia vicenda facendone notare incongruenze e scorrettezze io rimarrò aggrappato a quest’ultimo fragile filo di speranza. La mia libertà è intrinseca alla vostra partecipazione, alla vostra determinazione nel portare alla luce quella polvere che da troppi anni ormai è nascosta sotto il tappeto della giustizia di Miami. Voi, come rappresentanti dei media avete la possibilità di tenere in vita l’interesse dell’opinione pubblica e quella voce che mi manca. Non sono ipocrita e mi rendo conto che già è molto quello che avete fatto, indubbiamente credo in quello che state facendo e sostanzialmente prego per ciò che riuscirete a fare. Un grazie di cuore a voi tutti giornalisti italiani e un abbraccio alla Nazione che mi ascolta.”dice nel suo ultimo videomessaggio.
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