martedì 4 febbraio 2014

Marò, gli scenari possibili




Rientro in Italia. Processo in India. Intervento dell'Onu. Come può evolversi il caso di Latorre e Girone. Dopo l'ultimo rinvio.

Doveva essere il giorno del giudizio, è stato quello dell'ennesimo rinvio. La formulazione dei capi d'accusa per i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone è stata rimandata al 10 febbraio e la Corte suprema di New Delhi ha spiegato che non accetterà ulteriori proroghe da parte del procuratore generale.

ACCANTONATO IL SUA ACT. Insomma, per ora nulla ufficialmente si muove. Ma stando alle indiscrezioni trapelate dai palazzi della capitale indiana, il governo indiano avrebbe deciso di rinunciare all'uso del Sua Act, che prevede la pena di morte, per costruire l'accusa nei confronti dei marò.
UNA RINUNCIA DOVUTA. In realtà, secondo Natalino Ronzitti, docente di diritto internazionale alla Luiss di Roma, la rinuncia era quasi dovuta: «Il Sua Act», ha spiegato l'esperto a Lettera43.it, «è chiamata erroneamente legge antipirateria, ma è in realtà una norma contro il terrorismo marittimo, che si rifà a una convenzione internazionale sostenuta proprio dall'Italia dopo il celebre caso del sequestro dell'Achille Lauro: di fatto era inapplicabile a questo caso». Il risultato, però, è che il processo resta incagliato nelle solite secche. Gli scenari possibili rimangono sostanzialmente quattro.

1. La procura non riesce a formulare i capi d'accusa

È possibile che la procura indiana, nonostante le attese, non riesca a formulare un capo d'accusa nei confronti dei due marò italiani. Gli ostacoli potrebbero essere molti. Secondo le informazioni in mano alla stampa, le perizie indicano che i proiettili che hanno ucciso i due pescatori al largo delle coste del Kerala sono partiti dai fucili di altri due marò. Poi c'è il cortocircuito sulle indagini, affidate dal ministro dell'Interno di New Delhi all'agenzia antiterrorismo indiana, nonostante non si tratti di un caso di terrorismo.
I COLLOQUI CON DE MISTURA. Il 3 febbraio, prima dell'inizio della seduta della Corte suprema, il procuratore della Repubblica indiano G. E. Vahanvati ha chiesto più tempo all'inviato del governo italiano Staffan de Mistura per formulare una risposta sulle modalità di incriminazione dei marò. «Per l'accusa deve essere difficile, ci siamo parlati in maniera franca e schietta. Mi ha chiesto di concedere una proroga ben oltre le due settimane», ha rivelato l'inviato speciale della presidenza del Consiglio. Se i pubblici ministeri indiani non riuscissero a incriminare i marò, i due con tutta probabilità tornerebbero in Italia.

2. L'Italia riesce a far intervenire Stati Uniti o Onu

La richiesta della difesa di riportare in Italia i due fucilieri finora non ha sortito gli effetti sperati. «L'anno passato», hanno fatto presente i giudici del massimo tribunale indiano di fronte al ricorso, «sono rimasti in Italia». E poco importa che gli avvocati dei due italiani abbiano voluto puntualizzare che i tempi del rientro, alla fine, sono stati rispettati.
Le istituzioni di Roma, dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al premier Enrico Letta, hanno aumentato la pressione diplomatica su Nuova Delhi. Ma, ha osservato Ronzitti, le voci che si sono alzate sono servite a poco, anche in Europa.
SVILUPPI GIUDIZIARI INCERTI. «Bisognerebbe coinvolgere gli Stati Uniti che con l'India ha una collaborazione nel settore nucleare. O far intervenire il segretario generale delle Nazioni Unite, chiedendo il richiamo al capitolo VII della Carta Onu che tratta anche l'impiego delle forze armate come garanzia della sicurezza internazionale». Nel migliore dei casi per i marò verrebbe loro riconosciuta l'immunità funzionale. E il giudizio salterebbe. Ma la legge italiana, voluta dall'ex ministro della Difesa, Ignazio La Russa è controversa. Ed è diffiicile capire i possibili sviluppi giuridici.

3. Il tribunale ad hoc non riconosce la giurisdizione indiana

È l'ipotesi meno probabile, ma tuttavia va presa in considerazione.
Quando la Corte suprema indiana ha affidato il processo ai due marò a un tribunale ad hoc, ha anche rinviato la decisione sulla giurisdizione.
Insomma, i giudici potrebbero anche decidere che il diritto indiano in questo caso non va applicato.
TEMPI LUNGHI ANCHE IN ITALIA. A questo punto Latorre e Girone tornerebbero in Italia e sarebbero sottoposti alla nostra giurisdizione e alle decisioni dei nostri tribunali. Che, in fatto di tempi, solitamente hanno molto in comune con quelli indiani.

4. Vengono formulate le accuse, si va a processo

L'ultimo scenario è il più complesso. Se la procura generale riuscisse a formulare le imputazioni contro i due fucilieri - omicidio volontario o omicidio colposo - si aprirebbe ufficialmente il dibattimento. Che andrebbe a cadere a ridosso della campagna elettorale di aprile.
Con il rischio di diventare facile strumento di propaganda politica o di subire ulteriori rallentamenti proprio non esserlo.
LA CHANCE DELLA GRAZIA. I marò del resto potrebbero anche accettare una condanna, contando sul trattato sullo scambio di prigioneri per cui tornerebbero a scontare la pena in Italia, dove potrebbero chiedere la grazia al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Unica condizione: non presentare ricorso in appello. E accettare il giudizio di colpevolezza.
Martedì, 04 Febbraio 2014 

Fonte:  http://www.lettera43.it/

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