Prima fu la volta di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako
Mukhtar Ablyazov riportata in Italia dopo l’assurda espulsione. Poi è
toccato ai 31 bambini congolesi adottati da cittadini italiani, bloccati
in Congo e infine fatti rientrare nel nostro Paese. A maggio l’Italia
riesce a liberare Federico Motka, giovane cooperante italo-svizzero
rapito in Siria. Infine un volo della presidenza del Consiglio italiana
trasporta a Roma Meriam Yahia Ibrahim Isha, la cristiana condannata a
morte in Sudan per apostasia.
Tutto molto bello, soddisfazione sacrosanta. Ma i due marò?
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono «trattenuti» in India da
due anni e mezzo, fermati con il sospetto di aver ucciso, scambiandoli
per pirati, due pescatori indiani e senza che per loro sia stato ancora
formulato un capo d’accusa. E anche su di loro, proprio come sulla
povera Meriam, pendeva, fino a quando non è stata scongiurata, la
possibilità della pena di morte. Ma sono ancora là.
I quattro casi felicemente risolti erano sì diversi da quello dei due
fucilieri italiani, ma anche complessi e delicati. Quello della
Shalabayeva, ad esempio. Il 28 maggio 2013 a Roma la polizia cerca il
dissidente kazako Ablyazov, ma nell’abitazione di Casalpalocco viene
fermata la moglie con la figlia di sei anni. Con sé ha un passaporto
falso. Due giorni dopo la questura firma la sua espulsione e dopo 24 ore
madre e figlia vengono imbarcate su un volo per il Kazakistan. Il 31
luglio 2013 Ablyazov viene arrestato in Francia e suo figlio, su
Facebook, scrive: «No all’estradizione com’è successo a Roma». Ma
l’Italia non si arrende, continua a premere per ottenere il ritorno
della donna, e il 24 dicembre 2013, vigilia di Natale, Shalabayeva
ottiene il permesso di lasciare il Kazakhstan. Tre giorni dopo arriva in
Italia con la piccola Aula e il 18 aprile scorso ottiene dal nostro
Paese l’asilo politico. Il caso dei marò è diverso? Certo, ma dopo due
anni e mezzo è una legittima spiegazione?
Anche per i 31 bambini congolesi l’impegno del governo italiano è stato
continuo ed efficace. Nel dicembre scorso 26 famiglie adottive
italiane, volate in Congo per portare a casa quelli che ormai sono loro
figli, restano bloccate nel paese africano. Il ministro dell’Interno di
Kinshasa ha appena sospeso le procedure di adozione. Intanto gli allora
ministri degli Esteri e dell’Integrazione, Emma Bonino e Cécilie Kyenge,
assicurano «il forte impegno» del governo mentre continuano «le
pressioni» sulle autorità locali.
Il 28 maggio i 31 bambini atterrano a Ciampino con un airbus della
presidenza del Consiglio. Ma, ancora una volta, i nostri marò?
Nel marzo 2013 l’Isis, Stato islamico dell’Iraq e del Levante, rapisce
in Siria il 31enne Federico Motka, un cooperante italo-svizzero.
Federico verrà torturato e trasferito più volte. I nostri servizi
segreti lavorano sodo, silenziosamente, finché il 25 maggio, il ragazzo
non viene rilasciato «grazie a un complesso e delicato lavoro dei nostri
servizi di informazione e dell'Unità di crisi del ministero degli
Esteri», si legge in una nota della Farnesina. Bene, più che bene. Ma
Latorre e Girone?
Due giorni fa finisce anche l’incubo di Meriam. La giovane sudanese
viene condannata a morte per apostasia. La sua «colpa» è di non voler
abbandonare la fede cristiana per convertirsi all’islam. Sull’aereo con
lei c’è il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli, che appena mette
piede a terra spiega che il caso di Meriam e quello dei marò «sono molto
diversi» e che «il governo è impegnato pancia a terra a risolvere il
caso dei fucilieri».
Ma quanto si dovrà ancora lavorare «pancia a terra» per vedere
finalmente a casa, dalle loro famiglie, Massimiliano e Salvatore?
Fonte: http://www.iltempo.it/
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