Dopo 34 anni le 81 vittime non hanno avuto
giustizia, così come i numerosi testimoni assassinati in seguito dall'intelligence. Eppure il movente mai indagato a fondo dalla magistratura, è fin troppo evidente. Nel 1983 un ingegnere dell’Enea,
Carlo Giglio, aveva denunciato alla magistratura un traffico di uranio puro,
consegnando un voluminoso carteggio. Nel 1988 fonte “Billy” aveva depositato un
altro esposto, ma i giudici avevano prontamente ed inspiegabilmente archiviato
in un lampo. In seguito, nel 1995 Giglio aveva indirizzato alla procura della
Repubblica di Reggio Calabria che indagava sull’affondamento delle navi dei
veleni, una serie documentata di denunce.
Nei verbali del 17 marzo 1995 è scritto: «Fu così
che l’Enea (ovvero il CNEN, ndr) divenne lo strumento operativo dei vari governi italiani dell’epoca
per fornire all’Iraq e al suo capo di Stato, Saddam Hussein, tutta l’assistenza
tecnologica nonché tutto il materiale fissile idonei ad assicurare a detto
Stato piena autonomia nucleare e la possibilità di dotarsi di armi atomiche».
In effetti, a metà degli anni ’70 il governo tricolore, unitamente a quello francese, stipula una serie di accordi commerciali con l’Iraq per la fornitura di tecnologia e materiale nucleare, in cambio di petrolio. E dentro c'è pue lo scandalo della banca italiana Bnl con sede ad Atlanta (USA). Ai magistrati l’ingegnere Giglio fornisce - così è scritto nei verbali di interrogatorio - «tutta la documentazione comprovante la fornitura all’Iraq di tecnologia e materiale nucleare (12.000 kg di uranio). Detto traffico clandestino intercettato dai servizi segreti israeliani e americani, che addirittura rappresentarono allo stesso Colombo che l’attività svolta dall’Enea e quindi dal Governo italiano non era tollerabile, determinava Israele a compiere vere e proprie attività terroristiche contro le ditte di proprietà statale incaricate dall’Enea di fornire la tecnologia nucleare: Snia Techint (attentato negli uffici romani), attribuito dallo stesso presidente del CNEN Colombo ai servizi segreti italiani».
L’intelligence di Tel Aviv già prima della strage
del 27 giugno 1980 aveva distrutto con un attentato tutto il materiale nucleare
in partenza dalla Francia per l’Iraq. Nel frattempo il presidente del consiglio
Francesco Cossiga, pur incalzato dal
governo israeliano confermava alla stampa internazionale che, nonostante le
pressioni americane e di altri Stati, il
Governo italiano avrebbe mantenuto agli accordi sottoscritti dal presidente
Andreotti.
Secondo quanto riportato dagli investigatori nei verbali,
«la successione temporale degli nell’attività clandestina dell’Enea in favore
dell’Iraq dimostrerebbe la vera causale dell’abbattimento dell’aereo di linea
italiano su Ustica vada ricercata in un possibile trasporto clandestino verso
Palermo da Bologna di combustibile nucleare. A Bologna, infatti, all’epoca vi
erano due impianti nucleari di ricerca gestiti dall’Eni e dell’Agip Nucleare».
In
effetti, ben 7 anni prima che la società francese
Ifremer (una controllata dei servizi segreti di Parigi) effettuasse i
primi
recuperi dei rottami del Dc 9 Itavia e filmasse addirittura i resti di
un missile
di nazionalità israeliana (Shafrir) mai recuperato, nel profondo del
Tirreno una società di cui erano titolari il capo di Stato Maggiore
della Difesa (dal 1980 al 1981), tale Giovanni Torrisi (iscritto alla
loggia massonica P 2 e capo di stato maggiore della marina militare dal
1977 al 1980), ed il banchiere Francesco Pacini
Battaglia, con sede in via Fauro a Roma (una mera concidenza l'
attentato del 1993?) aveva effettuato indisturbatamente e a più riprese
proprio durante l'estate del 1980, con il
pretesto della ricerca idrocarburi, ricognizione sui fondali ove giaceva
la
carcassa dell’aereo civile, alterandone la situazione.
Perché
le indagini giudiziarie non sono mai state indirizzate in maniera
approfondita sulla pista nucleare, liquidata con accertamenti
superficiali? Come è stato possibile consentire a Cossiga di depistare
in tempi più recenti, fino all'ultimo respiro? Bastava scandagliare il
ponderoso carteggio diplomatico dal 1976 al 1980 che intercorre tra Tel
Aviv e Roma per capire fino in fondo le motivazioni addotte per
"sacrificate" 81 persone, compresi alcuni neonati. Ed emerge la solita
ragion di Stato, ovvero gli affari indicibili intessuti da Palazzo Chigi
con l'Eliseo. A proposito Cossiga e Andreotti, grazie allo zio Sam
avevano già "sacrificato" Aldo Moro: ma questa è un'altra storia.
di Gianni Lannes
Fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/
Nessun commento:
Posta un commento