Il ritornello pretestuoso è la pace, ma basta
leggere il decreto legge 107 del 12 luglio 2011 (promulgato da Napolitano su proposta
del consiglio dei ministri targato Berlusconi), convertito con legge 130 del 2
agosto 2011, votata ad ampia maggioranza dal parlamento (finta opposizione di
centro-sinistra inclusa), per capire quali siano le operazioni belliche in atto
da anni (almeno dal 1990), mascherate per ottemperare agli ordini del governo degli Stati Uniti d’America
e della NATO.
In questo calderone illegale è stata inserita la scorta armata
di nuclei di fucilieri della Marina Militare su navi civili. Perché il servizio
di scorta era stato affidato ai militari, invece che alle guardie giurate come
hanno stabilito norme in vigore che risalgono al 1940? Infatti, a bordo di navi civili i servizi di vigilanza
privata possono essere svolti con l'impiego di particolari guardie giurate
armate, a protezione delle merci e dei valori sulle navi mercantili e sulle
navi da pesca battenti bandiera italiana negli spazi marittimi internazionali a
rischio di pirateria, ai sensi degli articoli 133 e seguenti del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931,
numero 773, e successive modificazioni, e dagli articoli 249 e seguenti del
relativo regolamento di esecuzione, di cui al regio decreto 6 maggio 1940,
numero 635, e successive modificazioni.
Eppure nonostante la palese incostituzionalità di
tutto l’orpello “normativo” orchestrato dai vertici statali, addirittura l’1
settembre 2011 il ministro della difesa Ignazio la Russa ha sfornato un
collegato decreto sulle aree marittime a rischio. E si è proceduto alla stipula
di protocolli di intesa tra Ministero della Difesa e Confederazione italiana
armatori, con tanto di tariffario.
La
legge 130/2011 viola gli articoli 11 e 52 della
Costituzione: un’osservazione elementare che il capo delle forze armate
Giorgio Napolitano dovrebbe sapere a memoria, invece, hanno svenduto da
un pezzo le
nostre Forze Armate e prostituito la Marina Militare. Già, ma
nell'Italietta delle banane di zio Sam, trasformata da Washington in una
portaerei dentro il Mediterraneo, chi ha fiatato oppure ha obiettato
qualcosa in proposito? Per dirla tutta: gli ufficiali italiani
nell'alleanza atlantica sono dei meri subordinati.
L’ammiraglio Bruno Branciforte è stato il deus ex machina della vicenda marò, ed appare indimenticabile la sua audizione in Senato (14 luglio 2010) per l’approvazione della cosiddetta “legge antipirateria”. L’ammiraglio Branciforte è stato il primo direttore dell’Aise e aveva alle sue dipendenze nei servizi segreti, il generale Alberto Manenti.
Dopo lo scandalo mondiale al largo dell’India nel
febbraio 2012, i soliti boiardi di Stato hanno cercato di porre rimedio con il
decreto del Ministro dell'interno del 28 dicembre 2012, numero 266, si è
cercato di regolamentare le modalità attuative dell'articolo 5, commi 5 e
5-bis, del decreto-legge 12 luglio 2011, numero 107.
La catena di comando e le responsabilità a monte
dell’operato dei due fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone - a prescindere
dal loro coinvolgimento nella morte dei due pescatori indiani, ancora tutto da
dimostrare con solide prove - sono state volutamente ignorate ed occultate
all’opinione pubblica per coprire i veri responsabili in divisa e doppiopetto d’ordinanza
istituzionale. Se vogliamo veramente dare un sostegno ai marò dobbiamo
scaricarli da responsabilità che non sono loro pertinenti e individuare i
responsabili mediante una severa e rigorosa disamina dei fatti. Per esempio, qualcuno
dovrebbe spiegare le eventuali ragioni dell’ordine impartito dall’ammiraglio
Donato Marzano di ottemperare alla richiesta indiana (una trappola)
dell’entrata in porto a Kochi della petroliera Enrica Lexie. L’ammiraglio
Marzano è l’assistente personale dell’ammiraglio Luigi Mantelli Binelli, attuale
capo di stato maggiore della difesa, che all’epoca dei fatti era il Cincnav
(comando in capo della squadra navale della marina militare).
Il
peggio l’hanno offerto Mario Monti e Corrado
Passera offrendo nuovamente in pasto i fucilieri italiani al governo
indiano,
per ungere i soliti nebulosi affari all’italiana. E Renzi come i
burattini telecomandati che l'hanno preceduto a palazzo chigi, non
risponde alle
interrogazioni parlamentari sullo scottante argomento, relegato nel
dimenticaio.
L’atto che viene imputato ai due sottufficiali italiani, a
parte ogni altra considerazione circa la veridicità dei fatti asseriti
dall’accusa ancora senza un briciolo di prove, non è qualificabile
come terrorismo.
I
due fucilieri della marina militare sono organi
dello Stato italiano e quindi godono dell’immunità per gli atti compiuti
nell’esercizio delle loro funzioni. Tanto più che il preteso omicidio di
due pescatori è
avvenuto in alto mare (20,5 miglia dalle coste del Kerala) e non nelle
acque territoriali indiane. Questo non
significa che i marò siano svincolati da qualsiasi normativa. Essi sono
soggetti unicamente alla legge italiana e spetta giudicarli soltanto
alla magistratura italiana
ordinaria e militare. L’assenza di giurisdizione indiana, in virtù della
Convenzione di Montego Bay (UNCLOS) è una
questione di interesse nazionale, ma non bisogna dimenticare, in base
ala legge
elettorale numero 270/2005, dichiarata incostituzionale con sentenza
della Consulta
numero 1/2014, che il presidente della Repubblica, il governo ed il
parlamento sono
abusivi, proprio come i predecessori (da Berlusconi a Monti &
Letta). E tutti questi personaggi appena menzionati mantenuti a spese
del "popolo sovrano", devono rispondere di gravi reati penali: alto
tradimento della Patria e attentato alla Costituzione, stracciata con la
firma il 13 dicembre 2007 (Prodi e D'Alema) del Trattato di Lisbona.
Tutto il resto sono inutili chiacchiere morte e sepolte, omissioni e
manomissioni della verità, utili a distrarre il gregge tricolore in
perenne letargo.
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