Il governo prova a incantare l’Italia sul caso marò e
Matteo Renzi potrebbe “abboccare” all’esca di Narendra Modi. Dopo mesi
di silenzio alle richieste italiane di un confronto per trovare una
soluzione alla vicenda, che vede protagonisti i fucilieri di Marina
Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, il neo premier indiano, nel
corso di un colloquio telefonico con Renzi, ha detto lunedì che Roma
deve consentire che il processo giudiziario in India "faccia il suo
corso". Secondo quanto riporta il Times of India Modi ha
ricordato al capo del governo italiano che “la magistratura indiana è
libera, giusta e indipendente" e che Nuova Delhi è convinta che
"prenderà tutti gli aspetti in considerazione nella decisione su questo
caso".
Sul colloquio tra i due statisti manca una versione
italiana dal momento che il governo italiano non ha fornito dettagli in
proposito. Un silenzio forse dovuto all’ennesima figuraccia rimediata
quando la scorsa settimana è emerso che il tanto decantato arbitrato
internazionale a cui il governo Renzi disse di aver fatto ricorso per
dirimere la questione non è mai stato neppure avviato da Roma.
C’è da restare stupiti dalle parole del premier indiano
riportate dal quotidiano. Secondo il leader nazionalista indù Roma
dovrebbe accettare la sovranità di Nuova Delhi sul caso rinunciando pure
all’immunità funzionale che in tutto il mondo impedisce a ogni Stato di
processare militari stranieri per quanto accaduto durante il servizio
attivo. Di fatto l’Italia dovrebbe accettare, secondo Modi, il principio
che chiunque può processare i suoi soldati. Il riferimento alla
giustizia indiana come organismo “giusto e indipendente” suona poi come
una presa per i fondelli. Basti ricordare le numerose prove inventate o
artefatte per “incastrare” i due marò in maniera talmente cialtronesca
che in due anni e mezzo nessun tribunale indiano è stato finora in grado
di imbastire un processo, né di decidere in base a quale legge
contestare eventuali reati ai due italiani e nemmeno di procedere con
l’imputazione di precisi capi d’accusa.
Il richiamo all’indipendenza della Corte Suprema
indiana fa poi morire dal ridere. Per smentire le bugie di Modi sarebbe
sufficiente ricordare i litigi tra i diversi ministri del precedente
governo indiano circa l’applicabilità o meno della legge contro il
terrorismo Sua Act al caso di Latorre e Girone e il fatto che la stessa
Corte Suprema aveva chiesto al governo di nominare un “tribunale
speciale” per gestire il processo agli italiani. E poi non
dimentichiamoci che sarà almeno la quarta volta in 30 mesi che da Nuova
Delhi giungono promesse di una soluzione “rapida e giusta” della
vicenda.
Nel colloquio con Renzi, il premier indiano avrebbe
espresso il convincimento del reciproco interesse a trovare una
"soluzione equa e celere" alla vicenda dei due marò, ma questa non può
certo passare attraverso il riconoscimento della giurisdizione indiana. A
meno che Roma non intenda calare ulteriore le braghe, ipotesi da non
trascurare considerando che i recenti sviluppi giudiziari e politici del
caso stanno emergendo solo grazie a rivelazioni della stampa indiana o
denunce dei deputati dell’opposizione, come in occasione
dell’inesistente ricorso all’arbitrato internazionale.
Il Times ha riferito che il colloquio telefonico tra Renzi e Modi
è stato richiesto dall’Italia e sarebbe interessante sapere perché
Palazzo Chigi non ne ha riferito immediatamente. Sperava forse che anche
gli indiani avrebbero taciuto?
Eppure già a inizio agosto Renzi s'era detto "molto
fiducioso nel nuovo governo indiano" e aveva espresso la speranza che
l'esecutivo Modi "nelle prossime settimane" avesse "la possibilità di
affrontare" la vicenda dei due marò “e di recuperarla in una dimensione
di collaborazione" sulla base "del diritto internazionale". Fiducia a
quanto mare mal riposta.
Non è un caso quindi che il l’organo di rappresentanza (Cocer) della Marina Militare abbia ieri duramente criticato il governo.
«Abbiamo atteso che il nuovo governo indiano si
insediasse e si giungesse ad una soluzione del caso marò attraverso un
dialogo. Dopo la telefonata di ieri, tra il nostro presidente del
Consiglio e il capo del governo indiano, non sembra che ci siano queste
premesse» ha detto all’agenzia Adnkronos il delegato Vito Alò.
«ll Presidente Renzi auspica una rapida soluzione ma
dopo le dichiarazioni di Modi non credo sia ancora possibile. L'Italia -
continua Alò - non può permettersi di riconoscere la giustizia indiana e
consentire che i due fucilieri vengano processati in India. Se questo
avvenisse con quale spirito partirebbero ancora in missione all'estero i
nostri militari? Si sentirebbero ancora tutelati dal proprio Paese?»
Alò ha esortato poi l’esecutivo a muoversi «verso l'arbitrato
internazionale in maniera concreta». Opzione a cui, a quanto pare, Renzi
e i suoi ministri non vorrebbero ricorrere per non infastidire Delhi
che, comprensibilmente, preferirebbe evitare che la vicenda dei marò
finisse sotto la lente di un tribunale internazionale in grado di
demolire la credibilità della Giustizia indiana evidenziandone pecche,
malafede e servilismo nei confronti della politica.
Fonte: http://www.lanuovabq.it/it/home.htm
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