L'ennesimo rinvio della giustizia indiana è stato accolto con amarezza
dalla comunità tricolore che si batte ogni giorno per la libertà di
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Se le famiglie dei due
fucilieri sono affrante dall'impossibilità di calendarizzare almeno
l'iter giudiziario e per questo hanno scelto di non commentare l'ultima
tegola che giunge da Nuova Delhi, sul web centinaia sono i messaggi di
solidarietà e vicinanza per i soldati italiani. Tra questi c'è anche il
pensiero di Luca Barisonzi, primo maresciallo in ruolo d'Onore degli
Alpini, rimasto ferito in un agguato mentre svolgeva con impegno le sue
mansioni in Afghanistan. Barisonzi nei prossimi giorni tenterà
un'impresa - mai tentata da un tetraplegico - dedicata ai marò: scalerà
il Monte Rosa per raggiungere il rifugio Capanna Regina Margherita, il
più alto d'Europa, insieme all'ex carabiniere Luca Colli. Utilizzerà per
l'occasione una speciale carrozzella cingolata ed elettronica.
Primo maresciallo Baresonzi, come ha accolto il rinvio al 14 ottobre dell'udienza riguardante i nostri soldati?
«Con una grande delusione. Mi sento toccato in particolar modo, nel
profondo. Anche se non ho mai incontrato né Massimiliano né Salvatore,
in quanto militare li reputo come due fratelli. Quello che sta
succedendo a loro, è come se accadesse ad un mio fratello».
Sono prigionieri da oltre ottocento giorni.
«Sapere che ancora non si è risolta questa querelle, fa davvero male».
Come segue questo caso?
«Ogni giorno sono in contatto con le famiglie. Paola Latorre mi ha
informato immediatamente via web del rinvio. L'amarezza è stata enorme».
Anche lei è stato in missione, come Max e Salvo.
«Quando indossi la divisa all'estero, rappresenti con onore il nostro
paese, eseguendo gli ordini che ci sono impartiti. Esattamente come è
capitato ai due Leoni del San Marco. Poi c'è un elemento in comune con
loro».
Quale?
«Siamo stati tutti e tre in Afghanistan. Aver vissuto quell'esperienza
crea un legame fortissimo, indissolubile, tra chi ci è stato».
Il primo contatto con i marò?
«È avvenuto dopo il nuovo arresto. Scrissi loro una lettera e
Massimiliano mi ha ricontattato per ringraziarmi. In quella occasione ho
giurato che sarei rimasto sempre al loro fianco. Del resto, a parti
invertite, sono certo che loro avrebbero tenuto lo stesso comportamento
solidale».
I due fucilieri hanno mostrato uno straordinario contegno, mentre cresce inevitabilmente il dispiacere delle famiglie.
«I congiunti soffrono più dei militari, che fanno il loro dovere sempre
con dignità. Per Vania e Paola è particolarmente dolorosa questa
forzata lontananza, ma hanno un grande carattere».
Intanto l'opinione pubblica italiana non ha mai dimenticato i nostri soldati in India.
«Bisogna rimarcare che stavano facendo il loro dovere, erano in
missione ed eseguivano ordini. Bisogna fargli sentire che hanno un
popolo al loro fianco. La vicinanza e il calore dei tanti sostenitori di
questa battaglia di libertà può fornirgli la forza di andare avanti e
l'energia per essere sempre più determinati».
E il governo italiano?
«Penso e spero in quanto militare che l'esecutivo stia facendo tutto il
possibile per riportarli a casa. Ho scelto di rappresentare il mio
paese, credo nei valori che mi hanno spinto ad indossare l'uniforme. Chi
è al governo è impegnato nel far valere i loro e i nostri diritti».
In questi lunghi mesi ha mai avuto la sensazione che la vicenda fosse vicina alla svolta positiva?
«No, sono molto freddo e realista. Quando Massimiliano e Salvatore
saranno rientrati sul suolo patrio e mi inviteranno a vederci per
prendere insieme un caffè, solo allora sarà sicuro che questa storia è
davvero chiusa con un lieto fine».
In queste ore sta preparando una impresa.
«Raggiungerò, appena le condizioni meteo consentiranno la partenza, il
rifugio Regina Margherita, sul Monte Rosa. E quando sarò lassù avrò con
me il cappello alpino e il fiocco giallo: spero sia di buon auspicio per
la libertà dei nostri fucilieri».
Fonte: http://www.iltempo.it/
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