Sono passati undici anni dal barbaro assassinio di Marco Biagi.
Conservo di lui un ricordo indelebile, straordinario. Biagi era un uomo
amabile, molto preparato, con un interesse vivo per le posizioni della
Cisl sulla contrattazione, sulla bilateralità, sulla formazione.
Era un vero riformatore. Aveva capito, prima di tanti altri, che
bisognava adeguare il mercato del lavoro italiano alla nuova realtà
europea, superando i ritardi evidenti di natura ideologica, persistenti
ancora nel mondo politico e nello stesso movimento sindacale. Per questo
Biagi aveva cercato convergenze con le posizioni espresse dalla Cisl
sui temi della riforma degli ammortizzatori sociali, della flessibilità,
della partecipazione e del cambiamento del sistema contrattuale.
Egli era persuaso di una verità che condividiamo a fondo: simili riforme non debbono essere calate dall'alto con misure legislative, ma debbono prima di tutto affermarsi nel confronto e nel negoziato tra le parti sociali, imprese e lavoratori. Cercava di individuare con coerenza e gradualità le procedure necessarie al dialogo sociale in tutti i settori, a partire dai livelli territoriali, fino alle forme di negoziato nazionale. Sostenitore della partecipazione e della bilateralità, Biagi aveva inserito questi principi nel suo Libro Bianco come i punti forti da cui è scaturito in seguito il patto di luglio e i successivi provvedimenti legislativi.
Le Brigate Rosse lo hanno ucciso perché era l'uomo del dialogo, proprio per questa sua profonda determinazione a cambiare in senso positivo tutto un impianto economico e sociale che nel nostro Paese non rispondeva - e non risponde tuttora - più alle esigenze di una crescente sfida economica e ai bisogni sociali che essa genera. Marco Biagi aveva capito l'importanza del lavoro atipico e delle collaborazioni a tempo determinato e la necessità di garantire tutele e garanzie a queste nuove forme di lavoro.
Egli era persuaso di una verità che condividiamo a fondo: simili riforme non debbono essere calate dall'alto con misure legislative, ma debbono prima di tutto affermarsi nel confronto e nel negoziato tra le parti sociali, imprese e lavoratori. Cercava di individuare con coerenza e gradualità le procedure necessarie al dialogo sociale in tutti i settori, a partire dai livelli territoriali, fino alle forme di negoziato nazionale. Sostenitore della partecipazione e della bilateralità, Biagi aveva inserito questi principi nel suo Libro Bianco come i punti forti da cui è scaturito in seguito il patto di luglio e i successivi provvedimenti legislativi.
Le Brigate Rosse lo hanno ucciso perché era l'uomo del dialogo, proprio per questa sua profonda determinazione a cambiare in senso positivo tutto un impianto economico e sociale che nel nostro Paese non rispondeva - e non risponde tuttora - più alle esigenze di una crescente sfida economica e ai bisogni sociali che essa genera. Marco Biagi aveva capito l'importanza del lavoro atipico e delle collaborazioni a tempo determinato e la necessità di garantire tutele e garanzie a queste nuove forme di lavoro.
Lui si è sempre battuto contro la precarietà del lavoro dei giovani,
contro le distorsioni di una eccessiva flessibilità (le false partite
iva, per esempio), a differenza di quanto sostenevano i suoi detrattori.
Nasceva di qui l'esigenza di uno "statuto dei lavori" in grado di
estendere diritti e tutele a chi oggi non ne ha, e di non chiudersi in
una difesa corporativa che produce solo divisioni e incomprensioni nel
mondo del lavoro.
Per questo, ricordare Marco Biagi a undici anni dalla sua morte, non può limitarsi alla condanna del terrorismo. Bisogna avere la determinazione e il coraggio di riprendere il cammino tracciato anche dalle sue idee perché esse si affermino realizzando quell'avvenire di riforme del lavoro tanto necessarie alla democrazia economica nel nostro Paese.
Su questa linea oggi si muove la Cisl che vuole proiettare in avanti i messaggi contenuti nel Libro Bianco di Biagi, li potenzia e li misura con gli sviluppi del presente. Lotta alla precarietà, crescita, partecipazione dei lavoratori, apertura alle esigenze delle nuove figure del lavoro sociale: sono tutti punti fermi della nostra iniziativa per affermare il nuovo modo di essere sindacato nella dimensione europea e garantire ai lavoratori condizioni di progresso sociale ed economico. Questo è il modo migliore per onorare la memoria di un uomo come Marco Biagi.
Per questo, ricordare Marco Biagi a undici anni dalla sua morte, non può limitarsi alla condanna del terrorismo. Bisogna avere la determinazione e il coraggio di riprendere il cammino tracciato anche dalle sue idee perché esse si affermino realizzando quell'avvenire di riforme del lavoro tanto necessarie alla democrazia economica nel nostro Paese.
Su questa linea oggi si muove la Cisl che vuole proiettare in avanti i messaggi contenuti nel Libro Bianco di Biagi, li potenzia e li misura con gli sviluppi del presente. Lotta alla precarietà, crescita, partecipazione dei lavoratori, apertura alle esigenze delle nuove figure del lavoro sociale: sono tutti punti fermi della nostra iniziativa per affermare il nuovo modo di essere sindacato nella dimensione europea e garantire ai lavoratori condizioni di progresso sociale ed economico. Questo è il modo migliore per onorare la memoria di un uomo come Marco Biagi.
Fonte: IL SOLE 24ORE, diRaffaele Bonanni è segretario generale della Cisl
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