Dal ministero dell'Interno di Nuova
Delhi, guidato da Sushilkumar Shinde, si fa sapere agli inviati di Roma
di credere che la faccenda vada superata, condividendo la strada di quel
"processo equo e veloce" indicato come via di uscita dagli italiani.
Non c'è più dunque solo l'ala soft dell'esecutivo-Singh - capeggiata dal
ministro degli esteri Salman Khurshid - a volersi mettere alle spalle
il caso: "c'è unanimità", si garantisce.
Ma le cose di questo caso - più evidente non potrebbe esserlo - sono assai complicate.
L'India - viene continuamente ripetuto
agli italiani - è uno Stato di diritto in cui, come si conviene ad ogni
democrazia avanzata, i poteri sono divisi e bilanciati. "E' un fatto che
libera molte mani", afferma una fonte di WikiLao che parla a condizione
che non se ne riveli il nome. "Ci si può permettere una gestione
elaborata di faccende intricate e dalle tante incognite, proprio come
quella che vede Latorre e Girone incriminati" per la morte di Valentine
Jelestine e Ajesh Binki mentre erano in servizio anti-pirateria sulla
petroliera italiana Enrica Lexie.
A Nuova Delhi, può anche esserci, sul
piano politico, la convinzione che occorra rimuovere l'ostacolo-marò per
rilanciare i rapporti bilaterali con Roma. Ma è anche sentitissima la
necessità di gestire il caso nella maniera migliore, per non perdere
consensi nella pubblica opinione. Quindi, a detta della fonte di
WikiLao, "in un certo senso conviene al governo indiano che ci sia chi
si mette di traverso", potendolo fare nel nome, appunto, della
separazione dei poteri e - questa è nuova - "delle funzioni".
Così, giusto nelle stesse ore in cui
Shinde assicurava collaborazione, si registrava un eloquente silenzio in
risposta alla seconda lettera inviata all'antiterrorismo che indaga sul
caso per proporre di interrogare a distanza (in videoconferenza o con
deposizione scritta) i quattro colleghi dei due marò, Massimo Andronico,
Alessandro Conte, Antonio Fontana e Renato Voglino. L'Italia, va
ricordato, prese l'impegno di farli tornare in India, ove ritenuto
necessario, in cambio del loro rilascio. Ma, è stato detto a chiare
lettere a Nuova Delhi, "quella strada non è percorribile".
Spiega una fonte diplomatica che "dopo
un primo no a Roma, arrivato con una nota verbale ufficiale, si era
deciso di rivolgersi alla NIA, l'agenzia statale antiterrorismo che
indaga sulla morte dei due pescatori, e che dipende dal ministero
dell'Interno. Ma già una prima missiva, spedita in data 11 giugno, non
aveva prodotto risultati". Quale che sia il motivo, le lettere imbucate
da Roma vengono dunque ignorate da settimane. Di più: secondo quanto
viene riferito a WikiLao, gli avvocati che seguono il caso in loco per
conto del governo italiano hanno chiesto diverse volte di incontrare gli
inquirenti. Anche qui senza successo.
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I tempi, comunque, anche senza nuove
perizie, sono destinati ad allungarsi rispetto a quelli sperati e in
qualche modo annunciati nelle settimane scorse. Secondo le fonti di
WikiLao, nella migliore delle ipotesi (la dichiarazione di fine indagini
a metà luglio), al giudice del Tribunale speciale servirebbero almeno
altre due settimane per fissare la prima udienza. Il processo dovrebbe
durare tre mesi. Il che vuol dire: sentenza non prima di fine ottobre.
Fonti: (Foto: REUTERS)
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6 Luglio 2013
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