Dopo le tensioni, la parola *dalle armi
ritorna alle urne*. La "terza fase" della rivoluzione egiziana, il
riaccendersi del confronto tra islamisti e laici in Tunisia e le
tensioni in Libia hanno distratto l'attenzione da quanto sta avvenendo
in queste ore in Mali. Le elezioni - che vedono contrapporsi 27
candidati - dovrebbero risolvere una grave crisi politica e militare.
Riassunto delle puntate precedenti: la crisi scoppia nel
gennaio del 2012, quando nel nord del paese si accende il conflitto tra
le forze governative, i ribelli Tuareg e vari gruppi islamici
estremisti, con conseguente colpo di stato che fece deporre il
Presidente allora in carica. La comunità internazionale - inizialmente
soprattutto la Francia - inviò le sue truppe per aiutare l’esercito
maliano a riassumere il controllo della situazione. Ora sul posto sono
presenti i soldati dell'ONU, che collaboreranno con le forze governative
per garantire il regolare svolgimento delle elezioni. 15 milioni di
abitanti, la maggior parte delle quali vive nelle zone rurali, e tra
essi 6 milioni e mezzo con diritto di voto. Come ci ricorda
"Internazionale", le questioni che hanno dominato la campagna elettorale
sono ovviamente la stabilizzazione del paese e la sicurezza, nonché -
subito dopo - il rilancio dell'economia: vincerà probabilmente chi
riuscirà a dare maggiori garanzie su questi due fronti. Il Mali è un
paese al centro di un'immensa regione contaminata da rivendicazioni
tribali, con spinte separatiste e terrorismo jihadista, infiltrazioni di
milizie e di armi, e attività criminali, attraverso una *porosa
frontiera* di ben settemila chilometri. Non si può pensare che la
situazione di sicurezza *nell'intero Sahel* migliori, che la Libia possa
stabilizzarsi, che l'Algeria e il Marocco siano rassicurate nelle loro
regioni meridionali, se il Mali non viene "recuperato". Se ricordiamo le
condizioni di anarchia istituzionale esistenti a Bamako lo scorso
autunno, l'attacco lanciato verso la capitale dalla coalizione del Nord,
rifornita di armi e mezzi di trasporto usciti dalla Libia, credo che
l'elezione Presidenziale di oggi costituisca un considerevole passo
avanti... Certo, anzitutto la consultazione dovrà essere credibile, vi
sono state difficoltà nella registrazione dei votanti, soprattutto per
le centinaia di migliaia di sfollati, e nel nord-est è ancora forte la
presenza dei ribelli e questo può compromettere l'esito del voto in
quelle zone... La mia speranza è che questa consultazione elettorale
rafforzi l'intesa raggiunta lo scorso 18 giugno tra le diverse
componenti politiche e etniche maliane e che si realizzi il "calendario
politico" per il consolidamento istituzionale del Paese. Si tratta di un
obiettivo importante per l'intera UE e per l'Italia stessa, anche con
riguardo alle gravi violazioni dei diritti umani registrate in quella
zona. Inoltre - diciamolo lucidamente - gli interessi italiani
nell'intero Sahel, e soprattutto in Libia, in Algeria, e nei paesi
confinanti con il Mali - parlo di interessi non solo economici, ma anche
di sicurezza, di sviluppo, e di controllo dei flussi migratori - ci
impongono di continuare a dare ogni sostegno politico e operativo
(formatori militari, esperti di diritti umani, programmi di sviluppo) a
una rapida stabilizzazione di quel Paese Africano. Per questo motivo sia
l'Unione Africana sia l'Ecowas anno promosso l'avvio di un'operazione
di pace "regionale", e da alcuni mesi questa operazione regionale si é
trasformata in una grande missione di peacekeeping deliberata dal
Consiglio di Sicurezza dell'Onu, la seconda in ordine di grandezza tra
tutte quelle lanciate dalle Nazioni Unite. Avremo finalmente in Mali un
esempio di come la comunità internazionale può affrontare efficacemente
una crisi che rischiava di aggiungere instabilità e rischi a un contesto
già problematico? Le nazioni occidentali hanno accettato di finanziare
con 43 miliardi di dollari un piano per la ripresa economica nazionale,
subordinato allo svolgimento di libere elezioni. C'è chi critica
"l'ingerenza occidentale", e chi per contro - ricordando stragi del
passato come quella dei Grandi Laghi, conseguente alle stragi del
Ruanda, con milioni di sfollati ed oltre 5 milioni di morti nelle varie
guerre che si sono succedute nella regione - difende l'azione dell'ONU e
dell'occidente, per evitare il degenerare dello scenario e *nuove
stragi* impattanti sulla stabilità di tutta l'Africa, più vicina a casa
nostra di quanto sembi.
Fonte: https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi
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