domenica 25 maggio 2014

TRA POCHI GIORNI…LA FINE DELL’EUROPA?

Siamo tutti concentrati sulle elezioni europee di questo fine settimana: "Europa del centro", "Europa della periferia", “Fine dell’Europa”…interrogativi “esistenziali” sul futuro politico ed economico dell'Unione. Insofferenza, ma soprattutto rabbia per l'incapacità di un'intera generazione di politici, banchieri e manager pubblici di lottare contro corruzione e clientelismo sempre più accentrati nelle mani di pochi, all'ombra di lobbies e "poteri forti" e con collegamenti criminali a discapito dello stato di Diritto e di una democrazia sana... 

Foto: TRA POCHI GIORNI…LA FINE DELL’EUROPA? Siamo tutti concentrati sulle elezioni europee di questo fine settimana: "Europa del centro", "Europa della periferia", “Fine dell’Europa”…interrogativi “esistenziali” sul futuro politico ed economico dell'Unione. Insofferenza, ma soprattutto rabbia per l'incapacità di un'intera generazione di politici, banchieri e manager pubblici di lottare contro corruzione e clientelismo sempre più accentrati nelle mani di pochi, all'ombra di lobbies e "poteri forti" e con collegamenti criminali a discapito dello stato di Diritto e di una democrazia sana... Con decine di milioni di disoccupati in tutta l’UE, gli Euroscettici di tutti Paesi invocano politiche di crescita anziché di austerità: il controllo di fatto di Berlino sulla BCE, combinato alle catene del Fiscal Compact, sta drenando risorse dai Paesi a elevato debito pubblico e bassissima crescita, verso le poche economie forti dell'Euro, in primis quella tedesca. Ma in nessun altro Paese europeo il quadro è preoccupante come in Italia. Ricordo una memorabile e dotta discussione - durata ore! - nel Governo Monti, dove partecipavo come Ministro degli Esteri, per applicare una Direttiva Europea sul tipo di sacchetti di plastica da utilizzare nei supermercati, mentre per contro l'Unione si sottrae sistematicamente alle proprie responsabilità in materie di cruciale importanza per i cittadini, dallo tsunami immigratorio sulle nostre coste - dove siamo abbandonati e lasciati soli dall’indifferenza di Bruxelles, alla politica di sicurezza e di Difesa, assente sul terreno delle crisi Libica, Siriana e Ucraina, per citare solo gli esempi più recenti, all’inesistente politica unica Europea dell'energia, con le nostre aziende e tutti i cittadini pesantemente penalizzati dal monopolio di fatto che l'ENI ha assicurato al fornitore Russo con contratti ultraventennali fissati a prezzi di gran lunga superiori a quelli correnti sul mercato Europeo... Questi sono solo alcuni dei nodi che venrranno al pettine con queste elezioni europee: i cittadini si chiedono, al di là dell’eventuale uscita dall'Euro - materialmente possibile…? economicamente utile…? - se l'enorme “dilatazione” delle competenze comunitarie sia stata una risposta efficace alle sfide della globalizzazione e a cinque anni di dura crisi. Cosa penso io? Che la riaffermazione della nostra Sovranità deve partire da un netto ricambio di uomini ai vertici delle Istituzioni, dell'economia e dell'informazione, perché nessuna riforma avrà esito positivo se essa sarà avviata e gestita dai consueti e storici “protagonisti” che affondano le radici in un sistema di corruzione diffusa e d’informazione pilotata. Siamo noi italiani a dover portare il paese fuori dall'obbrobrio del settantesimo posto nella classifica di "trasparenza internazionale" a causa della corruzione diffusa e di un'altrettanta imbarazzante bassa posizione in tema di libertà di stampa, perché in nessun altro Paese del G8 l'intersezione d’interessi, proprietà, controlli tra impresa, finanza e informazione è condizionante come in Italia. Vent'anni, fa la mia generazione aveva sperato in una svolta per il Paese: vediamo ancora in questa primavera 2014 quanto illusoria fosse quella speranza. Ma non possiamo contare su un'Europa diversa senza prima modificare radicalmente la nostra realtà italiana, ne “uscire dall’Europa” risolverebbe nulla se prima non saremo in grado di modificare le cose in casa nostra. Inoltre, diversamente dai primi anni ‘90, ci troviamo oggi in una situazione internazionale che Tom Friedman ha definito del "popolo delle Piazze", perchè in questo 25 maggio di votazione Europea, convergono vicende anche molto diverse e distanti ma influenzate dalla capacità della gente comune di lottare per la propria dignità e libertà: le elezioni Presidenziali ucraine chiuderanno il ciclo apertosi con la sollevazione contro Yanukovyc; in Turchia il futuro di Erdogan appare problematico, nonostante il recente successo elettorale del suo partito radicato solo nelle campagne dove è praticamente assente il web; la riconferma di Maliki in Iraq pone un altro tassello in un puzzle regionale di crescente protagonismo iraniano; Al Sissi in Egitto sarà eletto in reazione agli errori e alle inquietudini sollevate in gran parte dell'opinione pubblica egiziana dagli estremismi dei Fratelli Musulmani e dalle altre formazioni islamiste… Il minimo comun denominatore di tutti questi scenari - pur con gradi differenti di efficacia, e con un approccio ancora non “maturo” e quindi incapace di esprimere nuove leadership politiche e sociali - è che sono stati i "popoli delle piazze" a originare tutte queste dinamiche: trovo che questo sia al tempo stesso un incoraggiamento e un severo monito… per l'Europa, ma soprattutto per l'italia…VOI COSA NE PENSATE…?
Con decine di milioni di disoccupati in tutta l’UE, gli Euroscettici di tutti Paesi invocano politiche di crescita anziché di austerità: il controllo di fatto di Berlino sulla BCE, combinato alle catene del Fiscal Compact, sta drenando risorse dai Paesi a elevato debito pubblico e bassissima crescita, verso le poche economie forti dell'Euro, in primis quella tedesca. Ma in nessun altro Paese europeo il quadro è preoccupante come in Italia

Ricordo una memorabile e dotta discussione - durata ore! - nel Governo Monti, dove partecipavo come Ministro degli Esteri, per applicare una Direttiva Europea sul tipo di sacchetti di plastica da utilizzare nei supermercati, mentre per contro l'Unione si sottrae sistematicamente alle proprie responsabilità in materie di cruciale importanza per i cittadini, dallo tsunami immigratorio sulle nostre coste - dove siamo abbandonati e lasciati soli dall’indifferenza di Bruxelles, alla politica di sicurezza e di Difesa, assente sul terreno delle crisi Libica, Siriana e Ucraina, per citare solo gli esempi più recenti, all’inesistente politica unica Europea dell'energia, con le nostre aziende e tutti i cittadini pesantemente penalizzati dal monopolio di fatto che l'ENI ha assicurato al fornitore Russo con contratti ultraventennali fissati a prezzi di gran lunga superiori a quelli correnti sul mercato Europeo... 

Questi sono solo alcuni dei nodi che venrranno al pettine con queste elezioni europee: i cittadini si chiedono, al di là dell’eventuale uscita dall'Euro - materialmente possibile…? economicamente utile…? - se l'enorme “dilatazione” delle competenze comunitarie sia stata una risposta efficace alle sfide della globalizzazione e a cinque anni di dura crisi. 

Cosa penso io? Che la riaffermazione della nostra Sovranità deve partire da un netto ricambio di uomini ai vertici delle Istituzioni, dell'economia e dell'informazione, perché nessuna riforma avrà esito positivo se essa sarà avviata e gestita dai consueti e storici “protagonisti” che affondano le radici in un sistema di corruzione diffusa e d’informazione pilotata. Siamo noi italiani a dover portare il paese fuori dall'obbrobrio del settantesimo posto nella classifica di "trasparenza internazionale" a causa della corruzione diffusa e di un'altrettanta imbarazzante bassa posizione in tema di libertà di stampa, perché in nessun altro Paese del G8 l'intersezione d’interessi, proprietà, controlli tra impresa, finanza e informazione è condizionante come in Italia. 

Vent'anni, fa la mia generazione aveva sperato in una svolta per il Paese: vediamo ancora in questa primavera 2014 quanto illusoria fosse quella speranza. Ma non possiamo contare su un'Europa diversa senza prima modificare radicalmente la nostra realtà italiana, ne “uscire dall’Europa” risolverebbe nulla se prima non saremo in grado di modificare le cose in casa nostra. Inoltre, diversamente dai primi anni ‘90, ci troviamo oggi in una situazione internazionale che Tom Friedman ha definito del "popolo delle Piazze", perchè in questo 25 maggio di votazione Europea, convergono vicende anche molto diverse e distanti ma influenzate dalla capacità della gente comune di lottare per la propria dignità e libertà: le elezioni Presidenziali ucraine chiuderanno il ciclo apertosi con la sollevazione contro Yanukovyc; in Turchia il futuro di Erdogan appare problematico, nonostante il recente successo elettorale del suo partito radicato solo nelle campagne dove è praticamente assente il web; la riconferma di Maliki in Iraq pone un altro tassello in un puzzle regionale di crescente protagonismo iraniano; Al Sissi in Egitto sarà eletto in reazione agli errori e alle inquietudini sollevate in gran parte dell'opinione pubblica egiziana dagli estremismi dei Fratelli Musulmani e dalle altre formazioni islamiste… 

Il minimo comun denominatore di tutti questi scenari - pur con gradi differenti di efficacia, e con un approccio ancora non “maturo” e quindi incapace di esprimere nuove leadership politiche e sociali - è che sono stati i "popoli delle piazze" a originare tutte queste dinamiche: trovo che questo sia al tempo stesso un incoraggiamento e un severo monito… per l'Europa, ma soprattutto per l'italia.

Fonte: https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi

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