Il non riconoscimento del diritto internazionale e il non riconoscimento della sovranità nazionale non riguarda l’India ma riguarda l’Italia solo ed esclusivamente l’Italia.
Il primo a non riconoscere l’Italia come una nazione che ha le sue
leggi e che regola i rapporti con gli altri Stati con trattati
internazionali è il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
che in un comunicato del Quirinale dice: ”Il Presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano – si legge nella nota – ha avuto una
conversazione telefonica con il fuciliere di Marina Massimiliano Latorre
nel corso della quale ha espresso a lui e al suo collega Salvatore
Girone l’apprezzamento per il senso di responsabilità con cui hanno
accolto la decisione del Governo e ha assicurato loro la massima
vicinanza nel percorso che li attende con l’augurio di un sollecito,
corretto riconoscimento delle loro ragioni”.
Dalle parole del Presidente Napolitano sparisce tutto ,il diritto internazionale è sparito,la sovranità nazionale violata è sparita,tutto il resto è sparito e cosa rimane? Rimane l’augurio di “un sollecito, corretto riconoscimento delle loro ragioni”.
Ma abbiamo capito quello che ha detto ? Un sollecito, corretto
riconoscimento delle loro ragioni. Questa è la nota ufficiale del
garante della Costituzione e dei cittadini italiani e oltre a essere il
Presidente della Repubblica e anche il Capo delle forze armate.
Il sobrio Presidente del consiglio Mario Monti invece
affida a una nota la decisione presa ed è subito un giallo per l’assenza
del Ministro degli Esteri, è presente nella nota ma assente di fatto
dalla riunione del Governo e raggiunto via fb dalla notizia risponde a questa maniera:
Subito dopo ricevuta comunicazione, abbraccia nuovamente l’idea
prendendosi anche i meriti, pare che la mossa sia stata intelligente per
far accogliere all’India le sue ragioni e in un intervista a Repubblica
dichiara “Senza lo strappo non avremmo potuto contrattare con il
governo indiano le condizioni attuali, che prevedono per loro condizioni
di vivibilità quotidiana nel paese e la garanzia che non verrà
applicata la pena massima prevista per il reato di cui sono accusati. Su
questo adesso non abbiamo più preoccupazioni.Deve essere chiaro che il
nostro sforzo non finisce qui. Con l’India abbiamo aperto adesso un
canale di comunicazione diplomatica e giuridica che riparte da
presupposti diversi, e che si basa sul principio del mutuo rispetto tra i
due Paesi, così come ha chiesto l’Onu più volte“. Sulle sue dimissioni aggiunge: “Non
ne vedo il motivo. In questi mesi abbiamo lavorato con impegno,
cercando sponde diplomatiche e giuridiche per risolvere la situazione.
Dimettermi? Io faccio parte di un governo dimissionario“.
Un’altra Ministra esperta di diritto internazionale e nazionale e mi
riferisco al Ministro tecnico Paola Severino, Ministro della
Giustizia, ci fa sapere dall’alto della sua esperienza che “dal mio punto
di vista, contano i risultati e gli esiti della vicenda e soprattutto
conta il fatto che ai nostri due militari sia assicurata la garanzia di
un giusto processo”. “Da ministro della Giustizia – precisa il Guardasigilli -
il mio solo compito era ed è quello che ai nostri due militari venga
riconosciuto un livello di garanzia tale da assicurare loro un giusto
processo. Quindi, che possano essere giudicati da un tribunale che si
ispira ai principi della normativa internazionale e che si abbia la
garanzia che, neppure dal punto di vista ipotetico, possano essere
assoggettati alla pena di morte. Queste sono le due condizioni che sono
sempre rimaste fisse”.
Per quanto riguarda la giurisdizione, italiana o indiana, il Ministro aggiunge ”deve
essere comunque risolto secondo la normativa internazionale. Questo è
il quadro in cui, dal punto di vista del ministro della Giustizia e del
diritto, si è sempre rivolta ed evoluta la vicenda. Il modo, poi, con il
quale ottenere questi risultati non è certamente nelle funzioni del
ministro della Giustizia”.
In un articolo dello scorso 24 febbraio 2012, pubblicato su Agenzia
Radicale e riportato anche sulla rassegna stampa della difesa si dice: “Inoltre
la materia è regolata dall’articolo 698 del codice di procedura penale,
che vieta l’estradizione quando la persona verrà sottoposta ad un
procedimento che non assicura il rispetto dei diritti fondamentali,
nello specifico quello della difesa con un processo basato su prove,
quali quelli derivanti da esame autoptico e prova balistica. Inoltre la
Corte Costituzionale con Sentenza n. 223 del 27 giugno 1996 ha ritenuto
che la semplice garanzia formale che non verrà applicata la pena di
morte è insufficiente alla concessione dell’estradizione. Più nello
specifico la Suprema Corte si è espressa attraverso la Sezione VI, Sentenza n. 45253 del 22/11/2005 Cc. – dep. 13/12/2005, Rv. 232633;
da ultimo, sez. VI, 10 ottobre 2008, n. 40283 dep.28 ottobre 2008,
affermando che “ai fini della pronunzia favorevole all’estradizione, è
richiesta la documentata sussistenza e la valutazione dei gravi indizi
di colpevolezza a carico dell’estradando (…) che essa espressamente
condizioni l’estradizione alla sussistenza dei gravi indizi: in regime
convenzionale, invero, la sussistenza dei gravi indizi di reità va
incontrovertibilmente presunta dai documenti che la Convenzione indica”.
Di conseguenza l’accordo di riconsegna all’India di Massimiliano Latorre
e Salvatore Girone era nullo, in quanto in aperto contrasto con il
Dettato costituzionale, consolidato dalla prassi. Chi se ne assunto la
responsabilità potrebbe essere incorso reati di Attentato alla
Costituzione e/o Alto tradimento”.
Un altro grande protagonista è De Mistura in un
intervista rilasciata Simone Spetia dichiara “Ciò che è cambiato è che
avevamo chiesto agli Indiani alcune garanzie, queste garanzie ci sono
state fornite per iscritto ieri, sulla base di questa previsione e di
questa situazione ci sono state riunioni a livello di Governo”. Con le
garanzie è prevalso un bene fondamentale per l’Italia che è quello della
parola data; nel caso non ci fosse stata una garanzia sull’aspetto
della pena capitale, che non è marginale, quello sarebbe bastato per non
mantenere una parola che comunque è importante mantenere. Una volta
ricevute queste garanzie ha prevalso la parola data dalla Nazione,
dall’ambasciatore a nome del Governo e da due Marò. E questo è stato il
punto di svolta sul quale si è deciso, con difficoltà per me che li ho
dovuti accompagnare in India, per le famiglie, per i marò. Ma la parola
di un italiano conta e vogliamo che conti.
C’è stata una discussione dura nel Governo? Non faccio commenti su questo argomento.
Il ministro ha avuto un comportamento altamente professionale, ha
difeso questa posizione, si è adoperato in questi giorni e nell’ultimo
mese perché si trovassero delle forme diplomatiche. L’importante è la
decisione finale e collegiale del Governo, alla quale ci siamo tutti
adeguati e sulla quale lavoriamo. Ha prevalso l’interesse per i
principi, uno di questi è che la parola italiana vale.
C’è chi dice: il Governo ha fatto una figuraccia. In India hanno avuto gli stessi problemi:
erano stati accusati di aver fatto degli accordi segreti, che tutto era
in qualche maniera ondivago. La realtà è che la diplomazia e i rapporti
tra Stati su questioni inaudite come questa richiedono decisioni e
aggiustamenti sulla base di elementi che vengono o non vengono forniti.
In questo caso la posizione non è stata facile, non c’è stata la
possibilità di aggiustare il tiro nello spiegare cosa avveniva perché
queste discussioni avvengono discretamente e il risultato è quello che
abbiamo. I due marò sono convinti anche loro che questa è una
decisione condivisa, la loro parola è importante quanto quella
dell’ambasciatore, sanno che l’Italia non li lascerà mai. La
mia presenza qui e nei prossimi giorni a Delhi per garantire che certe
condizioni che certe condizioni che sono state concordate vengano
applicate e il fatto che noi manteniamo a bocce ferme, senza un dramma
creato che poteva confondere tutte le acque, noi manteniamo la nostra
posizione: arbitrato internazionale, riteniamo che i militari italiani,
così come quelli indiani, debbano essere giudicati a casa propria. I
nostri militari mantengono un atteggiamento profondamente dignitoso
rispetto a questa questione. Ultimo punto: loro tornano in ambasciata,
sono funzionari a questo punto dell’ambasciata, sostengono il nostro
consigliere militare e hanno libertà di movimento. Le prossime mosse dipenderanno dalla diplomazia e dall’aspettativa che abbiamo noi che anche da parte indiana,
come siamo stati capaci anche noi di prendere atto di alcune decisioni
indiane, si prenda atto di quanto importante sia una soluzione
diplomatica, giusta, internazionalmente riconosciuta di un fatto mai
avvenuto prima.
E’ mancato il supporto dell’Unione Europea? L’unione
Europea mi pare che abbia preso una posizione molto chiara rispetto ad
una questione: quando l’India ha fatto capire che di fatto non avrebbero
applicato l’immunità diplomatica all’ambasciatore. Su questo punto
abbiamo visto un’Unione Europea forte.
Come stanno i due marò? Io li conosco molto bene. Sono
l’orgoglio del migliore comportamento che un militare può avere:
dignità, chiarezza del loro ruolo e del loro comportamento, adeguarsi
all’interesse e all’immagine dell’Italia e del loro corpo, quello dei
Marò. Le loro famiglie sono state straordinarie perché hanno dovuto
accettare per l’ennesima volta una delusione. Ma sono militari e anche
in volo mi hanno ricordato: “Siamo militari, noi andiamo avanti e
andremo avanti”.
Un po’ addolorati lo saranno. Lo siamo tutti, siamo tutti esseri umani. Lo sono anche io. Credo che lo siano anche coloro che hanno dovuto prendere questa decisione. Ma siamo anche convinti della forza che vedrete nei nostri militari: noi abbiamo la nostra posizione e siamo pronti a difenderla perché non abbiamo timore di difenderla”.
Leggendo e rileggendo queste dichiarazioni e tutto quello
accaduto è difficile trovare delle parole che non sfociano in insulti
rabbiosi nei confronti di questi falsi rappresentanti istituzionali italiani,si
confermano le voci di chi ha lavorato per creare un entità geografica
chiamata Italia, gestita da un comitato d’affari, e a questo punto sarebbe
utile sapere i nomi di questi affaristi, e chi hanno finanziato durante
la campagna elettorale. L’unica risposta da dare a questi signori,oltre
a quello che prevede la legge, sarebbe quello di togliere la
cittadinanza italiana, e mandarli a vivere dove risiedono i loro
mandanti.
(A cura di Alfredo d’Ecclesia)
Fonte: http://www.statoquotidiano.it/
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