Paul Krugman parte all’attacco della Germania dalle colonne del New York Times, dove da mesi ormai si contraddistingue per le sue invettive contro Berlino e i fautori delle politiche di austerità. E anche in questo caso lo fa con un linguaggio un pò colorito.
Alta disoccupazione e bassa inflazione: che fare?
Secondo Krugman, l’analisi della crisi nell’Eurozona è semplice: ha un alto tasso di disoccupazione e un basso tasso d’inflazione. Quindi, ciò significa che la politica monetaria europea sarebbe troppo restrittiva. Certo, riconosce che dopo l’ultimo taglio dei tassi, la BCE li ha rasi quasi a zero, ma per Krugman ci sarebbe un problema di efficacia di questa politica.
Nei primi anni di vita dell’euro, i flussi di capitali si sono spostati da Nord a Sud, facendo impennare i prezzi in paesi come la Spagna. Di fatto, la Germania ha ottenuto il beneficio di una “svalutazione interna”, nel senso che è diventata più competitiva, ma non tagliando i salari tedeschi, bensì facendoli innalzare nella periferia. Adesso, per l’economista, ci sarebbe bisogno del processo opposto, ossia che i Piigs diventino più competitivi, ma non tagliando i loro salari, essendo nota la loro rigidità verso il basso, bensì aumentando quelli tedeschi.
Per la Germania la crisi non si risolve stampando moneta
Ma per Krugman, le stesse dichiarazioni di Jens Weidmann, governatore della Bundesbank, che saranno pubblicate domani dal quotidiano Die Zeit (“non esistono soluzioni facili a questa crisi. Non si rivolve la crisi stampando moneta”), sarebbero frutto di una visione dei tedeschi improntata a un certo “sadomonetarismo”, ossia essi non prenderebbero in considerazione l’ipotesi di innalzare l’inflazione dell’Area Euro, perché è evidente che un tasso troppo basso (0,8% ad ottobre) implichi un peso deflattivo per il Sud. Ma la Germania quasi sembra trovare piacere nell’infliggere sofferenze agli altri, spiega.
L’analisi di Krugman, tuttavia, non è convincente per almeno un paio di ragioni. Una l’ha trovata lo stesso autore dell’articolo e consiste nel fatto che difficilmente si potrebbe ritenere restrittiva la politica monetaria di una banca centrale, i cui tassi sono stati abbassati allo 0,25%, oltre tre volte in meno del tasso d’inflazione medio nell’Area Euro.
Secondariamente, se è vero che un’inflazione bassa non giova al calo del peso del debito dei Piigs, per il noto fatto che ciò deprime il pil nominale, è indubbio che essa giochi a favore di un recupero della competitività di questi, visto che la Germania ha un tasso di crescita dei prezzi più alto. Nei fatti, è come se una certa svalutazione competitiva al Sud stia avvenendo, sebbene a ritmi un pò troppo lenti. Perché mai (a parte la questione del peso del debito pubblico) si dovrebbe innalzare, ad esempio, l’inflazione tedesca al 3% e quella del Sud Europa vicina al 2%, quando quasi lo stesso differenziale di crescita dei prezzi (1%) sta realizzandosi anche oggi, ma per livelli più bassi dell’una e dell’altra?
Semmai, vero è che dichiarare da parte di Weidmann che non esista una soluzione “veloce” alla crisi, quando siamo in crisi da sei anni, suona un pò come grottesco.
Fonte: Investire Oggi
di Giuseppe Timpone
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