Mentre l’interventista Cameron
va sotto in parlamento e Obama resta isolato, godendo dell’appoggio
incondizionato di un Hollande peraltro costretto ad avere a che fare con
l’opinione pubblica francese perlopiù contraria all’intervento in
Siria, Vladimir Putin appare
l’unico con le idee chiare. Gli Usa sono convinti che Assad abbia fatto
uso di armi chimiche? Bene, portino le prove agli ispettori e al
Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Prove che il segretario di Stato John Kerry
garantisce che esistano, a prescindere da quello che è stato il lavoro
degli ispettori Onu. A cosa è servito, allora, spedirli in Siria, se gli
Usa sapevano già tutto?
Sarebbe bastato instaurare un filo diretto tra Onu e Cia, se gli Usa erano in possesso di prove che gli ispettori Onu hanno faticato a trovare e verosimilmente non hanno trovato.
Sarebbe bastato instaurare un filo diretto tra Onu e Cia, se gli Usa erano in possesso di prove che gli ispettori Onu hanno faticato a trovare e verosimilmente non hanno trovato.
Obama, Hollande e Cameron sono sicuri: non sarà un nuovo Iraq. Tradotto: non si verificherà lo stesso errore. Non ci sarà un intervento causato dal “pericolo armi chimiche” che non verranno mai trovate o che non si sa chi abbia davvero usato. Suona un po’ come una tardiva ammissione di colpa per l’intervento in Iraq: “all’epoca abbiamo sbagliato, oggi non ripeteremo questo errore”.
Eppure, nonostante John
Kerry assicuri che Assad abbia straziato “circa 1500 civili tra cui 400
bambini con le armi chimiche”, l’opinione pubblica statunitense e
mondiale continua a non vederci chiaro. La probabilità che le armi
chimiche siano state usate dai ribelli anti-Assad è alta.
Sarà per questo che Putin, principale alleato della Siria, fa la voce grosse. E, nonostante i media italiani riportino solo parzialmente le sue dichiarazioni, concentrandosi perlopiù sui toni aggressivi, i concetti espressi dal presidente della federazione russa sono chiari. Ecco uno stralcio del suo discorso di ieri:
Sarà per questo che Putin, principale alleato della Siria, fa la voce grosse. E, nonostante i media italiani riportino solo parzialmente le sue dichiarazioni, concentrandosi perlopiù sui toni aggressivi, i concetti espressi dal presidente della federazione russa sono chiari. Ecco uno stralcio del suo discorso di ieri:
"La nostra posizione è chiara. Condanniamo chiunque utilizzi armi di distruzione di massa e condivideremo le misure che ne impediscano il loro utilizzo.
Nel caso specifico della Siria, il governo siriano aveva più volte richiesto alla comunità internazionale di condurre ispezioni circa l’utilizzo di armi chimiche da parte dei ribelli. Ma sfortunatamente nulla è successo. Una reazione c’è stata solo dopo il 21 agosto, quando queste armi chimiche sono state usate ancora.
Cosa penso? Il buon senso parla da solo. Le truppe governative siriane sono all’offensiva, in alcune regioni avevano circondato i ribelli. In questo contesto, solo l’idea di dare una carta da giocare a chi sostiene che sia necessario un intervento militare internazionale non ha senso. Non è logico, almeno. Specialmente quando l’attacco chimico coincide con l’arrivo degli ispettori Onu.
Comunque sono convinto che l’attacco chimico non sia nient’altro che una provocazione da parte di quelli che vogliono coinvolgere gli altri Paesi e le potenze mondiali, specialmente gli Usa, dentro il conflitto siriano. Non ho dubbi su questo.
Sulle posizioni dei nostri amici e colleghi americani, che dichiarano di avere le prove circa l’utilizzo di armi chimiche da parte delle forze governative siriane, chiedo loro di mostrarle agli ispettori e al Consiglio di sicurezza dell’Onu.
E’ una questione di rispetto verso i partners internazionali: se gli americani hanno evidenze, le devono produrre. Se non lo fanno, vuol dire che non le hanno. Le allusioni non provano nulla e non possono essere la base per una decisione grave come è l’uso di forze contro un Paese sovrano".
Parole chiare, ma anche accuse forti. Secondo Putin, gli Usa stanno
scavalcando i partners internazionali, non esibendo le prove che
sostengono di avere. Inoltre, quando erano accusati i ribelli di aver
usato le armi chimiche, gli organismi internazionali non sono
intervenuti. E tuttora le stesse armi chimiche potrebbero essere un
pretesto per far intervenire le potenze mondiali in Siria. Ma la
questione è delicata e ci vorrebbe un approfondimento che gli Usa
rifiutano.
Il dilettantismo di Obama, che, pur rimandando in continuazione la data dell’intervento, sembra ormai deciso ad agire contro Assad, sta rischiando di complicare gli scenari in Medio Oriente. I Paesi arabi potrebbero scatenare ritorsioni contro Israele. E, come abbiamo visto, pure i rapporti tra Usa e Russia potrebbero complicarsi.
Le conseguenze non le vogliamo neppure immaginare.
Fonte: http://www.qelsi.it/
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