martedì 3 settembre 2013

L'ODISSEA DEI MARO' GIRONE E LATORRE: FOCUS SUL CLAN POLITICO DEL KERALA CHE RITENIAMO RESPONSABILE DEL SEQUESTRO, CHE HA MANIPOLATO LA DEMOCRAZIA INDIANA, DISTRUTTO LA SUA REPUTAZIONE INTERNAZIONALE E UMILIATO L'ITALIA. di Stefano Tronconi


 


3 Settembre 2013 - Giorno 562

Come tutti i miei scritti precedenti il presente articolo è liberamente riproducibile da chiunque ne fosse interessato

- Dopo aver ricostruito lo svolgimento dei fatti relativi al sequestro di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre così come sono presumibilmente avvenuti in quell'ormai lontano 15 Febbraio 2012 (http://alfredodecclesia.blogspot.it/2013/07/scenario-di-quanto-accaduto-al-largo.html?spref=fb e http://www.seeninside.net/piracy/pdf/sintesi_lexie_290713.pdf per approfondire gli aspetti tecnici a supporto di tale ricostruzione elaborati da Luigi Di Stefano);
- dopo aver delineato le ragioni politiche che avrebbero portato i principali macro-attori della vicenda (Kerala, India e Italia) a comportarsi in un certo modo (http://alfredodecclesia.blogspot.it/2013/07/maro-italiani-in-india-la-vergogna-di.html?spref=fb);
- dopo aver indicato gli obiettivi ed una possibile strategia disponibili nel breve periodo al governo italiano per aumentare la pressione sull'India e riportare a casa velocemente e con dignità i due soldati prigionieri (http://veraitalia.blogspot.it/2013/08/un-appello-al-nostro-governo.html?spref=fb);
al fine di ulteriormente chiarire i contorni dell'intricata ed inquietante vicenda, riteniamo ora necessario focalizzare l'attenzione sugli attori individuali indiani che, in base alle nostre informazioni, appaiono come i maggiori responsabili del sequestro di persona che ha coinvolto i due marò italiani illegalmente detenuti in India ormai da oltre 18 mesi.

Gli attori principali a cui facciamo riferimento sono due:
l'ideatore vero e proprio del sequestro, Oommen Chandy, attuale primo ministro del Kerala, già coinvolto in numerosi scandali ed episodi di corruzione; colui che ha fornito la copertura politica al sequestro, A. K. Antony, attuale ministro della Difesa indiano e predecessore di Chandy alla guida del Kerala.
 

A titolo puramente informativo si segnala che entrambi i politici fanno parte di un'antica comunità cristiana presente in Kerala fin dai primordi del cristianesimo, che si ritiene emigrata dalla Siria, e che oggi, benchè divisa in varie confessioni religiose, continua a costituire in Kerala un gruppo etnico ben definito e distinto.
 
Chandy ed Antony hanno costruito la rispettiva carriera politica fornendosi costante reciproco supporto fin dai tempi in cui rovesciarono con successo, prendendone il posto, la precedente leadership del Partito del Congresso in Kerala.

Ora, tornando alla vicenda che qui interessa, abbiamo già spiegato in diverse occasioni come l'idea del sequestro dei militari italiani sarebbe nata nella mente di Chandy il giorno successivo al presunto incidente in mare tra l'Enrica Lexie ed il St. Anthony. Il 16 Febbraio 2012 infatti il primo ministro del Kerala si ritrovò con una nave italiana ancorata in porto, un governo italiano fin dall'inizio in posizione servile ed incapace di elaborare una risposta adeguata a quanto stava avvenendo ed una nave greca (presunta responsabile dell'incidente che ha coinvolto il peschereccio indiano St. Anthony) ormai lontana ed in acque internazionali.
 
E' a quel punto che il primo ministro del Kerala si rende conto che gli 'italiani' potevano rappresentare la vera occasione d'oro da strumentalizzare al meglio per vincere le imminenti elezioni locali che altrimenti avrebbe rischiato di perdere. Questa è la ragione per cui, in altri articoli, abbiamo definito il sequestro di Girone e Latorre come un sequestro di persona in primo luogo 'politico'. L'aspetto 'estorsivo' del sequestro sarebbe stato dunque solo secondario, benchè molto utile nel 'convincere' i pescatori del St. Anthony, la cui complicità Chandy avrebbe in questo modo comprato non solo in grazia della sua autorità, ma offrendo loro anche sostanziose ragioni di 'opportunità' economica.

Poiché la polizia del Kerala che avrebbe dovuto svolgere le indagini risponde direttamente a Chandy, il primo ministro ritenne subito che non avrebbe avuto problemi a manipolare le indagini nella direzione desiderata. Perciò, per prima cosa, la scelta fu di serrare i ranghi con il capo della polizia dando disposizioni affinchè si rimediasse immediatamente ad alcuni 'errori' già commessi nella confusione della notte dell'incidente e che avrebbero potuto inficiare il progetto criminale.
 
Tra questi i due 'errori' principali, a cui si cerca subito di porre rimedio facendo sparire dalla circolazione la documentazione originale (sfortunatamente per Chandy ai tempi di internet niente sparisce davvero completamente e da pochi mesi tutto quanto si era provato a nascondere è finalmente stato riportato alla luce) sostituendola con prove artefatte, sono:
- il video con l'intervista rilasciata al momento dell'arrivo a terra dal proprietario del peschereccio St. Anthony, Freddy Bosco, in cui lo stesso dichiara, anche in presenza di un poliziotto, che l'incidente che vede coinvolto il peschereccio è avvenuto alle 21.30, riaffermando con decisione l'orario anche a seguito dell'osservazione di un cronista che gli chiedeva conferma se non fosse avvenuto piuttosto alle 5 del pomeriggio (orario dell'incontro con i pirati denunciato dalla Enrica Lexie – vedi la parte finale del video http://www.youtube.com/watch?v=Ya48kLyjyB4);
- l'autopsia condotta da un certo dott. Sasikala che aveva certificato che il proiettile che aveva ucciso uno dei pescatori aveva un calibro assolutamente incompatibile con le armi in dotazione ai soldati italiani. Il dott. Sasikala, immediatamente dopo aver reso noto i risultati di quell'autopsia, fu raggiunto da un'ingiunzione, da lui ovviamente rispettata, a non parlare più in alcun modo del caso.

L'intervento di Chandy e le azioni della polizia del Kerala tese a far apparire i due marò colpevoli non sarebbero però stati sufficienti a dirottare le indagini nella direzione voluta, senza la fondamentale complicità della Guardia Costiera Indiana.
 
La Guardia Costiera Indiana, sospettando l'esistenza di un possibile collegamento tra l'incidente riportato dall'Enrica Lexie e quello riportato molto più tardi dal St. Anthony, la sera del 15 Febbraio aveva infatti giocato d'astuzia richiamando nel porto di Kochi l'Enrica Lexie, che navigava in acque internazionali e nulla sapeva di quanto avvenuto ad un peschereccio indiano nelle vicinanze, con la scusa di fornire cooperazione nelle indagini anti-pirateria.
 
Chandy aveva bisogno che le relazioni della Guardia Costiera Indiana su quanto avvenuto fossero in linea con la narrazione artefatta della storia che la polizia del Kerala sotto la sua guida stava 'riscrivendo' ed aveva quindi necessità del pieno e complice sostegno da parte del livello politico più alto a cui fa capo la Guardia Costiera Indiana, cioè il ministro della Difesa.
 
Caso ha voluto che il ministro della Difesa in carica fosse in quel momento proprio l'amico, l'alleato, il mentore politico di lunga data di Chandy, A.K. Antony, che fin dal 16 Febbraio 2012 ed in più occasioni successivamente, e per tutta la durata del sequestro ancora in corso, avrebbe quindi giocato senza esitazioni da dietro le quinte il ruolo della 'longa manus' di Chandy a Delhi.

La falsa ricostruzione degli avvenimenti da parte della Guardia Costiera Indiana appare, se possibile, ancora più clamorosa delle false dichiarazioni rese in un secondo momento da Freddy Bosco e dai pescatori indiani e delle prove balistiche artefatte (ampiamente fatte filtrare attraverso la stampa, ma mai pubblicate ufficialmente) in quanto il falso proverrebbe direttamente da una istituzione come le Forze Armate Indiane (o almeno una sua branchia).
 
Ricordiamo di nuovo per inciso a chi ci legge che, poiché vi erano ben oltre 5 ore di differenza tra il tentativo di abbordaggio da parte di una barca pirata subito dall'Enrica Lexie e l'incidente che aveva coinvolto il peschereccio indiano, tanto la polizia del Kerala che la Guardia Costiera Indiana avevano a quel punto bisogno di: chiudere in un cassetto e tenere nascosto al pubblico (arrivando fino a negare che un tale incidente fosse mai avvenuto) il rapporto inviato dalla nave greca Olympic Flair all'Organizzazione Marittima Internazionale alle 22.20 della sera del 15 Febbraio 2012, e relativo all'incidente occorsole al largo delle coste del Kerala, che descrive un incidente assai più compatibile per orari e modalità con quello inizialmente denunciato dallo stesso Freddy Bosco ; 'anticipare' gli eventi della giornata che vedono coinvolta la Guardia Costiera Indiana.

Da un lato allora Freddie Bosco e gli altri pescatori non si fanno problemi (benchè ricchi risarcimenti provenienti dall'Italia tanto per le famiglie delle vittime del St. Anthony che per i pescatori fossero già in discussione sia per l'inveterata abitudine italiana a pagare riscatti in base a considerazione cosiddette umanitarie sia per l'assoluta inettitudine mostrata nel gestire il caso) a cambiare la loro versione originale dei fatti modificandola secondo le indicazioni della polizia del Kerala. 
Quindi: l'orario dell'incidente da intorno alle 21.30 viene ricollocato all'orario in cui l'Enrica Lexie aveva respinto l'attacco dei pirati; la località dove l'incidente sarebbe avvenuto da 'ben all'interno delle acque territoriali indiane', cioè meno di 12 miglia della costa, viene ricollocato nello stesso luogo in cui l'Enrica Lexie aveva registrato il suo incontro con i pirati, cioè oltre 20 miglia al largo; la dinamica dell' incidente stesso viene stravolta, poiché che tutti i pescatori dormissero come da prima versione era assai probabile con l'orario dell'incidente posto alle 21.30 quando al largo del Kerala era già notte fonda, ma assai meno probabile con l'orario dell'incidente posto alle 17.00.

D'altro lato, sotto quella che a questo punto riteniamo la guida di Antony, la Guardia Costiera Indiana si inventa invece di sana pianta una ricostruzione assolutamente fantasiosa delle azioni intraprese in quel fatidico 15 Febbraio 2012. In tale ricostruzione, pubblicata anche sul bollettino ufficiale della Guardia Costiera del Giugno 2012, con un linguaggio propagandistico degno più che di una democrazia di un regime militare assoluto e teso fino al limite del ridicolo a glorificare la forza e l'efficienza delle forze armate indiane, si dichiara che le navi militari indiane fossero già in azione alle 19.00 per intercettare l'Enrica Lexie. 
Peccato si sia ora scoperto, sulla base dei documenti a nostra disposizione, che il primo messaggio inviato dalla Guardia Costiera Indiana all'Enrica Lexie con la richiesta di rientrare a Kochi porti l'orario delle 21.36 (cioè un orario di pochi minuti successivi a quello in cui il St.Anthony aveva avvisato a terra via radiotelefono dell'incidente appena occorso) e quindi la ricostruzione fatta dalla Guardia Costiera Indiana risulti inventata di sana pianta per fini ora assai più chiari.

Ma la presunta azione di copertura operata da Anthony a favore di Chandy non si limita certo alla sola manipolazione delle prove.
Se infatti in Kerala, anche per la pressione esercitata dalle potenti organizzazioni dei pescatori, sono quasi inesistenti le voci che si levano a sollevare dubbi sull'operato di Chandy, che tra l'altro si muove senza scrupolo alcuno tanto quando si tratta di elargire ricompense a chi si fosse messo al suo servizio (per esempio, il capo della polizia che ha costruito il falso caso contro i marò viene immediatamente promosso a ben più importante incarico al termine delle indagine), che quando si tratta di lanciare una campagna mediatica senza precedenti contro 'i marò italiani assassini', pur in assenza di qualsiasi prova o processo, qualche ostacolo naturalmente sorge a New Delhi.
E qui il presunto ruolo giocato dietro le quinte da Antony per coprire le spalle all'amico Chandy diviene assolutamente fondamentale.
 
E' così dunque che l'avvocato dello Stato inizialmente incaricato a Delhi di seguire la vicenda, avvocato che davanti alla Corte Suprema indiana aveva affermato senza mezzi termini che quanto stava avvenendo in Kerala con il sequestro della nave e dei militari italiani fosse del tutto illegale, viene da un giorno con l'altro sostituito con un altro avvocato pronto docilmente a seguire le direttive politiche del clan del Kerala.

Per meglio comprendere l'importanza del ruolo di Antony va ricordato che egli non è solo il ministro della difesa nel presente governo di coalizione indiano, ma è a tutti gli effetti il numero due del governo in termini di autorità dopo il primo ministro Manmohan Singh. Il primo ministro Singh fin dall'inizio di questa legislatura è impegnato a tenere insieme un governo di coalizione che litiga su tutto, è invischiato in uno scandalo dopo l'altro, è disprezzato da gran parte dell'opinione pubblica ed è considerato debolissimo in politica estera. Insomma, una situazione in cui è assai facile per Antony dirottare la politica estera indiana per quello che ritiene un tornaconto personale e del proprio clan politico. L'abilità politica di Antony d'altra parte è ben conosciuta in India. 

Nel 2012 l'Indian Express l'ha collocato tra i 10 più potenti indiani dell'anno. Inoltre, come ha scritto un lettore del Times of India del Kerala che dichiara di averlo conosciuto bene fin dalla gioventù, Antony è 'ben felice dell'aurea di incorruttibilità che lo circonda, ma in realtà la cosa che lo rende veramente felice è l'essere circondato da una classe politica corrottissima ed inetta che riesce così a manovrare facilmente e permette a lui di brillare e muoversi da statista pur con ben pochi meriti reali'. Insomma, Antony è descritto come un esperto manipolatore politico.

A riprova di quanto appena detto, nella difficile partita politica e diplomatica che si svolge a Delhi fin dall'inizio sul caso dei marò, non è tanto Antony che si espone in prima persona a copertura degli atti criminosi di Chandy, ma è lui che si ritiene svolga il ruolo da regista utilizzando di volta in volta assai meno brillanti e più controversi colleghi.
 
Dall'inizio della vicenda, e per i primi mesi seguenti, Antony 'invia in prima linea' a protezione dell'operato di Chandy il poco brillante ottuagenario ministro degli Esteri S.M. Krishna, lo stesso ministro che ha fatto ridere il mondo intero quando davanti all'assemblea dell'ONU si è messo a leggere il discorso del ministro portoghese anziché il proprio, continuando a lungo a leggere senza accorgersi del clamoroso errore che stava commettendo.
 
Una volta sostituito nel governo indiano l'inadeguato ministro Krishna con il più accorto e capace ministro degli Esteri Salman Kurshid (che in un paese come l'India soffre comunque di una sua personale 'debolezza' politica intrinseca derivante dall'appartenere alla minoranza musulmana), è presumibilmente sempre Antony che, al fine di mettere i bastoni tra le ruote all'azione diplomatica di Kurshid tesa a trovare una soluzione ad un caso che danneggia la reputazione dell'India non solo nei confronti dell'Italia, ma anche dell'Europa e di altri paesi alleati, non esita ad utilizzare: una prima volta l'ex ministro della giustizia Ashwani Kumar che solleva un incredibile polverone su una questione in gran parte teorica con la critica al ministro Kurshid per la sua 'garanzia' offerta all'Italia, con richiamo a pareri legali e ad una giurisprudenza consolidata, sul fatto che i marò italiani in India non avrebbero rischiato la pena di morte in caso di condanna (Kumar è stato da qualche mese rimosso da ministro della Giustizia a causa di uno dei tanti scandali che hanno colpito il governo); una seconda volta il criticatissimo ministro degli interni Sushilkumar Shinde (anche lui ministro assai controverso per varie gaffe, affermazioni imbarazzanti e coinvolgimento in scandali) che è riuscito a provocare e ridicolizzare una volta di più la controparte italiana. 

L'Italia aveva infatti (vergognosamente, per le modalità in cui la cosa è avvenuta, ma poiché gli 'attori' italiani non sono il focus del presente articolo, non approfondiremo, ma ci limiteremo solo ad un breve accenno a loro nel prossimo paragrafo) deciso di far rientrare i marò in India anche dietro promessa da parte di Kurshid di una 'rapida ed equa' conclusione positiva di tutta la vicenda. Invece con la decisione, presa in contrasto con il ministro degli Esteri, di coinvolgere l'agenzia anti-terrorismo - la NIA - nelle indagini, anziché la polizia ordinaria – CBI -, Shinde ha in un colpo solo di fatto ottenuto di allungare nuovamente i tempi della vicenda, ha messo in imbarazzo il collega Kurshid ed ha perpetrato l'ennesimo sgarbo all'Italia, perchè chiunque capisce che la polizia anti-terrorismo nulla ed in nessun caso avrebbe dovuto avere logicamente a che fare con la vicenda dei marò.

Terminata questa carrellata che ha provate a mettere a fuoco alcune importanti dinamiche di politica interna indiana, per inciso, ci preme osservare che davvero non ci si capacita di come un immenso esercito di persone che in Italia hanno seguito la vicenda, esercito formato da innumerevoli politici italiani, inviati più o meno speciali, diplomatici esperti e meno, gerarchie militari, burocrati dei ministeri di esteri e difesa, giornalisti, stuoli di avvocati (italiani ed indiani), tutti tanto profumatamente quanto eccessivamente pagati, siano riusciti a non capire nulla delle dinamiche qui descitte che appaiono aver condizionato e continuano a condizionare il caso farsesco e tragico dei due marò. Su di loro e sui loro vergognosi errori e fallimenti che proseguono da oltre 18 mesi potremmo scrivere un nuovo trattato sul significato e le conseguenze dell'incompetenza in politica e nelle pubbliche istituzioni. 
Poiché ciò va però oltre gli obiettivi di questo articolo, vorremmo qui solo esprimere il desiderio che, una volta rientrati in Italia i due marò, la magistratura italiana seriamente si occupasse del caso e prendesse in seria considerazione le varie denunce che ci risultano già presentate da parte di alcuni cittadini, tra l'altro anche per gravissime violazione dei diritti costituzionali di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, nei confronti di politici quali Giorgio Napolitano, Mario Monti e altri.
 
Naturalmente ci piacerebbe anche che siano una buona volta i cittadini elettori italiani a pretendere che tutti coloro che hanno contribuito a questa figuraccia internazionale, qualora colpevoli non tanto di crimini, ma solo di assoluta incompetenza, lascino i rispettivi incarichi pubblici per cui non sono evidentemente qualificati e si dedichino ad altro mestiere così da poter finalmente offrire un qualche contributo positivo alla società italiana.
 
Perchè se per il popolo indiano non dovrebbe essere accettabile che un clan politico con alla testa due soli uomini, per quanto potenti, possa riuscire a manipolare con successo l'esito di una tornata elettorale e di conseguenza l'intero processo democratico di uno Stato importante quale il Kerala e possa impadronirsi e gestire come cosa privata una vicenda di politica estera che avrà durature e negative conseguenze sull'immagine dell'India nel mondo, così per il popolo italiano non dovrebbe certamente essere ammissibile che una intera classe politica, una classe militare e le istituzioni tutte si dimostrino così inadeguate ed incapaci da non riuscire neppure a comprendere quanto succede loro intorno e si facciano umiliare in questo modo dall'azione criminale del medesimo clan politico.

In conclusione, ora che speriamo di avere una volta di più messo a fuoco il ruolo che ha presumibilmente giocato un gruppo ristretto di politici indiani senza scrupoli, disonesti e manipolatori nell'odissea di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, riteniamo che, dopo mesi di inspiegabile letargo, una urgente ripresa di iniziativa politica da parte italiana già nei prossimi giorni sia assolutamente necessaria.
 
Anche perchè lo stesso sistema giudiziario indiano sul caso di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre ha già bruciato buona parte della sua reputazione (magari un giorno pubblicheremo una più approfondita analisi sull'inconcludente e 'non equo' procedimento giudiziario che ha accompagnato in India in parallelo il dipanarsi del caso tutto politico dei due marò) e non è quindi certamente più nella condizione di garantire oggi quella 'equità' spesso a vanvera sbandierata da politici di entrambi i paesi e risultata assente per oltre 18 mesi.
 
Questa urgente ripresa di iniziativa politica dovrà finalmente contemplare, in assenza di un veloce rientro dei due marò in Italia, anche la possibilità di intraprendere un'azione di forte denuncia e condanna in sede internazionale delle numerose azioni illegali e degli abusi commessi dall'India in tutta questa vicenda (http://veraitalia.blogspot.it/2013/08/un-appello-al-nostro-governo.html?spref=fb).
FONTE : https://www.facebook.com/stefano.tronconi.79?hc_location=timeline

1 commento:

  1. Ringrazio l'autore per l'attenta ricostruzione assolutamente condivisibile da chi come me ed altri hanno affrontato il problema fin dall'inizio. Nulla di nuovo sotto al sole sulla onestà giuridica del Kerala e della stessa India e come reiteratamente scritto, denunciato a voce in convegni ed attraverso altri mezzi mediatici l'unica soluzione per risolvere in tempi brevi il problema è quello di ricorrere all'arbitrato internazionale, ma sembra che ORDINI SUPERIORI NON LO VOGLIANO. Su questo credo che si debba incidere !

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