LA VICENDA MARO' – FINALMENTE CI SI MUOVE CON OGNI PROBABILITA' VERSO UNA CONCLUSIONE, di Stefano Tronconi
21 Settembre 2013 - Come
ho illustrato anche in precedenti documenti, personalmente ritengo che
le autorità indiane, da quando insieme a Capuozzo e Di Stefano abbiamo
divulgato la nuova ricostruzione degli eventi accaduti al largo del
Kerala suffragandola con numerose prove, non abbiano più nessuna voglia
di celebrare il processo contro Salvatore Girone e Massimiliano Latorre
e stiano da tempo (troppo, a dir la verità, ma questo è dovuto anche
alla assenza di qualsiasi incisiva azione da parte del governo italiano)
cercando una via d'uscita che permetta loro di salvare in qualche modo
la faccia rispetto ai crimini ed agli errori commessi.
Martedì scorso è apparso un articolo sull'Economic Times in cui, dietro
il paravento della pretestuosa questione della deposizione non ancora
avvenuta dei quattro marò colleghi di Girone e Latorre presenti sulla
Lexie, si ipotizza un nuovo ricorso alla Corte Suprema da parte del
governo indiano per avere indicazioni su come procedere nelle indagini.
Innanzi tutto va ribadito ancora una volta che la questione della
deposizione dei quattro marò non è altro che una 'foglia di fico',
strumentalizzata dall'India per guadagnare tempo, per il semplice fatto
che la deposizione dei quattro marò in qualità di testimoni non è di per
sé assolutamente essenziale per la chiusura delle indagini (nel caso
ovviamente vi fosse la volontà di chiuderle). Sebbene il paragone sia
solo in parte calzante, a voler vedere, anche il ministro della difesa
Antony (il cui ruolo chiave nella vicenda marò abbiamo ampiamente
approfondito in altra sede) è stato chiamato in qualità di testimone
nell'inchiesta India-Finmeccanica aperta in Italia. Il ministro Antony
ha semplicemente comunicato che non ha alcun intenzione di presentarsi
davanti ai magistrati di Busto Arsizio (come è ovvio) e la questione è
finita lì. Circa tre mesi fa inoltre era stato proprio un portavoce del
ministero degli esteri indiano a dichiarare alla stampa che la scelta
se inviare o meno gli altri quattro marò imbarcati sulla Lexie a
testimoniare sarebbe stata una scelta di competenza esclusivamente del
governo italiano.
Ma torniamo all'articolo apparso
sull'Economic Times. Ritengo che una sua lettura attenta, supportata
dalla conoscenza del caso e degli attori coinvolti, ne consenta
un'interpretazione ben diversa e più positiva di quella data purtroppo
senza eccezioni dai giornali e dai commentatori italiani. Provo a
spiegarne i motivi.
Per l'India allo stato delle cose la via
del processo ai nostri fucilieri dovrebbe essere ineludibile a causa
della sentenza della Corte Suprema emessa nel Gennaio scorso, quando la
stessa Corte o ignorava le 'porcherie' fatte in Kerala o era stata
rassicurata sul fatto che le indagini (cioè le 'porcherie') erano state
così bene manipolate da garantire un esito scontato della vicenda. Ma
ora il tavolo è stato rovesciato proprio perchè i riscontri fattuali,
tecnici e politici che abbiamo portato alla luce non lasciano dubbi
sulle falsificazioni operate dalle autorità investigative indiane e
sull'innocenza di Girone e Latorre. A questo punto le alternative che
un processo a carico dei marò offrirebbe all'India sarebbero una meno
attraente dell'altra.
La prima alternativa è che la NIA chiuda
le indagini chiedendo il proscioglimento di Girone e Latorre per non
aver commesso il fatto. Sarebbe la soluzione ovviamente più 'pulita',
ma si può facilmente immaginare il danno che deriverebbe all'India in
termini di immagine internazionale (senza considerare i contraccolpi a
livello di politica interna) per il fatto di aver a tutti gli effetti
tenuto sequestrati due militari di un paese terzo in missione
anti-pirateria in acque internazionali per quasi due anni senza che
costoro, neppure per errore, fossero in effetti responsabili dei fatti
contestati.
La seconda alternativa è che la Nia, intorbidendo
un po' le acque, chiuda le indagini facendo finta che vi siano parecchie
zone d'ombra sullo svolgimento dei fatti, ma riconoscendo in tali
conclusioni che non vi sono invece dubbi sul fatto che l'azione dei due
marò sia invece stata compiuta in buona fede nello svolgimento del
proprio servizio, la qual cosa potrebbe rendere i marò non punibili in
base al diritto penale indiano. Una tale conclusione farebbe rientrare
dalla finestra l'applicabilità delle norme UNCLOS (ipotesi lasciata in
campo dalla stessa Corte Suprema). Il giudice monocratico del tribunale
speciale potrebbe così velocemente sentenziare a favore
dell'applicabilità delle norme UNCLOS e far rientrare dalla finestra la
giurisdizione italiana. Questa è stata a lunga la via d'uscita
preferita da molte delle 'colombe' indiane dopo la sentenza pilatesca
della Corte Suprema del Gennaio scorso, ma anche qui ci sarebbe il
problema di come far comprendere, soprattutto all'opinione pubblica
interna, ma anche a quella internazionale che ci siano voluti quasi due
anni per riconoscere che la giurisdizione della vicenda fosse italiana
(anche se ovviamente il barocco ragionamento alla base della sentenza
della Corte Suprema del Gennaio scorso lo consentirebbe agevolmente).
Senza contare il fatto che una tale decisione da parte del tribunale
speciale potrebbe essere nuovamente impugnata presso la Corte Suprema
prolungando l'aberrante circolo vizioso in cui si sono impantanati
governo e magistratura indiana.
La terza alternativa è
ovviamente che parta un vero e proprio processo farsa nei confronti di
Girone e Latorre che rispecchi, con qualche variante, le false accuse a
suo tempo prodotte dalla polizia del Kerala. Ma questa alternativa, che
si è pensato di percorrere, anche con lo scellerato consenso del
governo italiano (il famoso processo 'equo' e 'rapido') fino al momento
in cui nel Giugno scorso siamo usciti pubblicamente con la nuova
ricostruzione degli eventi (sicuramente giunta all'attenzione tanto
della NIA, che del governo indiano, che della Corte Suprema), ai tempi
di internet e della comunicazione globale non potrebbe che trasformarsi
in una vera e propria Caporetto, questa volta non per il governo
Italiano come è stato finora, ma per quello indiano. Tanto io che Luigi
Di Stefano, che quasi quotidianamente portiamo la nostra versione dei
fatti nei forum dei giornali e delle associazioni indiane, potremmo dare
numerosissime testimonianze tanto del panico e dell'isteria che i
nostri argomenti (fattuali, tecnici e politici) provocano a chi in India
approccia il tema con spirito nazionalistico quanto della sorpresa e
dell'incredulità che gli stessi argomenti provocano a chi invece riesce
ad osservare la vicenda con una mente più aperta. Un processo vero e
proprio tornerebbe ad attirare l'attenzione non solo dei pochi più
attenti che 'incontriamo' in questi mesi io e Di Stefano e che
continuano a seguire la vicenda anche in questi mesi di stallo, ma ad
occupare le prime pagine dei media di tutto il mondo e questo l'India,
molto attenta alla propria immagine, non se lo può davvero permettere.
Se infatti l'India poteva permettersi di violare le norme del diritto
internazionale nei confronti di un'Italia impotente ed incompetente
finchè avesse quanto meno avuto alle spalle la giustificazione che i due
soldati fossero colpevoli dell'uccisione di due pescatori inermi, nel
momento in cui apparisse chiaro sui media di tutto il mondo che in
realtà i due soldati non hanno ucciso nessuno e, come io dico ormai da
tre mesi, sono stati a tutti gli effetti sequestrati, l'immagine
dell'India ne uscirebbe distrutta.
E' in un simile contesto che
nella nota da me pubblicata Domenica scorsa avevo parlato di nuove
ipotesi di 'compromesso' che avrebbero potuto essere ventilate in
concomitanza con la nuova visita in India di De Mistura, ed ecco per
l'appunto la pubblicazione dell'articolo sull'Economic Times.
Per
le ragioni spiegate sopra l'apertura di un processo a carico dei nostri
marò (in qualsiasi delle tre alternative descritte) rischierebbe per
l'appunto di trasformarsi in un vero e proprio disastro per l'immagine
dell'India. Essendovi però una sentenza della Corte Suprema che questo
processo lo impone, ecco spuntare l'idea al governo indiano di tornare
proprio alla Corte Suprema stessa per cercare di uscire assieme
dall'imbuto in cui tanto la politica che la magistratura indiana si sono
infilate con le proprie mani e trovare una nuova 'soluzione' che
risparmi all'India una vergogna internazionale. Insomma, quella del
nuovo ricorso alla Corte Suprema non è in realtà un nuovo schiaffo
all'Italia, come molti hanno superficialmente commentato tanto sui
giornali che sui social network, ma semplicemente il tentativo di
provare finalmente ad uscire da un vicolo cieco e di trovare una
soluzione che danneggi il meno possibile l'immagine dell'India quale
Stato democratico e di diritto.
Soluzione che gli indiani sarebbero
già stati costretti a trovare da alcune settimane se solo la classe
politica e la stampa (che ne è a tutti gli effetti il riflesso in quanto
ad impotenza ed incompetenza) italiane fossero state meno inerti.
Il ritorno davanti alla Corte Suprema indiana sarebbe in verità
un'opportunità anche per l'Italia, che avrebbe l'occasione di rendere
formalmente edotta la Corta (che pure ormai ne è informata benissimo),
se non dell'intera ricostruzione Capuozzo/Di Stefano/Tronconi (lasciando
in questo modo alle autorità indiane l'accertamento di eventuali
crimini commessi da Chandy, Antony e tutti gli altri elementi con loro
collusi della polizia, delle forze armate e della magistratura), quanto
meno delle principali prove documentali a sostegno di tale ricostruzione
e cioè:
il video '21.30' di Freddy Bosco;
il messaggio '21.36' della Guardia Costiera indiana
il report '22.20' dell'Olympic Flair
che sebbene rappresentino solo parte delle prove e degli indizi a
favore di Girone e Latorre, già di per sé offrirebbero abbastanza
elementi per mettere del tutto in crisi l'originale impianto
accusatorio.
In altre parole, l'Italia questa volta davanti alla
Corte Suprema si troverebbe nella condizione di poter tirare un calcio
di rigore, avendo questa volta del tutto il coltello dalla parte del
manico.
Naturalmente non è necessario che questo calcio di
rigore a porta vuota venga tirato davanti agli occhi di tutto il mondo,
perchè in fin dei conti l'umiliazione dell'intera nazione India a causa
delle azioni criminali di un numero ampio, ma pur sempre limitato di
politici e funzionari corrotti non è interesse di nessuno. Rimane
comunque valido quanto ho già scritto Domenica scorsa e cioè che
'
(omissis) non penso che l'Italia possa accettare compromessi (omissis)
tesi SOLO a salvare la faccia di un governo e di un sistema giudiziario
indiani che riteniamo si siano resi responsabili di comportamenti
arroganti e prepotenti verso l'Italia ben oltre l'immaginabile
(omissis)'.
E' su questo che dobbiamo ora tutti vigilare visti i
precedenti pasticci combinati dall'inetto De Mistura e dai nostri
politici, militari, diplomatici ed avvocati che in questa vicenda non
solo calci di rigore ne hanno già sbagliati a iosa, ma, ancora peggio,
sono stati artefici di continui autogol a danno soprattutto di Salvatore
Girone e Massimiliano Latorre, ma anche dell'immagine dell'Italia
intera.
Che in India stiano tuttavia finalmente provando a trovare
una via d'uscita (pur in assenza di una qualsiasi azione incisiva da
parte dell'Italia che per quasi due anni ha sempre contato meno del due
di picche con briscola quadri) è solo da guardare con favore.
La
vicenda non è ancora risolta, ma ci sono buone ragioni per sperare che
ci si stia finalmente muovendo verso una conclusione positiva della
vicenda.
Fonte: https://www.facebook.com/stefano.tronconi.79
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