La “salute” del sistema bancario - che ci
piaccia o no - condiziona direttamente il nostro portafoglio e la nostra
capacità di spesa quotidiana. Il clima che caratterizza in questo
periodo le relazioni transatlantiche - soprattutto tra Berlino e
Washington - non è dei migliori, tuttavia l'America ha compreso di avere
un interesse diretto alla stabilità dell'Euro e alla ripresa
dell'economia europea.
Gli americani
sono preoccupati quanto lo sono diversi Paesi dell'Eurozona dai ritardi
nel varo di un'Unione Bancaria UE che garantisca i mercati finanziari
mondiali dal rischio di crisi sistemiche e diffuse. Le recenti decisioni
del Consiglio Europeo per un sistema decisionale su “quattro livelli”
per risolvere un'eventuale nuova crisi bancaria viene giudicato
“bizantino” a Washington e a Wall Street, perché pare non rispondere a
quella rapidità decisionale necessaria a governare i mercati, potere che
la Federal Reserve USA ha in più occasioni dimostrato di avere.
Le
preoccupazioni di Washington corrispondono a malumori che si accumulano a
Bruxelles per l'economia tedesca, trainata dall'esportazione assai più
che dalla domanda interna: la Germania continua a spingere sull’EXPORT, e
aver “ritardato” e in parte “sterilizzato” la riforma bancaria UE ha
significato per le banche tedesche poter mantenere i tassi di
finanziamento attuali e una forte autonomia nella gestione dei loro
portafogli titoli.
Ma c'è di più: le misure di austerità hanno colpito
le "economie deboli" più duramente di quanto fosse stato previsto dalle
proiezioni economiche sulle quali si è basato il Fiscal Compact 2012: la
riduzione del PIL è stata nettamente sottostimata - il che ha
significato per l'Italia una perdita nell'ordine delle decine di
miliardi di Euro – e sono stati sottovalutati gli effetti sulla
disoccupazione, che ha continuato a crescere nell'Eurozona nonostante
sia diminuita significativamente negli USA, grazie a una ripresa
economica sostenuta soprattutto dal processo di risanamento dei bilanci
privati e pubblici, dal consolidamento del comparto bancario,
dall'investimento immobiliare e azionario e dalla riduzione dei costi
dell'energia e del lavoro.
I continui rinvii delle misure per la
crescita e per l'attuazione dell'Unione Banca preoccupano numerosi Paesi
europei, in particolare il nostro che appare tra i più deboli sul piano
della ripresa economica: l'Europa "sta aspettando" dal giugno 2012
politiche che diano respiro a un'economia complessivamente asfittica e
drammaticamente penalizzante specie per i giovani, mentre l'attivo
commerciale della Germania - ha notato in un suo rapporto il Tesoro
americano - ha superato persino quello della seconda economia del mondo,
la Cina. Vi è chi dubita che una nuova "grande coalizione" a Berlino si
possa tradurre in un vero cambio di rotta: gli interessi industriali e
finanziari interni continueranno a pesare sulla politica tedesca in
senso “conservatore”, le imprese e l'occupazione tedesche continueranno a
rafforzarsi, aggravando i fattori di debolezza dell'EU nel suo insieme,
dal punto di vista sia economico che politico.
Una visione - quella
tedesca – miope e di breve termine, e non coerente con quell'obiettivo
di un'Unione Politica UE che la Cancelliera Merkel ha ripetutamente
invocato... Inoltre, fonti OCSE hanno ricordato che il quadro
complessivo dell'indebitamento nell'Eurozona cambia sensibilmente quando
oltre al debito pubblico si considera il debito “privato” complessivo
di ogni Paese dell'Eurozona, cioè quando si considerano anche imprese e
dei privati. Sorprendentemente per molti, l'indebitamento complessivo
dell'Italia é di poco superiore a quello tedesco, moderatamente
inferiore a quello francese, nettamente minore di quelli spagnolo,
olandese, belga, portoghese e irlandese. Perché non tenere conto di
questo dato importante, nel rinegoziare gli equilibri in sede UE?
In
ogni caso, siamo dinnanzi a contraddizioni pericolose per l'Europa, e
che andrebbero denunciate a gran voce e senza ambiguità anche dal nostro
Governo: l'antieuropeismo “facile” è alimentato proprio da risposte
alla crisi tardive e insufficienti, di cui Berlino porta considerevoli
responsabilità, come affermano ormai molti partner europei e atlantici.
Gli elettori voteranno tra pochi mesi alle prossime europee non solo per
esprimersi sull'Europa, ma soprattutto per esprimersi su un'Europa
essenzialmente “a guida tedesca”, e Berlino dovrebbe tenerne conto.
In
questo senso, lo "stress test" annunciato dalla Banca Centrale Europea
su 128 Banche - tra le quali una quindicina di istituti di credito
italiani - per avviare l'Unione Bancaria sarà anche un vero e proprio
stress test sull'Europa unita: serve il coraggio di dire che se verrà
costruito per avvantaggiare ancora una volta un Paese membro rispetto
agli altri, e se i parametri non saranno perfettamente trasparenti e
credibili per tutti, l'Unione Bancaria rischierebbe di uscirne sempre
più zoppa, e con essa l’Unione Europea nel Suo insieme. In quest’ottica,
il funzionamento della neonata Unione Bancaria, e gli stress test che
nei prossimi mesi lo roderanno, saranno un test cruciale per l'intera
Europa anche dal punto di vista politico: una grande responsabilità per
Berlino, e nel contempo una chance importante per far fare finalmente un
salto di qualità a un Unione Europea ancora in parte “incompiuta”...
Fonte: https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi?hc_location=timeline
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