Vicenda della petroliera enrica lexie - crisi italia / india
Nonostante la mole dell'informazione relativa ai fatti del 15/2/2012
davanti le coste dell'India meridionale i dati frammentati, da fonti diverse,
e non verificabili, rendono assai difficile realizzare una “perizia”
di valenza giudiziaria.
E' evidente che il tecnico, sia esso di parte civile o lavori
per il Magistrato, deve avere accesso a tutti i documenti e ai reperti.
Nel processo giudiziario italiano alle analisi tecniche partecipano
sia i periti del Giudice sia quelli nominati dalle parti, offesa e inquisita,
proprio perchè l'analisi tecnica può assumere valenza “probatoria”,
e quindi indicare con certezza lo svolgersi e la natura degli eventi.
In questa vicenda la decisione della magistratura indiana di
non ammettere nemmeno gli esperti balistici italiani (sono stati ammessi come
“osservatori”, e quindi non hanno voce sull'indagine stessa) lede
il principio del diritto alla difesa.
Quindi ritengo sia utile fare una analisi tecnica degli eventi
basata sulla somma dei dati disponibili e provenienti da notizie di stampa,
pur nella consapevolezza che alcuni elementi potrebbero essere stati riportati
sbagliati o distorti.
Ma l'impianto analitico resta comunque valido, per cui qualora
si avesse accesso a numeri ed evidenze diversi da quelli qui riportati, provenienti
da fonti certe e verificabili, sarà possibile sostituirli a quelli utilizzati
e rifare analisi e verifiche senza cambiare l'impianto metodologico del presente
lavoro.
Una indagine tecnica ha un “metodo” consolidato che
qui andremo a seguire, in rapporto alla natura dei fatti e i luoghi dove si
sono svolti.
Ing. Luigi Di Stefano
L'indagine
Poiché i fatti coinvolgono due “Stati” la regola
sarebbe la formazione di una commissione di inchiesta italo-indiana che accertasse
i fatti.
Una commissione di inchiesta mista non lede i diritti e i poteri
di nessuna magistratura, non ha potere di “sentenza” e fornisce identica
versione dei fatti alle rispettive magistrature.
Quindi sarebbe stata la soluzione per risolvere la controversia
“anche” nel riguardo delle reciproche Ragion di Stato ed esigenza
di non ledere le rispettive sovranità.
L'Italia fece così per accertare la dinamica dell'incidente
occorso al Mig 23 libico precipitato sulla Sila, in Calabria, nel 1980.
Ma da parte indiana si è deciso di avocare a se ogni diritto
di giudizio, escludendo platealmente il diritto da parte italiana.
Gesto non giustificato verso una nazione amica e che non ha nessun
motivo per andare a compiere i gesti di forza di cui la si accusa.
Tutta la vicenda è partita male fin dall'inizio, e non certo
per decisione italiana.
i fatti
la petroliera italiana Enrica Lexie
(104255 tonn.)
Il giorno 15/2/2012, fra le ore 16 e le 17 locali, la petroliera
italiana Enrica Lexie, che viaggiava a oltre 20 miglia dalla costa indiana dello
Stato del Kerala, direzione 330°, velocità 14 nodi, veniva avvicinata
da una imbarcazione con modalità giudicate “aggressive”.
Detta imbarcazione veniva avvistata dal radar di bordo già
a 2,8 NM (miglia nautiche) dalla Enrica Lexie, veniva dato l'allarme, si aumentava
la velocità, ma stante il prosieguo dell'avvicinamento interveniva il
personale militare che sparando alcuni colpi in acqua (a 500 metri, 300 e 100
metri), dissuadeva le persone a bordo dell'imbarcazione a proseguire l'avvicinamento.
L'imbarcazione si allontanava, e dalle testimonianze dei militari,
che descrivevano il natante come di colore blu e lungo circa 12 metri, nessuno
era stato colpito.
il rapporto dell'incidente redatto dai militari italiani - [clicca per ingrandire]
Il comandate della Enrica Lexie avvertiva il responsabile della
società armatrice a Napoli che provvedeva ad informare la magistratura
italiana, secondo le regole internazionali viaggiando la Enrica Lexie in acque
internazionali (il cui limite è a 12 miglia dalla costa)
Circa alle 18:20 locali la Enrica Lexie veniva contattata dal
comando della Guardia Costiera indiana a Mumbaym che dichiarava di aver avuto
notizia di una aggressione, e di aver arrestato dei pescatori armati, e quindi
richiesta di rientrare nel porto di Kochi, a motivo di identificare gli autori
dell'aggressione.
Dopo essersi consultata con i responsabili italiani (Min. della
Difesa e degli Esteri), su decisione dell'armatore, la Enrica Lexie alle ore
19:15 locali invertiva la rotta e giungeva nel porto di Kochi alle ore 23 circa.
Successivamente i due militari italiani che avevano aperto il
fuoco venivano arrestati con l'accusa di omicidio nei confronti di due marinai
del peschereccio indiano “St. Antony”
L'accusa
Alle 18.20 ora locale, ricevuto l'allarme dei
pescatori rientrati precipitosamente in porto con i corpi dei due colleghi uccisi,
la guardia costiera indiana rileva nell' area la presenza di 4 imbarcazioni
in movimento compatibili con il racconto dei superstiti.
In realtà le navi sono cinque: Enrica Lexie, Kamome Victoria, MBA Giovanni, Ocean Breeze e Olympic
Flair.
Vengono chiamate tutte tranne la Olympic Flair, nessuna delle
navi chiamate risponde alla radio tranne la Enrica Lexie.
Il 16 febbraio (giorno successivo al fatto) i pescatori superstiti
sostenevano che nessuno aveva visto cosa stesse succedendo e capito da dove
venissero i colpi, tantomeno quanti ne fossero stati esplosi, poiché
a parte i due loro colleghi uccisi mentre stavano nella cabina del timone gli
altri nove stavano dormendo. Aggiunsero poi di non aver notato navi nelle vicinanze.
Il 21 febbraio appare su una giornale on line indiano la notizia
che secondo dichiarazioni della polizia i proiettili recuperati sul peschereccio
St. Antony e dall'autopsia sulle salme sono calibro 5,56x45 NATO, come quelli
utilizzati dai militari italiani. Non si citano nomi o riferimenti sulla fonte.
Last Updated : 21 Feb 2012 11:56:12 AM IST
KOCHI: The police, who are yet to seize the weapons used by Latorre Massimilano and Salvatore Girone to kill the two fishermen, suspect that rifle they used could be Berretta AR-70/90. The postmortem report has confirmed that the rifle, used for firing around 20 rounds at the trawlers, had a caliber with a 5.56 mm NATO bore. Trails of 15 bullets were also found on the boat, the police said.
KOCHI: The police, who are yet to seize the weapons used by Latorre Massimilano and Salvatore Girone to kill the two fishermen, suspect that rifle they used could be Berretta AR-70/90. The postmortem report has confirmed that the rifle, used for firing around 20 rounds at the trawlers, had a caliber with a 5.56 mm NATO bore. Trails of 15 bullets were also found on the boat, the police said.
Il 22 febbraio i pescatori cambiano completamente versione. Un
certo "Mr. Freddy", presentatosi come proprietario del St. Antony
(risulterà vero, è Mr. Freddy Bosco), ricorda improvvisamente
che il peschereccio è stato colpito da una pioggia di colpi per almeno
due minuti. Raffiche provenienti da gente armata su una nave nera e rossa secondo
Freddy, che evidentemente ha fatto in tempo a salire in coperta e notare nave
e uomini armati. Cambiata anche la posizione di uno dei due morti, colpito al
petto mentre si trovava a poppa.
Freddy Bosco testimone dell'incidente e proprietario
del St.Antony
Il 3 Marzo Mr. Freddy Bosco rilascia una intervista
al quotidiano "Deccan Cronichle" in cui fra l'altro indica due elementi:
- la posizione del St. Antony al momento della sparatoria, al largo della città di Chertala, e quindi circa 24 miglia nautiche (nm) a nord della petroliera Enrica Lexie.
- che dopo la sparatoria telefona, via VHS, all'amico Prabhu che si trova nella città di Kayankulam, chiedendogli di avvertire le autorità.
Il 21 marzo, in una intervista rilasciata alla giornalista italiana
Fiamma Tinelli del settimanale "OGGI", Mr. Freddy Bosco,
capitano e proprietario del peschereccio St. Antony, nel villaggio di Poothurai
dove vive, racconta quello è successo.
Freddy Bosco con alcuni membri dell'equipaggio
del St.Antony
Fra l'altro Mr. Freddy Bosco indica due elementi:
- la posizione del St. Antony al momento della sparatoria, al largo della città di Kollam, e quindi circa 27 miglia nautiche (nm) a sud della petroliera Enrica Lexie.
- che dopo la sparatoria telefona, via cellulare, all'amico Sabu che "era a pesca poche miglia più in la", chiedendogli di avvertire le autorità.
"Il 15 febbraio eravamo in mare già da una settimana.
Con la mia barca peschiamo sgombri, tonni, anche piccoli squali.La pesca andava
abbastanza bene, avevamo già preso 3mila pesci. Ma nel tratto in cui
ci trovavamo, a 20 miglia e mezzo dalla costa, di fronte a Kollam, non ce n'erano
più, così abbiamo deciso di puntare a Ovest.
Avevamo lavorato tutta la notte, fino a metà mattina.
I miei uomini erano stanchi e si erano messi a dormire. Il mare era calmo, il
sole forte.
Ad un certo punto, saranno state le 4 e un quarto del pomeriggio,
anch'io ho sentito il bisogno di chiudere un pò gli occhi. Così
ho chiesto a Valentine, il mio secondo, di prendere il timone, e mi sono sdraiato
acconto a lui. Era tutto tranquillo. Intorno c'era solo silenzio. E una petroliera
che si muoveva lenta"
Freddy, però, non fa in tempo ad addormentarsi. Appena
chiude gli occi, sente uno strano rumore, "come un tonfo sordo". Quando
li riapre, Valentine è a terra. A pochi centimetri da lui. Ho temuto
che avesse avuto un infarto, e ho chiamato gli altri: "presto, venite,
Valentine stà male".
Ma appena mi sono avvicinato ho visto quel sangue che usciva
dall'orecchio e dal naso, continuava a colare. E Valentine aveva un buco nella
testa, proprio qui, sulla tempia, un buco nero, e io mi chiedevo: "perchè
c'è questo buco, perchè perde tutto questo sangue?"
E' stato allora che hanno ripreso a sparare. Sparavano dalla
nave, dalla petroliera, in due. Ho gridato "state giù, state giù".
E tutti ci siamo nascosti, tutti tranne Ajesh.
Ajesh, il più giovane del gruppo, stava andando in
bagno. Quando sente le grida si trova lungo il lato del peschereccio che guarda
verso la petroliera e cerca di passare sull'altro lato per ripararsi. Non ce
la fa.
Dopo aver smentito che sulla barca ci fossero armi dichiara:
"... conosci i segnali di allontanamento. Mi è capitato che un cargo
mi chiedesse spazio ed ho sempre eseguito. Ma prima degli spari, da quella nave,
non è partita nessuna sirena. Nessuna voce. Nulla".
"Noi non abbiamo letto il nome della nave, c'erano pallottole
dappertutto. Eravamo terrorizzati. Noi abbiamo solo visto che era una nave nera
e rossa. E' stata la polizia, a terra, a dirci quel nome".
"Quei due uomini sulla petroliera non stavano sparando
in aria, stavano sparando a noi. Io non ho mai usato un fucile, ma so che non
centri un uomo alla tempia se non usi il mirino"
Forse vi stavate avvicinando troppo? "No, noi non stavamo
andando verso la nave, noi navigavamo paralleli alla nave in direzione opposta.
Valentine poi era un uomo prudente: non avrebbe mai corso un rischio simile.
Stavamo solo andando a cercare il nostro pesce, e quelli continuavano a sparare".
Freddy e i suoi uomini raccontano di un minuto e mezzo di
puro terrore. Le urla, il sangue, le esplosioni. Finchè il pescatore
non riesce a riprendere il timone e dare forza ai motori.
evidenze
Le cinque navi in zona (Enrica Lexie, Kamome Victoria, MBA Giovanni, Ocean Breeze e Olympic Flair)
sono identiche sia come colore che come struttura.
Sapreste riconoscere fra queste la Enrica Lexie?
|
In queste condizioni qualsiasi tribunale giudicherebbe ininfluente
l'indicazione relativa alla nave “nera e rossa” per l'identificazione
della nave da cui è stato colpito il St. Antony. E' la stessa Guardia
Costiera indiana a indicare le navi che per posizione erano “compatibili”
con quanto denunciato dai pescatori superstiti.
L'intervista a Mr. Freddy Bosco contiene elementi di novità,
importanti e che valuteremo in seguito.
incongruenze
Dice Mr. Freddy Bosco nell'intervista a settimanale "OGGI":
- "il primo sparo ha colpito Valentine alla
tempia. Ed eravamo a 250 metri di distanza"
E' riportato nell'articolo:
- Freddy e i suoi uomini raccontano di un minuto
e mezzo di puro terrore. Le urla, il sangue, le esplosioni.
Il fucile Beretta
AR 70/90 in dotazione ai due militari ha una cadenza di tiro di 670 colpi
al minuto, e sono stati sparati 20 colpi.
Quindi in tutto meno di 2 secondi di fuoco se sparati a raffica.
Un minuto e mezzo si giustifica solo se chi sparava lo faceva
a colpo singolo, quindi una sorta di tiro al bersaglio che poteva solo essere
fatta volontariamente.
Dice Mr. Freddy Bosco nell'intervista:
- Era tutto tranquillo. Intorno c'era solo silenzio.
E una petroliera che si muoveva lenta.
Poichè Bosco ha dichiarato che si muovevano paralleli
e in senso contrario alla petroliera lui non poteva avere la percezione che
la petroliera "si muoveva lenta". A causa della somma delle velocità
relative.
Quando viaggiate in automobile le auto nel vostro senso di marcia
vi appaiono lente o addirittura ferme.
Le auto che vi vengono incontro appaiano molto più veloci della realtà.
Le auto che vi vengono incontro appaiano molto più veloci della realtà.
L'affermazione di Bosco si spiega solo se la petroliera fosse
in realtà ferma. Bosco, che di mestiere fa il capitano di peschereccio,
avrà maturato una percezione istintiva delle velocità relative
in mare, e quindi giudicare un "muoversi lento" ciò che non
si avvicina nei tempi che lui si aspetterebbe.
Possiamo avere da questo una indicazione che la "petroliera
nera e rossa" fosse ferma o quasi, con la prua rivolta verso est.
Quando potremo esaminare le immagini satellitari di quel giorno ne potremo trovare
riscontro.
Analisi del contesto
In ogni indagine è fondamentale ricostruire orari, movimenti,
velocità etc. tentando di dare il quadro contestuale degli eventi. Come
ricostruire un puzzle rimettendo a posto ogni tessera. Solo le tessere giuste
potranno andare a posto, mentre per quelle sbagliate sarà impossibile
ricollocarle nel quadro d'insieme.
Lo scopo è di:
- verificare la congruità degli avvenimenti negli spazi e nei tempi.
- far emergere elementi di incongruità negli spazi e nei tempi.
Questa che vedete è la posizione e il moto delle navi
ottenuto con il programma “Google Hearth”. Oltre i vantaggi evidenti
di disporre di un sistema di riferimento planetario, un altro elemento fondamentale
è quello di essere “verificabile”: ognuno dal proprio computer
di casa potrà inserire le coordinate geografiche e gli orari, e verificare
quanto si andrà ad evidenziare.
La "verifica" è fondamentale in una indagine,
tutto deve essere riproducibile.
la petroliera "enrica lexie"
Alle 16:00L, secondo il rapporto del Capitano, è il momento
in cui lo "aggressor" si trova ormai a 100 metri dalla murata
della nave dopo aver ignorato i tre colpi di sirena regolamentari, e il mostrare
le armi da parte dei militari. E' il momento in cui si spara.
Della petroliera conosciamo i dati di moto (velocità 14
kts, o nodi, corrispondenti a 14 NM/h) e direzione di 330° (gradi, andava
verso l'Egitto).
Conosciamo l'ora in cui vira per andare a Kochi (ore 19:15L circa)
e l'ora in cui ci arriva (ore 23:00L circa). Sappiamo che al momento dell'avvistamento
dell'imbarcazione “pirata” si è data tutta potenza ai motori
(dai dati risulta appena 1 kts in più).
Non conosciamo il tempo necessario alla virata per andare a Kochi (non è come fare conversione con
la bicicletta), due elementi che inseriscono un fattore di indeterminazione.
Ma la distanza indicata dalla linea con la velocità di
14 kts finisce appunto circa alle 23:00L nella rada di Kochi.
[click per ingrandire]
E quindi possiamo dire che la testimonianza del Capitano e del
primo Ufficiale, le indicazioni della società armatrice circa gli orari
delle telefonate, ritornano con velocità e distanze percorse.
In questo caso le tessere del puzzle vanno a posto.
peschereccio "st. antony"
La Guardia Costiera indiana dichiara che il peschereccio St.
Antony era in porto alle 18:20L (alle 18.20 ora locale, ricevuto l'allarme
dei pescatori rientrati precipitosamente in porto con i corpi dei due colleghi
uccisi)
A Neendakara il 15 febbraio 2012 il sole è tramontato
circa alle 18:35L, mentre i crepuscolo si è prolungato fino alle 19:47L
circa.
Il peschereccio St.Antony rientra a
Neenkandara con le vittime
Appare evidente che al momento in cui il St. Antony arriva in
porto dove era atteso (probabilmente aveva avvertito per radio), non è
giorno come avrebbe dovuto essere alle 18:20L, ma è già notte
fonda, e quindi è approdato dopo le 19:47L.
Il peschereccio St.Antony rientra a
Neenkandara con le vittime (fotogramma tratto da video su Youtube)
Anche questa immagine conferma che era notte fonda. Alcune fonti
giornalistiche danno l'approdo alle 22:30L circa. Si vede benissimo dal filmato
di youtube che riguarda l'approdo e il recupero dei corpi delle vittime.
Quindi quanto comunicato via radio alla Enrica Lexie
dalla Guardia Costiera indiana non può essere vero. Si tratta, come viene
comunemente accettato dai media, di un "trucco" per attirare la nave
italiana nel porto di Kochi.
Precisazioni
Successivamente, la Guardia Costiera
indiana ha precisato l'orario di rientro in porto del St. Antony a Neendakara:
ore 22:25L e la distanza percorsa dal peschereccio dal punto in
cui è stato colpito fino a Neendakara: 33,5 miglia. Ovviamente
la Guardia Costiera indiana poteva indicare direttamente la posizione
del St. Antony in coordinate geografiche invece che costringerci ad usare
la trigonometria. Si potrebbe osservare che le coordinate geografiche
una volta indicate quelle restano. Indicando una distanza questo permette
di spostare tutto a piacimento quando servisse.
Comunque, escludendo i trucchi, in questa posizione del St. Antony
indicata dalla Guardia Costiera indiana la Enrica Lexie, al momento della sparatoria,
si trova circa 5 NM (9 Km) a nord.
Sono attendibili i dati forniti da Mr. Freddy Bosco e dalla Guardia
Costiera indiana?
Verificata l'inattendibilità della Guardia Costiera indiana
(se usa i "trucchi" li può usare in ogni situazione e circostanza)
dobbiamo definire dove si trovava il peschereccio St. Antony alle 16:00L del
15 febbraio:
- a 100 metri dalla Enrica Lexie, come sostiene l'accusa della Guardia Costiera
- in un altro luogo.
Viste le contraddizioni (Bosco) e i "trucchi" dovremo
doverosamente verificare almeno il verificabile: spazi e tempi.
La posizione del St. Antony
Il "punto nave" del St. Antony ce lo fornisce il capitano
e proprietario Mr. Freddy Bosco.
[versione #1]
Nell'intervista concessa al Deccan Cronichle il 3 marzo :
" ... Our boat, St. Antony, was off Chertala coast,
some 35 km south of Kochi ..."
Nell'immagine questa posizione è rappresentata dal punto
"A", esattamente a 20,5 miglia (NM) dalla costa in corrispondenza
della città di Cherthala.
Questo punto non si trova affatto dove alle 16:00L si trova la
Enrica Lexie, ma ben 24nm a nord (44km).
[versione #2]
Mr. Freddy Bosco ci fornisce una posizione completamente diversa
nella sua intervista del 23 marzo al settimanale "OGGI":
" ... Ma nel tratto in cui ci trovavamo, a 20 miglia
e mezzo dalla costa, di fronte a Kollam, ... " (ore 16:15L)
Nell'immagine questa posizione è rappresentata dal punto
"B", in basso, esattamente a 20,5 miglia (NM) dalla costa in corrispondenza
della città di Kollam.
Questo punto non si trova affatto dove alle 16:00L si trova la
Enrica Lexie, ma ben 27nm a sud (50km).
[click per ingrandire]
l'abbordaggio
Ovviamente è necessario capire cosà è l'abbordaggio, stiamo
parlando di Pirati, di Capitani, di navi...
Tecnicamente l'abbordaggio (lo dice la parola) è portare due navi "bordo
contro bordo" in modo che persone o cose possano essere trasferite da una
nave all'altra.
Se questo è facile quando una delle due navi è
ferma e l'altra si muove manovrando, diventa difficile quando le due navi sono
in movimento, molto difficile quando una delle due navi tenta di sfuggire, e
così via.
Quindi perchè sia possibile un abbordaggio dovremo trovare un rapporto
possibile fra posizioni, tempi e velocità reciproche.
E' necessario definire questi elementi perchè, pur avendo solo i valori
di moto della petroliera Enrica Lexie questi andranno a definire i valori di
moto della barca "aggressor", e quindi potremo verificare se il peschereccio
St. Antony sia in grado o meno di tentare l'abbordaggio (o apparire che lo stia
facendo agli occhi dell'equipaggio della Enrica Lexie).
Il radar della Enrica Lexie avvista il peschereccio a 2,8nm di distanza. Non
sappiamo se a fianco, da avanto o da dietro, quindi prederemo in considerazioni
le tre ipotesi.
In quel momento la Enrica Lexie viaggia a 14kts.
Si vuole determinare la "velocità di abbordaggio", a dire
la velocità minima che il peschereccio deve tenere per abbordare la Enrica
Lexie.
- Caso A - il peschereccio si trova a 2,8 NM, si avvicina dal fianco e deve inseguire la nave lungo la curva rossa, per abbordare parallelo dopo circa 12 min. (Distanza 4,4 NM - velocità 22 kts)
- Caso B - si avvicina con angolo di 45° a convergere, percorre la distanza minore possibile, abborda parallelo dopo 12 minuti. (Distanza 3.96 NM - velocità 20 kts)
- Caso C - si avvicina da avanti con angolo di 45° e vira per abbordare parallelo dopo 12 minuti. (Distanza 4,4 NM - velocità 20 kts)
Ovviamente esistono infinite variabili fra i tre casi, ma al diminuire della
velocità del peschereccio aumenta il tempo di inseguimento.
Quando la velocità del peschereccio è pari alla velocità
della nave il tempo diventa "infinito" (a dire che, ovviamente, non
la abborda "mai")
E' escluso quindi che il peschereccio avesse una velocità di 14kts come
la petroliera, perchè in questo caso l'equipaggio non lo avrebbe visto
"avvicinarsi" fino a 100 metri, ma anzi arretrare e perdersi a poppa.
E' invece ragionevole che questo avvicinamento sia avvenuto proprio ad una velocità
di circa 20kts, o più. Poi se il tempo non fosse di 12 minuti ma più
lungo o più breve lo potremo sapere dalle stime o dai dati radar della
Enrica Lexie, ma per quello che andremo a verificare ci interessa poco.
Analisi dei tempi di rientro del peschereccio St. Antony a Neendakara
Abbiamo un dato affidabile, l'orario di rientro fornito dalla Guardia Costiera
indiana alla stampa e confermato dai video su Youtube.
- - ore 22:25L approdo a Neendakara
Poi abbiamo l'ora della sparatoria indicata dal comandante del St. Antony,
Mr. Freddy Bosco
- - ora della sparatoria 16:15L
Per cui:
- - Orario di partenza 16:15L
- - Orario di arrivo 22:25L
Tempo di percorrenza 6h 10min.
Poi abbiamo due distanze da Neendakara secondo il comandante del St. Antony:
- - distanza da Neendakara versione del 3 marzo, 58 NM (al largo di Cherthala)
- - distanza da Neendakara versione del 21 marzo, 21,3 NM;(dichiara che si trovava 20,5nm al largo di Kollam)
[click per ingrandire]
Il St. Antony si dirige a Neendakara dal punto indicato dal Capitano del
St. Antony nella versione del 3 marzo (Punto "A")
- Distanza 58 NM – tempo 6h 10' - velocità 9.4 kts
Il St. Antony si dirige a Neendakara dal punto indicato dal Capitano del
St. Antony nella versione del 21 marzo (Punto "B"):
- Distanza 21,3 NM - tempo 6h 10' – velocità 3,45 kts
E' ragionevole che il St. Antony, colpito e con due morti a bordo, sia rientrato
a Neendakara a passo di lumaca impiegando 6h 10min.?
No, non è ragionevole.
Risulta più o meno compatibile il tempo di viaggio con la posizione indicata
nell'intervista del 3 marzo (24 NM a nord della Enrica Lexie), incompatibile
con la posizione dell'intervista del 21 marzo (27nm a sud della Enrica Lexie)
In entrambe le posizioni si esclude la possibilità che a colpire i pescatori
siano stati i militari italiani.
Concludendo:
Le indicazioni della posizione del peschereccio St. Antony fornite dalla Guardia
Costiera indiana e dal comandante dello stesso peschereccio sono completamente
inattendibili (a parere del sottoscritto "inventate di sana pianta")
(ultimo aggiornamento 6 aprile 2012)
Velocità del peschereccio St. Antony secondo il comando della Guardia Costiera indiana
E' apparso un nuovo dato inserito sulla pagina di wikipedia relativo alla velocità
del peschereccio St. Antony, evidentemente per un aggiornamento della pagina:
http://en.wikipedia.org/wiki/2012_Italian_shooting_in_the_Arabian_sea#Indian_Coast_Guard_intervention
[click per ingrandire]
Quindi si ritiene necessario rivedere i dati di moto del St. Antony alla luce
di questo nuovo dato, riportando la sostanza del brano.
Speaking for the Coast Guard, Vice-Admiral K.N. Sushil, Flag Officer Commanding-in-Chief
of the Southern Naval Command and Commander-in-Chief (Coastal Defence) of the
Southern Zone ... He added that: ... What are you talking about the fishing vessel giving you a chase when the maximum
speed it can attain is just about eight knots?
Quindi andremo a riesaminare la possibilità che il peschereccio St.
Antony sia l'imbarcazione che si è avvicinata alla Enrica Lexie, qualunque
siano state le sue intenzioni.
Nella precedente analisi spazio-tempo abbiamo indicato che per condurre un avvicinamento
efficace verso la Enrica Lexie il peschereccio doveva tenere una velocità
di circa 20kts (6kts in più della Enrica Lexie per abbordarla in 12 minuti)
A velocità più bassa corrispondevano tempi di avvicinamento più
alti, fino ad arrivare alla imposibilità dello avvicinamento.
Il peschereccio St. Antony viene avvistato dal radar della Enrica Lexie quando
si trova a 2,8 NM di distanza. Ancora non sappiamo le posizioni reciproche (se
il St. Antony fosse di fianco, di prua o di poppa) e quindi in questa immagine
prendiamo in considerazioni le due ipotesi più favorevoli all'avvicinamento
del St. Antony.
- - Posizione su un fianco, convergente verso il "punto futuro" (è la rotta più breve)
- - Posizione di prua, convergente verso la Enrica Lexie.
Se il St. Antony si trova ad una distanza di 2,8 NM la Enrica Lexie, che viaggia
a 14kts, percorre 2,8 NM in 12 minuti. Questo ci permette di realizzare i semplice
sistema spazio-tempo che viene illustrato:
Posizioni del St. Antony e della Enrica Lexie a T0 (tempo zero) e posizioni
del St. Antony e della Enrica Lexie al T0+12 (tempo zero + 12 minuti)
- - Nel caso D, mantenendo il St. Antony una velocità di 8kts, in 12 minuti percorre 1,60nm e al T0+12 si trova a 2,36nm dalla Enrica Lexie
- - Nel caso E, mantenendo il St. Antony una velocità di 8kts, in 12 minuti percorre ovviamente ancora 1,60nm e al T0+12 si trova a 2,02nm dalla Enrica Lexie.
In entrambe i casi al tempo T0+12 si trova molto a poppa e in allontanamento
dalla Enrica Lexie e non può essere percepito come una minaccia.
Olympic Flair
Questa sezione dimostra che le autorità indiane il giorno 15/2/2012 erano a conoscenza di due attacchi
pirata o presunti tali:
- alla petroliera italiana Enrica Lexie, che è stata richiamata in porto con l'intervento immediato delle più potenti unità navali della sua Guardia Costiera;
- alla petroliera greca Olympic Flair, che non è stata neanche chiamata per radio e quindi lasciata libera di andarsene
indisturbata.
In questo comportamento delle autorità indiane si ravvisa una omissività nelle indagini, volontaria
o involontaria che sia, e quindi una nullità di tutto l'impianto accusatorio nei confronti dei militari italiani.
Infatti è ovvio che nel caso di diversi potenziali colpevoli di un atto ritenuto criminoso (la morte
dei due pescatori) sia obbligo dell'autorità indagare tutti i possibili colpevoli. E' evidentemente inammissibile
che a uno gli si mandi dietro le navi da guerra, e l'altro si finga di non sapere.
Il rapporto IMO relativo all'incidente denunciato dalla Olympic Flair [click per
ingrandire]
In questo documento dell'IMO (International Maritime Organization) si certifica che oltre a tutte le altre
autorità anche la Guardia Costiera indiana era stata avvertita, alle 16:50 UTC (corrispondenti alle 22:20 Locali),
che la petroliera greca Olympic Flair era stata oggetto di un attacco pirata.
Alle 22:20 L di scorta alla Enrica Lexie c'erano in mare i due pattugliatori Shamar e Lakshimi Bahi, e un
aereo da sorveglianza marittima Dornier 228 della guardia costiera indiana.
Tutti si trovavano a circa 10 miglia dal porto di Kochi, e si trovavano vicinissimi (circa 3 miglia) al punto
geografico indicato dalla Olympic Flair quale luogo dell'attacco pirata da lei subito.
Le autorità indiane avevano il dovere di lanciare l'allarme, allertare i mezzi militari navali e aerei,
e per mezzo dei rilevamenti radar avviarli verso la Olympic Flair, tanto più che erano già sul punto preciso
dove era avvenuto l'agguato e dove la Olympic Flair sosteneva di stare.
Avrebbero dovuto fare esattamente quello che avevano fatto poche ore prima nei confronti della Enrica Lexie.
Ma non l'hanno fatto.
Qualunque ne sia il motivo (colpa o dolo) l'impianto accusatorio costruito nei confronti dei due militari
italiani manca dell'indagine su almeno uno dei possibili colpevoli: è omissivo.
E quindi l'intero impianto accusatorio sarebbe dichiarato nullo in qualsiasi tribunale.
La vicenda della Olympic Flair
Già nei giorni immediatamente successivi al fatto da fonti italiane si fece rilevare che anche la
Olympic Flair era stata attaccata dai pirati nella stessa zona
Ne vennero polemiche giornalistiche, con accuse agli italiani di essersi inventato tutto e di cercare di
scaricare su un altro soggetto, innocente, le proprie responsabilità.
Queste polemiche ebbero riflesso anche sui media italiani, disinformando l'opinione pubblica italiana su
pretese "falsità" e avvalorando la tesi di colpevolezza sostenuta da una sempre maggiore area dei media.
ANSA del 21 febbraio 2012 [click per ingrandire]
Il giorno 21 febbraio, mentre un portavoce della Marina Mercantile greca smentiva falsamente l'attacco pirata
alla Olympic Flair, dalle autorità internazionali questo veniva confermato.
Nei giorni fra il 15 e il 21 febbraio le autorità indiane, benchè perfettamente a conoscenza
dell'attacco alla Olympic Flair, anziché confermare le fonti italiane tacevano lasciando montare la campagna giornalistica
che accusava gli italiani di falso e quindi lasciando montare lo sdegno popolare dei cittadini indiani contro gli italiani.
TMNews del 21 febbraio 2012 [click per ingrandire]
Nello stesso giorno in cui la marina mercantile ellenica dichiarava falsamente che non c'era stato nessun
attacco pirata alla Olympic Flair, e le autorità indiane tacevano quanto a loro conoscenza, l'armatore della Olympic
Flair dichiarava alla Marina Militare italiana che l'attacco c'era stato.
Le dichiarazioni indiane che "mai si erano verificati in India attacchi di pirateria"
sembrano
almeno stravaganti, visto che lo ICC-IMB (International Chamber of
Commerce - International Maritime Bureau), nel suo rapporto
"Piracy and armed robbery against ship" relativo al periodo 1
gennaio -30 settembre 2011 certifica 6 attacchi, di cui 4 avvenuti proprio negli ancoraggi di Kochi.
[click per ingrandire]
L'incidente della Olympic Flair verrà riportato nel rapporto "Piracy
and armed robbery against ship" pubblicato il 16 giugno 2012 (vedi allegato 2 pag.4)
[click per ingrandire]
Olympic Flair, la "nave sparita"
E' evidente che il rapporto fatto dalla Olympic Flair su data, ora e posizione dell'attacco subito non può
essere vero.
Nella medesima ora in quella posizione stanno transitando la Enrica Lexie e le potenti unità della
Guardia Costiera che la stanno scortando. A un allarme lanciato dalla Olympic Flair sarebbero intervenute.
Come pure è evidente dal rapporto che l'attacco è
avvenuto di giorno. Si dice che la vedetta della nave greca
ha avvistato due imbarcazioni con 20 armati. E che i pirati quando
hanno visto l'equipaggio entrare in allarme hanno desistito.
E come si sono reciprocamente visti, marinai e pirati, se fossero state veramente le 22:20 locali,
e quindi notte fonda?
Dovremmo anche ammettere che i 20 pirati, nonostante la presenza a vista della Enrica Lexie, di due unità
navali armate e sorvolati da un aereo da sorveglianza mattittima, siano andati audacemente all'attacco.
Anche a un profano un racconto del genere appare del tutto incredibile.
E' tutto da rivedere e chiarire, ci sarebbe voluta una "indagine", ma a quanto pare alle autorità
indiane la cosa non è mai interessata.
In realtà la Olympic Flair ha un buco nero di una settimana.
Sparisce dal sistema di rilevamento e indentificazione AIS il 13 febbraio alle ore 00:29 UTM diretta a Kochi
orario di arrivo stimato 15 febbraio ore 08:00 UTM.
Riappare circa allo stesso punto il giorno 20 febbraio alle ore 05:36 UTM diretta ad Arzew (Orano, in Marocco,
orario previsto di arrivo il 1 dicembre, dieci mesi!)
Poco ore dopo, alle 19:14 UTM, cambia destinazione verso Khahg Island, arrivo alle 23:59 del 23 febbraio.
E quindi un buco nero di ben 7 giorni durante i quali non sappiamo dove la Olympic Flair sia stata e cosa
abbia fatto, tranne che ha subito un attacco pirata denunciato da lei stessa e confermato dagli organismi internazionali
e dall'armatore.
Attacco pirata in giorno, luogo e ora palesemente falsi, e quindi avvenuto necessariamente in altro luogo,
e/o in altre data e ora.
Conclusioni:
Al di la di ogni altra considerazione la responsabilità di accertare gli eventi che interessano la
Olympic Flair è responsabilità delle autorità indiane.
Accertare se persone imbarcate sulla Olympic Flair siano responsabili della morte dei due pescatori è
responsabilità delle autorità indiane.
L'omissione è accertata: lo certificano organismi internazionali quali lo ICC e l'IMO, e lo ammette
lo stesso armatore della Olympic Flair.
E' evidente che l'impianto accusatorio contro i due marinai italiani deve andare a cadere, perchè
viziato fin dall'inizio da omissioni (colpose o dolose è lo stesso) e quindi da carenza investigativa.
(aggiornamento 26 Maggio 2012)
Incredibilmente poche ore dopo il tentato abbordaggio della Enrica Lexie (16:00-16:30L) viene tentato l'abbordaggio
della petroliera greca Olympic Flair (22:20L), 2.5 miglia a sud del terminale petrolifero, posto dieci miglia al largo del
porto di Kochi.
In realtà la Olympic Flair dopo il tentativo di abbordaggio toglie le ancore e si dilegua
senza denunciare il fatto alle autorità indiane (benchè si trovasse in acque territoriali indiane) e la circostanza
viene denunciata da fonti italiane:
- Fonti italiane rivelano che in zona era presente una petroliera greca, che era stata oggetto di attacco pirata;
- Il 21 febbraio la marina mercantile greca dichiara che nessuna nave greca è stata attaccata dai pirati nel sud dell'India nei giorni recenti;
- Lo ICC (il Commercial Crime Service dell'International Chamber of Commerce di Londra) smentice la marina mercantile greca: la petroliera Olimpyc Flair ha denunciato un attacco subìto il giorno 15 febbraio alle ore 16.50 UTC (e quindi alle ore 22,20 locali), nella posizione 09:57N - 076:02E (circa 10 NM al largo del porto di Kochi);
- Lo ICC pubblica la cartina relativa da cui si conoscono le circostanze dell'episodio.
Il rapporto ICC-CSS nr. 54 del 2012 [click per ingrandire]
15.02.2012: 1650 UTC: Posn: 09:57N – 076:02E, ancorati a circa 2.5 NM a sud dall'SPM
di Kochi, India. - Circa 20 “briganti” su due imbarcazioni si avvicinavano all'ancoraggio della Olympic Flair
e tentavano di salire a bordo. Il personale della petroliera dava l'allarme e i briganti desistevano sia per l'allarme sia
per la partenza della petroliera
(ndr.: Un SPM (Single-point
mooring) è una boa ancorata al largo e collegata a terra da tubazioni, destinata al carico/scarico delle petroliere
di grandi dimensioni. Quello di Kochi [1]
[2] si trova a circa 10 NM (19 km) dalla costa
in posizione Lat. 09° 59' 49.93" N; Long. 076° 02' 30.73")
SPM (Single Point Mooring) del porto di Kochi, India
La posizione della Olympic Flair al momento del tentativo di abbordaggio [click per ingrandire]
C'è da notare che:
- la Olympic Flair non risulta aver chiamato per radio le autorità, benchè l'episodio avvenga in prossimità delle acque territoriali indiane;
- la direzione della marina mercantile greca nega l'episodio ma viene smentita dallo ICC;
- l'attacco contro la Olympic Flair, secondo la denuncia fatta allo ICC, avviene di notte, è compiuto da due distinte imbarcazioni.
Evidenze
La Enrica Lexie scortata dalle unità Samar e Lakshimi Bhai della Guardia Costiera indiana
si dirige verso il porto di Kochi a 14 kts. Vi giungerà attorno alle 23.00 LT.
La ENRICA LEXIE scortata dal ICG SAMAR
Per cui l'aggressione pirata alla Olympic Flair sarebbe avvenuta mentre in prossimità navigavano
la petroliera Enrica Lexie, e le due unità di scorta della Guardia Costiera indiana, tutte dotate di radar, senza
che nessuno si sia accorto di niente.
Incredibile!
Ma proprio per dire che non è credibile, non è ammissibile.
Concludendo: tutta la vicenda e il ruolo della Olympic Flair è tutto da indagare.
Non si vuole trovare un facile colpevole alternativo, ma è necessario verificare, con tracciati radar
e immagini satellitari, chi era la nave, anzi "la petroliera nera e rossa" che si trovava alle 16:15L a 20,5NM
al largo di Kollam, e nelle vicinanze del peschereccio St. Antony.
Riscontri
E' nata una polemica intorno al tentativo di abbordaggio alla petroliera greca Olympic Flair.
La notizia fu data da fonte italiana, la direzione della Marina Mercantile greca successivamente la smentì,
ma subito dopo lo ICC confermò il tentato abbordaggio pubblicando il report che avete visto, pervenuto chiaramente
allo ICC dalla stessa Olympic Flair.
Nonostante la cosa sia chiarissima - il tentativo di abbordaggio alla Olympic Flair è realmente avvenuto
- si sono accusati gli italiani di "averlo inventato per scagionarsi". E queste accuse sono venute anche da parte
italiana, da persone evidentemente poco accorte ma subito schierate dalla parte indiana.
Un giornalista de "IL GIORNALE", Gian Micalessin, ebbe l'accortezza professionale di chiamare
la compagnia armatrice della Olympic Flair, e in un colloqio telefonico fece ammettere al responsabile della compagnia che
si, era realmente avvenuto.
E se lo è registrato, puoi ascoltare quì:
la telefonata di G.Micalessin alla Olympic Shipping
Il sottoscritto, facendo richiesta formale allo ICC, si è fatto mandare il report dello ICC che contiene
la conferma che il 15 febbraio 2012 alle ore 15:50 UTC
10 NM al largo di Kochi (Cochin) è stata attaccata da "rapinatori" una nave "all'ancora".
Evidentemente l'episodio non è inventato, ed evidentemente non si tratta della Enrica Lexie.
Il report dello ICC che ho potuto scaricare dopo
richiesta formale e dopo aver ricevuto una mail abilitante, non è
pubblicabile. Ma ce lo ho io e se la magistratura italiana dovesse
chiedermelo lo fornirò volentieri.
Radar e satelliti
Per aver chiarezza su questa serie di evidenze basterebbe avere
a disposizione i nastri radar della Capitaneria di Porto
di Kochi (Cochin),e incrociarli con i nastri radar delle navi mercantili
recuperabili, con quelli delle navi militari e con le immagini satellitari.
Si potrebbero verificare le posizioni e le rotte di tutti gli
attori della complessa vicenda senza possibilità di smentita.
Verificare gli attacchi sia alla Enrica Lexie che alla Olympic
Flair e vedere dopo gli attacchi come tutti si sono mossi e dove sono andati.
Anni fa, nel corso dell'indagine sull'avvistamento di un presunto
missile da parte dei passeggeri di un aereo civile in volo sull'Adriatico, chiesi
di acquisire agli atti tutte le registrazioni dei radar militari e civili (fino
all'aereoporto di Ciampino) e dei radar delle Capitanerie di porto da Vieste
ad Ancona.
Il fatto era avvenuto quattro giorni dopo l'attentato terroristico
di Sharm el Shiek in cui persero la vita alcuni italiani, e l'aereo civile riportava
da Il Cairo a Bologna turisti italiani.
Dovevo verificare che non ci fosse in mare, piazzata sotto l'aereovia,
qualche imbarcazione “sospetta” da cui fosse possibile lanciare un
missile terra-aria di tipo spalleggiabile. E' vero che questo tipo di missili
non riescono in genere a raggiungere le quote di volo degli aerei di linea,
ma alcuni ci riescono. C'era stato tempo prima un agguato proprio di questo
tipo ai danni di un aereo militare italiano G222, abbattuto con la perdita di
tutto l'equipaggio.
Per cui con i tracciati radar delle Capitanerie di Porto si sono
esaminate le posizioni e i movimenti di tutte le imbarcazioni presenti in mare
da Vieste ad Ancona posizionate sotto l'aereovia.
Nel “caso Ustica” è l'esame dei tracciati radar
che consente di ricostruire posizioni, velocità e direzione dei velivoli
coinvolti. Ma questo non è “eccezionale”, bensì è
la norma in ogni indagine che si voglia dir tale.
Insomma, non stiamo più al tempo del Commissario Maigret.
L'Italia ha fior di tecnici in grado di contribuire molto efficacemente a una
indagine come questa. Senza scambiare un 7,62 per il proiettile dell'archibugio
di Sandokan.
Ustica - ricostruzione grafica 3D delle rotte in spazio/tempo
ottenute dall'integrazione dei data base delle stazioni radar di Roma-Ciampino
(radar Marconi,civile), Marsala (radar NATO-Nagde, militare), Torrejon (Spagna,
radar NATO-Nadge, militare), relative a: - DC9 Itavia (AJ411, bianco, Nadge)
- aereo sconosciuto (fuxia, Marconi - aereo sconosciuto (AJ450, celeste, Nadge)
- aereo simulato tre ore dopo l'incidente (KA011, Nadge). L'integrazione nello
stesso quadro spazio/tempo di diverse stazioni radar permette di ricostruire
lo scenario completo dell'incidente e identificare la presenza o la natura dei
vari soggetti coinvolti.
Analisi balistica
Pessima impressione ha fatto la decisione della magistratura indiana di non ammettere nell'indagine i
due ufficiali dei Carabinieri esperti balistici inviati dal governo italiano. (Sembra siano ammessi come "osservatori",
quindi senza poter chiedere analisi o firmare le carte, in sostanza spettatori delle decisioni altrui)
L'analisi balistica è fondamentale per stabilire se i
colpi che hanno raggiunto i St. Antony e le due vittime sono partiti
dalle armi dei due militari italiani o meno.
In situazioni come questa i risultati non lascerebbero
dubbi stante la specificità dell'armamento
dei militari italiani, invece come vedremo i primi risultati indicati
dai periti balistici indiani sono del tutto inattendibili
dal punto di vista tecnico, e comunque avrebbero già dovuto
scagionare, "in istruttoria", i due nostri militari.
Il sottoscritto possiede un minimo di esperienza in materia, sia per aver prodotto per anni (1984/90) periscopi
per carri armati e visori balistici per autoblindo per conto dell'Esercito Italiano, sia per aver partecipato a inchieste
giudiziarie dove era presente questa materia, per cui tenterò una analisi pur con i pochi elementi filtrati attraverso
l'utilissimo lavoro dei giornalisti.
In questo caso stiamo parlando di "balistica terminale", quindi di quella scienza che studia i
fenomeni connessi agli impatti dei proiettili sui bersagli, che si può dividere concettualmente in due branche:
- impatti "hard", su corpi duri (metalli, corazze, muri etc)
- impatti "soft", su corpi molli (esseri umani, animali)
Dalle autorità indiane sono venute delle indicazioni "ufficiali" in quanto espresse da funzionari
governativi e riportate dalla stampa col nome di questi, e relative al calibro dei proiettili repertati nei corpi delle
vittime.
La materia è praticamente infinita, ma si può dire che
generalmente un proiettile ritenuto in un corpo umano permette
all'esperto balistico di risalire al calibro, alla cartuccia e al tipo
di arma che lo ha sparato.
Nel nostro caso i militari italiani erano armati di fucili d'assalto Beretta SC 70/90 e di fucili mitragliatori FN Minimì, entrambe in calibro 5,56 x 45 NATO.
Quindi nei corpi delle vittime e sul St. Antony dovranno essere ritrovati proiettili sparati da questa arma,
o significative "signature" da questi lasciate.
Concettualmente si può indicare che dalle guerre napoleoniche in poi il calibro dei fucili militari
si è sempre andato riducendo sia per evoluzione tecnologica che per dottrina operativa. Se ai primi dell'800 potevamo
trovare proiettili di calibro 12 o 13mm oggi si è arrivati appunto al 5,56mm, e nel mezzo ci sono una infinità
di misure diverse.
Il calibro è il diametro nominale della pallottola e
può essere espresso in "mm" (millimetri) secondo la consuetudine europea
continentale, o in "pollici" secondo la consuetudine anglosassone. Dire
"calibro .22" significa un diametro di 22 centesimi di pollice, ove 1
pollice (Inch) è pari a 25,4mm.
Poichè i fucili mitragliatori dei nostri militari sparavano la cartuccia (e relativo proiettile) calibro
5,56x45 NATO la possiamo esaminare in dettaglio:
[click per ingrandire]
Come si vede il diametro del proiettile (la cartuccia è
tutto l'assieme) è leggermente maggiore (5,70 mm) rispetto al calibro
nominale (5,56 mm).
Questo è normale, perchè il "forzamento" sulle rigature della canna detemina la rotazione del
proiettile ed evita, durante il volo movimenti di nutazione, precessione
etc. Il video sotto è esplicativo.
Chi vuole vedere alcune dinamiche di impatti può aprire
questo link, dove lo stesso proiettile impatta su lastre di alluminio e
di acciaio. Come si può notare gli effetti dell'impatto sono molto
diversi in base al materiale del target.
L'alluminio viene attraversato con fusione localizzata e
craterizzazione sul lato di entrata, mentre l'impatto sull'acciaio
determina la distruzione e la parziale fusione del proiettile. In questo
caso dipende dal fatto che questo proiettile è "subsonico nel mezzo"
(viaggia a una velocità inferiore alla velocità del suono nell'alluminio
o nell'acciaio) per cui le onde di pressione nel mezzo viaggiano molto
più veloci del proiettile. E quindi trasportano energia, che diventa
calore.
Mentre l'alluminio fonde a circa 500°C l'acciaio fonde a
1.700°C, e quindi nel primo caso l'alluminio si liquefa mentre il
proiettile avanza, nel secondo caso è il proiettile, (che subisce la
stessa trasmissione delle onde di pressione) a liquefarsi per primo.
Diverso è nel caso in cui il proiettile sia "supersonico nel mezzo". In questo caso la penetrazione
avviene per "ablazione". (il proiettile avanza nel target consumando il target mentre consuma se stesso)
Nel nostro caso, essendo la velocità del suono nell'acqua di 1.480 mt/sec il nostro proiettile è
sicuramente subsonico nel mezzo "corpo umano", per cui si generano le onde di pressione che si trasformano in calore, e
quindi aumento della temperatura.
Questo calore provocherà tipiche signature: la cavità, fenomeni di vaporizzazione dell'acqua
contenuta nei tessuti, iperpressioni nei tessuti adiacenti all'impatto, etc. etc. (ovviamente le leggeremo sul referto dello
specialista incaricato dal tribunale indiano di eseguire le autopsie)
Questo per dire che una "analisi balistica" non può limitarsi a repertare un proiettile, ma è
uno studio complesso che va fatto da specialisti e dovrebbe comprendere l'analisi autoptica.
Fatto sfoggio di esperienza, andiamo avanti :-)
(pensate che l'uomo primitivo mette gli impennaggi alle frecce proprio per evitare i
movimenti di nutazione, precessione etc. Primitivo, ma intelligente!)
Le cartucce: cal. 5,56x45 e 7,62x39
Da considerazioni fatte sulla stampa sembrerebbe che il ritrovamento di un proiettile calibro 5,56 nel
corpo delle vittime sarebbe sicura prova della colpevolezza dei militari italiani.
Non è affatto così.
Infatti, mentre ritrovando un proiettile diverso dal 5,56 essi sarebbero completamente scagionati dobbiamo
considerare che la cartuccia 5,56x45 viene usata da una delle due armi più diffuse sul pianeta insieme all'AK47 russo,
il fucile americano M16 (nell'immagine è quello in alto):
L'utilizzo di queste due armi e la loro diffusione viene indicata in queste immagini tratte da: Comparison_of_the_AK-47_and_M16.
Come si può verificare esse sono ampiamente ed entrambe
utilizzate in India e nel vicino Sri Lanka
(con il quale esiste un contenzioso circa le zone di pesca che ha dato
vita a scontri ed aggressioni contro i pescatori
indiani da parte delle forze armate dello Sri Lanka (l'ultima il 13
marzo scorso con 16 feriti) e che secondo articoli della
stampa indiana hanno causato nel tempo circa 530 morti fra i pescatori
indiani, che vanno abitualmente a pescare tonni nello
stretto di Palk. E il peschereccio St. Antony era uscito in mare il 7
febbraio proprio per andare a pescare tonni, e rientrava
il 15 febbraio dopo una battuta di pesca di una settimana.
In alto la diffusione del fucile ex sovietico AK47 che utilizza la cartuccia 7,62x39 (costruito su licenza
in diversi paesi).
In alto la diffusione nel fucile M16, che utilizza la cartuccia 5,56x45 (costruito su licenza in diversi
paesi).
Quindi anche ritrovando nei corpi delle vittime un
proiettile calibro 5,56mm solo una analisi scientifica
del proiettile potrebbe determinare il nome del produttore, il lotto
di produzione, l'arma che lo ha sparato e infine verificare
che lo stesso proiettile era in dotazione alle Forze Armate italiane.
Questa analisi scientifica sul proiettile è "la norma" in un caso giudiziario, e tiene conto di tutti
i fattori (fisici, chimici geometrici, rigature etc) che permettono di identificare gli elementi desiderati.
E poiché come abbiamo visto il St.Antony era andato a pescare proprio in una zona dove innumerevoli
sono le aggressioni da parte delle forze armate dello Sri Lanka, e che queste utilizzano armi in calibro 5,56mm (che viene
comunque utilizzato anche in India) è ovvio che non basta semplicemente misurare col calibro il diametro del proiettile
per avere la prova della colpevolezza italiana.
Questo se si vuole fare una "indagine".
Nell'immagine sotto possiamo vedere la zona dove sono avvenuti i fatti e lo stretto di Palk.
[click per ingrandire]
In basso, segnato col marcapunto rosso, si vede la cittadina di Poothurai che è la base del peschereccio
St. Antony e il luogo dove vive capitano ed equipaggio. Il punto dell'aggressione è circa 80 miglia più a
nord, davanti alla città di Kollam. 27 miglia più a nord vediamo la posizione della Enrica Lexie e dello "aggressor",
e ancora 50 miglia a nord il punto in cui viene tentato l'assalto alla petroliera greca Olympic Flair. (marcapunto celeste)
La prima notizia indiana, il "calibro 5,56 NATO"
The rifle could be Berretta AR-70/90
Last Updated : 21 Feb 2012 11:56:12 AM IST
(IBNlive) KOCHI: The police, who are yet to seize the weapons used by Latorre Massimilano
and Salvatore Girone to kill the two fishermen, suspect that rifle they used could be Berretta AR-70/90. The postmortem
report has confirmed that the rifle, used for firing around 20 rounds at the trawlers, had a caliber with a 5.56 mm NATO
bore. Trails of 15 bullets were also found on the boat, the police said. (...)
Secondo questo lancio stampa ripreso da giornali e televisioni indiane, citando fonti di polizia, il referto
sull'autopsia ha permesso di recuperare proiettili in calibro 5,56mm, come quelli usati dai militari italiani.
Inoltre sarebbero stati sparati 20 colpi di cui 15 recuperati sul peschereccio St.Antony.
La notizia non ha trovato conferme, non sono indicate
le fonti della polizia (i nomi dei funzionari che l'avrebbero data), non
sono stati esibiti i proiettili, le immagini del peschereccio mostrano i
segni di solo 5 colpi.
DA SOTTOPORRE A RESTYLING
La prima indicazione indiana, il “calibro
.54”
Riporto da corsera del
24/02/2012, pag. 17, Esteri
“Ieri il Corriere ha pubblicato la risposta ottenuta (e ricontrollata diverse volte) davanti al Tribunale di Kollam, dall'assistente commissario di polizia Shajadan Firoz, Val la pena ricordarne l'estratto fondamentale: “nei corpi dei pescatori abbiamo recuperato due pallottole calibro 0,54 pollici (.54 nel linguaggio tecnico ndr) compatibili con diverse armi”
“Ieri il Corriere ha pubblicato la risposta ottenuta (e ricontrollata diverse volte) davanti al Tribunale di Kollam, dall'assistente commissario di polizia Shajadan Firoz, Val la pena ricordarne l'estratto fondamentale: “nei corpi dei pescatori abbiamo recuperato due pallottole calibro 0,54 pollici (.54 nel linguaggio tecnico ndr) compatibili con diverse armi”
Oppure a conferma su
Repubblica
http://www.difesa.it/Sala_Stampa/rassegna_stampa_online/Pagine/PdfNavigator.aspx?d=25-02-2012&pdfIndex=10
http://www.difesa.it/Sala_Stampa/rassegna_stampa_online/Pagine/PdfNavigator.aspx?d=25-02-2012&pdfIndex=10
Vediamo cosa può fare
“l'esperto balistico” con questa informazione.
Il "calibro .54" corrisponde
a 13,7 mm e non esiste come calibro NATO.
Il calibro .54 si può ritrovare ancora oggi nelle repliche dei fucili storici ad avancarica (repliche delle armi dell'800).
Il calibro .54 si può ritrovare ancora oggi nelle repliche dei fucili storici ad avancarica (repliche delle armi dell'800).
Escluso che i Marò del
San Marco siano equipaggiati con l'archibugio del
bisnonno garibaldino, possiamo proseguire.
Il “calibro .54” indicato
dall'assistente commissario di polizia Shajadan Firoz
può essere assimilato al “calibro .55” (13,9mm)
(un centesimo di Inch di differenza, due decimi di
millimetro), che esiste (pallino rosso)
Un solo fucile al mondo può sparare
questa cartuccia, il Boys MK1 AT Rifle, in
servizio durante la II Guerra mondiale nell'esercito
britannico e di cui è cessata la produzione nel
1940 e ritirato dal servizio nel 1943.
Si tratta di un “fucilone
controcarro” e il proiettile, mantellato e con il nucleo
in metallo duro (credo di carburo di tungsteno) è
in grado di perforare a 100mt una lastra di acciaio
spessa oltre 20mm.
Si tratta quindi di un'arma
residuato bellico inglese, che per vie ovvie può
essere venuta in mano ad organizzazioni criminali nel
mercato nero dei residuati bellici, e che la si potrebbe
usare in atti di pirateria (buca senz'altro le lamiere
delle navi, se sparata a distanza operativa)
Trattandosi di una cartuccia molto potente, perforante, per poter essere ritenuto il proiettile da un corpo umano si deve concludere che sia stata sparata da molto lontano, al limite della gittata (diciamo 1km, forse più, e considerando che si tratta di un'arma concepita per colpire un carro armato a 100mt il tiratore che riuscisse a colpire un uomo a 1km potrebbe fare le olimpiadi di tiro a segno)
Trattandosi di una cartuccia molto potente, perforante, per poter essere ritenuto il proiettile da un corpo umano si deve concludere che sia stata sparata da molto lontano, al limite della gittata (diciamo 1km, forse più, e considerando che si tratta di un'arma concepita per colpire un carro armato a 100mt il tiratore che riuscisse a colpire un uomo a 1km potrebbe fare le olimpiadi di tiro a segno)
In
questa immagine si apprezza la differenza dimensionale
fra la cartuccia che equipaggia i fucili italiani e
quella controcarro.
Chi volesse approfondire su
questa arma e relativa cartuccia può vedere qui.
Comunque, se pure fosse
questo il proiettile,di nuovo possiamo escludere che sia
stato sparato dai nostri militari, che se non hanno in
dotazione l'archibugio del bisnonno garibaldino
tantomeno hanno il fucilone controcarro inglese della II
guerra mondiale.
La seconda indicazione
indiana, la “circonferenza 24”
Riporto il brano da un
articolo di Giuseppe
Sarcina del Corriere della Sera del 4 marzo
2012, relativo all'autopsia di una delle vittime e alla
repertazione del proiettile ritenuto.
Anche la lettura diretta
dell' autopsia eseguita il 16 febbraio sul cadavere di
Valentine lascia perplessi. Il documento (consultato
grazie a una fonte indiana) contiene due passaggi
interessanti, ma che sembrano difficilmente
conciliabili tra loro. Primo punto: si legge che i
proiettili hanno seguito una traiettoria dall' alto
verso il basso (e questo potrebbe essere compatibile
con un tiro a distanza dalla monumentale Lexie verso
il peschereccio di nove metri). Secondo: il referto, firmato da K.
Sasikala, professore di Medicina e Chirurgia legale
a Trivandrum, sostiene che il «proiettile
metallico a punta» ritrovato nel cranio del
pescatore misura «3,1 centimetri di
lunghezza», «due centimetri di
circonferenza sulla punta» e «2,4 sopra
la base». Secondo esperti balistici
consultati in Italia, queste dimensioni farebbero
pensare a un calibro più grande rispetto al
5,56 usato dalla Nato (e quindi dai marò). Ma
gli stessi tecnici avvertono che un proiettile del
genere avrebbe avuto effetti molto più
devastanti sulla testa di Valentine rispetto a quelli
riscontrati dall' autopsia, a meno che il colpo non
fosse partito a una distanza di 1.000-1.500 metri
(ipotesi per ora non considerata dalle indagini). Come
si vede, per quanti sforzi si possano fare, senza la
prova balistica non se ne esce.
A prima vista sembra che il
Prof. Sasikala ci stia indicando una enorme proiettile
calibro 20mm, a sinistra nella foto e confrontato ad un
calibro 12,7mm (che è già un proiettile da
mitragliatrice contraerea!)
Nella immagine seguente
possiamo apprezzare meglio la differenza di dimensioni
fra il calibro 5,56 mm e il calibro 20 mm.
A sinistra il 5,56 NATO in
dotazione ai nostri militari, a destra il potentissimo
calibro 20mm, ma che è già considerato
munizione di artiglieria. Un cannone! Impensabile che
possa essere stato ritenuto nella testa della povera
vittima.
Quindi le repertazioni del
Prof. Sasikala devono essere considerate inattendibili?
E' necessario valutarle meglio, perchè c'è
qualcosa che ci sta sfuggendo.
Evidenze
Il Prof. Sasikala che esegue
l'autopsia è ovviamente un anatomopatologo, non
un esperto balistico, e usa parametri di misura che gli
sono propri. Ma poiché stiamo “indagando” dovremo
prendere in considerazione tutti i possibili spunti
investigativi (la prima dote dell'investigatore è
la pazienza)
Rileggiamo: - “il referto,
firmato da K. Sasikala, professore di Medicina e
Chirurgia legale a Trivandrum, sostiene che il
«proiettile metallico a punta» ritrovato nel
cranio del pescatore misura «3,1 centimetri di
lunghezza», «due centimetri di
circonferenza sulla punta» e «2,4
sopra la base”
La “circonferenza”, non il
diametro.
In sostanza il Prof.
Sasikala ci sta
descrivendo una classica pallottola di fucile.
Partendo
dalla
circonferenza (24mm) C è facile calcolare
il raggio R, con la formula R=C/2π , e quindi il diametro del nostro
proiettile sarà:
- 7,64mm
Che può identificarsi facilmente
con un calibro nominale(+) di 7,62mm, un classico
calibro che esiste sia in versione occidentale
(NATO) che orientale (ex URSS, tipico lo AK47)
Quindi il calibro del proiettile esce
dall'autopsia fatta dall'anatomopatologo Prof.
Sasikala incaricato dalla magistratura indiana. E
questo scagiona completamente i nostri militari.
|
Ora esaminiamo una possibile colpevole, la cartuccia ex Urss 7,62x54R. Sasikala ci dice "lunghezza 3,1cm", sarebbe 31mm. La "palla" più comune risulta lunga 32mm, 1 millimetro in più della misura indicata dal Prof. Sasikala. Queste sono tutte cartucce 7,62x54R, ma ognuna ha una "palla" (proiettile differente) da sinistra a destra:
7.62mm x 54R Ball Type L (7,62 LGL) (Russia)
7.62mm x 54R
Ball Type L (7,62 LGL)
(Russia)
7.62mm
x
54R Ball Type L (7,62 LGJ) (Russia)
7.62mm x 54R
Ball Type D (7,62 DGL)
(Russia)
7.62mm x 54R
Ball Type D (7,62 DGJ)
(Russia)
7.62mm x 54R
Ball Type D (7,62 DGS)
(Russia)
7.62mm x 54R
Ball Type LPS (7,62 LPSGJ)
(Russia)
7.62mm x 54R
Ball Type LPS (7,62 LPSGJ)
(Russia)
E naturalmente ce ne sono molte altre, sempre con palle diverse. E si possono anche facilmente comprare, anche per corrispondenza |
Nota sugli utlizzatori della cartuccia
7,62x54R
E' notorio che questa antica cartuccia (è stata progettata ai primi del '900) è utilizzata da molti paesi e da diverse armi. Ma in tempi recenti possiamo citare soprattutto il fucile di precisione Dragunov, di fabbricazione sovietica (con replica cinese) (sotto) E dalla mitragliatrice di fabbricazione sovietica tipo "PK" (sotto) Questa mitragliatrice è montata ad esempio sul barchino "Arrow Boat" della guardia costiera dello Sri Lanka. (sotto) Questo barchino (progettato e costruito nello Sri Lanka) viene usato proprio per il controllo delle acque territoriali e la repressione della pesca illegale. E' sicuramente uno dei protagonisti deli scontri coi pescatori indiani che sconfinano nelle acque territoriali dello Sri Lanka per andare a pescare tonni nel Golfo di Palk. Possiamo apprezzare che: - A prua è armato con un cannone da 23mm. - A poppa con un lanciagranate da 40mm - Al centro con una mitragliatrice PK in calibro 7,62x54R In questa immagine si apprezza bene, in primo piano, la mitragliatrice PK in calibro 7,62x54R (sopra) Nell'immagine sopra la mappa degli scontri della guardia costiera dello Sri Lanka nel 2006. Sono attribuiti tutti a scontri armati con i separatisti Tamil (LTTE) ma si vede chiaramente che avvengono praticamente tutti sulla linea di confine fra le acque territoriali dello Sri Lanka e quelle indiane. |
La cartuccia 7,62x51 NATO
Vediamo un altro potenziale colpevole: la cartuccia 7,62x51 NATO; In questo caso il proiettile risulta più corto della misura indicata da Sasikala (28mm contro 31mm) Ma anche in questo caso esistono decine di "palle" diverse che possono comporre questa cartuccia. Insomma, sarà compito dei periti balistici che hanno il proiettile repertato a disposizione dichiarare a quale cartuccia appartiene. A noi basta sapere che i due militari italiani avevano in dotazione unicamente il calibro 5,56mm sia sui 6 fucili Beretta AR70/90 sia sulle due mitragliatrici FN Minimi. |
Un'ultima osservazione a
conforto della soluzione evidenziata possiamo farla
con un esame visivo di uno dei corpi delle vittime,
dove in un filmato presente su youtube, durante lo
sbarco (la salma ha ancora addosso la coperta che lo
ricopriva sull'imbarcazione) per un momento si vede
il foro d'entrata lasciato dal proiettile.
E' evidente che non si
tratta di un forellino da calibro 5,56mm, ma quello
di un proiettile molto più grosso.
|
Aggiornamento del 11/04/2012
La terza indicazione indiana: la
"compatibilità delle rigature"
Marò, per la
perizia armi compatibili
|
Beretta SC 70/90 o Beretta ARX
160?
Nell'annuncio fatto dagli inquirenti indiani di aver rilevato la "compatibilità delle rigature" su due dei fucili sequestrati ai militari italiani, è stato indicato il tipo di fucili: Beretta ARX 160. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-04-10/indiscrezioni-esami-balistici-maro-195424.shtml?uuid=Ab07H6LF In realtà i militari italiani erano armati con il fucile Beretta SC 70/90 ed un comunicato della Marina Militare italiana ha chiarito che il fucile Beretta ARX 160 non è in dotazione ai reparti imbarcati in operazioni anti pirateria e nemmeno a quelli imbarcati sulla Enrica Lexie. Il fucile Beretta ARX 160 è un'arma nuova che è in corso di valutazione nelle Forze Armate italiane, ma ancora non distribuita ai reparti. E che quindi non può essere stata sequestrata sulla Enrica Lexie e quindi fra quelle a disposizione degli inquirenti indiani. |
Conclusioni:
il proiettile repertato intracorpore su una delle
vittime non è quello del fucile Beretta in
dotazione ai militari italiani, come da referto
eseguito dal perito del tribunale indiano. |
Il problema
Con i fucili Beretta sequestrati sulla nave le autorità
indiane hanno eseguito delle "prove di sparo", evidentemente per recuperare
i proiettili da confrontare con quello ritrovato nel corpo di una delle vittime.
Non si conosce quale tipo di controllo le autorità italiane mantengano sui quei proiettili (sono di
proprietà dello Stato italiano) ma si giudica che sia nullo, in linea con la posizione, diciamo così "accondiscendente"
finora tenuta.
Non era necessario sparare coi fucili dei nostri militari. Bastava
leggere il calibro marcato sul fucile, e infilare un calibro metallico nella
canna come controprova. Poi, se nel corpo delle vittime si trovava lo stesso
calibro si poteva procedere a sparare.
Quindi le autorità indiane hanno in mano, per aversela
procurata da soli, la "prova" della colpevolezza italiana da sbandierare
in giro. (in sostanza: sono saliti sulla nave e si sono preso quello che gli
serve per fabbricarsi le prove).
In queste circostanze come esperto di parte inquisita potrei far invalidare
una prova così ottenuta da qualsiasi tribunale.
E' bene chiarire che se il proiettile repertato non è
più quello del 16 febbraio "circonferenza 24", ma diventa miracolosamente
un proiettile nostro, qualsiasi tribunale invaliderebbe questa "prova",
a meno che si possa dimostrare ai giudici (e a quest punto alle opinioni pubbliche)
che i proiettili usciti dalle prove di sparo non sono mai usciti dal controllo
delle autorità italiane (sono di proprietà dello Stato, non possono
essere neanche venduti fuori dei modi previsti dalla legge).
Non si vuole sostenere l'ipotesi del "complotto" ai
danni dell'Italia, ma da quanto emerso finora sembra di trovarsi di fronte a
un gigantesco errore della Guardia Costiera indiana alla sera del 15 febbraio,
e poi continuato per coprire la magagna e/o per svariati motivi, definire i
quali non è il fine di questo lavoro che vuole essere solo tecnico.
Però, visto l'insieme delle cose, ci si augura che non
accadano altri errori di valutazione.
Anche perchè ci sono altri elementi tecnici ancora inesplorati
e che potrebbero smentire oggettivamente qualsiasi errore, come accaduto finora.
L'Italia, in caso di errori può sempre appellarsi all'ONU
e chiedere una commissione di inchiesta internazionale, a cui fornire gli elementi
tecnici e le risultanze oggettive.
Basti ricordare che proprio fornendo all'ONU i risultati dell'inchiesta
sull'attentato aereo di Lokerbie, in cui la prova erano solo frammenti di detonatore,
gli USA fecero mettere sotto embargo la Libia per oltre dieci anni, finchè
il regime di Gheddafi dovette consegnare l'organizzatore dell'attentato, assumersi
la reponsabilità dello stesso, ed indennizzare le vittime.
Qui si sta semplicemente invocando buon senso, e rimandare tutto
alla verifica degli elementi tecnici che siano verificabili dalle parti, come
in qualsiasi processo.
le casse con le armi sequestrate a
bordo della Enrica Lexie (26 feb. 2012)
Il Testimone
Il testimone principale del fatto è il peschereccio St.
Antony.
Su di esso sono i fori dei proiettili, i proiettili stessi,
e molto meglio delle salme delle vittime si presterebbe a ricostruire la scena
del crimine indicando, tramite il rilevamento delle traiettorie dei proiettili
(si può ottenere facilmente dai fori dei proiettili), il "punto
di fuoco". Il punto nello spazio da cui sono partiti i colpi.
Il sottoscritto probabilmente è stato il primo al mondo,
nel lontano 1995, ad usare la modellazione 3D consentita dai primi programmi
di disegno elettronico vettoriale in una complessa indagine giudiziaria con
rilevantissimi aspetti tecnici: il disastro areo di Ustica. E ottenendo risultati
significativi.
Quindi il peschereccio St. Antony dovrebbe essere ricostruito
con precisione in 3D (scala 1:1, in CAD), fissati i buchi e le traiettorie dei
proiettili, ed ottenere il "punto di fuoco" nello spazio da cui questi
proiettili sono partiti.
Questo lavoro inoltre scioglierà alcuni legittimi dubbi
e permetterà di avere riscontro alle testimonianze raccolte.
Infatti secondo le testimoniaze del capitano del peschereccio
Freddy Bosco, la vittima Valentine era in piedi al timone quando è stato
colpito alla tempia, e per quanto deducibile dalle immagini alla tempia destra.
Ma come si può vedere dalle stesse immagini tutti i vetri
del St. Antony sono integri, ed escludendo ovviamente traiettorie dal basso
verso l'alto, ed escludendo le traiettorie che passano per i vetri, ed escludendo
quelle che passano attraverso il legno della cabina da un punto più basso
di quello della tempia della vittima, restano ben poche aree da dove può
essere passato il proiettile che lo ha colpito.
Producendo la ricostruzione 3D avremo a disposizione un altro
fondamentale elemento a supporto dell'indagine, e non ho dubbi che questo sarà
fatto se ci sarà un processo.
analisi delle immagini
Non potendo fare l'analisi 3D in disegno vettoriale, procediamo
a fare una semplice indagine sulle immagini per trovare almeno qualche logico
indizio.
Ovviamente sarà solo una ipotesi di lavoro per cercare
un percorso logico. Il lavoro vero dovrebbe essere fatto con a disposizione
il peschereccio St. Antony e un buona programma CAD.
Altre immagini secondo fonte citata:
Nella prima immagine appreziamo due elementi:
- un foro di proiettile indicato dal pescatore.
- i vetri della cabina del St. Antony che sono integri.
Poichè il peschereccio è stato colpito
da proiettili che hanno ucciso due persone, e lasciandone illese altre 9 (che
dormivano, quindi sdraiate sulla tolda della barca) per prima cosa esaminiamo
se sia stato colpito qualche vetro.
I punti blu indicano i vetri sani.
Possiamo concludere che nessun vetro è stato colpito.
Rivediamo ma esaminando i fori dei proiettili. Il primo è
quello indicato dal pescatore.
In basso notiamo una targhetta gialla che marca un altro foro
di proiettile.
Ecco il foro marcato con la targetta gialla.
Adesso dobbiamo capire se è un foro di entrata
del proiettile o un foro di uscita.
Esaminiamo le foto relative ad un mitragliamento per errore di
un peschereccio yemenita, fatto dalla Guardia Costiera indiana, accaduto poco
tempo prima dei fatti dell'Enrica Lexie (fortunatamente non ci sono state
vittime):
In basso a sinistra i fori di entrata sullo scafo del peschereccio
yemenita.
Un foro di proiettile passante. In blu il foro di entrata (la
craterizzazione è piccola), in rosso il foro di uscita (la craterizzazione
è più grande con margini visibilmente estroflessi).
N.B. - in questo caso il materiale è vetroresina, quindi
si può fare una similitudine con il legno del St. Antony, ma senza aspettarsi
risultati "identici".
Per descrivere il concetto usiamo una immagine bellica, un vecchio elmetto attraversato
da un proiettile. In questo caso si tratta di lamiera di acciaio, ma è evidente la differenza
fra il foro di entrata a sinistra e quello di uscita a destra.
Qui vediamo i fori di uscita da una tavola di legno Si notano
delaminazioni anche lontane dal punto in cui è passato il proiettile.
Qui vediamo fori di entrata sul legno. Si nota il foro netto
ma con tracce di scheggiatura.
Possiamo concludere che i due fori sono di proiettile in entrata,
che sono entrambi penetrati nella cabina del St. Antony, dove c'è stata
una vittima.
Ora possiamo vedere i fori dei proiettili individuati da un giornalista
in alcune foto del peschereccio (foto Corriere della Sera):
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Con il n. 1 è quello che abbiamo già visto,
con la targhetta gialla.
Poi abbiamo i numeri 2, 3, 4;
Il 3 e 4 visti da sotto il tetto della copertura.
Vediamo lo stesso foro sul tetto della copertura indicato sulla foto del Corriere
della Sera.
La forma ad "asola" ci indica che ha attraversato il
tetto con traiettoria molto obliqua. La foto è ripresa da sotto, e starebbe
ad indicare un foro di entrata (ovviamente si dovrebbe vedere "il sopra"
per averne conferma).
Questa "asola" può indicarci l'angolo di impatto del
proiettile rispetto all'asse longitudinale del peschereccio, ma avendo
solo l'immagine parziale non è possibile indicarlo adesso.
Il segno in alto a sinistra non appare essere fatto da
un proiettile. Il legno non è scheggiato e si direbbe molto precedente
all'altro.
Possiamo ipotizzare una traiettoria:
L'uomo è in piedi sulla tolda del peschereccio, per colpire la tempia e poi la fiancata in quel punto
il proiettile avrebbe dovuto seguire la linea rossa (regola di geometria: per due punti passa una sola retta), e
quindi viaggiare praticamente parallelo alla superficie del mare.
Notare che rispetto alla prua il foro di proiettile è dopo il quarto vetro, sul fianco destro della cabina di pilotaggio.
Il foro marcato con la targhetta gialla è troppo basso,
è circa all'altezza della coscia del pescatore. Non poteva colpire alla
tempia destra (come risulta dalle immagini che non pubblico volutamente ma che
potete verificare).
Si trova in corrispondenza della mezzeria del terzo vetro.
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Possiamo tentare una ricostruzione 3D del peschereccio
St. Antony evidenziando la posizione dei fori dei proiettili rinvenuti,
tre in tutto,
evidenziati in giallo (parte della copertura è stata rimossa per poter vedere l'interno della cabina)
- foro passante sulla tettoia (l'asola)
- foro posizionato subito dietro il quarto vetro della cabina (è quello indicato dal pescatore)
- foro posizionato in basso in corrispondenza della mezzeria del terzo vetro (è quello con la targhetta gialla)
In rosso è evidenziata la posizione spaziale della testa del manichino, che è posto davanti al timone nella posizione
che è presumibile avesse la vittima Mr. Valentine.
Naturalmente questo è solo un esercizio, perchè
non potendo esaminare il peschereccio non possiamo essere precisi. Ma l'esempio
è comunque descrittivo del metodo con cui il peschereccio St. Antony
diventa "il testimone".
verifica delle posizioni reciproche enrica lexie/st.
antony come indicate dal comandante del st. antony
Nelle varie dichiarazioni rese alla stampa dal comandante e proprietario
del peschereccio St. Antony Mr. Freddy Bosco solo nell'intervista del 21 marzo 2012 concessa
a un settimanale italiano egli descrive le posizioni del peschereccio rispetto alla nave
"nera e rossa" dalla quale riceve le fucilate.
Benchè in questa intervista Mr. Bosco posizioni il St. Antony ben 27
miglia nautiche a sud della nave italiana Enrica Lexie al momento degli spari (e quindi
l'ipotesi della responsabilità italiana si potrebbe chiudere qui) questo non ha suscitato
perplessità nei media indiani (qualcuno di quelli italiani lo ha fatto).
Per cui conviene comunque fare un esame tridimensionale per verificare tempi, posizioni, traiettorie.
N.B.
La porta di accesso alla cabina di
pilotaggio è stata posizionata aperta. In realtà non sappiamo se fosse
chiusa o aperta ma in questa ricostruzione la cosa appare ininfluente.
prima posizione: navigazione verso ovest
In una intervista concessa il 21 marzo 2012 alla giornalista
italiana Fiamma Tinelli del settimanale "OGGI" il comandante
del peschereccio St. Antony ci descrive posizione e moto della sua imbarcazione
rispetto alla nave "nera e rossa" da cui provengono gli spari.
- Mr. Freddy Bosco:
"Il 15 febbraio eravamo in mare già da una settimana. Con la mia barca peschiamo sgombri, tonni,
anche piccoli squali. La pesca andava abbastanza bene, avevamo già preso 3 mila pesci. Ma nel tratto in cui ci trovavamo,
a 20 miglia e mezzo dalla costa, di fronte a Kollam, non ce n’erano più, così avevamo deciso di puntare verso Ovest."
- La posizione del St. Antony viene dal rapporto del Capo di I°
Classe Latorre data nell'immediatezza del fatto e che recita:
... un bersaglio presente sul radar privo di numero
identificativo a circa 3 NM a prora dritta dell'unità con rotta a puntare.
Assumendo la distanza di avvistamento del radar della Enrica Lexie, 2,8 NM, e una velocità di 8kts (nodi) del St.
Antony che viaggia "verso ovest" questa è più o meno l'unica rotta possibile che lo porta a 100 metri dalla
Enrica Lexie, considerati spazi, tempi e velocità reciproche.
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Nella ricostruzione 3D si vede il St. Antony
convergente con la Enrica Lexie a 100 metri dalla prua. Secondo il
rapporto dei
militari italiani questo è il momento in cui l'imbarcazione vira e
finiscono gli spari di avvertimento (che sono iniziati quando
l'imbarcazione si trovava a 400 metri).
La linea rossa rappresenta la traiettoria dei proiettili sparati dall'ala di dritta (destra) sparati verso il peschereccio.
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Gli spari partono dall'ala di dritta (destra) del ponte di comando, ad una altezza sul livello
del mare di metri 23,20 (le spalle del manichino).
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
In questa condizione, la "navigazione verso ovest", i
colpi arrivano da sinistra, ma non ci sono fori di proiettili o vetri
rotti sul lato sinistro della cabina di pilotaggio.
seconda posizione: navigazione parallela
Nella stessa intervista concessa il 21 marzo 2012 alla
giornalista italiana Fiamma Tinelli del settimanale "OGGI" il comandante
del peschereccio St. Antony ci descrive posizione e moto della sua
imbarcazione rispetto alla nave "nera e rossa" da cui provengono gli
spari.
- Giornalista: "Forse vi stavate avvicinando troppo?"
- Mr. Freddy Bosco: "No, noi non stavamo andando verso la nave, noi navigavamo paralleli alla nave in direzione opposta."
Possiamo ricostruire le posizioni reciproche in base alle dichiarazioni
di Mr. Freddy Bosco.
- La Enrica Lexie che viaggia con prua 330° e avvista il peschereccio sul radar a 2,8 NM di distanza in avvicinamento (rapporto del Comandante Umberto Vitelli).
- Il St. Antony che viaggia con prua a 150° parallelo e in direzione opposta.
La posizione del St. Antony viene dal rapporto del Capo di I°
Classe Latorre data nell'immediatezza del fatto e che recita:
... un bersaglio presente sul radar privo di numero
identificativo a circa 3 NM a prora dritta dell'unità con rotta a puntare.
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Vengono considerate due posizioni:
- (Posizione 1) Il St. Antony 100 metri a destra e 100 metri avanti alla prua della Enrica Lexie;
- (Posizione 2) Il St. Antony 100 metri a destra e in corrispondenza della Enrica Lexie.
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Gli spari partono dall'ala di dritta (destra)
del ponte di comando, ad una altezza sul livello del mare di metri 23,20 (le
spalle del manichino).
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Nella posizione 1 (quella più lontana
dalla nave) i colpi sparati dalla Enrica Lexie non possono colpire il
timoniere (linea rossa) senza attraversare i vetri o la parete anterione
della cabina di pilotaggio.
I proiettili di cui ai segni rilevati (linee gialle) non possono colpire il timoniere.
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Ancora nella posizione 1 possiamo apprezzare gli angoli di impatto dei proiettili se venissero dalla Enrica Lexie.
Naturalmente la linea rossa non rappresenta nessun proiettile reale.
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Anche nella posizione 2 (quella più vicina alla nave) i
colpi sparati dalla Enrica Lexie non possono colpire il timoniere
(linea rossa) senza attraversare i vetri o la parete anterione della
cabina di pilotaggio.
I proiettili di cui ai segni rilevati (linee gialle) non possono colpire il timoniere.
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Ancora nella posizione 1 possiamo apprezzare gli angoli di impatto dei proiettili se venissero dalla Enrica Lexie.
Naturalmente la linea rossa non rappresenta nessun proiettile reale.
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Con la vista dall'alto possiamo verificare che per
colpire il timoniere (linea rossa) il proiettile deve necessariamente
attraversare la parete anteriore della cabina o i vetri anteriori.
I proiettili di cui ai segni rilevati dal peschereccio,
anche se provenissero dalla Enrica Lexie (linee gialle) non potrebbero
colpire il timoniere.
Come si può vedere tutti i vetri anteriori sono
intatti, e non sono stati indicati fori di proiettile sulla parete
anteriore della cabina di pilotaggio.
Il St. Antony arriva in porto con i vetri anteriori intatti (si vede chiaramente il riflesso
delle luci del faro di cabina.
conclusioni
In entrambe le posizioni indicate da Mr. Bosco i colpi
partiti dalla Enrica Lexie non potrebbero aver colpito il timoniere Mr.
Valentine.
- nel primo caso (navigazione verso Ovest) perchè avrebbero colpito il St. Antony a sinistra, mentre invece è colpito a destra.
- nel secondo caso (navigazione parallela) perchè i colpi avrebbero dovuto attraversare la parete anteriore e i vetri.
lo speronamento
Esaminando i singoli fotogrammi dei filmati presenti su Youtube
alla ricerca dei lampi dei flash (per evidenziare meglio l'integrità
dei vetri al momento dell'approdo) si è scoperto che il St. Antony era
stato speronato.
Nell'immagine sopra come appare il St. Antony nel filmato al momento dell'approdo.
[clicca sull'immagine per ingrandirla]
Nell'immagine in alto, dividendo il filmato in singoli fotogrammi, appare evidente un danno da speronamento.
Il danno appare recentissimo, il legno sconnesso appare
chiaro, non si vedono segni di striature, e si trova sullo stesso lato
destro dove si trovani i fori dei proiettili.
Ovviamente Mr. Bosco dovrebbe indicare quando il St. Antony ha subito questo danno, in che circostanze e il
nome dell'imbarcazione che lo ha causato.
Confermo che questa analisi delle immagini non può avere nessuna valenza
probatoria, ma eventualmente solo indiziaria, perchè mancano sopralluogo
e rilievi sul St. Antony.
Ma la ricostruzione 3D (fatta bene, in disegno elettronico vettoriale,
non con Photoshop) può portare a risultati definitivi, come ho avuto
modo di verificare in indagini sicuramente più complesse di questa, almeno
dal punto di vista ricostruttivo.
Ustica - ricostruzioni vettoriali incidente aereo
Ustica - ricostruzioni vettoriali incidente aereo
La balistica indiana
Il 14 aprile 2012 dal TG1 (13.30 - 17.00 - 20.00) e dal TG2 (13.00 e 20.30) è stato
mandato un servizio del corrispondente RAI da New Delhi dove si mostravano stralci della "Perizia Balistica" eseguita
dalle autorità indiane e trasmessa alla locale magistratura.
Già il sottoscritto aveva rilevato che i documenti mostrati,
modesto stralcio del totale, si limitavano a mostrare le "conclusioni"
senza nessun riscontro sugli elementi tecnici di supporto alle conclusioni stesse,
e fosse quanto mai criticabile averli diffusi senza chiarire appunto che si
tratta di documenti di parte senza riscontro alcuno.
Ma poichè "poco" è comunque meglio del
"niente" su cui erano state fatte anticipazioni di stampa circa quattro
giorni prima, i documenti in questione possono almeno essere analizzati.
Su segnalazione di un cittadino, utente di questo sito web, si
sono rilevati evidenti e grossolane falsificazioni di questo documento, proprio
laddove si attribuisce la responsabilità dei militari italiani imbarcati
sulla Enrica Lexie.
Vi riporto le evidenti falsificazioni.
le falsificazioni
[img. 1-4 fotogramma 1370 - click per
ingrandire]
Nei punti 6 e 7 si indica che i proiettili ai punti 1.4 e 2.3
sono stati sparati dai fucili contenuti ai punti 14 e 11, che sono due dei sei
fucili Beretta SC 70/90 sequestrati sulla nave Enrica Lexie.
Nelle descrizioni del contenuto l'estensore (che scriveva
con la macchina da scrivere meccanica, non col computer) è andato
diligentemente a capo ogni volta, descrivendo l'etichetta dell' item partendo
dal margine SINISTRO del foglio.
[img. 1-6 fotogramma 1583 - click per
ingrandire]
Confrontando i numeri di protocollo e il nome del pescatore Mr.
Ajeesh Pink, come scritto nell' item 1.4 e nell'item 1.5, appare
evidente anche a occhio nudo che sono stati scritti con una macchina da scrivere
diversa, dopo aver cancellato il testo precedente che ancora appare in tracce
sul lato sinistro del foglio.
[img. 1-7 fotogramma 1622 - click per
ingrandire]
L'evidenza si ripete per il pescatore Mr. Valentine Jelestine
al punto 2.3;
[comparazione da img. 1-7 fotogramma
1622 - click per ingrandire]
In questo ingrandimento si evidenzia che i due testi sono stati
scritti con una macchina da scrivere diversa.
[comparazione da img. 1-7 fotogramma
1622 - click per ingrandire]
In questi ingrandimenti si evidenzia ancora come siano stati
scritti con macchine da scrivere diverse.
evidenze
Ovviamente sarebbe interessante evidenziare se la falsificazione
è avvenuta dopo la scrittura del documento, o prima che esso uscisse
dall'istituto che lo ha emesso.
[click per ingrandire]
Possiamo notare sul frontespizio un timbro a mano, che reca la
data del 4-4-2012 e forse una firma o una sigla.
[click per ingrandire]
Da questa immagine dove viene evidenziato il timbro non sembra
possibile definire se il timbro sia stato messo prima o dopo la falsificazione
dello scritto relativo a Mr. Ajseeh Pink.
[click per ingrandire]
Da questa immagine invece sembra che il timbro sia stato messo
dopo la falsificazione dello scritto relativo a Mr. Valentine Jalestine.
conclusioni
Nel documento presentato da TG1 e TG2 come uno stralcio della
"Perizia Balistica" eseguita dalle autorità indiane appiano
evidenti segni di falsificazione dei risultati.
Dette falsificazioni consistono nell'aver modificato, in tempi
successivi alla prima stesura, quegli elementi che indicano la responsabilità
italiana negli omicidi.
Elementi che evidentemente nella prima stesura erano diversi,
altrimenti non sarebbe stato necessario modificarli.
Il Rapporto Piroli
Nei giorni 6 e 7 aprile 2013 il quotidiano la Repubblica ha pubblicato in esclusiva un resoconto del
rapporto dell'Ammiraglio di divisione Alessandro Piroli, una "inchiesta sommaria" relativa alla vicenda che vede coinvolti
i fucilieri di Marina Latorre e Girone nell'ipotesi di omicidio di due pescatori a bordo del peschereccio indiano St. Antony.
Rapporto datato 11 maggio 2012.
Dall'articolo di la Repubblica del 6 aprile (rapporto Piroli):
"Per completezza di informazione si sintetizzano i risultati cui sarebbero giunte le
autorità indiane (...) sono stati analizzati 4 proiettili, 2 rinvenuti sul motopesca e 2 nei corpi delle vittime.
E' risultato che le munizioni sono del calibro Nato 5,56mm fabbricate in Italia. Il proiettile tracciante estratto dal corpo
di Valentine Jelestine è stato esploso dal fucile con matricola assegnata al sottocapo Andronico. Il proiettile estratto
dal corpo di Ajiesh Pink è stato esploso dal fucile con matricola assegnata al sottocapo Voglino".
[...]
"Qualora dovessero essere confermati i risultati ottenuti dalle prove indiane o se,
a seguito di ulteriore attività forense riconosciuta anche dalla parte italiana, si riscontrasse l'attribuibilità
dei colpi ai militari italiani, a quel punto, nelle pertinenti sedi giudiziarie dovrà essere appurato se l'azione
di fuoco è stata interamente condotta con la finalità di effettuare tiri di avvertimento in acqua erroneamente
o accidentalmente finiti a bordo", oppure se si sia deciso intenzionalmente di "indirizzare il tiro a bordo del
natante".
Le circostanze indicate dal quotidiano, che dichiara di possedere la copia integrale del rapporto Piroli,
sono estremamente interessanti sotto il profilo dell'analisi tecnica giudiziaria, consentendo di isolare elementi oggettivi
da cui trarre indicazioni di valore indiziario utili a far luce su particolari importanti della vicenda. Per citarne alcune:
Sono quattro i proiettili recuperati e periziati dalle Autorità indiane; sono di fabbricazione
italiana; esplosi da due distinte armi; identificate in due dei sei fucili dei militari italiani; riconducibili
dalle rispettive matricole ai fucili in dotazione al sottocapo di II° classe Massimo Andronico e al sergente
Renato Voglino; che ciascuno ed entrambe i fucili hanno colpito allo stesso modo: un proiettile
a bordo del peschereccio l'altro nel corpo di una delle due vittime.
Tali evidenze escludono l'ipotesi che uno dei militari abbia commesso, volontariamente o per errore, un duplice
omicidio, l'indicazione che emerge è chiara: due vittime, due colpevoli.
Indicazione "convergente" con l'operato dell'Autorità di Polizia del Kerala che nell'immediatezza,
prima di aver ottenuto i risultati di qualsiasi evidenza tecnica balistica, aveva intuito di dover trarre in arresto,
non uno ma entrambe i militari che avevano ammesso di aver aperto il fuoco.
Altra evidenza riportata: secondo gli inquirenti del Kerala i fucili che hanno sparato contro il peschereccio
e contro le vittime non sono quelli in dotazione a Latorre e Girone, che pure hanno sempre dichiarato essere gli unici
ad aver esploso dei colpi (in aria prima, in acqua poi), bensì quelli assegnati ad altri due membri del nucleo militare
di protezione.
Poichè fin dall'inizio tutte le dichiarazioni e gli atti ufficiali, sia italiani che indiani, hanno indicato
come autori degli spari il capo Latorre ed il sergente Girone, per la prima volta emerge un documento con l'indicazione
che a sparare potrebbero essere stati altri due componenti del nucleo militare.
Nucleo composto da sei fucilieri che hanno in dotazione armi "individuali" (sei fucili d'assalto
"BERETTA" mod. "SC 70/90") e armi "di reparto" (due mitragliatrici leggere "FN Minimì"),
tutte armi in calibro 5.56x45 NATO, con munizionamento standard (marca Fiocchi) e tracciante (marca SMI) di fabbricazione
italiana.
In sintesi il rapporto Piroli pubblicato dall'importante quotidiano ripropone nuovamente all'opinione pubblica
nazionale le risultanze della "perizia balistica indiana", già esibita dai TG
della RAI lo scorso 14 aprile 2012 ...
... Introducendo allo stesso tempo elementi di novità che aprono la vicenda ad un ampio ventaglio
di ipotesi, tutte da valutare.
Errore o intenzionalità:
Ammettiamo in via del tutto ipotetica che "uno dei due sia colpevole" .
Durante gli spari a sua insaputa e senza averne avuto percezione alcuni colpi di avvertimento esplosi dalla
petroliera in mare potrebbero essere andati fuori bersaglio e aver colpito l'imbarcazione.
Si andrebbe così a configurare l'ipotesi di omicidio colposo (nel caso di un difetto dell'arma
o del munizionamento) o preterintenzionale (nel caso in cui volendo solo intimidire per errore, fortuitamente ha
colpito). Questa, seppure nella sua tragicità, sarebbe un ipotesi ammissibile.
Non è invece ammissibile neanche in via ipotetica che siano "entrambi colpevoli" per un errore nel tiro:
- Con tiri effettuati da distanze variabili tra i 500 e i 100 metri, distanze alle quali la dispersione naturale dei colpi da una situazione del tutto aleatoria nel colpire un bersaglio;
- Con tiri che vanno da un bersaglio mobile (la petroliera Enrica Lexie in navigazione) contro un altro bersaglio mobile (la piccola imbarcazione in avvicinamento) resa instabile a causa delle onde.
Il caso che entrambi commettano il medesimo errore, ottenendo entrambi il medesimo risultato, mettendo a
segno ciascuno un colpo sull'imbarcazione e uno sugli uomini dell'equipaggio: è impossibile.
Ammettere che in quelle condizioni abbiano fatto entrambi lo stesso errore ottenendo gli identici effetti,
facendo un esempio di tipo probabilistico, è come vincere due volte di seguito un terno al Lotto usando gli stessi
numeri.
Mai accaduto nella storia del mondo.
Ammettiamo ora in via ancor più ipotetica che "uno o entrambe i nostri militari abbiano sparato
con l'intenzione di colpire".
Secondo le testimonianze rese dai superstiti del St.Antony: uno di loro si trova al timone all'interno della
cabina (una delle due vittime), sdraiato ai suoi piedi il proprietario della barca (Mr.Freddy).
Fuori dalla cabina gli altri nove pescatori dormono, sdraiati sul ponte del peschereccio (Punto
A).
In questa posizione le "murate" della barca offrono loro un buon riparo da tiri
orizzontali, nessun scampo da eventuali tiri provenienti dall'alto.
Sull'aletta di dritta della petroliera (Punto B) ad oltre 23mt. sul livello del mare (in
pratica sul tetto di un palazzo di sette piani) si trovano due fucilieri di Marina, ben addestrati, tiratori esperti.
Dispongono di diversi caricatori da 30 proiettili ciascuno, imbracciano fucili capaci di una cadenza
di fuoco di 670 colpi/minuto (oltre 11 colpi al secondo).
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Sullo stesso lato della nave, sotto di loro, ad una distanza che diminuisce fino a raggiungere i 60-100mt.
il loro ipotetico "bersaglio".
In tali condizioni operative, se entrambe o anche uno solo dei due militari avesse aperto il fuoco contro
l'imbarcazione con la volontà di colpire gli undici uomini dell'equipaggio, il risultato sarebbe stato certamente
una strage a bordo del peschereccio.
Per questi motivi a mio avviso l'intenzionalità è una ipotesi che può essere ragionevolmente
esclusa.
Vale la pena di ricordare a margine che:
Nonostante le Autorità indiane parlino di colpi sparati con traiettorie dall'alto,
a bordo del St.Antony gli unici pescatori che rimangono colpiti sono
quelli che si trovano o si ergono nel corso della sparatoria
al di sopra delle murate della barca. Illesi tutti quelli sdraiati sul ponte.
A bordo della Enrica Lexie non ci sono solo militari, l'equipaggio della petroliera assiste all'evolversi
dell'azione. La maggior parte di loro sono ufficiali e marittimi di nazionalità indiana. Per quanto ne sappiamo,
nessuno vede colpi andare a segno contro l'imbarcazione. Al contrario, ascoltiamo un brano dell'intervista di Antonio Iovane
al Capitano Carlo Noviello, comandante in seconda della petroliera italiana, testimone oculare dei fatti.
(brano dell'intervista a Carlo Noviello)
I fucili dei fucilieri
Tornando alle affermazioni contenute nel rapporto Piroli, sorprende leggere, ad oltre un anno dall'incidente,
del possibile coinvolgimento di altri militari.
Anche qui si possono avanzare alcune ipotesi:
IPOTESI 1 - Lo scambio dei fucili.
Rispetto a quello che scrive la Repubblica l'ipotesi più immediata è che i militari si siano involontariamente
scambiati i fucili.
Due le possibilità immaginabili:
(A) Conservati in una sorta di rastrelliera i fucili erano abitualmente presi in consegna
e utilizzati "a caso", indipendentemente dalle attribuzioni personali e dal momento più o meno operativo;
(B) Che solo in quella specifica circostanza, a seguito dell'allarme e nella
concitazione del momento, ognuno ha preso un fucile "a caso", senza curarsi di verificarne la matricola.
La prima delle due possibilità trova sostanziali elementi contrari.
- L'assegnazione formale dell'arma al militare comporta oltre l'utilizzo esclusivo anche l'obbligo di custodia sotto la personale responsabilità;
- Le implicazioni giuridiche dell'uso in attività a fuoco dell'arma assegnata ad un altro, è cosa ben chiara a chiunque, nelle Forze Armate e di Polizia. Figuriamoci se non lo fosse a professionisti di grande esperienza che operano in scenari internazionali;
- L'efficienza dell'armamento individuale. Ogni militare è tenuto a custodirlo e curarne l'efficienza, effettuando periodicamente piccole manutenzioni, regolando i congegni di mira adeguandoli alle specifiche personali necessità;
- La prassi addestrativa, dove ogni militare che si esercita periodicamente al tiro (anche in navigazione) deve poi rendere conto della cosa. Riempiendo un apposito rapporto in cui si indica data, ora, luogo, numero dei colpi sparati, il tipo. Ottenendo in questo modo il reintegro delle cartucce nella propria dotazione personale;
- La prassi operativa. Quanto detto per la prassi addestrativa assume ancora più valore nel caso in esame, che è reale ed operativo. L'impiego delle armi va giustificato, motivato, contestualizzato, indicando puntualmente l'arma utilizzata, i colpi sparati e ogni altro dettaglio utile alle successive indagini. Obbligatorio atto dovuto da parte dei militari a bordo, investiti di funzioni di Polizia Giudiziaria.
Questi elementi, contrari a che esistesse una prassi in cui le armi erano custodite e usate alla rinfusa
porta a scartare senz'altro questa possibilità.
Resta da esaminare l'altra possibilità, quella della "concitazione".
In realtà l'imbarcazione in avvicinamento viene avvistata sulla Enrica Lexie tramite radar quando si trova
a 2,8 miglia di distanza (circa 5 km.) quando l'imbarcazione è praticamente ancora invisibile ad occhio nudo.
Dallo stesso resoconto dell'Amm. Piroli riportato da la Repubblica si legge che i primi "atti" (segnalazioni
acustico-luminose, esibizione delle armi, ...) furono eseguiti quando l'imbarcazione era a circa 800 mt.
Se consideriamo la velocità tipica di un peschereccio tipo il St.Antony, che può navigare a circa 8/10 nodi
max. (dato fornito da responsabile della Guardia Costiera indiana) percorrendo quindi circa 300 mt./min.
Ne consegue come dal momento dell'avvistamento a 5 km. a quando iniziano le reazioni (flash ed esibizione
delle armi), ad 800 mt. dalla nave, passano almeno 14 minuti; un altro minuto occorre (da 800 a 500 metri) per giungere
ai primi "warning shot" (tiri dissuasivi in acqua).
Dal momento dell'avvistamento radar per almeno un quarto d'ora si tiene sotto osservazione l'imbarcazione
e si ha tutto il tempo di prepararsi seguendo le procedure operative, compresa quella banalmente ovvia di imbracciare
ognuno la propria arma.
Direi che si possa escludere anche la "concitazione".
Conclusioni:
L'intera ipotesi dello scambio delle armi fra i componenti del nucleo militare a bordo della Enrica Lexie
può essere ragionevolmente scartata. Può restare nell'analisi come "mera supposizione" e fino a "prova contraria".
IPOTESI 2 - Errore di attribuzione delle matricole durante la prova di sparo e la perizia
balistica.
In sostanza l'errore di trascrizione lo hanno fatto gli Inquirenti indiani scambiando le matricole dei fucili
nel corso della perizia.
Conclusioni:
L'ipotesi può ragionevolmente essere scartata, perchè come vedremo le Autorità indiane molto probabilmente
non conoscevano le singole attribuzioni delle matricole dei fucili ai sei militari italiani. Resta come "mera supposizione"
e fino a "prova contraria".
IPOTESI 3 - Le attribuzioni sono giuste, i colpi refertati provengono dai fucili di Voglino
ed Andronico.
Anche in relazione a questa ipotesi dobbiamo valutare diverse possibilità:
(A) Che gli Inquirenti indiani non sapessero che i numeri di matricola
dei fucili che hanno esploso i proiettili refertati fossero quelli in dotazione ad Andronico e Voglino;
(B) Che lo sapessero.
La valutazione del caso A è la più semplice.
Se non conoscono le singole corrispondenze fra numeri di matricola delle armi e i diversi componenti del
nucleo militare, gli Inquirenti indiani suppongono ragionevolmente che i due fucili incriminati siano quelli di Latorre
e Girone, avendo questi ammesso di essere gli unici ad aver sparato.
Hanno recuperato i proiettili di due fucili, hanno due "quasi" rei confessi. Ne consegue che
gli inquirenti indiani "sono indotti a credere" che i colpevoli siano Latorre e Girone. Li incriminano e li tengono in stato
di arresto e in attesa del processo.
La valutazione del caso B è leggermente più complessa.
Merita di essere ricordato che il 30 marzo 2012 alcuni ufficiali della polizia di Kochi tornano
a bordo della nave, per interrogare, alla presenza del Console generale Giampaolo Cutillo e con l'ausilio di un questionario
di 15 domande, gli altri quattro marò rimasti a bordo (Antonio Fontana, Alessandro Conte, Renato Voglino e Massimo
Andronico) in particolare ai quattro marò sono stati chiesti particolari riguardanti le matricole e la descrizione
delle armi che avevano a disposizione.
E' del tutto evidente che se gli inquirenti del Kerala fossero stati a conoscenza delle singole attribuzioni
personali dei numeri di matricola delle armi sequestrate, avrebbero avuto la "prova" che a colpire furono Andronico e Voglino
e avrebbero chiesto l'incriminazione dei due quando ancora erano a bordo della Enrica Lexie bloccata nel porto di Kochi,
ovvero scagionando dall'imputazione di omicidio Latorre e Girone, incriminabili al massimo per le false dichiarazioni fornite
nella fase iniziale delle indagini.
Non c'era motivo che, avendo o credendo di avere la prova contro i reali colpevoli, mantenessero l'incriminazione
contro due che sapevano estranei e innocenti, mentendo ai loro superiori e all'opinione pubblica.
Rischiando che, in qualsiasi momento, durante o dopo il
processo della Magistratura italiana i due "colpevoli"
o gli altri due membri del nucleo militare, o gli stessi Latorre e
Girone eventualmente condannati innocenti in India rivelassero
la circostanza.
Senza poter escludere che la notizia potesse prima o poi trapelare da fonte indiana, essendo inevitabilmente
a conoscenza di diverse persone che hanno partecipato con ruoli diversi alla perizia balistica.
Conclusioni:
Si può accettare l'ipotesi che gli Inquirenti indiani non sapessero le attribuzioni dei numeri di
matricola dei fucili ai singoli militari, altrimenti avrebbero indagato e probabilmente incriminato Andronico e Voglino
per omicidio, scagionando Latorre e Girone da questa accusa.
Si conclude inoltre, proprio dal rapporto dell'Amm. Piroli, che le Autorità italiane sapessero le singole
attribuzioni dei numeri di matricola, il che è del tutto ovvio ma occorre rimarcarlo per le conseguenze che comporta
e che in questa sede non sembrano pertinenti.
IPOTESI 4 - Gli Inquirenti del Kerala hanno costruito "false prove" a carico.
Ipotesi senz'altro pesante ma che in sede di analisi tecnica giudiziaria deve essere considerata, soprattutto
di fronte all'evidenza che gli inquirenti del Kerala "non sapessero" le singole attribuzioni dei numeri di matricola dei
fucili.
E' evidente che, se Latorre e Girone hanno ammesso di aver sparato, i proiettili che hanno colpito uomini
e peschereccio devono "necessariamente" provenire dai loro fucili.
Ma quali sono i fucili di Girone e Latorre?
Per gli Inquirenti indiani sono due dei sei fucili sequestrati, perchè non conoscono le singole attribuzioni
dei numeri di matricola.
Per determinare quali dei sei, effettuano le cosi dette prove di sparo.
Con i sei fucili Beretta sparano uno o più colpi all'interno di una vasca piena d'acqua, un blocco di gelatina
balistica o altro materiale che permetta poi di recuperarli.
I proiettili recuperati vengono esaminati al microscopio comparatore insieme a quelli ritrovati nei
corpi delle due vittime e sul peschereccio, per determinare la corrispondenza delle specifiche "rigature" lasciate
dall'arma sui proiettili in fase di sparo.
In casi particolari quando i proiettili sono frammentati (come di solito accade ai "nostri" calibro
5.56x45 NATO) sono necessarie analisi chimico-fisiche molto più sofisticate per verificare con l'ausilio di uno spettrometro
di massa la rispondenza delle leghe metalliche che ne compongono i minuscoli frammenti (tipicamente leghe di rame, leghe
di piombo e leghe di acciaio) e la composizione degli altri residui refertabili (ad esempio i residui di polvere da sparo).
Analisi spettrometrica: le particelle che compongono una "traccia" di vernice verde
lasciata da un colpo ricevuto su un giubotto tattico "corrisponde" a quella impiegata per colorare la punta
dei proiettili sequestrati al sospettato.
La frammentazione del proiettile calibro 5.56x45 NATO all'impatto non è una remota possibilità,
al contrario.
L'immagine successiva mostra: (a sinistra) i risultati di varie prove di sparo al variare della
velocità di impatto (quindi della distanza); (a destra) la dispersione dei frammenti metallici del proiettile,
dopo l'impatto coi tessuti molli di un corpo umano, osservata ai raggi X.
In caso di frammentazione, essa dovrà poi risultare compatibile con le specifiche dell'arma, il tipo
di munizionamento, la distanza di tiro, il tipo di "target" e molte altre circostanze.
Questo per spiegare come, nel corso delle complesse analisi tecniche forensi, non è sufficente
la semplice corrispondenza dei proiettili se altri fattori risultano "non congrui" con l'ipotesi investigativa
che si sta cercando di "provare".
Solo l'esito della comparazione tra i referti ottenuti nelle prove di sparo con quelli estratti
dalle vittime nel corso dell'autopsia e quelli recuperati dalla Polizia del Kerala a bordo del peschereccio, darà
modo di identificare con certezza se, e quale arma ha messo a segno i colpi.
L'esclusione degli esperti italiani dalla perizia balistica.
Prima di procedere oltre, è bene ricordare e tenere nella giusta evidenza che il Maggiore
Luca Flebus ed il Maggiore Paolo Fratini, i due esperti balistici del RIS dei Carabinieri, inviati nel Kerala per
partecipare insieme ai loro omologhi indiani all'analisi balistica che si ipotizzava congiunta, furono ammessi
solo come osservatori ed esclusivamente alle prove di sparo. (circostanza confermata da diverse ed autorevoli
dichiarazioni).
Che abbiano assistito
alle prove di sparo è del tutto ininfluente ai fini di garantire la correttezza dei risultati della
perizia balistica e dell'indagine nel suo complesso.
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L'aver impedito ai due esperti italiani di prendere parte proprio agli esami di comparazione tra i
proiettili che escono dalle prove di sparo e i referti provenienti dalle vittime e dall'imbarcazione, lascia non pochi dubbi
sulla correttezza e sulla trasparenza con cui si vanno formandosi in India le prove a carico dei nostri militari.
A questo punto, la domanda fondamentale dell'ipotesi a cui stiamo cercando di dare risposta è:
Ma i proiettili ottenuti dai sei fucili nelle prove di sparo e che al termine dell'analisi balistica
hanno permesso di determinare con certezza che a sparare ed uccidere sono stati i fucili di Andronico e Voglino ...
Con cosa sono stati comparati?
Naturalmente non ho la risposta, solo dei timori espressi in tempi non sospetti.
La diffusione del rapporto dell'Ammiraglio Piroli, che certamente ha assolto l'incarico al meglio delle sue
possibilità e con le migliori intenzioni, finisce con l'andare ad ingrossare il fiume delle "dichiarazioni"
di funzionari governativi che parlano genericamente di "probabilità" e "compatibilità",
degli "annunci" televisivi dei politici keraliani che garantiscono condanne esemplari con evidenze a "prova
di proiettile", delle indiscrezioni stampa e delle "fugaci" periodiche riproposizioni di documenti vari,
più o meno "riservati".
La garanzia che l'indagine sta procedendo nella massima correttezza offerta dalla sbandierata "mera
presenza" degli "esperti italiani" dell'Arma dei Carabinieri alle prime fasi della perizia, sempre omettendo
di ricordarne i pesanti vincoli operativi e sopratutto le circostanze e i motivi per cui hanno deciso di rientrare in Italia
prima del termine delle analisi, da cui erano esclusi.
Ad oltre un anno dall'incidente, con le indagini ormai concluse, non una sola evidenza "probatoria", non
un solo elemento tecnico inoppugnabile è stato sino ad oggi reso pubblico (autopsie, rilievi, perizie, tracciati
... testimonianze).
Perchè limitarsi a proclamare le prove senza mostrarle?
Perchè impedire o limitare l'accesso e la diffusione degli atti processuali?
Nel processo penale le evidenze di colpevolezza vanno esibite e la difesa ha diritto di verificarle per
mezzo dei suoi Consulenti Tecnici. Per farlo devono avere accesso agli atti processuali e ai reperti, con la facoltà
di effettuare nuove analisi non distruttive.
Stà agli inquirenti indiani dimostrare la "prova contraria", semprechè non vogliano comminare una condanna
nonostante questa e tante altre magagne che emergono ad una semplice analisi tecnica dei fatti.
Nemmeno troppo sofisticata, occorre precisare.
Potrei essere più accurato disponendo degli atti processuali, se non fossero accuratamente tenuti segreti.
Proprio di questo anomalo modus-operandi si nutre e prospera la convinzione che l'ipotesi della creazione
di prove false è possibile, reale, concreta.
Ipotesi che permette un percorso logico, supportato da indizi e dati di fatto:
- Gli inquirenti del Kerala avevano due "confessi" di aver sparato;
- Servivano le prove che entrambi fossero colpevoli, quindi che avessero ucciso un uomo ciascuno;
- Avevano a disposizione sei fucili, senza sapere che ad ogni matricola corrispondeva uno specifico militare;
- Hanno preso due fucili e si sono creati le prove per due persone, convinti che i fucili fossero dai militari italiani presi a caso, da una rastrelliera come si fa in moltissimi eserciti del mondo con le armi della truppa;
- Commettendo l'incredibile ingenuità di far compiere a entrambi lo stesso errore ottenendo l'identico risultato;
- E tutta l'impalcatura crolla all'evidenza che gli inquirenti del Kerala rinviano a giudizio per omicidio Latorre e Girone sostenendo che a sparare sono stati i fucili di Andronico e Voglino.
(...)
Ci sarebbero altre evidenze sia tecniche che procedurali a sostegno di questa ipotesi, ma non è il caso di
dilungarci oltre. Semmai se ne parlerà in seguito.
Riepilogo di seguito i passaggi che hanno caratterizzato la vicenda della "perizia
balistica indiana":
26 feb 12
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SEQUESTRATE LE ARMI Al termine del secondo giorno di perquisizione a bordo della Enrica Lexie la polizia keralita ha portato a terra quattro casse di materiale. L'intero arsenale in dotazione ai militari italiani è ora in mano alle Autorità di polizia di Kochi. |
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04 mar 12
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CALIBRO DIVERSO La stampa riportando le dichiarazioni del Prof. K.Sasikala, che ha effettuato l'autopsia sulle due vittime descrive i proiettili estratti dai corpi. Misure incompatibili con i proiettili impiegati dai militari italiani, verosimilmente un proiettile russo calibro 7.62x54R |
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04 apr 12
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ARMA MANCANTE Secondo il Times of India, gli investigatori "sospettano che una delle armi in dotazione ai militari debba essere ancora sequestrata" - "l'arma usata da uno dei marò non è fra le sette sequestrate a bordo della nave". Con questa tesi gli inquirenti giustificano la discrepanza emersa durante le perizie sulle armi sequestrate sulla petroliera italiana e i proiettili recuperati nei cadaveri dei pescatori uccisi. Si viene anche a sapere che alcuni giorni prima, il 30 marzo 2012, la polizia era tornata a bordo della nave, per interrogare gli altri quattro marò rimasti a bordo in particolare ai quattro marò sono stati chiesti particolari riguardanti le matricole e la descrizione delle armi a disposizione. |
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10 apr 12
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ARMA INESISTENTE In un rapporto consegnato dal FSL (Forensic Sciences Laboratory) ai giudici indiani e al commissario di polizia che conduce le indagini si afferma che a sparare sono stati due fucili BERETTA ARX-160. Un fucile sperimentale che NON è in dotazione agli uomini sulla Enrica Lexie. |
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14 apr 12
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FALSA PERIZIA La cosidetta "perizia balistica indiana", un documento di 36 pagine, "arriva" in possesso del corrispondente RAI di New Delhi che, annunciato in voce e in grafica come si trattasse di uno scoop epocale ne esibisce alcuni stralci nei vari TG nazionali. In realtà quello che viene mostrato appare solo un lungo elenco di referti. Nulla che ricordi per forma e contenuti anche solo vagamente una perizia. Nel commento che la accompagna solo banalità mescolate ad ovvietà, del tipo: "...il risultato del test" annuncia l'inviato "al punto 3, le munizioni ordinarie e traccianti nel caso in questione sono munizioni calibro cinque-cinque-sei, prodotte in Italia ...". Serviva un test per questo? - Definita "inaffidabile" da diversi autorevoli soggetti. Il sottoscritto vi ha rilevato, almeno per le parti trasmesse in video delle correzioni assimilabili a falsificazioni, mai smentite. |
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11 mag 12
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ARMI SBAGLIATE L'Ammiraglio Piroli dall'India redige un rapporto (tenuto riservato per quasi un anno) nel quale riporta tra le altre cose "per completezza di informazione" le conclusioni della perizia balistica che gli viene esibita, sottolineando che sono "i risultati cui sarebbero giunte le autorità indiane" da cui lo stesso Piroli prende le dovute distanze: La perizia indiana ovviamente conferma: con un gioco di prestigio il risultato "altamente probabile", che in termini legali non significa nulla, diventa "certezza" ovvero colpevolezza: sono stati i militari italiani a colpire il St.Antony e il suo equipaggio; indicando con precisione anche quali fucili hanno sparato ... quelli sbagliati."Qualora dovessero essere confermati i risultati ottenuti dalle prove indiane o se, a seguito di ulteriore attività forense riconosciuta anche dalla parte italiana, si riscontrasse l'attribuibilità dei colpi ai militari italiani ...". (*) L'ex Ministro degli Affari Esteri G.Terzi nella trasmissione IN ONDA (La7) il 6 aprile 2013 intervistato sul rapporto Piroli dichiara: "non è mai passato sul mio tavolo" rivelando interessanti retroscena sulla costruzione della perizia balistica indiana. |
Conclusioni:
Un semplice percorso d'analisi basata sulle evidenze del "rapporto Piroli" ci porta a concludere che l'ipotesi
di una fabbricazione di prove a carico false sia prevalente rispetto alle altre e che debba essere ulteriormente indagata.
Si basa sull'evidenza che le Autorità inquirenti del
Kerala "non conoscessero" le singole attribuzioni dei
numeri di matricola dei fucili. Altrimenti esse stesse avrebbero
scagionato dall'accusa di omicidio Latorre e Girone e incriminato
Andronico e Voglino.
Quindi "fino a prova contraria" nessun tribunale potrebbe condannare Latorre e Girone in presenza di questa
evidenza a favore della loro innocenza.
E sono le stesse Autorità indiane a certificare che i proiettili repertati sulle salme e nel peschereccio
St. Antony provenivano dai fucili in dotazione ad Andronico e Voglino.
Ancora una volta si deve rimarcare che la responsabilità dell'impossibilità di verificare l'esistenza
e l'attendibilità delle dichiarate "prove a carico" contro Latorre e Girone, è imputabile unicamente alle autorità inquirenti
del Kerala per compimento di atti irripetibili, ottenuti con la mancata custodia e il conseguente affondamento del peschereccio
St. Antony, come da me già indicato nell'Esposto presentato alla Procura del Tribunale di Roma
lo scorso 13 marzo 2013.
Il rapporto Piroli, con i "fucili scambiati", pone un altro macigno sull'attendibilità dell'impianto
accusatorio prodotto dalle Autorità inquirenti del Kerala (del resto già smentito dalla stessa Procura Federale indiana,
che ha chiesto ad un'altra Agenzia investigativa federale di ripetere le indagini ripartendo da zero).
Naturalmente, se "ripartire da zero" per gli inquirenti indiani significasse riprendere le indagini fatte
in Kerala riscrivendole su una nuova carta intestata saremmo punto e a capo.
In alternativa, se a smentire l'ipotesi dovesse emergere al contrario che le Autorità indiane "conoscevano"
le singole attribuzioni dei numeri di matricola dei fucili, posto anche che la circostanza era a conoscenza delle Autorità
italiane almeno fin dal 11 maggio 2012, si apre una evidenza ben più grave dell'ipotesi di inquirenti in malafede che si
fabbricano le prove a carico, come ognuno può ben percepire.
Ovviamente non è compito dell'analisi tecnica giudiziaria entrare nel merito di una cosa del genere, che
appare troppo grave per essere considerata nell'ambito di questa breve disamina.
[da sinistra: il Console Cutillo, gli Ammiragli Favre e Piroli, il Commissario Ajith Kumar]
Conclusioni
Il Primo Ministro del Kerala, Chandy, ha parlato di
“prove inoppugnabili” nei confronti dei marò e che “nessuna
clemenza verrà manifestata per gli imputati”. “Le nostre prove”
ha spiegato “sono nella denuncia formulata dalla Guardia Costiera”,
ma “non possiamo dire di più perché l'inchiesta è
ancora aperta”.
Questa sicurezza di avere “prove inoppugnabili” sulla
responsabilità dei due militari italiani direi che è totalmente
campata in aria.
Infatti alcune autorità indiane sapevano fin dal giorno
16 febbraio (giorno successivo ai fatti e giorno dell'autopsia sui cadaveri)
che il calibro della pallottola repertata non era quello delle armi italiane,
per cui non si capisce quale sia il supporto a queste roboanti dichiarazioni,
ma soprattutto il supporto ai provvedimenti di arresto eseguiti successivamente
al 16 febbraio ai danni dei militari italiani e al fermo della nave Enrica Lexie.
Gli unici elementi che ritornano e reggono alle opportune verifiche
è la rotta della nave Enrica Lexie che è congrua per spazi, tempi
e velocità con quanto dichiarato dalla parte italiana. E le dichiarazioni
dei due militari italiani che affermano di non aver colpito nessuna imbarcazione,
tantomeno il peschereccio St. Antony.
Tutto il resto abbiamo visto che si sbriciola non appena si fanno
un minimo di verifiche secondo le più elementari metodologie di una indagine
tecnica di tipo giudiziario.
- Il calibro del proiettile è incompatibile con le armi in dotazione ai nostri militari.
- La Enrica Lexie, nel momento in cui il peschereccio St. Antony viene colpito, si trovava 27 miglia più a nord.
- Il ruolo della Olympic Flair non è stato investigato, è stato permesso a questa nave di eclissarsi, e abbiamo visto che anche la Olympic Flair ha dichiarato di aver subito un attacco pirata addirittura nella rada del porto di Kochi.
Gli autori dell'omicidio dei due pescatori vanno ricercati altrove
piuttosto che nel personale imbarcato sulla Enrica Lexie.
Credo di poter dire che esaminando i tracciati radar non potranno
venire che nuove conferme.
Roma, 29/03/2012
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