martedì 15 ottobre 2013

Non ha sicuramente niente a che fare con Il caso Monte dei Paschi di Siena......"La fiaba del treno tutto d'oro"-

Villa Wanda (Ansa)Una parte del bottino di guerra non è mai stata ritrovata.
Alla sorveglianza del carico era addetto Licio Gelli: l' inquietante racconto di un suo incontro con Togliatti.

"Ipolitici del futuro non saranno mai credibili fino a quando non faranno un po' di trasparenza in un cosi' assurdo passato". Gianfranco Piazzesi riassume con queste parole il senso del suo lavoro: c' è un buco nero, anzi un buco d' oro, alle radici della nostra storia repubblicana, che è storia ormai di mezzo secolo.

C'è in altre parole un mistero padre di tutti gli altri misteri che hanno costellato via via la Repubblica, restando quasi sempre tali e lasciandosi dietro una non indifferente scia di sangue.
 
Questo mistero conduce indietro nel tempo, fino a un treno ospedale che lascia la Jugoslavia del ' 41 occupata dai nazisti. In quel treno i malati sono in realtà agenti travestiti del Sim, il servizio d' informazione militare. E si capisce il perché , dato che il convoglio trasporta un gigantesco carico d' oro, il tesoro della Banca nazionale jugoslava, alla cui sorveglianza è preposto un personaggio di cui sentiremo molto parlare negli anni a venire: Licio Gelli, il maestro venerabile della P2.
Ma dietro di lui si muovono altri personaggi allora assai più potenti, interessati a controllare la destinazione di quelle 60 tonnellate d' oro: fra tutti quel generale Mario Roatta, capo di stato maggiore dell' esercito ed ex capo del Sim (accusato nel dopoguerra per l' assassinio dei fratelli Rosselli). Che fine fa quella montagna d' oro?
E' qui che comincia il bello, dal momento che alla Jugoslavia post bellica di Tito ne viene restituita solo una parte. Quanto al resto, circa venti tonnellate, se ne perdono le tracce a partire dal momento in cui il treno misterioso conclude la sua corsa dalle parti di Trieste. Da allora è passato, come dicevamo, oltre mezzo secolo, e di quel tesoro poco è stato scritto. Molto più nutrita è la letteratura che si è occupata di Licio Gelli e delle sue varie imprese successive.
 
Tra coloro che hanno impugnato la penna con maggiore vigore c'è lo stesso Piazzesi, il che spiega la sua passione di detective per la storia dell' oro sparito. Piazzesi mette in fila i fatti e ne ricava una miscela spettacolare.
 
Perché il fascino de La caverna dei sette ladri consiste proprio nel suo essere un crogiolo in cui si fondono i generi: è un giallo, ma è anche un' inchiesta; è un libro verità ma è anche un pò romanzo, almeno nell' incalzare dell' intreccio che già vale la trama di un film. Ma forse è soprattutto un libro politico. Nel senso che Piazzesi legge nella vicenda dell' oro jugoslavo una metafora del doppiogiochismo nazionale. Da sempre i misteri d' Italia non si risolvono perché si svolgono sullo sfondo di complicità insondabili e di trasformismi imprevedibili.

A riprova di ciò, Piazzesi ricostruisce un episodio a dir poco clamoroso: Gelli, legatissimo al regime fascista al punto da finire in carcere per collaborazionismo, si sarebbe incontrato a guerra appena conclusa con Palmiro Togliatti. Tema: proprio l' utilizzo del tesoro jugoslavo, della parte emersa e soprattutto della parte sommersa. Quell'incontro sarebbe la prova degli intrecci inconfessabili che legarono un gruppo di superstiti del vecchio regime (non solo Gelli, ma anche Roatta e altri) agli esponenti della nuova Italia.
 
Intervistato da Panorama, Gelli ha replicato con una certa ironia di non aver mai incontrato Togliatti in vita e di non prevedere d' incontrarlo nemmeno nell' al di là. Ma sul resto è stato elusivo, senza riuscire a nascondere un certo compiacimento per essere ancora una volta al centro di una suggestiva spy story. Resta il fatto che i rapporti obliqui tra Licio Gelli e il potere politico dell' era repubblicana sono stati intensi e continuativi. Non solo con i partiti di governo, ma anche col Pci. Tema scabroso, a cui Piazzesi si accosta con la consueta onestà intellettuale. Facendo ancora un passo avanti, quello che lo scrittore vuol dire è che la storia italiana del dopoguerra è stata deformata da oscuri patti di potere che hanno coinvolto chi ha governato e chi è stato all' opposizione, in una cornice di sostanziale "consociativismo".

Il che non significa voler ricondurre tutta la vicenda nazionale al treno pieno d' oro di Gelli e Roatta. Significa però attirare l' attenzione sul punto conclusivo de La caverna: la necessità di guardare nei misteri del passato per costruire un futuro credibile. L' oro jugoslavo si e' perduto in mille rivoli, ma tutto lascia credere, qui ha ragione Piazzesi, che si sia tradotto in un' ottima rendita per tanti protagonisti e comprimari del cinquantennio.
 
Fonte: Stefano Folli / Corriere della Sera / 18 aprile 1996

Oltre la Fonte: http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=2&cad=rja&ved=0CEEQqQIwAQ&url=http%3A%2F%2Fwww.corriere.it%2Fcronache%2F13_ottobre_10%2Farezzo-sequestrata-villa-licio-gelli-d3478134-3173-11e3-ab72-585440a4731e.shtml&ei=caBdUs_zL6qI4ASMnoHgAg&usg=AFQjCNF_RcMRrGZApILhs_iEyq2qaWd9Rw&sig2=GDZxJMaLcIyk_PWF92Xg5Q
 


 

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