Un segnale del cambiamento di clima attorno ai Marò, timido
ma avvertibile, è che la stampa indiana ha smesso di definire i nostri
due fucilieri del San Marco come “i marines italiani che hanno ucciso
due pescatori indiani”, ripiegando su un più garantista “i marines
italiani accusati di aver ucciso per errore due pescatori indiani”.
Un
piccolo, ma doveroso passo per la stampa e l’opinione pubblica
dell’India, una grande conquista per i nostri Marò, da 19 mesi segregati
e vilipesi senza una sola ragione perchè ciò avvenisse.
Per dieci lunghissimi giorni in India era calato il più assoluto e
preoccupante silenzio dei media sulla vicenda di Max Latorre e Salvo
Girone. Bocche cucite delle usuali fonti informative e nessuna
indiscrezione che trapelava su quello che stava succedendo, ammesso che
qualcosa stesse succedendo. Le gole profonde annidate nei punti
d’incrocio più sensibili per questo dramma dei nostri Marò,
inesorabilmente chiuse dietro una impenetrabile cortina di silenzio.
Persino i rudi e seriosi funzionari, per lo più inquirenti e magistrati,
della NIA, l’agenzia antiterrorismo dell’Unione Indiana, sembrava
avessero rinunciato alla loro tradizionale e terrorizzante loquacità con
la quale da mesi cercano di mettersi in mostra agli occhi dei politici e
dell’opinione pubblica indiana cercando di fare i primi della classe.
Eravamo rimasti che dieci giorni fa la NIA, dopo aver dichiarato
di potere e volere chiudere l’istruttoria anche senza le deposizioni
degli altri quattro Marò presenti a bordo della Enrica Lexie al momento
dell’incidente, s’era rimangiata tutto ed era ritornata sulle proprie
decisioni, affermando categoricamente che senza le testimonianze dei
colleghi di Latorre e Girone il loro processo non si sarebbe potuto
neanche avviare. Anzi, i responsabili dell’antiterrorismo indiano
avevano addirittura alzato il tiro pretendendo non solo che i quattro
testi si rechino in India a testimoniare, ma addirittura che essi poi si
trattengano laggiù per tutta la durata del processo.
Questo
atteggiamento assurdo ed irragionevole della NIA ha spiazzato il governo
indiano al punto da costringerlo a prendere in considerazione la
possibilità di presentare una denuncia nei confronti dei quattro Marò
restii ad andare a testimoniare in India, per costringere la Corte
Suprema a prendere una decisione sul come procedere per risolvere un
caso spinoso, che adesso sta creando sconcerto ed enorme imbarazzo anche
all’intero governo dell’Unione Indiana, come l’India vuole che la si
chiami negli atti ufficiali.
In effetti, avevamo saputo per vie molto traverse che c’era una
persona molto rispettata ed influente in India che s’era presa a cuore
una vicenda in cui tutto sembra dimostrare che i nostri Marò siano
finiti per caso e senza colpe specifiche, se non quelle di essere stati
collaborativi con le autorità indiane e di avere svolto diligentemente e
con grande professionalità l’azione di contrasto alla pirateria, un
compito loro affidato nell’ambito di una iniziativa a livello planetario
che scaturisce da due Risoluzioni approvate all’unanimità dalle Nazioni
Unite nel 2011.
Quella persona è il ministro degli Affari Esteri
indiano Salman Khurshid, il quale già lo scorso aprile aveva parlato
lungamente dei Marò durante una sua visita ufficiale in Russia che
ovviamante nulla aveva a che vedere con i nostri fucilieri. Eppure, in
quella occasione Khurshid cercò e trovò il modo di esternare importanti
concetti sul tema Marò alla stampa indiana al seguito, per sottolineare
comunque la loro buona fede, per cui la rilevanza penale del reato
(quella civile è già stata risolta con un indennizzo extragiudiziale di
150mila a ciascuna delle famiglie delle vittime) eventualmente da loro
commesso, qualora fosse accertata, sarebbe minima, e che per i due
fucilieri si dovrebbe comunque prevedere l’applicazione di tutte le
attenuanti del caso. Disse anche che il contenzioso a questo punto non
può che essere risolto per via giudiziaria e che, secondo sue
valutazioni, il relativo processo dovrebbe durare all’incirca tre mesi.
A New Delhi, Khurdish è tornato a seguire personalmente la
situazione di recente, quando s’è trovato di fronte al muro di cemento
opposto dalla NIA, un ostacolo che lui ha cercato di smussare, prima di
aprire in esso profonde crepe. La sua azione di mediazione, della quale
nulla si era saputo nei giorni scorsi, deve avere sortito un qualche
effetto positivo, visto che l’azione di denuncia dei quattro Marò alla
Corte Suprema, per quanto ne sappiamo, non ha avuto seguito, per cui
pare scongiurato il pericolo di tornare alla situazione di dieci mesi fa
quando era la massima assise indiana a dovere decidere in merito e
fornire chiare indicazioni su come trattare la vicenda dei Marò al
governo, ai magistrati ed agli inquirenti.
Ma c’è di più, perchè Khurshid sembra avere fatto proseliti. E’
di ieri la notizia che il ministro della Giustizia indiano Kapil Sibal,
la cui opinione in merito alle vicende giudiziarie che riguardano
l’India non può certo essere ignorata, ha rivolto alla NIA un invito,
talmente pressante da sembrare un ordine, perchè l’Agenzia prenda carta e
penna ed invii una LR (Letter Rogatory) per chiedere una rogatoria
internazionale all’Italia con la quale ottenere le “necessarie”
deposizioni dei Marò per iscritto. Questa iniziativa di Sibal accoglie
una delle alternative proposte dall’Italia, le altre due erano la
teleconferenza od il viaggio in Italia degli inquirenti indiani, per
concedere alla NIA di raccogliere le deposizioni degli altri quattro
Marò senza che questi siano costretti a recarsi in India, dove Dio solo
sa cosa potrebbe accadere loro una volta in mano ai locali inquirenti.
Una iniziativa importante quella di Sibal, succeduto a quell’Ashwani
Kumar che a suo tempo aveva assunto la posizione più dura ed
intransigente all’interno del governo indiano quando sembrava che i Marò
dovessero rimanere in Italia dopo la licenza elettorale, perchè mette
con le spalle al muro la NIA, sgombra il campo dall’equivoco che sia
l’Italia a rallentare l’iter della giustizia, ma soprattutto perchè è in
netto contrasto con la posizione sinora prevalente del ministro degli
Affari Interni Sushilkulmar Shinde che, in perfetto allineamento con la
NIA, escludeva qualsiasi alternativa per l’avvio del processo che non
fosse quella di una sorta di “estradizione” dei quattro fucilieri
dall’Italia verso l’India.
Con questi ultimi sviluppi delle utime ore, si viene a creare un
asse di ferro tra i personaggi più importanti e che hanno maggior voce
in capitolo lato India per accelerare l’iter processuale, cioè il
ministro degli Esteri e quello della Giustizia, relegando in secondo
piano il punto di vista del ministro degli Interni che a tratti ha
assunto atteggiamenti feroci e persecutori contro i Marò. Una svolta
“legalista” favorevole ai nostri Marò che ha avuto una improvvisa
accelerazione dopo che il Direttore Generale della NIA Sharad Kumar
s’era incontrato faccia a faccia col ministro degli Interni
Sushilkulmar Shinde con il quale si è lamentato, come sottolineato dalla
stampa indiana, che all’interno del governo non esista una posizione
coesa e condivisa sul caso dei Marò. Tra le righe si può leggere la
delusione del capo della NIA che si sente tradito da una decisione del
governo che di fatto sconfessa il suo atteggiamento di intransigenza.
Questa, a nostro avviso, è anche una conferma indiretta del pesante
intervento di Sibal, probabilmente sollecitatato da Khurdish, sulla NIA
perchè la smetta di ostacolare la conclusione dell’istruttoria, malgrado
sia in possesso di tutte le deposizioni di tutti i Marò, che certamente
a 19 mesi dal fatto non potranno ricordare qualcosa di più di quanto
riferito a caldo nell’immediatezza del fatto, senza dire dell’ampia
disponibilità dell’Italia a risolvere quello che più che un problema è
sembrato un pretesto per prendere tempo in attesa di eventi.
Questo nostro convincimento è ulteriormente rafforzato dalle
indiscrezioni fatte filtrare da una fonte governativa, che forse non è
un caso sia tornata far sentire la propria voce, secondo le quali il
Ministro degli affari Esterni si è dichiarato totalmente contrario a
tirare per i capelli il governo italiano in una accanita disputa
legale-diplomatica, alla luce degli accertati buoni rapporti commerciali
e diplomatici esistenti tra i due Paesi e preso atto del parere del
Ministro della Giustizia che per avere le deposizioni richieste basta ed
avanza una normale, rapida e routinaria rogatoria internazionale. Un
atteggiamento quello di Khurdish in linea con quello espresso dalla
Corte Suprema che lo scorso marzo sollecitò il rapido avvio del processo
addirittura disponendo che lo stesso si svolgesse per tutta la sua
durata con udienze giornaliere. Una richiesta, quella della Corte
Suprema, rimasta inevasa dalla NIA con la scusa della traduzione in
hindi ed inglese di tutte le carte processuali che includevano atti,
documenti e relazioni in cinque lingue diverse, ma che poi furono
tradotti in meno di trenta giorni da una apposita task force.
Fonte: http://www.qelsi.it/
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