Sovranità monetaria, statalizzazione “soft” della Banca Centrale, politiche agricole e prestiti alle imprese sono alla base della crescita magiara. Il governo catto-nazionalista di Budapest trascina il Paese fuori dalla crisi.
E’ stato oggetto dei più violenti attacchi da parte di tutta Europa. E’ stato chiamato dittatore, illiberale, fascista, razzista, anti-democratico. Avevano detto che le ricette per il suo Paese avrebbero portato l’Ungheria al disastro. Viktor Orban, però, non si è mai arreso.
Negli ultimi tempi, il premier magiaro ha affrontato apertamente il Consiglio Europeo, rispondendo ad alcune delle tante accuse che gli erano state mosse. Poi, ha avviato i procedimenti per cacciare il Fondo Monetario Internazionale dal Paese.
Una mossa che ha lasciato interdetti gli eurocrati, che già sghignazzavano all’idea di un’Ungheria che non sarebbe riuscita a colmare il suo debito nei confronti dell’Ue e del Fmi. Invece, a sorpresa, Budapest ha riconsegnato i 20 miliardi di euro, avuti nel 2008. Tre giorni fa, infatti, è stata pagata l’ultima rata da 2,5 miliardi. E lo ha fatto con un anno di anticipo.
Il governatore della Banca Centrale Magiara, Gyorgy Matolcsy, aveva già annunciato questa mossa esattamente un mese fa. Ora, la presenza del Fmi “non è più utile all’economia ungherese” dichiara. Perciò può levare le tende. Una vittoria per il governo di centro-destra. Ma i buoni risultati ottenuti dal Fidesz non finiscono qui. Un altro successo consiste nell’abbassamento del tasso di disoccupazione. Già nel 2012, il livello dei senza lavoro era passato dal 10,9% al 10,3%.
L’Italia si barcamena attorno al 12, mentre la media europea non riesce a scendere sotto l’11. Eppure, per qualche strana ragione, il governo guidato dal partito di centro-destra, Fidesz, di ispirazione cattolica e nazionalpopolare, è stato fortemente criticato dalla stampa per “l’alto tasso di disoccupazione” e per il grande numero dei “cervelli in fuga”. Sarà, forse, perché si è sempre rifiutato di seguire i diktat “salvifici” dell’Unione Europea. In ogni caso, non solo l’Ungheria ha ripagato il suo debito, ma si classifica anche tra i paesi fuori dalla zona recessione. Bisogna, poi, tenere presente che Matolcsy è uomo di Orban e quando è stato messo alla dirigenza della BCM tutti i media e le istituzioni dell’Ue hanno aperto un fuoco mediatico sul governo di Budapest, per via della nazionalizzazione della Banca Centrale. “La Repubblica”, quotidiano da sempre oppositore di Viktor Orban, proprio non ci sta e evidenzia come qualcuno susciti dubbi sulla provenienza del denaro restituito al Fmi. In effetti, sorge spontanea la domanda su come sia stata possibile questa crescita inaspettata.
Le risposte sono molteplici. Si potrebbe dire che la “statalizzazione soft” della Banca Centrale Magiara abbia contribuito molto a quanto pare. Matolcsy, infatti, è uomo di Orban e quando è stato messo alla dirigenza della BCM tutti i media e le istituzioni dell’Ue hanno aperto un fuoco mediatico sul governo di Budapest. Senza parlare, poi, della sovranità monetaria (in Ungheria la moneta avente corso legale è il fiorino). Poi ci sono quelle mosse che vanno proprio controtendenza.
Mentre l’Italia si prostra per ottenere investimenti esteri, Budapest ha fatto tutto il contrario. Ad esempio, ha impedito l’acquisto di terreni agricoli da parte degli stranieri, così da tenere lontani gli speculatori. In pratica, solo gli ungheresi adesso hanno diritto a coltivare la propria terra. Inoltre, il governo ha stanziato 80 milioni di euro in favore delle aziende agricole. Il che ha favorito l’export di frutta e ortaggi, che rappresenta circa la metà dell’intero settore delle esportazioni del Paese. Queste politiche, si presuppone che porteranno alla creazione di altri 100mila posti di lavoro.
Ma l’agricoltura non è il solo punto forte dell’economia magiara. Anche la tassa sulle compagnie energetiche, la Robin Tax, si classifica come uno dei principali motivi della ripresa ungherese. In pratica, questa tassa ha permesso la ridistribuzione delle ricchezze fra i cittadini, favorendo anche i prestiti alle imprese.
E come se non bastasse, Budapest ha stanziato altri 250 miliardi di fiorini alle banche, che però dovranno concedere a loro volta in prestito a tasso zero. E altrettanti miliardi sono poi stati depositati in un fondo che aiuterà le aziende ungheresi a convertire i loro debiti dalla valuta estera in fiorini. Insomma, nonostante le parole infuocate di Bruxelles contro Budapest, nonostante le “infallibili” ricette della troika, bisogna riconoscere che il nazionalismo, effettivamente, paga.
Fonte: Federico Campoli - Il Giornale d'Italia
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