A questo meeting sulla sicurezza hanno preso parte, tra gli altri, il sottosegretario agli Interni Kiren Rijiju, l’aggiunto Anil Goswami, Sharad Kumar, direttore generale dell’agenzia antiterrorismo, la famigerata NIA che ancora oggi vorrebbe processare i Marò come terroristi passibili di pena di morte, e Asif K. Ibrahim, capo dei servizi segreti indiani. E’ evidente che a parlare di Latorre e Girone sia stato soprattutto Kumar che è il capo degli investigatori della NIA cui era stato affidato il caso, per cui quanto riferito è per forza di cose una versione di parte in termini autogiustificativi, piuttosto che una obbiettiva ricostruzione dei fatti. Infatti, più che illustrare le vicende in cui sono implicati loro malgrado i nostri fucilieri, la NIA si è imbarcata nel difficile compito di spiegare ai suoi interlocutori, specie ai rappresentanti degli Interni, come mai in 27 mesi non si sia arrivati a capo del tormentato caso che ha incrinato i rapporti tra l’India e l’Italia, la Ue, che ha sospeso la ratifica del trattato di coperazione economica, gli USA, inorriditi dal vedere perseguire anzichè i terroristi, quelli che come i Marò li combattono nell’interesse di tutti, e l’ONU, che ha ufficialmente denunciato la palese violazione anche dei più elementari diritti umani dei Marò da parte degli indiani.
La scusa addotta dalla NIA per questo che è ormai persino eufemistico definire “ritardo nell’iter investigativo-giudiziario” è quella che è “tutta colpa dell’Italia” che s’è sempre rifiutata di far interrogare gli altri 4 Marò a bordo della Lexie spedendoli in India, tanto che alla fine si sono dovuti “scomodare” a venire in Italia (poverini, che scocciatura!) ad interrogare i quattro commilitoni di Latorre e Girone. I quali, peraltro, erano stati già ripetutamente interrogati dagli inquirenti indiani nel corso dei due mesi in cui l’Enrica Lexie ed il suo intero equipaggio, tranne Latorre e Girone che languivano in galera, sono stati tenuti sotto sequestro nel porto di Kochi nel 2012. Ma lasciamo perdere ed andiamo avanti.
Kumar ha anche lamentato che l’Italia si è sempre rifiutata di raccoglire l’offerta indiana di “collaborazione” all’inchiesta che avrebbero rivolto alle autorità italiane. Precisato che questa è una invenzione bella e buona, perchè sono stati gli indiani ad arrogarsi il diritto a condurre le indagini autonomamente ed in esclusiva, Kumar ha omesso di specificare che comunque sarebbe stato difficile per chiunque, anche per gli italiani, accettare supinamente di collaborare quando nel corso delle perizie balistiche agli esperti dei nostri Carabinieri e del RIS è stato imposto di “osservare a basta”, facendo loro assoluto divieto di formulare domande, di avanzare richieste di chiarimenti, di obbiettare per le procedure adottate, non in linea od in palese dispregio degli standard internazionali approvati e riconosciuti legalmente validi. Oppure avallare le conclusioni dei periti balistici indiani circa la presunta sparatoria dalla Enrica Lexie senza aver potuto effettuare una sola ricognizione del peschereccio St Antony, rottamato e fatto marcire in mare in un remoto angolo del Kerala, poi miracolosamente fatto ritrovare un anno dopo quando era divenuto inutilizzabile ai fini di indagini e perizie. Su che cosa e come si può collaborare se magistrati ed inquirenti indiani si rifiutano di prendere sistematicamente in considerazione fatti, testimonianze e documenti che scoffessano clamorosamente le ricostruzioni dei fatti ed il traballante teorema accusatorio messo in piedi con le accertate complicità della politica e della magistratura indiana per incastrare i Marò?
Fonti vicine al nuovo premier confermano che Narendra Modi vorrebbe tanto chiudere il caso, perchè lui è un politico pragmatico e non ha alcun interesse in questo momento a tenere aperto un contenzioso che fa accumulare pesanti nubi sulla sua politica estera, tramite la quale vorrebbe rilanciare le ambizioni dell’India in chiave di Grande Potenza. Modi è anche un grande accentratore ed è chiaro a tutti che qualsiasi decisione riguardo ai Marò la prenderà in prima persona, sentito al massimo il parere dell’uomo forte del nuovo governo, il Ministro dell’Economia Arun Jaitley. Siamo nelle condizioni, quindi, nelle quali un approccio diretto del governo italiano sarebbe altamente auspicabile e potrebbe trovare con ogni probabilità l’interessato ascolto del nuovo establishment di New Delhi. Questo significa che tocca a Renzi ad al ministro Mogherini rompere gli indugi, aprire un dialogo a vasto raggio con il governo indiano e creare un clima se non amichevole, almeno improntato a reciproco rispetto ed alla tutela degli interessi comuni. L’Italia ha moltissimo da offrire agli indiani, dai rapporti amichevoli con l’Occidente e l’Europa in particolare, all’apertura degli scambi commerciali, al rafforzamento della lotta al terrorismo. Ora che la Russia si è notevolmente avvicinata alla Cina con una mega-fornitura di gas trentennale, l’India ha la necessità di avere in Occidente dei partners solidi ed affidabili per non venire stritolata nella morsa asiatica rappresentata da Russia, Cina e Giappone.
In altri termini, questo appare il momento più opportuno per avviare una trattative diretta che permetta di evitare quella che al momento appare l’unica alternativa percorribile per ottenere il rilascio dei Marò, cioè l’arbitrato internazionale. Se questo fosse stato avviato due anni, come si sarebbe dovuto, a quest’ora si sarebbe già concluso. Ma adesso, protrarre per altri due anni o più la prigionia non sembra il massimo delle prospettive che si possano offrire a Latorre e Girone. Tra le altre cose, è di dominio pubblico che Narendra Modi le stia tentando tutte per recuperare sul piano dell’immagine personale, dopo che per anni gli Usa ed altri paesi occientali l’hanno incluso nella lista degli esponenti politici “indesiderabili” al punto da negargli il visto di ingresso dopo che l’avevano apertamente accusato di aver fomentato i disordini religiosi con 1200 morti nel Gujarat, lo stato che lui ha governato per 13 anni. Per tutta una serie di ragioni concomitanti, vale quindi la pena tentare di avviare un negoziato diretto e globale con l’India, cosa che, se ne può essere certi, Modi non aspetta altro che si faccia.
Ergo, Renzi e Mogherini: se ci siete battete subito un colpo. Anche perchè al di là di ogni altra considerazione, non ci sembra per niente conveniente ed opportuno che sia la NIA con falsità pretestuose e di parte, e non il governo italiano, ed in via ufficiale, a rappresentare al nuovo governo di New Delhi la reale ed inaccettabile situazione di cui sono vittime i nostri fucilieri del San Marco per colpa di personalità ignobili e meschine dell’India che hanno strumentalizzato il caso nel proprio personale interesse.
Rispondono insieme le donne del Premier: Mogherini e Pinotti
''Non e' retorica dire che siamo tutti con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Questa come le tante altre manifestazioni promosse anche dai compagni d'arma, ci dice una volta di piu' che i nostri due fucilieri di marina sono nel cuore degli italiani''
''Vorremmo ribadire a loro, alle famiglie e a chi ci legge che l'azione dei nostri ministeri e del governo e' quotidiana e instancabile. Puo' apparire silenziosa ma solo perche' l'obiettivo di riconsegnare i nostri due militari alle loro famiglie richiede la massima discrezione. Di certo, stiamo facendo tutto cio' che serve per garantire il pieno successo del caso. Il nostro governo rifiuta la giurisdizione indiana: Massimiliano e Salvatore erano impegnati in una missione internazionale, coperti dall'immunita' funzionale. E questo certifica che la vicenda deve essere ricondotta in un alveo internazionale''
''Dunque e' su questo solco che l'Italia intende mantenersi, consapevole della forza delle sue ragioni in base al diritto internazionale - concludono i due ministri - . E da Roma, oggi, ne siamo certe, arriveranno a Massimiliano e Salvatore il sostegno compatto e la vicinanza di tutto il Paese'' (14/06/2014)
Fonti: http://www.qelsi.it/
http://www.asca.it/
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