L’urlo è da brividi: «Marò Liberi». Il cuore di Roma batte per i due servitori dello Stat che il mondo ci invidia e che questa patria non merita.
A migliaia ieri hanno sfidato il pomeriggio uggioso eppoi la pioggia scrosciante per onorare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone prigionieri in India da più di due anni. Vecchi soldati, giovani militari, parà, incursori, bersaglieri, poliziotti, glorie dello spettacolo e dello sport, qualche politico, tante mamme e tante mogli dei militari impegnati all’estero rappresentati dalla croce d’argento Luca Barisonzi, l’alpino costretto in carrozzina dalle schegge di una bomba in Afghanistan. E poi tanta gente qualunque arrivata nella Capitale dai paeselli più lontani e nascosti di un Paese che da ventotto mesi si sta facendo ridere dietro pure da quei babbei col turbante ad oggi incapaci di trovare un capo d’imputazione ai loro ostaggi.
Sette mesi dopo aver manifestato sempre a Roma per i marò, la compagna del fuciliere Latorre ha chiesto a Il Tempo un aiuto per suonare nuovamente l’adunata. Per il bis ci siamo messi a disposizione e come ogni giorno, da 8 mesi, abbiamo dato tutto per tenere alta la tensione e soprattutto «l’attenzione» del governo, della politica, e soprattutto dei media paludati che frignano ad ogni violazione dei diritti umani altrui per fregarsene degli abusi che ci feriscono più da vicino.
Come ha urlato al megafono Paola Moschetti Latorre «il vero successo di questa manifestazione è stato quello di fare in modo che per 45 giorni si parlasse in continuazione di questa enorme ingiustizia». Oggi sono 847 giorni che quei due poveracci sono laggiù. Chi tace acconsente alla vergogna.
Fonte: IL TEMPO
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