venerdì 2 gennaio 2015

IL GRANDE NON-AVVENIMENTO DEL 2014



Il famoso competente di geopolitica George Friedman, sulla rivista “Stratfor” (numero 1230, del 30.12.2014) parla dei cinque principali avvenimenti del 2014. Qui segue la traduzione di ciò che egli scrive del primo e più importante dei cinque: “Il persistente declino dell’Europa”.
 
L’avvenimento più importante, nel 2014, è uno che non si è verificato: l’Europa non ha risolto i suoi annosi problemi economici, politici e sociali. Lo pongo al numero uno perché, a parte il suo declino, l’Europa rimane una figura centrale nel sistema globale. L’economia dell’Unione Europea è la più grande del mondo, presa tutta insieme, e il continente rimane un centro di commercio, scienza e cultura. L’incapacità dell’Europa di risolvere i suoi problemi, o di realizzare realmente un qualunque significativo progresso, può non comportare l’uso di eserciti ed esplosioni, ma può distruggere il sistema globale più di qualunque altro fattore presente nel 2014.

L’enorme divergenza dei risultati dell’esperienza europea turba quanto il malessere economico generale. L’esperienza è influenzata da molte cose, ma certamente è una caratteristica centrale di essa l’incapacità di trovare un impiego remunerativo. Gli enormi tassi di disoccupazione in Spagna, in Grecia e nell’Europa meridionale in generale toccano profondamente un grandissimo numero di persone. La relativa prosperità della Germania e dell’Austria diverge grandemente da quella dell’Europa meridionale, tanto da mettere in dubbio la capacità di sopravvivenza dell’Unione Europea.

Effettivamente, abbiamo visto il sorgere di partiti anti-Ue non soltanto nell’Europa meridionale ma anche nel resto dell’Europa. Nessuno di loro ha superato la soglia per avere il potere, ma molti si stanno rinforzando, nel corso del tempo, con l’idea che i benefici dell’essere associati all’Europa unita, costituita com’è, sono superati dai costi. La Grecia avrà un’elezione nei mesi prossimi, ed è possibile che un partito che è a favore di un ritiro dall’eurozona divenga il  centro del potere. Il partito UKIP del Regno Unito è addirittura a favore di un ritiro dall’Unione Europea.

Vi è un significativo e crescente rischio che o l’Unione Europea dovrà essere rivista radicalmente per sopravvivere, oppure, semplicemente, andrà in frantumi. La frammentazione dell’Unione Europea farebbe di nuovo spostare l’autorità, formalmente, ad una miriade di nazioni-Stato. L’esperienza dell’Europa, in materia di nazionalismo, è stata certamente tale da turbare – per dire il minimo – nella prima parte del XX Secolo. E quando una regione tanto importante come l’Europa ridefinisce sé stessa, l’intero mondo ne risentirà le conseguenze.

Per tutto ciò, l’incapacità dell’Europa di realizzare un significativo progresso nel trovare una soluzione definitiva ad un problema che cominciò ad emergere sei anni fa ha una straordinaria importanza globale. Essa fa anche porre serie domande riguardo al fatto che il problema sia solubile. A me sembra che, se lo fosse, sarebbe già stato risolto, visti i rischi che esso fa correre. Ogni anno che passa, dobbiamo accettare la possibilità che questa non sia più una crisi che passerà, ma una nuova realtà permanente dell’Europa. Questo è qualcosa a cui abbiamo accennato per anni, e la situazione ci induce a fare previsioni sempre più pessimistiche, perché non mostra segni di miglioramento.

Stratfor 1230. “The Top Five Events in 2014 is republished with permission of Stratfor.”.

Una nota. In linea di principio, le cose scritte da Friedman sono tutte plausibili. E non è strano che le giudichi così il sottoscritto, dal momento che cose pressoché identiche le ho scritte tante volte. Ma un’obiezione è inevitabile. Egli scrive che l’incapacità dell’Europa di risolvere il problema “fa anche porre serie domande riguardo al fatto che il problema sia solubile. A me sembra che, se lo fosse, sarebbe già stato risolto, visti i rischi che esso fa correre. Ogni anno che passa, dobbiamo aprirci alla possibilità che questa non sia più una crisi che passerà, ma una nuova realtà permanente dell’Europa”. 

Che il problema non sia stato risolto, e che ciò faccia correre enormi rischi all’Europa è incontestabile. Ma non altrettanto sicuro è che il problema sia insolubile o che i governanti europei non sappiano come risolverlo. Ragionando a colpi di spada, come Alessandro Magno, potrebbe dirsi che, identificate le cause del malessere, basterebbe rimuoverle e se ne rimuoverebbero anche gli effetti. Molti europei si lamentano dell’euro? Sciogliamo l’euro. Molti europei sono oppressi dal debito sovrano? Dichiariamo che nessuno lo pagherà. Gli europei sono stanchi dell’austerity? Aboliamone i vincoli. E soprattutto: molti europei sono stanchi dell’Unione Europea? Sciogliamo anche questa, e lasciamo una zona di libero scambio. Almeno per gli Stati che sono d’accordo. Il punto infatti non è se questi provvedimenti sarebbero salutari od esiziali, benefici o disastrosi, cause di un peggioramento o di un miglioramento: il punto è che i parlamenti europei non hanno il coraggio di adottare né questi provvedimenti, né altri provvedimenti che siano risolutivi. I possibili rimedi hanno infatti l’insuperabile inconveniente di un alto costo politico ed elettorale. Un costo che nessuno vuol pagare. E allora si continua a navigare a vista, sperando che il problema si risolva da sé o – se proprio deve concludersi con un big bang – che lo faccia quando al governo c’è qualcun altro.

L’Europa non è scema: è vigliacca. Si considera un successo non la soluzione del problema, ma il fatto che non si aggravi ulteriormente e ci sia speranza che continui a non aggravarsi. Almeno non troppo velocemente. 

Insomma, dopo avere tanto deriso “lo spirito di Monaco” e Chamberlain, l’intero continente sembra ricoperto da uno spirito di Monaco più denso di una nebbia londinese. E ci si rifiuta di guardare al di là del proprio naso.

Gianni Pardo, pardonuovo@myblog.it

Fonte: http://scenarieconomici.it/ 

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