Negli ultimi tempi stanno circolando diversi nomi dati per papabili per succedere a Giorgio Napolitano. Vediamo chi sono, al momento, quelli più quotati.
Romano Prodi. Professore di Economia all’università
di Bologna, ministro con Andreotti, poi presidente dell’Iri negli anni
’80. President del Consiglio dal 1996 al 1998 e poi dal 2006 al 2008, è
il padre fondatore prima dell’Ulivo e poi del Partito democratico. Ha
ricoperto l’incarico di presidente della Commissione europea dal 1999 al
2004. Potrebbe pagare lo scotto del 2013, quando 101 franchi tiratori
del suo partito ne impedirono la scalata al Colle.
Giuliano Amato. Eterno candidato, attualmente
giudice della Corte costituzionale, più volte presidente del Consiglio
in situazioni di emergenza. Professore universitario di diritto
costituzionale, ha guidato il ministero del Tesoro e presieduto
l’Antitrust.
Walter Veltroni. Giornalista, regista e scrittore, è
stato uno dei politici più influenti nella transizione del Pci in Pds e
poi Pd. Ha ricoperto l’incarico di segretario dei Ds dal 1998 al 2001 e
poi del Partito democratico dal 2007 al 2009. Tra le sue esperienze
amministrative e di governo, il ruolo da sindaco di Roma dal 2001 al
2008 e il vicepresidente del Consiglio nel primo governo Prodi. Ha perso
le elezioni contro Berlusconi nel 2008.
Pier Carlo Padoan. Attuale ministro dell’Economia,
ha guidato la delegazione italiana al Fondo Monetario Internazionale dal
2001 al 2005, è stato vice segretario dell’OSCE a partire dal 2007 fino
al 2009, quando è diventato capo economista. Chiamato personalmente dal
premier Renzi a guidare i conti del Paese.
Anna Finocchiaro. Tra le donne, viene ritenuta la
più quotata. Ex magistrato, ministro per le Pari Opportunità nel primo
esecutivo di Romano Prodi e attualmente guida la Commissione Affari
costituzionali al Senato, dove è stata capogruppo degli eletti Pd nella
passata legislatura.
Emma Bonino. Una delle personalità femminili più
conosciute all’estero per le sue battaglie con il partito Radicale, è
stata nella Commissione europea dal 1995 al 1999, e, più di recente, ha
ricoperto i ruoli di ministro degli Esteri nel governo Letta e per le
Politiche comunitarie nell’esecutivo Prodi 2006-2008.
Gianni Letta. Si tratta dell’uomo più gradito a
Silvio Berlusconi, di cui è stato consigliere e sottosegretario nei vari
governi da lui presieduti. Ha diretto Il Tempo dal 1973 al 1987 e gode di ottime referenze in Vaticano.
Dario Franceschini. E’ uno dei candidati più giovani
(56 anni). Attualmente ministro della Cultura, è stato segretario del
Partito democratico nel 2009 e ha guidato i deputati Pd alla Camera fino
al 2013. E stato Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
dei Ministri nei governi D’Alema e Amato. Per il governo Letta, nel
2013, è stato Ministro per i Rapporti con il Parlamento e il
coordinamento dell’attività di governo nel Governo Letta.
Mario Monti. Economista, senatore a vita dal 2011,
ex presidente del Consiglio fino al febbraio 2013 dal novembre 2011. E’
presidente dell’Università Bocconi di Milano ed è stato commissario
europeo tra il 1995 e il 2004, prima al mercato interno e poi, con
Romano Prodi, per la concorrenza.
Pierferdinando Casini. C’è anche lui nel novero dei
papabili. Segretario storico dell’Udc, ha ricoperto l’incarico di
presidente della Camera dei deputati dal 2001 al 2006, è ora a capo
della Commissione Esteri del Senato.
Pietro Grasso. Di certo, dopo Napolitano toccherà a
lui, almeno per qualche giorno, il ruolo di reggente. Attuale presidente
del Senato, già procuratore antimafia a Palermo e a capo della
Direzione nazionale.
Mario Draghi. E’ l’alter ego di Mario Monti,
l’economista da esportazione degli ultimi anni, che ha guidato prima la
Banca d’Italia e ora si trova al vertice della Bce in una delle
congiunture più difficili per l’Eurozona.È anche stato Direttore
esecutivo per l’Italia nella World Bank e nella Banca Asiatica di
Sviluppo.
In queste ore, con nomi che si accavallano e si contendono i titoli dei giornali, tutti sembrano essersi dimenticati di un serissimo candidato,
che potrebbe avere il profilo giusto per ottenere l’investitura da
larga parte dei mille grandi elettori. Stiamo parlando di un altro
professore, anche’egli ex presidente del Consiglio e con ampi trascorsi
europei: non Romano Prodi, ma Mario Monti, che risponderebbe all’identikit del nuovo Capo dello Stato per diverse ragioni.
Può avere l’ok di Berlusconi. Nessuno sa con
certezza se nel famoso patto del Nazareno c’è anche una postilla sul
nuovo presidente della Repubblica. Ma le recenti aperture di Berlusconi –
che ha escluso dei “no” a prescindere anche su nomi Pd – renderebbero
il punto di accordo su Monti molto più agevole che su Prodi o altri, i
quali costringerebbero Renzi a giocare sulla difensiva, obbligandolo a
dare garanzie dagli sviluppi imprevedibili per il suo governo. Meglio,
dunque, puntare su uno come Monti, che non chiederà particolari sforzi
di convincimento al Cavaliere né metterà sul piatto scomode
contropartite.
La maggioranza. Obiettivo del governo nell’elezione
del nuovo Presidente, è infatti quello di ottenere il più vasto consenso
possibile attorno al suo nome. Ebbene, Mario Monti potrebbe addirittura
essere eletto al primo scrutinio: attorno al suo nome, non è
fantascienza immaginare il benestare di Pd, Forza Italia, Scelta civica e
Udc. Solo con questo blocco, l’ex premier potrebbe contare con 756 voti
a favore, oltre i tre quarti necessari alle prime tre sessioni. Restano
esclusi l’incognita Sel – che potrebbe anche convincersi – e
l’opposizione netta di Lega Nord e Movimento 5 Stelle, ma residuale se
si considera che Napolitano nel 2013 venne rieletto con 738 preferenze.
L’alternanza. Tra le principali richieste del polo
avverso al Partito democratico, c’è quella di sostituire un laico con un
cattolico, che non sale al Quirinale dai tempi di Oscar Luigi Scalfaro.
Monti potrebbe sopperire anche a questa richiesta, risultando gradito
anche alle schiere più progressiste, non avendo mai assunto, comunque,
profili di integralismo sulle tematiche sensibili.
E’ un liberale. A un ex Pci, logica vorrebbe che
finisca per succedere un moderato. Altro campo in cui il professore
della Bocconi non ha certamente molti rivali in grado di offuscarlo.
E’ fuori scena. Se non si fosse candidato alle elezioni politiche con il fallimento di Scelta civica, oggi Monti potrebbe già essere presidente della Repubblica.
L’entrata in campo, lo ha reso per un breve periodo uomo di parte, e ne
ha escluso a priori la candidatura. Anche lui, dopo lo shock dei 101
antiprodi, partecipò alla processione che invocò la disponibilità a
Napolitano per il secondo mandato. Da un anno a questa parte, Monti ha
capito la lezione: non ricopre più incarichi nel partito e se ne sta
bene in disparte, senza troppe apparizioni sui giornali o in tv.
E’ gradito all’Europa. Senza dubbio, si tratta
dell’aspetto più controverso della sua possibile elezione. Come potrà
Renzi giustificare all’opinione pubblica un presidente così gradito alla
Germania e in particolare ad Angela Merkel? A ben vedere, però, questo
governo si sta dimostrando – timidamente – antieuropeista solo nelle
parole. Così, un Monti sul Colle potrebbe consentire a Renzi di
continuare a parlare male dell’Ue, comportandosi da studente modello
nelle sue visite a Juncker e soci. Altro particolare da non
sottovalutare: a marzo le istituzioni europee dovranno pronunciarsi
definitivamente sulle manovre recenti del governo, in primis la legge di
stabilità. E con Mario Monti al Quirinale, l’ok di Bruxelles
diventerebbe, di colpo, una formalità.
Fonte: http://www.leggioggi.it/
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