Uno dei
passaggi meno conosciuti della vicenda dei due Fucilieri del Battaglione
San Marco illegalmente detenuti in India dal 16 Febbraio 2012, è la
lettera, datata 15 marzo 2013, spedita e firmata dal presidentedi
Confindustria, Giorgio Squinzi, al premier Mario Monti. Lettera che, in
questa partita, è stata giocata come una carta piuttosto convicente per
rispedire Girone e Latorre a New Delhi, «per non mancare alla parola
data» e per «evitare gravi ripercussioni economiche» sul made in Italy
come si disse allora da Palazzo Chigi.
Il
documento esprimeva "la forte
preoccupazione del sistema industriale italiano per la situazione delle
relazioni politiche bilaterali tra Italia e India", rispetto al 2011
"gli investimenti diretti nel 2012 sisonocontratti in concomitanza con
il peggioramento dei rapporti politici" tra i due Paesi. Osservava
ancora
che "la nostra assenza anche limitata del tempo ci porterebbe in una
situazione di forte svantaggio in un mercato tra i più promettent".
Niente di più. Ammesso anche che sia ammissibile – e non lo è – pensare
di mettere a rischio per interessi economici la sicurezza e la tutela di
due soldati italiani, impegnati in una missione internazionale, da
Palazzo di viale dell’Astronomia ci si limita ad esprimere una
preoccupazione generica "per lo Stato dei rapporti politici dei due
Paesi".
Ecco la relazione dell'Ambasciata italiana a New Dheli relativa alla Cooperazione Economica Italo-Indiana
L’India rappresenta oggi un mercato dalle significative potenzialità,
forse unico, a livello globale, per l’ampiezza dei margini di
inserimento che esso offre, pur in presenza di importanti complessità.
Il ritmo di crescita dell’economia indiana resta tra i più elevati su
scala globale, nonostante il rallentamento dell’ultimo biennio.
Nel
passato decennio il Paese ha attraversato una fase di crescita
accelerata, fino a diventare, secondo i dati del Fondo Monetario
Internazionale, la decima economia mondiale in termini nominali. Dopo la
crisi internazionale del 2009 ed un rapido ritorno ai trend pre-crisi
(attorno al 9% nell’anno fiscale aprile 2010/marzo 2011), la crescita
dell’economia indiana si e’ ridotta al 6,7% nel 2011/2012 e al 4,5% nel
2012/2013. Le previsioni per l’anno fiscale aprile 2013/ marzo 2014 si
collocano attorno al 5% .
Il World Economic Outlook" del
Fondo Monetario Internazionale del gennaio 2014 prevede per l’India una
crescita del PIL del 6,4% nel 2015.
Il Governo di New Delhi si e’ dato l’obiettivo di elevare, entro il
2025, il contributo del settore manifatturiero al PIL dall’attuale 15%
al 25%, creando al contempo circa 100 milioni di posti lavoro. Il
Governo ha inoltre lanciato, negli ultimi anni, una serie di piani
industriali, principalmente volti a colmare il deficit energetico ed
infrastrutturale del Paese. Si segnalano la Solar Mission e Wind Mission
nel settore delle energie rinnovabili, mentre nel settore
infrastrutture e’ stato stimato un fabbisogno di investimenti pari ad
1.000 miliardi di dollari per il quinquennio 2012-2017, gran parte dei
quali dovrà essere mobilizzata attraverso la modalità della
Public-Pivate-Partnership. Tra gli altri settori altamente strategici,
in particolare per l’internazionalizzazione delle imprese italiane, si
segnalano la meccanica e meccatronica, il comparto automobilistico
(auto di piccola cilindrata e componentistica) e il settore delle
tecnologie agroalimentari, con particolare riferimento alla
conservazione e trasformazione del cibo.
Nei venti anni dal 1991 al 2011 l’interscambio commerciale Italia-India
e’ cresciuto di 12 volte, passando dal 708 milioni di euro a 8,5
miliardi di Euro. A partire dal 2012 e’ tuttavia iniziato un trend
decrescente, che ha portato il commercio bilaterale a 7,1 mld di € nel
2012 (-16,6%) e a 6,95 mld di € nel 2013 (fonte Eurostat).
Nel 2013, dunque, l’interscambio tra Italia ed India e’ diminuito del 2%
rispetto al precedente anno. Tale decrescita e’ tuttavia in linea con
l’andamento complessivo del commercio tra India ed UE, che nell’anno
considerato si e’ contratto del 4,3%, assestandosi sui 72,7 mld di €.
Negativo, infatti, anche il dato commerciale riferito agli altri
principali partner europei dell’India, tra i quali solo il Regno Unito
ha registrato una crescita del proprio interscambio con il
Subcontinente. Nel complesso, l’Italia rimane il quarto partner
commerciale dell’India tra i Paesi UE (dopo Germania, Regno Unito e
Belgio, seguita da Francia e Paesi Bassi), con una quota pari a circa il
9% del commercio totale UE-India.
Le nostre esportazioni in India nel 2013 sono diminuite del 11.1%,
mentre si e’ vista una graduale ripresa delle importazioni dall’India,
che hanno chiuso l’anno con un +6%, anche in conseguenza del
deprezzamento subito dalla rupia. Di conseguenza si e’ ampliato a circa 1
mld di Euro il nostro deficit commerciale con il Subcontinente.
Macchinari e apparecchi continuano a rappresentare la prima voce
dell’export italiano in India, con una quota attorno al 40%; oltre un
quarto delle importazioni italiane dall’India rientrano invece nella
categoria tessile-abbigliamento-accessori in pelle.
Come emerge dal Piano Nazionale dell’Export presentato nel gennaio 2013
dall'Agenzia per la Promozione all'estero e l'internazionalizzazione
delle imprese italiane – ICE,
l’Asia sara’, nei prossimi anni, il motore principale, se non l’unico,
del commercio mondiale. L’Italia intercetta oggi appena l’1% delle
importazioni complessive dell’Asia e poco meno dell’1% di quelle
dell’India. Al contempo circa l’1,5% dell’export totale indiano si
dirige verso l’Italia. E’ dunque evidente come il potenziale non
sfruttato rimanga significativo.
Secondo
i dati Eurostat, le aziende italiane nel 2011 hanno investito in India
694 mio €, e oltre 1 miliardo di Euro nel 2012 (+59%).
Al dicembre
2012, l’Italia aveva in India uno stock cumulato di investimenti pari
3,75 mld € ovvero il 9% del totale degli IDE europei in India (terza
dopo Germania e Regno Unito, tra i Paesi UE).
Per quanto riguarda il
flusso "inward”, lo stock di investimenti indiani nell'UE ha subito una
crescita costante negli ultimi anni, passando da 584 mio € nel 2004 a
10 mld € nel 2011. La quota italiana sullo stock totale di investimenti
indiani nell’UE e' del 2,3% (pari a circa 240 mio €), dopo Regno Unito,
Germania e Francia. Il 2012 e’ invece stato un anno negativo per gli
investimenti indiani nell’UE, secondo gli ultimi dati Eurostat.
.Nel
complesso si tratta di cifre ancora piuttosto ridotte in termini di
valori assoluti, ma certamente destinate a crescere, considerata la
sempre piu' evidente propensione dei grandi conglomerati indiani a
guardare oltreoceano per cercare opportunità di investimento o di
acquisizioni al di fuori dei confini nazionali.
Si
puo’ stimare un numero totale di circa 400 entità legali e stabilimenti
italiani in India, presenti in diverse forme, raggruppabili in tre
categorie principali: sussidiarie possedute al 100% dalla casa madre
italiana, Joint Ventures (soluzione preferita dalle PMI e d’obbligo nei
settori in cui sono ancora previsti tetti massimi agli investimenti
stranieri) o uffici commerciali di rappresentanza.
Le principali aree geografiche di insediamento delle imprese italiane in
India sono i poli industriali di Delhi-Gurgaon-Noida (c.d. Capital
Belt) e di Mumbai-Pune. Il terzo e quarto polo di concentrazione fanno
riferimento rispettivamente alla città di Chennai, capitale dello Stato
del Tamil Nadu e alla citta’ di Bangalore, capitale dello Stato del
Karnataka. Di rilievo minore la città di Calcutta ed i suoi dintorni.
Grazie alla sua politica di facilitazione degli investimenti e al buono
stato delle infrastrutture, il Gujarat e’ candidato a diventare nel
prossimo futuro un nuovo importante polo di attrazione di investimenti
produttivi, nazionali e stranieri. Interessante in prospettiva anche lo
Stato del Rajasthan, ove cominciano a registrarsi i primi stabilimenti
italiani.
Nonostante marchi come FIAT e Piaggio fossero gia’ presenti sul mercato
indiano, la prima vera ondata di investimenti italiani in India si e’
avuta negli anni 90, come diretta conseguenza della stagione di
liberalizzazioni economiche attuata in quegli anni dal Governo indiano.
Da allora le imprese italiane hanno continuato a guardare con estremo
interesse al mercato indiano, anche se la loro presenza rimane ancora al
di sotto delle potenzialità.
Tra i grandi gruppi italiani presenti in India si segnalano: Fiat (oltre
alla casa automobilistica, anche New Holland e Magneti Marelli),
Carraro, Maschio Gaspardo, Piaggio, Prysmian, Maire Tecnimont, Techint,
Luxottica, Danieli, Ansaldo Energia, Snamprogetti/Saipem, Oerlikon
Graziano, Brembo, StMicroelectronis, Salini Impregilo, CMC di Ravenna,
Bonfiglioli, Mapei, Italcementi, Maccaferri, Ferrero, Bauli, Perfetti
Van Melle, Tessitura Monti, Artsana/Chicco, Benetton, Gruppo Coin, etc.
La presenza di grandi gruppi industriali italiani certamente funge da
traino per la nostra piccola e media impresa. Sono inoltre operative in
India numerose case italiane del design d’interni, moda e segmento lusso
(tra cui Artemide, Poltrona Frau, Natuzzi, Damiani, Ermenegildo Zegna,
Armani, Cavalli, Versace, Missoni ecc.), se pure con un numero di punti
vendita ancora limitato.
Particolarmente attente al mercato indiano
sono le nostre aziende del settore difesa, tra cui certamente il Gruppo
Finmeccanica, Fabbrica d’Armi Beretta, Elettronica, Fincantieri.
Quanto
al segmento finanziario, oltre al Gruppo Assicurazioni Generali, sono
presenti in India con uffici di rappresentanza una dozzina di banche
italiane, principalmente localizzate nel polo finanziario di Mumbai.
Il
dialogo istituzionale bilatere sulle tematiche di interesse economico
si svolge regolarmente anche nel quadro della Commissione Economica
Mista Italia-India, co-presieduta dai rispettivi Ministri del Commercio e
dell'Industria e la cui XVIII sessione si e’ tenuta a Delhi il 14
dicembre 2009. Si tratta di uno strumento a largo raggio, per
affrontare problematiche e sviluppare modalita’ di collaborazione
bilaterale in una sfera ampia di tematiche che vanno dalla promozione
dei flussi commerciali alla cooperazione industriale nei vari settori
(turismo, infrastrutture, aviazione civile, agricoltura, design, tessile
solo per citarne alcuni), dalla tutela della proprieta’ industriale
alla cooperazione finanziaria ed in materia di rilascio dei visti
d’affari.
Fonte: http://www.blitzquotidiano.it/
http://www.ambnewdelhi.esteri.it/Ambasciata_NewDelhi/