L’oscena tragicommedia che si sta consumando da quasi tre anni sulla
pelle dei Marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha visto
l’entrata in scena di un nuovo personaggio: il neoministro degli Esteri
Paolo Gentiloni.
La nomina di Gentiloni, in effetti ha rappresentato un fatto
positivo per la vicenda dei Marò. Non in sé; perché nessun credito
particolare può essere attribuito a questo personaggio, ma per il fatto
che con la sua nomina alla Farnesina si è scongiurata quella di Lapo
Pistelli, responsabile Esteri del P.D. che pare che Napolitano volesse a
tutti i costi (non si riesce a capire perché), forse chiamato a
sostituire la Mogherini.
Lapo Pistelli è quel tale che, esprimendo la sua non
dissimulabile soddisfazione per il vergognoso voltafaccia del morituro
Governo Monti sulla decisione di non rimandare i due poveracci in India a
fare da ostaggi per non precisate ed imprevedibili ulteriori pretese
del Governo Indiano, non senza ironizzare sulla persona del Ministro
Terzi di Sant’Agata che aveva predisposto accuratamente (e
motivatamente) il rifiuto di riconsegnarli ai sequestratori, non esitava
a dichiarare che una soluzione sarebbe stata possibile accordandosi con
il Governo Indiano perché infliggesse ai due Militari “una pena non superiore a sette anni di carcere, da scontare in
Italia”.
Non
dovrebbe, quindi essere difficile a Gentiloni tenere un contegno un po’
meno scandaloso di quello del suo antagonista nella corsa al “rimpiazzo”
della Mogherini.
Detto
questo c’è da prendere atto che Gentiloni ha espresso il suo illuminato
giudizio ed i suoi arditi propositi sul caso dei Marò “nel segno della
continuità” cioè della assoluta inconcludenza, malamente camuffata con
le chiacchiere, secondo uno stile oramai irrinunziabile del Governo di
cui fa parte.
Arrivato,
dunque, sul palcoscenico della triste vicenda, Gentiloni ha dichiarato:
“L’Italia intende imprimere un significativo cambio di passo (sic) alla
trattativa con il Governo Indiano per i nostri Marò…Non tanto
perché…rischiavamo davvero di avviarci in un labirinto…Non abbandoniamo
la vita dell’arbitrato internazionale, ma è da un negoziato “rispettoso”
e soprattutto condotto con fermezza e fuori dal fascio dei riflettori
che potrà venire la soluzione del pasticcio”.
Ottima cosa il riconoscimento del fatto che si è combinato un pasticcio.
Il
che, però, dice poco se non si ammette che a crearlo ci sono state le
colpe inconcepibili dei governi che si sono succeduti in questi oramai
quasi tre anni (compreso quello di cui fa parte Gentiloni!!!).
Ma
la dichiarazione “programmatica” di Gentiloni è addirittura sconcertante
per la sua disinvoltura menzognera quando afferma che il “negoziato
rispettoso” con l’India dal quale ci si attende la soluzione del caso (è
da augurarsi diversa da quella auspicata da Lapo Pistelli) avverrò
oltreché “fuori dal fascio dei riflettori” (che, in realtà non si sono
mai accesi, non avendo, del resto nulla di serio da illuminare) ma anche
“non abbandonando la via dell’arbitrato internazionale”.
Una via mai intrapresa.
Dopo
la “retromarcia” sulla non “restituzione” dei Marò alla semidetenzione
indiana, che avrebbe dovuto accompagnare l’apertura dell’arbitrato
internazionale, con la sconcezza che costrinse Terzi alle dimissioni,
l’apertura della procedura per l’arbitrato fu ripetutamente e
bugiardamente annunziata da diversi ministri degli Esteri. Ultima la
Mogherini. Nessuno è più disposto a credere ad un nuovo annunzio, ancor
meno al “non abbandono” di quella via che si è ripetutamente mostrato di
non voler imboccare.
Ma
se l’inconcludenza delle chiacchiere pare non sia, essa sì, abbandonata
per la soluzione della vicenda dei Marò, non inconcludente è l’opera che
il ministro (ed Ammiraglio) Di Paola, quello che tradì Terzi (ed i
Marò) e che poi si recò a convincere questi ultimi a tornare in India
“tanto si sarebbe trattato di una questione di giorni”, ha dedicato alla
sua collocazione di povero pensionato.
E’
nota la vicenda della sua fretta nell’accaparrarsi una consulenza di
“strategia universale” (o altro e non meno roboante titolo) con la
Finmeccanica, che si fece conferire prima della scadenza dell’anno della
sua uscita dal Ministero di Via XX Settembre (forse pretendendo che
l’anno decorresse dalle dimissioni del Governo Monti e non dal momento
della sua effettiva sostituzione) così che poi l’Antitrust bocciò il
conferimento.
Ora
Di Paola si trasferirà negli Stati Uniti, dove dal 1° gennaio 2015
assumerà la carica di “Vice presidente esecutivo con responsabilità
mondiale” nella banca privata EuroOrientFinancial Group, che finanzia
progetti in Paesi in via di sviluppo.
Non sappiamo se e quanti di questi progetti riguardino l’India.
Questa
notizia sul conseguimento della prestigiosa e, è da ritenersi, assai
succulenta carica da parte di quello che Mauro Mellini, nel suo libro
“Il mercato dei Marò”, (Bonfirraro Editore, che in questi giorni sta
andando nelle librerie) definisce il più marchiano responsabile delle
disavventure dei nostri Marò e del tradimento dell’operazione, tessuta
dal Ministro degli Esteri dell’epoca Guido Terzi di Sant’Agata, per
impedire la loro riconsegna ai sequestratori Indiani non è fornita dai
blog che puntualmente riportano le “buone notizie” ogni volta che i
ministri e viceministri degli Esteri che si sono succeduti nella carica
aprono le bocche bugiarde sull’oramai incredibile caso.
Ce
ne informa invece un articolo del Generale Fernando Termentini, che può
considerarsi il più acuto e schietto conoscitore dell’intera vicenda e
che, a viso aperto affronta l’ipocrisia ed il cinismo dei “mercanti” di
vite e di onore che blaterano facendosi giuoco della pubblica opinione.
Ma
intanto un articolo di tale Antonio Armellini intitolato “Marò, due
sentenze per un vero cambio di passo” sul Corriere.it/Opinioni del 22
novembre ci spiega i motivi per i quali la solita bugia del neoministro
Gentiloni sarebbe questa volta una possibile verità.
Il
“cambio di passo”, secondo l’intervista a Gentiloni (o, magari, secondo
il servizievole intervistatore) non sarebbe in realtà nella marcia del
Governo Italiano (la cui immobilità non consente tali cambi) ma di
quello Indiano, anzi della Nazione, dello Stato (Federale) Indiano.
Perché
le “speranze d’Italia” (quelle attuali, non quelle di Balbo che “dai
tedeschi lurchi – liberar non ci possono che i Turchi”) dovrebbero
riporsi “in due sentenze” dell’Alta Corte di Mumbai. Riguardanti ahimè,
non la pirateria, la legittima difesa, la questione delle acque
territoriali e del locus commissi delicti, ma due questioni fiscali e
non di Marò o di soldati Indiani o stranieri ma di due multinazionali,
del petrolio (la ESSO) e delle telecomunicazioni (la Vodaphone).
L’Alta
Corte suddetta ha riformato quelle di primo grado che sancivano una
“rapina fiscale” a danno delle due società. Ora, ragiona (si fa per
dire) il sullodato Antonio Armellini, è segno che la magistratura
Indiana si sta “ammorbidendo” e, come ha cancellato la “rapina fiscale”,
potrebbe cancellare il “sequestro di persone a scopo di estorsione” (la
definizione è nostra, ma il concetto è di questo Armellini).
Purtroppo
né Girone né Latorre sono due multinazionali. Anzi, il loro sacrificio,
il loro rimanere in ostaggio presso gli Indiani era stato ritenuto da
uno che se ne intende (Passera) e condiviso da quasi tutti i ministri
del Governo antispread Monti, come necessario per gli interessi di alti
affari ed affaristi, multinazionali e no.
Ma
tanto vale. Se questa è la ragione che fa sperare al nuovo ministro
degli Esteri di poter imprimere un nuovo passo alla trattativa con gli
Indiani, poveri Latorre e Girone.
E’
da augurarsi che non risulti che aveva ragione Napolitano che al posto
ora occupato da Gentiloni voleva Pistelli. Quello che si proponeva di
ottenere per i due Marò una condanna a “non più di sette anni”.
Pare che il peggio venga sempre dopo.
Fonte: http://www.giustiziagiusta.info/
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