International Tribunal for the Law of the Sea
PRESIDENTE: Buongiorno. Noi ora
ascolteremo la seconda tornata di memorie dell'India nella causa riguardante
l'incidente della "Enrica Lexie". Do la parola al signor Narasimha
affinché inizi
la sua dichiarazione.
SIG. NARASIMHA: Signor
Presidente, e membri della Corte, inizierò con alcune brevi osservazioni. Mi
succederà poi il signor Bundy e quindi il Professor Pellet.
Sono rimasto sorpreso quando ho
sentito l’esposto di Sir Daniel Bethlehem nel quale ha detto:
"Il verdetto della Corte
Suprema dell'India che, richiedeva eccezionalmente la costituzione
di un tribunale speciale per i
fucilieri, era discutibile sotto il profilo della Legge Costituzionale
indiana."
Mi spiace dirlo, Signor
Presidente, ma la corte speciale costituita su richiesta della Corte Suprema
per giudicare i fucilieri non può all’improvviso, per qualche inspiegabile
ragione, diventare incostituzionale. Con tutto il rispetto per il parere
dell'Italia circa i tribunali speciali, io assicuro che questi non sono
tribunali ad hoc. I tribunali speciali sono costituiti conformemente alle
stesse leggi che reggono gli altri tribunali nel paese e che la nomina dei
giudici ai tribunali speciali è la stessa di qualsiasi altro tribunale. Infatti
per i tribunali speciali vengono scelti ed assegnati magistrati già nel ruolo
giudiziario affinché siano dedicati alle udienze e sentenze di casi il cui
processo decisionale avvenga sotto circostanze particolari che richiedono
decisioni urgenti. In realtà, il tribunale
speciale è stato costituito con
la nomina di un giudice di somma autorevolezza e nel rispetto dei diritti dei
fucilieri.
Non ci può essere nulla di più
lontano dalla verità che far valere motivi inesistenti nel contestare la
validità dei tribunali speciali, e per di più per la prima volta davanti a
questa corte. Infatti, la Corte
può rilevare come l'Italia non abbia mai messo in discussione la validità
costituzionale della creazione del tribunale speciale. Il professor Verdirame
ha avanzato un argomento simile, che manifesta la stessa ignoranza circa i
tribunali speciali.
Signor Presidente, oggi sono
state portate accuse di presunti ritardi nel comunicare i capi d’accusa agli
imputati. Io credo vi sia un po’ di confusione per quanto riguarda il quando
tali informazioni relative ai capi d’accusa debbano essere comunicati.
In primo luogo, la nostra
Costituzione prevede garanzie contro arresto e detenzione (ingiusti). Cito ora
il testo pertinente dell'articolo 22, paragrafo 1, della Costituzione che
recita:
Nessuna persona arrestata può
essere detenuta senza essere informata, al più presto, dei motivi di tale
arresto né gli potrà essere negato il diritto di consultare un avvocato di sua
scelta, e di essere difesa da lui. Né India, né l'Italia sostengono che le
disposizioni costituzionali di cui sopra, seguite dal Codice di Procedura
Penale, non siano state soddisfatte. Il professor Verdirame ha ieri
categoricamente dichiarato che:
"il requisito del giusto
processo che porta ad informare una persona circa le accuse contro di lei, non
è una formalità giuridica astratta ".
Sono pienamente d'accordo con
lui. Egli ha poi concluso quel punto, dicendo che l'India ha cercato di
nascondere questo fatto, con l’utilizzo di frasi arcane come
"fabbricazione delle accuse". Qui la confusione diventa evidente.
Informare delle accuse una persona arrestata è una cosa, mentre la
fabbricazione di accuse è ben altro. Credo che vi sia molta confusione su
questi due aspetti nelle memorie che sono state presentate.
Nessuno sostiene che tali
requisiti non siano stati rispettati al momento degli arresti; anche in questo
caso, i due fucilieri sono chiaramente “stati informati” delle accuse in ogni
fase. Sostengo che questa fase sia stata superata e che risalga al momento
dell'arresto nel 2012, quando gli accusati furono informati delle accuse contro
di loro. Forse l’asserzione fatta dal legale italiano riguarda l'obbligo
giuridico del “compilare i capi d’accusa” e questo avviene in un tribunale.
Tale obbligo ha effetto immediatamente dopo il termine dell’indagine quando
l'agenzia inquirente finisce e con segna la propria relazione. Una volta
depositata tale relazione l'imputato ha la possibilità di essere ascoltato e
poi la corte stabilisce le accuse. Ho già trattato nelle mie memorie la
questione dei presunti ritardi e mancato deposito dei capi d’accusa e non
desidero qui ridiscutere quest’argomento.
E 'incomprensibile come due
imputati, che sostengono di non conoscere le accuse contro di loro, abbiano
presentato più volte richieste volte ad impedire alla NIA, National
Investigation Agency, di presentare capi d’accusa o privarla di giurisdizione.
Da un lato, la parte italiana cita alti principi del diritto e, dall'altra,
mantiene un silenzio stoico circa le varie istanze e ingiunzioni presentate
contro la NIA.
Queste affermazioni inspiegabili
e contraddittorie dall'Italia mostrano che, anche se oggi avete davanti a voi la Repubblica italiana, né
l'uno né l'altro dei fucilieri ha rinunciato ai suoi ricorsi dinanzi al
tribunale speciale o dinanzi alla Corte Suprema. Sebbene io non voglia inondare
questo tribunale con termini e concetti giuridici indiani, protesto contro i
tentativi dell'Italia di screditare il sistema giuridico indiano, sistema da
loro utilizzato ininterrottamente dal 2012. Questo Tribunale sa molto bene che
i capi d’accusa furono depositati nello Stato del Kerala entro 90 giorni (dall’arresto),
che corrisponde ai requisiti di legge del codice di procedura penale. Dopo la
sentenza della Corte Suprema del 18 gennaio 2013, fu costituito il tribunale
speciale ed il caso è stato
affidato alla NIA. La NIA ha presentato la sua relazione
al governo il 27 novembre 2013.
E importante notare che 15
gennaio 2014, la NIA
ha ricevuto un ricorso presentato da Italia e fucilieri richiedente che alla
NIA fosse negato di indagare sul caso. Ho già parlato dell'ordinanza del 24
febbraio 2014, quando la questione è stata rinviata ad una Sezione Speciale
(della Corte Suprema). Questa ordinanza, assieme alla successiva del 28 marzo
2014 di cui abbiamo già parlato in dettaglio, ha portato alla sospensione del
procedimento penale dinanzi al tribunale speciale. La procedura prevede che (i
capi d’accusa) siano depositati solo dinanzi al giudice designato. Non
essendovi alcun giudice designato i capi d’accusa non potevano essere depositati.
Signor Presidente, credo che la confusione, relativa alla costruzione di accuse
ed il deposito dei capi d’accusa, abbia portato in qualche misura ad un’errata
concezione della procedura e dei diritti presumibilmente lesi.
Sir David Bethlehem ha citato la
sezione 161 del codice di procedura penale indiano (linguetta 33 della cartella
italiana al giudice). Tuttavia, vorrei richiamare l'attenzione del Tribunale
sull’articolo precedente, il 160, anch’esso importante. In virtù di
quest’articolo, un ufficiale di polizia ha il potere di richiedere la presenza
di testimoni. Quindi la
Sezione 161 è solo una norma abilitante ch
e prevede, in capo al funzionario
di polizia, espressamente la facoltà di decidere a sua
discrezione se l'individuo debba
essere fisicamente presente agli interrogatori, o se sia possibile utilizzare
registrazioni in video-conferenza. Questa disposizione non è obbligatoria, come
già letto
nella stessa sezione 161. Questo
è il motivo per cui sostengo che quest’articolo non è vincolante e lascia
discrezione assoluta all’Agenzia per decidere in qual modo raccogliere le
dichiarazioni da un testimone. La
Sezione 161 non riguarda i testimoni. La questione della
audizione di testimoni si po
ne quando il processo inizia. Le
dichiarazioni che devono essere registrate ai sensi della sezione 161
riguardano le dichiarazioni
raccolte durante l'inchiesta. E’ per questa ragione, pertanto, che il giudizio
citato non è rilevante per i fatti di questo caso. Si riferisce alle dichiarazioni
che possono esser rese da un testimone come probatorie in un tribunale.
Ora arrivo subito, Sig.
Presidente, alla questione del giusto processo. È stato asserito oggi che
l'India ha anticipato il giudizio sulla questione della morte dei pescatori ed
ha concluso che i responsabili siano i fucilieri. La presunzione di innocenza è
un principio fondamentale nella giurisprudenza penale indiana. Ogni evento deve
essere dimostrato dal pubblico ministero "oltre ogni ragionevole
dubbio". Sotto la nostra Costituzione, la violazione della libertà
personale può avvenire solo tramite una procedura stabilita dalla legge e tale
procedura, come affermato dalla Corte Suprema, deve essere equa, giusta e
ragionevole. Abbiamo sempre seguito questo principio e vi sono state molte
disposizioni che, esaminate nel tempo dalla Corte Suprema, sono state da questa
giudicate incostituzionali e abolite. La procedura in vigore oggi è quindi
riconosciuta dal punto di vista costituzionale, ovvero una procedura equa, giusta
e ragionevole.
Questi principi sono alla base
del codice di procedura penale indiano e la magistratura non può accettare o
tollerare neanche una minima azione di governo in violazione di questi
principi. Essendo questi diritti o libertà fondamentali per l'essere di un
individuo, i tribunali indiani li hanno sempre difesi con zelo. Sir Daniel
Bethlehem ha detto che l'India, basandosi sulla sentenza del 18 gennaio 2013
per sostenere come la questione della competenza fosse stata mantenuta sospesa,
nella dichiarazione scritta nonché nella memoria depositata presso la Corte Suprema, si
era opposta alla Petizione a Verbale in quanto esclusa dal fatto di essere
passata in giudicato. Egli sostiene che qui c'è una contraddizione. La mia tesi
è (invece) che non vi sia contraddizione alcuna. Io sostengo solo che la sentenza
del 18 gennaio 2013 sia finale e non possa essere rivista, il che significa
anche che il diritto di opporsi alla giurisdizione dell'India resta aperto. Né la Corte Suprema, né il
Governo dell'India cercano di sopprimere questo diritto, che è stato peraltro concesso
loro in precedenti atti dalla Corte Suprema.
In risposta al professor
Verdirame, che dice che l'India non ha deciso la questione della giurisdizione
dopo tre anni e mezzo, direi che questo affermazione è completamente infondata.
A nome dell'India affermo che non esiste ambiguità su questo tema. Non vi è
nessuna ambiguità nell
a posizione dell'India riguardo
alla giurisdizione. L'Italia e i fucilieri affermano a torto che l'India non
sia competente ed hanno insistito su questo punto inutilmente.
Ho finito la mia presentazione e
le chiedo, signor Presidente, di dare gentilmente la parola al Sig. Bundy.
PRESIDENTE: Grazie, Sig.
Narasimha. Do ora la parola al Sig. Bundy.
SIG. BUNDY: Signor Presidente,
membri della Corte, tocca nuovamente a me esaminare la prima richiesta di
misure provvisorie avanzata dall’Italia e mostrare come l'Italia non abbia
soddisfatto l'onere di provare che esista una situazione di urgenza che
giustifichi un intervento di questo Tribunale per obbligare l’India ad
astenersi dall’esercitare ulteriormente in qualsiasi forma la propria
giurisdizione, relativamente al caso in esame, allo scopo di prevenire danni
irreparabili all’Italia.
Ieri, Sir Daniel Bethlehem ha
avanzato diverse affermazioni che, a suo avviso, sostenevano le tesi
dell'Italia contenute nel primo esposto. Queste affermazioni sono state
ripetute stamane. Fra queste vi erano le seguenti:
Solo alla fine di maggio di
quest'anno, è emerso che non sarebbe stata possibile alcuna soluzione
diplomatica della controversia tra India e Italia. Questo cosiddetto
"impasse politico" ha coinciso con ciò che Sir Daniel ha definito
"timori urgenti in forma acuta e crescente”, di natura sia umanitaria sia
legale, che ci ha portato a comparire davanti a voi. Di conseguenza, le
richieste italiane di provvedimenti provvisori, per citare il mio dotto amico
"arrivano in un momento in cui la controversia tra Italia e India rischia
di degenerare sul serio". Infine, secondo questa tesi, vi è “adesso” la
prospettiva di imminenti procedimenti penali contro i due fucilieri, a meno che
non venga impedito all’India di esercitare la sua giurisdizione. Così,
sostengono i nostri oppositori, “il rischio di danni irreversibili ai diritti
dell'Italia si è ... improvvisamente adesso cristallizzato"
Queste affermazioni non sono
corrette e nessuna di loroè supportata da alcuna prova nel fascicolo del caso.
Come ho spiegato ieri pomeriggio, e come lo ripeto oggi, risulta dal fascicolo
che non c'è assolutamente alcun rischio di danno reale e imminente contro i
diritti dell’Italia, tale da giustificare un ordine all'India di astenersi
dall’esercitare ulteriormente la giurisdizione sulla controversia.
Per dimostrarlo, invito questo
Tribunale a riesaminare la situazione quale esistente alla "data
critica", cioè al 26 giugno 2015. Questa data è quella della Notifica dell’Italia di avvio della
procedura arbitrale di cui all'allegato VII. Questa notifica ha chiesto
all’India di accettare esattamente le stesse misure provvisorie che l'Italia
oggi chiede a questo Tribunale. Ne segue che, a partire dal 26 Giugno 2015, l'Italia dovesse
considerare che esisteva una condizione d’urgenza che giustificasse la
prescrizione di misure provvisorie. Pertanto, le domande chiave sono: qual’era
la situazione a quella data?
Si può pensare che ci fosse una
situazione d’urgenza, oppure un rischio di danno irreparabile, che si
manifestassero prima della costituzione del Tribunale dell’allegato VII e 18
questo potesse pronunciarsi sulla questione?
La risposta è "no". Per
dimostrarne il perché dobbiamo prendere in considerazione i fatti e non
semplici affermazioni come tende a fare il legale per l’Italia. Come espresso
dalla Camera Speciale nel caso del Ghana/Costa d'Avorio:
La decisione sull'esistenza di un
rischio imminente di danno irreparabile può essere presa solo caso per caso,
tenendo conto di tutti i fattori pertinenti. Inoltre, mentre questa mattina Sir
Michael (Wood) ha sostenuto che nulla impediva al Tribunale di emettere misure
provvisorie, per la durata dell'arbitrato previsto dall'allegato VII, questi
non ha affrontato la questione chiave. Come asserito da questo Tribunale, nel
Caso di Bonifica (Land Reclamation), L'urgenza della situazione deve essere
valutata tenendo conto del periodo durante il quale il tribunale arbitrale
dell’allegato VII, non è ancora in grado di "modificare, revocare o
confermare queste misure provvisorie".
Quindi, l’ambito temporale
limitato delle misure provvisorie, che un appellante chieda a questo Tribunale,
prima della creazione del tribunale previsto all’Allegato VII, è un fattore
rilevante per stabilire se vi sia veramente una situazione d’urgenza ai sensi
dell’art. 290(5) della Convenzione.
Allora, qual’era la situazione di
fatto alla vigilia della Notifica dell’Italia?
In primo luogo, il caso contro i
due fucilieri dinanzi al tribunale speciale, istituito dall’ordinanza del 18
gennaio 2013 della Corte Suprema, era stato sospeso. Questo in diretta
conseguenza di un’istanza dei fucilieri che chiedeva, fra l’altro, alla Corte
Suprema nel marzo 2014 - la famosa istanza (Writ) n° 236 – relativa alla
disputa Delimitazione Confine Marittimo (Delimitation of Maritime Boundary) fra
Ghana e Costa d'Avorio in Oceano Atlantico (Ghana/Costa d'Avorio), ordinanza
del 25 aprile 2015, par. 43. di sentenziare che il tribunale speciale fosse
senza giurisdizione. E’ stato in risposta a quella richiesta che la Corte Suprema, il 28
marzo 2014, ha
emesso un ordine di sospensione del giudizio dinanzi al tribunale speciale; e
tale è tuttora l’attuale situazione.
In secondo luogo, come il mio
collega Procuratore Generale Aggiunto ha testè spiegato, la National Investigation
Agency (NIA) non è stata in grado di presentare la sua relazione di indagine
sull'incidente, né al pubblico ministero né al tribunale speciale, perché i
fucilieri avevano anche contestato la competenza della NIA a condurre questa
indagine. Questo ha reso impossibile al pubblico ministero la formulazione
delle accuse contro i fucilieri. La nozione, che vi sia un rischio di
procedimenti penali imminenti contro i due fucilieri, in conseguenza di questi
due fattori risulta fondamentalmente errata. Questa non esiste proprio.
In terzo luogo, al 26 giugno di
quest'anno i procedimenti avviati dalla richiesta (Writ) 16 N° 236 dei
fucilieri erano ancora in sospeso, con un’udienza fissata per 17 il 13 luglio.
Ricordatevi, a voi piacendo, Signor Presidente e membri di questa corte, che
nella loro petizione i fucilieri avevano chiesto alla Corte Suprema di decidere
sulle questioni fondamentali di giurisdizione nonché immunità. Volevano che la Corte Suprema
esercitasse la (propria) giurisdizione su tali ricorsi e, a tale scopo, si
sottoposero volontariamente alla giurisdizione della Corte Suprema.
Prima del 26 di giugno, non vi
era alcuna richiesta perché un tribunale dell’Allegato VII deliberasse su
questi problemi e non c'era alcuna indicazione che i fucilieri avrebbero in
seguito cambiato idea per chiedere alla Corte Suprema di sospendere l'esame del
loro stesso ricorso.
In quarto luogo, per quanto
riguarda la situazione al 26 giugno, il Primo Capo Latorre era in Italia a
seguito di una precedente ordinanza della Corte Suprema, che riduceva gli
obblighi derivanti dal rilascio su cauzione. In quanto al Secondo Capo Girone,
al 26 Giugno 2015, erano passati 28 mesi - quindi più di due anni - dall’ultima
richiesta alla Corte Suprema di un permesso per visitare l’Italia. Va ricordato
che il Secondo Capo Girone aveva ritirato unilateralmente una richiesta, di
esser sollevato dai suoi obblighi sotto cauzione, nel mese di dicembre 2014, e
questo prima che la
Corte Suprema potesse pronunciarsi sulla sua istanza.
Come può l’Italia postulare una
situazione d’urgenza per il Secondo Capo Girone il 26 maggio, quando costui non
ha perseguito per oltre due anni alcuna istanza di esser sollevato dagli
obblighi sotto cauzione, è inspiegabile.
Ne consegue, in quinto luogo, che
non c'è assolutamente alcuna prova che stabilisca che solo nel maggio del 2015
sia parso chiaro che una soluzione diplomatica non si potesse raggiungere, né
che, come affermato da Sir Daniel:
A questo punto – cioè nel Maggio
2015 - il governo indiano disse all'Italia che non c'era margine per perseguire
una soluzione negoziata, visto il coinvolgimento della Corte Suprema
dell'Unione Indiana
Dove sono le prove a sostegno di
questa affermazione? Non nel fascicolo. Si tratta di una pura e semplice
asserzione. Né ha il mio collega indicato alcun documento a sostegno di questa
affermazione che, comunque, solo nel maggio di quest'anno una soluzione fosse
divenuta impossibile.
Gli argomenti di Sir Daniel su
questo punto sono pure e semplici asserzioni. Egli non ha indicato alcun
documento a sostegno della sua tesi. L'unica cosa che ha prodotto stamane, nel fascicolo
Italia alla linguetta, è un estratto da un blog nel quale si chiedeva al
ministro degli Esteri indiano conto delle relazioni con l'Unione europea. Nella
sua risposta il Ministro ha dichiarato che 12 l’India aveva ripetutamente detto
all’Italia che avrebbe dovuto collaborare con l’India, nel contesto del
procedimento giudiziario in corso in India, in fase di giudizio dinanzi ai
tribunali indiani, ma che l'Italia non l’aveva fatto. Non vi è nulla di nuovo.
Questa è stata la posizione coerente dell’India durante i precedenti tre anni.
Mentre Sir Daniel insinuava l’esistenza di colloqui riservati, condotti dietro
le quinte e di cui non vi è traccia - mi sono chiesto se stesse rendendo
testimonianza o facesse semplicemente riferimento a documenti fuori fascicolo -
il fatto è che l'ultima Nota Verbale in archivio, inviata dall’Italia all’India
a questo proposito, è datata 18 aprile 2014 cioè 14 mesi prima. Già allora,
nella primavera del 2014, era chiaro che c'era una situazione di stallo diplomatico.
In breve, non c'era assolutamente nulla di nuovo nel maggio 2015.
Ne consegue che l'affermazione di
Sir Daniel che le parti erano sull’orlo di complicanze potenzialmente gravi è
totalmente infondata. Né è corretto sostenere che vi fossero allora preoccupazioni
di crescente urgenza di natura umanitaria e legale. Non c'era niente di tutto
questo, come ho appena spiegato.
Malgrado questo, la parte avversa
sembra attribuire grande importanza al fatto che, al 4 luglio di quest'anno –
cioè che, dopo che l'Italia aveva già annunciato la sua intenzione di
richiedere misure provvisorie - i fucilieri avessero richiesto alla Corte
Suprema di rinviare l'esame della loro domanda (Writ) n° 236. Tuttavia,
quell’istanza non altera comunque l'equazione in termini di urgenza o di
rischio di danno irreparabile. Se
qualcosa è dimostrato, è piuttosto che non vi sarà alcun "onere
indebito" per l'Italia qualora al procedimento, ora dinanzi alla Corte
Suprema indiana cui gli stessi fucilieri hanno chiesto di decidere sulle
questioni di giurisdizione e immunità, fosse con sentito di procedere.
Per dirla più brevemente
possibile, una parte non può pretendere che vi sia un danno irreparabile o
indebiti oneri se questa parte si sottopone volontariamente alla giurisdizione
di quel tribunale (in questo caso la Corte Suprema dell'India) e gli chiede di
decidere sulle questioni fondamentali della controversia - la giurisdizione e
l’immunità - e poi voltarsi e sostenere che, in effetti, tali problemi
andrebbero ascoltati e decisi da un altro organismo, vale a dire il Tribunale
dell’Allegato VII, e che il primo giudice, la Corte Suprema
dell’India, debba astenersi dal procedere ulteriormente. Che ciò sia visto come
un escamotage, oppure come conseguenza del principio che uno Stato non possa ca
mbiare continuamente idea, fa
poca differenza. La richiesta dell'Italia che sia il tribunale arbitrale,
Allegato VII, deputato a decidere su tali punti non inficia la precedente
richiesta dei fucilieri affinché quella decisione toccasse alla Corte Suprema.
Analogamente, la tesi del professor Verdirame che, qualora fosse stato permesso
alla Corte Suprema di procedere, la giurisdizione sarebbe stata decisa prima
che fosse il tribunale arbitrale - allegato VII - ad esaminare la questione,
contraddice ciò che i fucilieri hanno chiesto di fare alla Corte Suprema.
La controparte italiana
semplicemente ignora tali fatti. Egli ha detto stamane che l'India non ha
deciso se, dopo tutto, la giurisdizione le appartenga e che questo ritardo è
imputabile al sistema giuridico indiano. Queste affermazioni non sono
sostenibili. Debbo forse ricordare alla Corte che la giurisdizione sarebbe
stata decisa dal tribunale speciale qualora l’Italia e i fucilieri non avessero
fatto istanze contestando la giurisdizione del Tribunale Speciale e qualora non
fosse stata presentata, sempre da Italia e fucilieri, una richiesta alla Corte
Suprema di sospendere il procedimento dell’istanza in corso presso la stessa
Corte Suprema volta a decidere su giurisdizione ed immunità?
Qualora l’Italia e i fucilieri
non avessero sottoposto quelle istanze, la questione della giurisdizione oggi
sarebbe già stata decisa. Non è stata colpa dell’India. Ne consegue che, se ci
sono complicazioni, derivanti dai ripetuti ripensamenti di Italia e fucilieri,
come Sir Daniel sembra temere, queste sono attribuibili agli stessi fucilieri.
E questo, Signor Presidente e
membri della Corte, a parere dell’India, non può giustificare l’impedimento ai
tribunali indiani di proseguire nell'esercizio della giurisdizione chiesto loro
dai fucilieri stessi.
Alla luce dei fatti in causa, la
tempistica della Notifica arbitrale - Allegato VII - dell’Italia, nonché la sua
richiesta di misure provvisorie, è del tutto arbitraria. Nulla è cambiato nel
maggio 2015 che abbia creato una qualunque situazione d’urgenza.
Questa mattina, il professor
Verdirame ha citato il caso “Camouco” a sostegno della tesi che, nei casi a
soluzione rapida, questo Tribunale abbia stabilito che la Convenzione del mare
"non richiede allo Stato di bandiera di presentare istanza in un
determinato momento dopo il fermo di una nave o l'arresto del suo
equipaggio"
Il mio collega ha sostenuto che
qui debba valere lo stesso principio. Ma queste sono due situazioni
completamente diverse, sono disciplinate da diverse disposizioni della
Convenzione. La
Convenzione del mare lascia allo Stato di bandiera una certa
discrezione sui tempi di deposito di un’istanza di rilascio rapido. Tuttavia,
quando si tratta di una richiesta di misure provvisorie, la prescrizione di
tali misure non dipende soltanto dalla valutazione dello Stato richiedente.
Dipende da un’obiettiva
dimostrazione che una situazione d’urgenza esista ai sensi dell'articolo 290,
paragrafo 5 della Convenzione. Se uno stato ritarda la propria richiesta di
misure provvisorie, quando avrebbe potuto farlo prima, questo ritardo getta
seri dubbi sull’affermazione che vi sia un reale ed imminente rischio di danno
irreparabile. Nel caso in esame, come ho dimostrato, non v'era
44 alcuna situazione d’urgenza
quando l'Italia annunciò la propria intenzione di ottenere misure provvisorie
tramite la sua Notifica del 26 giugno.
Vorrei aggiungere qualche altra
parola sulla questione del giusto processo. L’India respinge fermamente
l'accusa, ostinatamente ripetuta dal legale per l’Italia, circa "Camouco"
(Panama contro Francia), Rilascio rapido, Giudizio, Rapporto TIDM 2000, p. 10,
par. 54. violazioni al giusto processo, nel procedimento presso a magistratura
indiana. Non una volta in tre anni, l'Italia o i fucilieri hanno lamentato alla
Corte Suprema che non fosse loro concesso un giusto processo. Al contrario, la Corte Suprema
dell'India ha dimostrato grande pazienza con le numerose istanze dell'Italia ed
ha ripetutamente indicato che fosse assicurato il buon diritto dell’Italia e
dei fucilieri ad argomentare su tali questioni
dinanzi al tribunale competente.
Ciononostante il professor
Verdirame ritiene che il processo giudiziario indiano abbia mancato sotto tre
aspetti. In primo luogo, stamane ha contestato nuovamente che, contro i
fucilieri, non siano stati formulati capi d’accusa, un attacco fatto anche ieri
dall’Agente per l’Italia nonché da Sir Daniel Bethlehem
.
Ancora una volta sottolineo che
queste accuse sono del tutto fuorvianti come spero di aver dimostrato. Come il
dotto Procuratore Generale Aggiunto ha spiegato, era impossibile presentare
capi d’accusa formali fino al momento in cui il pubblico ministero avesse
esaminato i fatti in questione; ma questi non ha potuto farlo perché Italia e fucilieri
avevano bloccato la relazione della NIA contestandone il diritto a condurre
l’indagine dinanzi alla Corte Suprema.
Il professor Verdirame ha
etichettato come "assurda" l'idea che i motivi, per cui ai fucilieri
non erano ancora stati forniti i capi d’accusa, siano imputabili a loro e
all'Italia che non hanno collaborato; la controparte ha anche sottolineato che
l’accusato ha il diritto di rimanere in silenzio; ma né l'Italia né i fucilieri
sono restati in silenzio. Invece, hanno chiesto alla Corte Suprema di bloccare
le indagini della NIA, il che è precisamente la ragione per cui non è stato possibile
formulare i capi d’accusa. L’India non comprende come la responsabilità di
questo possa esserle attribuita.
In secondo luogo, la controparte
ha sollevato obiezioni circa la maniera in cui l'India vuol far giudicare i
fucilieri da un tribunale speciale. Il mio collega, il Sig. Narasimha, ha
confutato questa affermazione poco fa. Il Tribunale speciale è stato istituito
a seguito di una richiesta dalla stessa Italia, che sosteneva come i giudici
del Kerala fossero incompetenti, che la Corte Suprema dovesse prendere
ogni misura alternativa che ritenesse appropriata. Come è stato spiegato, le
modalità d’istituzione del tribunale speciale sono del tutto lecite e conformi
alla leggi indiane e non erano procedure eccezionali. Tale tribunale ha operato
sotto le stesse regole di ogni altro tribunale indiano. L'Italia e i fucilieri
hanno la possibilità, espressamente preservata, di contestare la giurisdizione
del tribunale speciale, e questo l’hanno fatto. Come? Presentando l’istanza
(Writ) N° 236 davanti alla Corte Suprema; ma dopo il deposito dell’istanza
l’Italia ora si comporta in maniera del tutto incoerente sostenendo che ai tribunali
indiani andrebbe impedito di dar seguito al la petizione degli stessi
fucilieri. Il che manca del tutto di sincerità. In terzo luogo, il Prof.
Verdirame ha insinuato che i due fucilieri sono stati privati della presunzione
di innocenza.
Ancora una volta, il mio collega
ha chiarito questo punto. Questo non è vero, e la controparte non è in grado di
mostrarci né una sola ordinanza né una sola sentenza della Corte Suprema che
avrebbe compromesso i diritti degli accusati o pregiudicato il caso. I
tribunali indiani non hanno compromesso la presunzione di innocenza come non
l’ha fatto la Procura
del Tribunale militare di Roma quando ha annunciato nel 2012 che apriva un
procedimento penale per omicidio contro i due fucilieri.
Il professor Verdirame ha anche
affermato che, qualora un processo sia tenuto dinanzi al Tribunale Speciale,
l’Italia subirebbe un pregiudizio "fatale" poiché un processo porterebbe
ad un fatto compiuto che toglie al Tribunale arbitrale – Allegato VII - ogni
efficacia se quest’ultimo dovesse decidere a favore dell’Italia.
Ho già risposto ieri a
quest’affermazione dicendo come l'India rispetti pienamente le disposizioni dell’Allegato VII, compresa la disposizione
che i verdetti sono definitivi, vincolanti ed obbligatori per le parti in
causa. E un fatto che l’India non ha nemmeno una volta violato alcun impegno
preso con l'Italia; ma non si può dire lo stesso dell’Italia che, per due
volte, ha preso una posizione direttamente in contrasto con impegni solenni
presi con l’India.
Infine, vorrei tornare a quello che
Sir Daniel ha sostenuto ieri e cioè che l'India non subirà alcun danno qualora
fossero concesse all’Italia le misure provvisorie poiché l’India può sempre
tornare a chiedere al tribunale arbitrale – Allegato VII – di modificare o
revocare tali misure.
Faccio presente che questo altro
non è che un tentativo piuttosto maldestro di invertire l’onere della prova
trasferendolo all’India. E’ l’Italia che porta l’onere di dimostrare, a
soddisfazione di questo Tribunale, che le sue richieste di misure provvisorie
sono conformi ai criteri di cui all'articolo 290 paragrafo 5 della Convenzione.
Ho dimostrato che, per quanto riguarda la sua prima richiesta, l’Italia non ha
sostenuto tale onere. Non vi è nessuna urgenza che giustifichi la concessione
di quanto richiesto né vi è alcun rischio reale e imminente di danno irreparabile.
Signor Presidente, distinti
membri della Corte, ho finito la mia presentazione. Nuovamente ringrazio il Tribunale dell’attenzione e
chiedo gentilmente di cedere la parola al professor Pellet.
PRESIDENTE: Grazie, signor Bundy.
Cedo ora la parola al Sig. Alain Pellet.
Il SIGNOR PELLET: Signor
Presidente, Signora e Signori Giudici, Prima che il nostro Agente legga le
conclusioni dell'India, spetta a me presentarvi le nostre osservazioni sulle
questioni relative alla competenza del tribunale dell’Allegato VII da
costituirsi e, di sponda, del vostro stesso Tribunale ed inoltre sulla seconda
misura provvisoria che l'Italia ha chiesto di prescrivere. In questa occasione,
presenterò alcune osservazioni più generali, che varranno quali propositi conclusivi,
cercando di riassumere le nostre posizioni su alcuni dei punti salienti del
procedimento promosso dall’Italia.
Signor Presidente, inizio con
qualche parola sulla giurisdizione, prima facile (a prima vista), del tribunale
dell'allegato VII - che è una condizione della vostra stessa competenza per
pronunciarvi in merito alla richiesta italiana del 21 luglio. Il professor
Tanzi s’è stato dato ieri un gran da fare per dimostrare che c'era una disputa tra India e Italia. Questo, glielo
concedo volentieri, ma una disputa su
che cosa? Ai miei avversari, cito il signor Tanzi:
In particolare l'articolo 2,
paragrafo 3, 27, 33, 56, 58, 87, 89, 92, 94, 97, 13 100 e 300 della Convenzione. Tutto Qui!! (il che non è d’altronde altro
che una catalogazione di quanto elencato in modo identico nella Notifica e
nella Richiesta italiane. Ma non basta citare una serie di disposizioni di un
trattato alla rinfusa per dimostrare l'esistenza del famoso bonus fumi juris,
signor Presidente, e ancora occorre che abbiano una reale rilevanza per la
controversia da risolvere e direi anche "una rilevanza predominante".
Dato il numero di disposizioni che l'Italia invoca, è difficile passarle tutte
in rassegna – ci provo comunque "al galoppo" (e prego gli interpreti
di volermene gentilmente scusare):
- Articolo 2, paragrafo 3:
"Sovranità nel Mare Territoriale" - la sparatoria ha avuto luogo
nella zona economica esclusiva;
- Articolo 27:
"Giurisdizione penale a bordo di una nave straniera" (sempre nel mare
territoriale);
- Articolo 33: "zona
contigua" - nessuna delle Parti si basa su questa disposizione;
- Articoli 56 e 58: "Diritti
degli Stati costieri e gli altri Stati della zona economica esclusiva "-
Ci tornerò fra un attimo; ma, per prender nota: ciò che è importante nel nostro
caso è il silenzio di questi articoli su questioni legate tanto all’uso
militare della zona quanto alla giurisdizione penale trattandosi di reati che
lì sono stati commessi;
- Articoli 87 e 89: stesso
commento per quanto riguarda questa volta l’alto mare;
- Articolo 92: "Le navi
battono la bandiera di un solo Stato e sono soggette, salvo casi eccezionali
specificamente previsti da trattati internazionali o dalla Convenzione, alla
sua giurisdizione esclusiva in alto mare "- navi sì - ma qui non si tratta
della nave, ma di persone accusate di omicidio;
- Articolo 94: "Obblighi
dello Stato di bandiera" Nessuno di questi obblighi, la lista è lunga (che
riguardano la sicurezza e la gestione delle navi) né la competenza del
comandante, degli ufficiali e dell'equipaggio, è in discussione tra le Parti; i
due fucilieri non erano membri dell'equipaggio;
- Articolo 97:
"Giurisdizione penale in materia di collisione o altri incidenti di
navigazione"; mi permetto, Signora e Signori del Tribunale, di fare
riferimento a quanto detto ieri in materia;
- Articolo 100: "Obbligo di
collaborare alla repressione della pirateria": in cosa il giudizio dei
fucilieri accusati di aver ucciso due pescatori si lega, strettamente o alla
lontana, ad una violazione di tale obbligo? (e ricordo gli enormi successi dell'India
nella lotta contro la pirateria al largo del le sue coste); e quindi -
l'inevitabile articolo 300 sulla buona fede, del quale sottolineo che:
Non è di per sé una fonte
d’obbligo qualora non ne esistessero altrimenti – secondo la ICJ (Corte Internazionale di
Giustizia).
Signor Presidente, non nego che
il nostro caso abbia un rapporto con il mare - perché è in mare che ha avuto
luogo la sparatoria del 15 febbraio 2012
(refuso:ottobre), ma qui si tratta di un elemento fortuito: l'unico problema
legale è sapere quale Stato (oppure quali Stati, potendovi essere competenze
concomitanti) abbia o abbiano giurisdizione a giudicare questa sparatoria che
ha provocato la morte di due pescatori indiani. E su questo, la Convenzione di Montego
Bay è muta. A riprova: le dichiarazioni interpretative contraddittorie che le
Parti hanno fatto a proposito dei diritti dello Stato costiero nel caso d’uso
militare della zona economica esclusiva.
Come ho detto ieri, l’India ha
dichiarato che: Le disposizioni della convenzione non autorizzano a
ltri Stati a eseguire, nella zona
economica esclusiva e sulla piatta forma continentale, esercitazioni o manovre militari, soprattutto
se coinvolgono l'uso di armi e esplosivi, senza il consenso dello Stato
costiero.
Da parte sua, anche l'Italia ha
fatto una dichiarazione a questo proposito - e in senso completamente opposto
in quanto, secondo lei:
I diritti dello Stato costiero in
tale zona non includono quello di essere notificato circa esercitazioni o
manovre militari o di autorizzarle.
Non mi sembra utile in questa
fase discutere a fondo la questione se una o l’altra interpretazione sia quella
"buona"; è sufficiente constatare che:
- altri otto Stati aderenti alla
convenzione hanno fatto dichiarazioni simili a quella dell'India, altri due,
Germania e Paesi Bassi, si sono allineati alla posizione italiana;
- e queste dichiarazioni non
hanno incontrato alcuna obiezione formale da altri Stati al di fuori
dell’Italia;
- ma innanzitutto, il solo fatto
che si siano potute verificare due categorie di dichiarazioni del tutto
inconciliabili suggerisce che, decisamente, questo problema non è coperto dalla
Convenzione e sfugge all'obbligo di una conciliazione obbligatoria di
controversie sorte in proposito ai sensi della parte XV della Convenzione. Il 19 tribunale dell'allegato VII dovrà
deliberare ma, prima facie (a prima vista), ciò dà luogo a seri dubbi sulla sua
competenza in questo caso.
Aggiungo, signor Presidente, che
i due governi hanno tenuto, nel 2011 e nel 2012, delle consultazioni al fine di
concludere un eventuale accordo per i gruppi di protezione delle navi. Questi
negoziati non son potuti giungere a termine e risulta che il 7 Febbraio 2012 -
otto giorni prima della sparatoria - il Ministero indiano degli Affari Esteri
ha comunicato all'ambasciata italiana a Delhi il fallimento dei colloqui.
Ancora una parola circa
l'esaurimento - più precisamente il non-esaurimento - dei ricorsi interni. Dirò
solo, in rapporto a ciò che ne ha detto Sir Michael (Woods) ieri e stamane che:
In primo luogo, non si può
ragionevolmente sostenere, come ha fatto il mio avversario e tuttavia amico,
che non vi è alcuna possibilità di successo ("No prospect of
success"): la giustizia indiana è indipendente e imparziale né si esagera
a ricordare che la Corte
Suprema ha indicato in modo molto esplicito e chiaro che il
Tribunale Speciale, del quale ha chiesto l'istituzione, potrà pronunciarsi sulla questione della giurisdizione dei
tribunali indiani per giudicare i Sigg. Girone e Latorre;
Quel Tribunale è stato istituito
e probabilmente avrebbe già deciso molto tempo fa se non vi fossero stati gli ostacoli d’ogni genere che
accusati e Italia hanno sollevato per impedirgli di pronunciarsi - Rodman Bundy
ed io non diciamo nient’altro, e lo facciamo entrambi: il Tribunale speciale
può giudicare gli imputati "prontamente" ("expeditiously"),
Dichiarazione della Repubblica italiana al momento della firma della
Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del mare del 10 dicembre 1982, 7
dicembre 1984 è nel suo mandato, e questo è d’altronde il motivo per cui è
stato creato. Esso può anche, con la stessa diligenza, considerare che, non più
di ogni altro tribunale indiano, non ha giurisdizione nella materia. Solo
l'efficace attivismo procedurale degli imputati e dell’Italia glielo impedisce.
In terzo luogo, per le ragioni
esposte ieri, l'Italia ben agisce ed in maniera preponderante per tutelare i
diritti dei suoi cittadini e quindi a titolo di tutela diplomatica; del resto,
l'insistenza da parte dei nostri avversari su, per esempio, il rispetto per il
giusto processo, può essere giustificata solo considerando una tutela
diplomatica.
In quarto luogo, è a torto che
l'Italia invoca per i Sigg. Latorre e Girone il beneficio delle immunità
funzionali: le azioni di cui sono accusati non entrano evidentemente nel quadro
delle loro funzioni ufficiali; e mi permetto di attirare ancora una volta la
vostra attenzione, Signora e Signori Giudici, sulla giurisprudenza italiana in
materia.
Come ho ricordato ieri, nella sua
sentenza del 22 ottobre 2014, la Corte Costituzionale
italiana ha fermamente ricordato che l'immunità di Stato o dei suoi
rappresentanti non può essere invocata, e cito, "che quando origina -
sostanzialmente e non solo formalmente – dalle funzioni sovrane dello Stato che
l’invoca, e cioè quando agisce nell'esercizio delle proprie funzioni di governo
"e questa decisione della Corte costituzionale è ben lungi dall'essere una
fattispecie isolata, Signor Presidente: mi limito a riprova alla sentenza della
Corte di Cassazione italiana del 29 novembre 2012, nella causa "Abu
Omar", che è abbastanza nota, in cui pure questa suprema magistratura ha
respinto l'argomento fondato sulle
immunità di agenti segreti e militari, sollevando che un rapimento non poteva
esser considerato legato all'esercizio di funzioni ufficiali; e questo neanche
per degli omicidi, Signor presidente;
In quinto luogo, in merito al caso
della Louisa cui l'Italia ha fatto riferimento, noto che il tribunale, in quel
caso, ha rilevato che "converrebbe esaminare la questione dell'esaurimento
dei ricorsi interni in una fase successiva della procedura"; ma non mi
sembra che, facendolo, il Tribunale abbia stabilito una norma imperativa
di diritto procedurale.
In sesto luogo e da ultimo, non è
esatto del resto, contrariamente a quanto affermato da Sir Michael (Woods), che
l'articolo 295 si applichi solo nel contesto della tutela diplomatica ("in
the context of diplomatic protection" ha detto): non dice nulla di tutto
ciò e si riferisce semplicemente ai casi in cui il diritto internazionale esige
l’esaurimento dei ricorsi interni; tale è il caso quando, come nel nostro caso,
uno Stato si sia volontariamente sottoposto alla giurisdizione d’un altro Stato
- questo è il senso del principio electa una via (scelta una strada) del quale
pure ho ricordato anche ieri l'esistenza e la rilevanza nella nostra
fattispecie.
Corte di Cassazione, sentenza 29
Novembre 2012, Adler e altri (caso "Abu Omar")
Sosteniamo, Signor Presidente,
che l'Italia non abbia dimostrato la competenza prima facie (a prima vista),
del tribunale dell’allegato VII ancora da istituire. Nemmeno ha dimostrato che
le condizioni, indispensabili al pronunciamento delle misure provvisorie che vi
chiede di imporre, siano soddisfatte.
Signor Presidente, questo mi
porta, se mi consentite, a formulare ora alcune osservazioni sul secondo
provvedimento provvisorio richiesto dall’Italia - quello secondo il quale si
chiede al Tribunale di prescrivere che l'India rinunci ad ogni controllo
giudiziario ed autorizzi il signor Girone a recarsi in Italia ed il signor
Latorre a restarvi, fino al termine del procedimento dinanzi al Tribunale
dell’Allegato VII. Con l’occasione mi permetterò di esporre i miei commenti su
altri aspetti della richiesta italiana. Ho mostrato ieri che la seconda misura
provvisoria vi chiede di 15 privare l’India di ogni possibilità di esercitare i
diritti che l'Italia le contesta.
In primo luogo, tale richiesta
corrisponde esattamente proprio alla richiesta di merito che l'Italia formula
alla lettera d) delle conclusioni al termine della sua Notifica d’Arbitrato, e
così bene che se voi imponeste tale seconda misura provvisoria, il Tribunale
Arbitrale non potrebbe che constatare che non vi più luogo a procedere - e
questo è certamente quello che viene chiamato pregiudicare il merito! E ciò
sarebbe ancor più scandaloso in quanto questo tribunale non è il giudice di
merito per questa causa: in fondo voi "pregiudichereste" anche se il
giudizio finale non vi compete.
E ciò sarebbe irreparabile,
poiché se al signor Girone viene permesso di rientrare in Italia e restarvi, vi
sono probabilità molto forti che non tornerà più in India per esservi giudicato
qualora una sentenza arbitrale del tribunale dell'allegato VII desse in tutto o
in parte ragione all’India decidendo che questa abbia, esclusivamente o
unitamente all'Italia, la giurisdizione per processare gli imputati. Certo, si
può esitare a questo proposito tra due aforismi in competizione: "non c'è
due senza tre" o "non è certo che tutto è incerto". A onor del
vero propenderei per un terzo: "peccato confessato, mezzo perdonato";
purtroppo, non è applicabile: lungi dal riconoscere d’aver mancato almeno due
volte alla sua parola, l’Italia s’è infognata ieri e stamane in una difesa
improbabile.
Certo, i nostri avversari ci
dicono – e parafraso Signor Presidente -, “l'Italia s’era impegnata a garantire
la “presenza” degli altri quattro fucilieri, oltre ai due imputati, qualora ciò
fosse richiesto da un tribunale o un organo inquirente; ma la partecipazione ad
una videoconferenza è una presenza”; questa non è verità, signor Presidente, è
una piroetta! E la lezione di diritto indiano che Sir Daniel (Bethlehem) ha
voluto darci questa mattina non cambia nulla: certo, l'articolo 161 del Codice di procedura penale indiano prevede la
possibilità di raccogliere delle testimonianze in videoconferenza, ma questo è
su iniziativa del funzionario di polizia incaricato dell'inchiesta al quale
l’art. 160 del Codice conferisce espressamente potere d’esigere la presenza di
testimoni ("to require attendanceof witnesses") anche se può,
infatti, a sua discrezione, accontentarsi di una videoconferenza; ma sta a lui
decidere - non al testimone.
E di più – parafraso ancora ma,
credo senza distorcere gli argomenti dei nostri amici dell'altra parte di
questo fòro – allora loro dicono: "Lamentavate che i Sigg. Latorre e
Girone non fossero tornati a Delhi, quando vi rientrarono invece alla fine della
loro fuga elettorale di quattro mesi". (Hanno poi effettivamente votato?
Comunque hanno avuto il tempo di
deporre la propria scheda elettorale). Detto questo, sì, è vero, sono tornati a Delhi, ma non è questo il
problema. Lo è che l’Italia aveva annunciato con una Nota Verbale del tutto
ufficiale, a dispetto dell’impegno formale assunto dal proprio ambasciatore in
India, che cito nuovamente: "... i due fucilieri, i Capi Latorre e Girone,
non torneranno in India al termine del permesso loro concesso.” - “Non
torneranno.”. Sono tornati, ma c’è voluta la reazione indignata della Corte
Suprema perché ciò avvenisse.
Quindi, a questo punto, ci viene
detto – parafraso sempre: "Giusto! Orrore degli orrori! l'ordinanza del 14
marzo 2013, confermata da quella del 18 marzo, è contraria al sacrosanto
principio delle immunità diplomatiche." Ciò va anche completamente fuori
tema, Signor Presidente, in quanto questo non cambia nulla del fatto che il
rappresentante d'Italia avesse commesso spergiuro - ma i nostri avversari sono
bravi ad utilizzare questi argomenti fuori tema ma "altisonanti" -
”Pure prejudice” (mero preconcetto) mi ha suggerito 20 il collega e amico
Rodman Bundy ieri a questo proposito -, allora è meglio non permettere ad un
pregiudizievole dubbio di stabilirsi nelle menti, e dunque, in stile
telegrafico, (ecco) solo alcune tracce per mostrare che non dobbiamo
lasciarci ingannare dalle apparenze.
La promessa di rientro dei
fucilieri era stata fatta alla Corte Suprema; questa agiva entro le proprie
facoltà nell’utilizzare i mezzi a sua disposizione per farla rispettare; nel
farsi garante dinanzi ad essa, l'ambasciatore d’Italia aveva, implicitamente ma
necessariamente, rinunciato ad opporle le proprie immunità su tale preciso
punto. Anche ammettendo che il divieto temporaneo all'ambasciatore italiano, di
lasciare il territorio indiano, fosse illecito "in sé" secondo il
diritto internazionale, tale divieto trova giustificazione come contromisura ai
sensi dell'articolo 22 dello Statuto della CDI* sulla responsabilità degli
Stati per atti illeciti sul piano internazionale del 2011, inoltre soddisfa
pienamente i requisiti di cui agli articoli e seguenti del medesimo statuto. Di
più, come ho già detto, l’immunità di Stato o di suoi rappresentanti può essere
invocata solo se gli atti in causa siano legati alla funzione governativa;
commettere spergiuro non fa parte di tali funzioni.
Dico tutto questo, signor
Presidente, perché l'Italia attribuisce a questo episodio un’importanza che non
ha - almeno nel contesto della causa che ci riguarda. E’ questo un modo per
distogliere l'attenzione da ciò che in essa è centrale.
E per tornare all'incidente,
questo sì rilevante, ovvero al rifiuto iniziale dell’Italia di far tornare a Delhi i Sigg. Latorre e
Girone, per cui l'ordinanza della Corte Suprema del 14 Marzo 2013 non è che un
elemento collaterale, il fatto è questo, unito alla Corte Suprema dell'India,
ordinanza, 22 feb 2013 non-presenza
degli altri quattro fucilieri per le indagini della NIA, ha natura tale da
suscitare, quantomeno, la massima diffidenza da parte dell'India.
Ma, come ho detto anche ieri,
questo non è tutto: dalla giurisprudenza delle due supreme corti italiane - la Corte costituzionale e la Corte di Cassazione -
risulta che esse fanno prevalere i principi dedotti dalla Costituzione, in
particolare dagli articoli 2 - sui diritti inviolabili dell'uomo - e 24 - sul 8
diritto a un giudice, sugli obblighi internazionali d'Italia, anche quando
risultino da una sentenza della Corte internazionale di giustizia. Non c'è
dubbio che tale giurisprudenza verrebbe applicata nella fattispecie qualora il
tribunale dell’allegato VII accogliesse la richiesta di cui al paragrafo 33.d)
della Notifica italiana. E inoltre come l'Italia - in ogni caso, i giudici
italiani - ma fanno parte dello Stato, potrebbe/potrebbero invocare anche
l'articolo 26 del la sua Costituzione ai cui sensi, e cito:
"L'estradizione di un cittadino può essere concessa solo nei casi in cui sia
espressamente prevista dalle convenzioni internazionali". Ora, Signor
Presidente, non esiste alcun trattato di estradizione tra l'India e l'Italia.
In breve, Signor Presidente, se
questo tribunale concedesse la seconda misura provvisoria ad esso richiesta, l'India
non avrebbe davvero più alcun modo di esercitare la giurisdizione, sia essa
esclusiva o congiunta, e qui ripeto, che il futuro verdetto le avesse
riconosciuta.
Questo mi porta alle tre
osservazioni conclusive formulate da Sir Daniel Bethlehem ieri mattina e sulle
quali ieri pomeriggio non ho potuto dire che poche parole.
In primo luogo, ha detto,
l'Italia ribadisce l'impegno che ha già preso dinanzi alla Corte Suprema
dell'India per quanto riguarda il ritorno del Capo Latorre in India qualora il
tribunale dell'Allegato VII lo decida e questo impegno si estende ad entrambi i
fucilieri; l’Agente per l'Italia ha ribadito l'impegno stamattina. Signor
Presidente, sarebbe un’eccellente cosa e non dubito della buona fede dei nostri
avversari - sfortunatamente, nel campo che ci interessa, non possono prevalere sulle
posizioni ben consolidate delle Supreme Corti d'Italia. L'Italia ha una visione
dualistica delle cose: le sue Supreme Corti non sono sensibili al rispetto del giudicato
internazionale – e su questo ho insistito a sufficienza.
In secondo luogo, Sir Daniel ha
suggerito una sorta di mercato (non so se sia rivolto all'India o al
Tribunale?): l'Italia, ha ricordato, ha versato (in rupie indiane) una garanzia
di circa 300 000 euro per ognuno dei due fucilieri interessati; e ha fatto
un'offerta assai straordinaria, e leggo: l'Italia sarebbe pronta a trasformare
questa cauzione, tramite adeguate disposizioni, in una garanzia all’India,
conforme alle disposizioni di un’ordinanza di questo Tribunale. L’importo della
garanzia dell’Italia, attualmente in essere con l’India, della quale si offre
la continuità come cauzione conforme ad un’ordinanza di questo tribunale, è ben
superiore a quanto questo Tribunale chiese nel caso della Arctic Sunrise,
quando l’importo stipulato copriva il rilascio della nave e di 30 membri dell’equipaggio.
Commentando questa strana
proposta, darò, al contempo, la risposta dell’India alla domanda posta questa
mattina dal giudice Sig. Jean-Pierre Cot. Tuttavia, Signor Presidente, siamo la
difesa in questo caso e, poiché l’Italia - come era suo diritto - non ha dato
risposto stamane, apprezzeremmo
vivamente l’eventuale possibilità di commentare, anche se solo molto in
breve, quello che avrà da dire in proposito.
Fatta salva questa riserva,
consideriamo innanzitutto come il confronto con l’Arctic Sunrise sia
irrilevante. In quel caso si trattava di assicurare un rilascio sollecito della
nave di Greenpeace e dei 30 membri del suo equipaggio - cui la Federazione Russa
certamente rimproverava di non averne rispettato leggi e regolamenti, ma non
sono stati accusati di alcun reato di sangue, contrariamente ai Sigg. Latorre e
Girone.
E questo fa una gran differenza:
gli omicidi non sono reati "risarcibili" - i "Reati
risarcibili" - secondo la sezione 302 del Codice indiano penale - e io non
posso astenermi, Signor Presidente, dal provare molto disturbo ed inquietudine
per l’offerta di Sir Daniel, che sento come una specie di proposta tesa a
comprare l'impunità dei due fucilieri accusati di omicidio.
Inoltre, la proposta è uno
specchio per le allodole e per l’India non sarebbe che un affare da allocchi:
direi che ciò equivarrebbe semplicemente a "far migrare" la cauzione
già versata – che non è poi così alta tenuto conto delle circostanze di
fattispecie - che fu versata in India a titolo di garanzia, secondo l’ordinanza
della Corte Suprema di questo paese del 30 maggio 2012. In ogni caso, Signor
Presidente, ho istruzioni per dire che l'India si oppone a questa transazione
nel modo più fermo.
Questo mi porta al terzo e ultimo
punto sollevato ieri da Sir Daniel. Dopo avervi chiamati a concedere le due
misure richieste dall'Italia, il mio avversario e amico ha aggiunto, che in
seguito, e qui leggo:
Se le circostanze cambiassero, o
se l'India per qualsiasi altro motivo desideri contestare le misure prescritte,
il suo diritto di farlo dinanzi al tribunale dell’allegato VII resta
salvaguardato come espressamente previsto dall’Articolo 290(5) della
Convenzione (UNCLOS), che all’India consentirebbe di chiedere la modifica o la
revoca delle misure provvisorie.
Non voglio fermarmi a lungo su
quest’altro argomento - se non altro perché ieri, senza farvi riferimento
esplicito, ho risposto indiretta mente facendo notare che ciò equivale a fare
del tribunale dell’Allegato VII una sorta di corte d’appello di questo
tribunale. Non è lo scopo dell'articolo 290, paragrafo 5, della Convenzione sul
diritto del mare, il cui scopo è affrontare le situazioni d’urgenza estrema per
le quali la prescrizione delle misure provvisorie non può attendere la
costituzione di un tribunale arbitrale.
Signor Presidente, mi fermo un
minuto per dire che non accettiamo le proposte di Sir Daniel, ma che l'India è
pronta a fare un'offerta diversa. Sono stato incaricato di dire che l'India è
pronta a garantire che il giudizio del Tribunale speciale potrà essere reso
entro quattro mesi dalla data d'inizio delle audizioni, qualora l'Italia
collabori e ritiri le proprie obiezioni al procedimento presso la Corte Suprema
dell'India.
Detto questo, torno sull'urgenza
estrema resa necessaria dall'articolo 290 della Convenzione, ed è evidente,
Signor Presidente, che non siamo in una tale situazione di estrema urgenza. Non
vi è, a onor del vero, né urgenza aggravata né urgenza semplice, tant’è vero
che alla fine di questi due giorni di udienze, non si vede realmente cosa la
potrebbe giustificare. Trattando della prima misura,
20 il Sig. Bundy ha dimostrato
che non vi era alcun rischio di danno imminente - imminente - al diritto di
esercitare la competenza a giudicare (ma pare piuttosto per non giudicare) i
due imputati, (rischio) sostenuto dall'Italia - e sicuramente non viene messo a
rischio tale diritto nei tre mesi che saranno probabilmente necessari per
costituire il tribunale dell'allegato VII - a meno che le Parti non si
accordino per scegliere un altro modo di risolvere la pendenza. E anche a
questo proposito, l'offerta dell’India che ho appena fatto è senza dubbio
pertinente.
Vale lo stesso per la seconda
misura provvisoria che l'Italia cerca di farvi prescrivere. Il signor Latorre è
sotto cura in Italia, la sua salute sembra migliorare e non c'è ragione di
pensare che, se necessario, la Corte Suprema
indiana non gli conceda una proroga del permesso, già rinnovato quattro volte,
di rimanere in Italia. Quanto al signor Girone, voglio sì credere che abbia
nostalgia di casa, ma credo sinceramente che non sia molto da compiangere. Ho
dato ieri alcune informazioni sulla vita che conduce a Delhi e le visite dei
familiari e numerosi altri che riceve liberamente e può usare (e sembra vi
ricorra ampiamente) i moderni mezzi di comunicazione - Skype, Twitter,
Facebook, ecc.
Prima di concludere, signor
Presidente, permettetemi di fare alcune veloci osservazioni di carattere più
generale.
La prima ci riporta alle origini
sia del caso sia della Nota Verbale del 16 febbraio 2012, cioè all’indomani
della sparatori a, che è riprodotto alla linguetta 9 della cartella dei giudici
preparata dall'Italia. In questa nota, l'Ambasciata d’Italia annuncia:
Il gruppo della Marina Militare
Italiana ha prove foto grafiche dell’imbarcazione pirata durante l’attacco Non abbiamo mai ricevuto tali prove
fotografiche; non sono state prodotte durante questo procedimento e questo mi
pare assai significativo.
La mia seconda osservazione è per
constatare che, stamattina, l'Italia non è tornata sul fatto che i fucilieri
abbiano tentato di fabbricare elementi di prova attestanti il cosiddetto
attacco di un’imbarcazione pirata, ovvero abbiano dettato al comandante della nave
ciò che questi doveva dire. Lungi dal contestare tale comportamento, l’Italia
ha persino allegato uno di questi elementi alla Notifica del 26 giugno. Parlo
del Registro di Bordo del capitano della Enrica Lexie.
In terzo luogo, desidero rettificare
il quadro molto cupo che cercano di dipingere i nostri avversari: per i 36 mesi
che sono decorsi dall’ "Incidente del Saint Antony" - tempi dei quali
sapete quanto sia dovuto a tattiche dilatorie loro nonché dell’Italia stessa –
entrambi gli accusati hanno passato fra tutto 43 giorni in carcere; e,
riferendomi al sig. Latorre, questi è rimasto in Italia circa la metà del tempo
trascorso; aggiungo che, contrariamente a quanto all’Italia e ai suoi legali
piace ripetere (sempre quest’intento di creare un'atmosfera pregiudizievole
...), i fucilieri non sono prigionieri né incarcerati: sono in libertà, che
direi vigilata molto leggermente.
Infine, credo di dover ricordare
quanto sia importante mettere le cose in prospettiva - e in primo luogo, senza
dimenticare le accuse molto pesanti contro i due fucilieri, come ciò non ha
impedito che beneficiassero di un trattamento di favore del tutto eccezionale;
poi, non dimenticando neppure le sofferenze che la sparatoria del 15 febbraio
2012 (refuso nel testo: ottobre) ha causato ai pescatori
del Saint Antony (due dei quali
sono morti - sono loro le vere vittime di questo caso!), alle loro famiglie e
alle comunità dei villaggi cui appartenevano. Ancora una volta, Signor
Presidente, Signora e Signori Giudici,
non cerco di far piagnistei – ma neanche si può dire che i nostri avversari si
siano molto impietositi circa la sorte delle vittime della sparatoria, il che
comprende questa mattina.
Ciò considerato, Signor
Presidente, non bisogna neanche sbagliarsi nel definire quali siano le vittime!
Signor Presidente, Signora e
Signori Giudici, vi ringrazio molto vivamente della vostra paziente attenzione.
E vi chiedo, Signor Presidente, di voler gentilmente dare la parola alla
Signora Chadha, l'Agente per la
Repubblica dell'India, per la lettura delle nostre
conclusioni finali.
Grazie.
PRESIDENTE: Grazie, Sig. Pellet.
(Riprende la traduzione dall’inglese). Prendo atto che questa è stata l'ultima
dichiarazione dell’India in questa udienza. L’articolo 75 comma 2 del Regolamento
del Tribunale prevede che, a conclusione dell’ultima dichiarazione fatta da una
parte in udienza, il suo Agente legga, senza ricapitolarne gli argomenti, le
conclusioni finali.
Il testo scritto di tali
conclusioni, firmato dall’Agente, verrà trasmesso al Tribunale e ne verrà
trasmessa copia all'altra Parte.
Invito l'Agente dell’India, la Signora Chadha, a
prendere la parola per presentare le conclusioni finali dell'India.
SIGNORA CHADHA: Grazie, Signor
presidente. Passo ora a leggere le conclusioni finali della Repubblica
dell'India. Queste restano invariate rispetto a quelle che abbiamo presentato
nelle nostre osservazioni scritte.
Per le ragioni spiegate
dall’India nelle sue memorie e nelle sue argomentazioni orali, la Repubblica dell'India
chiede al Tribunale internazionale per il diritto del mare di respingere il
ricorso presentato dalla Repubblica Italiana nella sua richiesta di misure
provvisorie e di rifiutare la concessione di qualsiasi misura provvisoria nel
caso in esame.
Signor Presidente, ai sensi
dell'articolo 75 del Regolamento di Procedura, una copia del testo scritto
viene trasmesso alla cancelleria del Tribunale.
Sig. Presidente, col suo
permesso, vorrei ringraziare tutti coloro che 31 ci hanno assistito in questi
procedimenti.
In primo luogo, vorrei
ringraziare il Cancelliere, Signor Philippe Gautier, ed i membri della Cancelleria per la loro collaborazione e
professionalità e per aver lavorato in modo così efficiente per assicurare il
regolare svolgimento di queste udienze.
Un ringraziamento speciale va
agli interpreti, che non hanno certo avuto un facile compito nel dover seguire
chi di noi parla a ritmo veloce.
Ringrazio tutti coloro che hanno
lavorato lunghe ore per redigere rapidamente i verbali delle audizioni pubbliche.
Grazie ai nostri amici italiani
per la loro collaborazione durante questo procedimento.
Vorrei cogliere l'occasione per
ringraziare anche i nostri legali che, nonostante il breve preavviso, son
prontamente rientrati dalle rispettive vacanze per aiutarci a preparare questa
causa. Voglio anche ringraziare gli altri membri della squadra indiana che
hanno trascorso lunghe ore preparando la causa.
Prima di concludere, vorrei
ringraziare lei, Signor Presidente, e tutti i membri di questo augusto Tribunale,
per averci ascoltato con pazienza.
PRESIDENTE: Grazie, Signora
Chadha.
Questo ci porta alla fine
dell'udienza.
A nome del Tribunale, vorrei
cogliere l'occasione per esprimere il nostro apprezzamento per l'alta qualità
delle presentazioni dei rappresentanti sia dell’Italia sia dell’India.
Colgo anche l’occasione per
ringraziare l'Agente per l'Italia e l'Agente per l'India per il loro spirito di
collaborazione esemplare.
Al signor Cancelliere ora
l’affrontare problemi relativi alla documentazione.
CANCELLIERE: Signor Presidente,
ai sensi dell'articolo 86, paragrafo 4, del Regolamento del Tribunale, le parti
possono, sotto il controllo del Tribunale, correggere il Verbale delle loro
perorazioni o dichiarazioni, senza tuttavia cambiarne né significato né
portata. Queste correzioni riguardano la versione verificata (version verifiée
oppure checked version) del Verbale nella lingua ufficiale utilizzata dalla
Parte interessata. Le correzioni devono essere inoltrate alla Cancelleria al
più presto possibile ma non più tardi di Lunedi 17 agosto 2015 a mezzogiorno, ora di
Amburgo.
Grazie, signor presidente.
PRESIDENTE: Grazie, signor
Cancelliere.
La Corte ora si ritira per
deliberare. La data di lettura dell’Ordinanza su questo caso è indicativamente
prevista per il 24 agosto 2015.
Gli Agenti delle Parti verranno
informati, entro un termine ragionevole, di qualsiasi cambio di data.
Conformemente alla prassi usuale, chiedo gentilmente agli Agenti di rimanere a
disposizione del Tribunale per fornire ogni ulteriore assistenza e
informazione, qualora necessarie per le sue deliberazioni, prima della consegna
dell'ordinanza.
La Corte si aggiorna.
Fonte: https://www.facebook.com/profile.php?id=100000345134748&ref=ts&fref=ts
http://supermario1949.altervista.org/Traduzione_TIDM_PV15_A24_4_It.pdf
https://www.itlos.org/fileadmin/itlos/documents/cases/case_no.24_prov_meas/ITLOS_PV15_C24_4_E_checked.pdf
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