domenica 15 novembre 2015

Orrore, rabbia, smarrimento e voglia di capire.



L'orrore è un groppo alla gola, un pugno allo stomaco che toglie il respiro. Arriva lento, ci vogliono alcuni secondi prima di capire che le immagini da Parigi raccontano una tragedia reale. Non sono una fiction, un film, un servizio da talk show. E' vero, sta accadendo ora, un venerdì sera qualunque, mentre - seduto sul divano di casa - col telecomando fai zapping prima di andare a letto, dopo aver visto la partita della nazionale italiana o il documentario sulla Prima guerra mondiale. Adesso la guerra è lì, davanti agli occhi. La primitiva brutalità dell'uomo trasmessa in diretta con la tecnologia più moderna. 

Il sangue, il terrore, lo sgomento, l'incomprensibile comunicato via digitale terrestre. L'inferno di Parigi sbattuto nella quiete di casa tua, ti chiama in causa, ti induce a sospettare che nulla, anche nella tua vita, potrà più essere come prima. Sei incredulo. Ammutolito. Guardi Parigi e pensi all'Italia, ti sfiora il terrore che potrebbe capitare ai tuoi cari, da qualche parte. Il giornalista racconta che nel Bataclan sono in corso esecuzioni sommarie, e provi a dirti che non può essere vero. Che qui, in Europa, nella Parigi fonte di democrazia e civiltà, non può accadere. E' roba normale in Siria, in Iraq, in Afghanistan. Non qui da noi. Invece si. Ma senti - per un momento - che c'è qualcosa di sbagliato nel tuo ragionamento. E' la proporzione del lutto e del dolore: per quei massacri non provi lo stesso orrore di Parigi. Come se quelli fossero morti di serie B. 

La TV annuncia il blitz per liberare gli ostaggi. E' un istante, ma di nuovo ti chiedi se davvero stai vivendo questa cosa, che hai sentito nei film oppure nei resoconti giornalistici, ma non in diretta televisiva. Come se anche tu potessi entrare la dentro. Allo smarrimento subentrano la rabbia, la voglia di reagire impersonificata da quei poliziotti che fanno giustizia. Tifi per loro. Tuttavia, nel contrasto delle emozioni capisci che l'uccisione o l'arresto degli assassini non cambierà la sostanza: è una guerra che dobbiamo affrontare con gli strumenti del mondo libero.

Il blitz è finito. I giornalisti fanno intendere che ci potrebbero essere numerosi morti. Scatta il sentimento della solidarietà. Già prevedi i twitter, i messaggi, gli striscioni, le marce, le manifestazioni dei giorni a venire. Viva la Francia, viva la Repubblica, viva la democrazia. Sai che si tratta di vera partecipazione al lutto, di un rito collettivo per superare lo choc, per ripetersi che siamo più forti di loro. Ma intuisci che non basta per nulla. Che, personalmente, bisogna andare oltre all'emotività.

Mentre scorrono le immagini delle ambulanze, dei feriti, dei lenzuoli che coprono i morti, ti prende lo smarrimento. Pensi che bisogna soprattutto capire, che non ci sono risposte semplici a problemi complessi. Che occorre leggere, informarsi, ragionare a mente fredda. Che il problema non dev'essere delegato solo ai Governi e ai politici, che bisogna fare qualcosa nella nostra vita quotidiana. Da oggi, qui. Perché a sconfiggerci, non sarà il terrore, ma l'impotenza.

di Enrico Mirani
Giornale di Brescia

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