Fra pochissimi giorni avremo due appuntamenti importanti sulla vicenda dei due Marò che tuttora, senza nemmeno il deposito dei capi di accusa, dopo quattro anni sono ancora sotto la giurisdizione indiana:
– Sabato 16 gennaio Massimiliano Latorre, da circa un anno in Italia per curare i postumi di un ictus, dovrebbe tornare in India: gli è scaduto il “permesso”
– Lunedi 18 il Tribunale Internazionale dell’Aia dovrebbe pronunciarsi sulla richiesta italiana di far rientrare dall’India Salvatore Girone. O meglio sottrarre i due dalla “giurisdizione penale indiana” a cui sono ora sottoposti. Questa richiesta italiana era già stata inoltrata al Tribunale del Mare di Amburgo ma non accolta.
– Lunedi 18 il Tribunale Internazionale dell’Aia dovrebbe pronunciarsi sulla richiesta italiana di far rientrare dall’India Salvatore Girone. O meglio sottrarre i due dalla “giurisdizione penale indiana” a cui sono ora sottoposti. Questa richiesta italiana era già stata inoltrata al Tribunale del Mare di Amburgo ma non accolta.
Nel frattempo, da Agosto 2015 a oggi, abbiamo terminato l’analisi tecnico-giudiziaria dei vari Allegati
(Annexes) depositati a Amburgo il 6 agosto 2015 dal rappresentante
della Republic of India (dico “abbiamo” per ringraziare ancora una volta
chi ha collaborato e sta collaborando con me). Allegati che avrebbero
dovuto dimostrare la colpevolezza dei due accusati ma che si sono
rivelati un clamoroso autogol certificando limiti, omissività e inconsistenze delle accuse.
E questo lo sappiamo da mesi dall’analisi dei singoli documenti via via
rese pubbliche (e verificabili sui documenti giudiziari indiani
finalmente usciti dalla cassaforte). Ma dall’esame degli ultimi Annex
analizzati, quelli relativi alle “testimonianze” è emerso che lo
sproloquio indiano del 6 Agosto (i Marò sono colpevoli e l’Italia cerca
compassione) era funzionale ad andare a processo utilizzando la legge antipirateria SUA Act,
per mezzo delle “testimonianze-fotocopia” abborracciate in tutta fretta
il 1 agosto 2015 per inserirle come allegato nelle “Osservazioni
scritte” del 6 Agosto.
Andare a processo col Sua Act consentirebbe all’accusa di andare a processo senza produrre le prove della colpevolezza (che mancano totalmente) e di rovesciare l’onere della prova sugli accusati. Come ai tempi della caccia alle streghe
(trovate tutto nei link). Pochi lo possono capire, solo chi ha maturato
una conoscenza approfondita della vicenda. Ma non è la prima volta che le
autorità indiane giocano sull’ambiguità abilmente sostenuta dalle
autorità italiane per mantenere i due militari con il collo nel capestro
(sempre per mantenere aperti i lucrosi maneggi commerciali delle Prime
Tessere e gli scambi quattrini-armi). La prima volta è stato quando
Latorre e Girone furono rispediti in India a fronte di “rassicurazioni”
indiane che non sarebbe stata applicata la pena di morte, con frasi che
invece ne ribadiscono l’applicabilità (vedi il documento originale
dell’Ambasciata indiana).
Questo il diario dei fatti del 2013
– 21 marzo 2013
La Presidenza del Consiglio dei Ministri
annuncia che l’Italia ha avuto garanzie circa la non applicabilità
della pena di morte agli imputati senza le quali non avrebbe permesso il
loro rientro in India al termine della licenza elettorale. In realtà la
nota che il sottosegretario Staffan de Mistura sventola in udienza parlamentare, asserendo che il governo indiano ha fornito all’Italia una “assicurazione scritta ufficiale” sulla non applicabilità della pena di morte nei confronti dei due fucilieri si limita ad una sola frase, diplomaticamente ambigua che non garantisce ne esclude nulla:
“Per
la consolidata giurisprudenza indiana, questo caso non ricade tra
quelli che attirano la pena di morte, che è come dicono il più raro dei
rari casi. Pertanto, non è necessario essere in apprensione al riguardo“.
– 22 marzo 2013
I due militari rientrano a Delhi.
–
23 marzo 2013
Il ministro degli Esteri indiano,
Salman Khurshid, dichiara in parlamento: “Che il loro processo in India
non rientra nei casi in cui è prevista l’applicazione della pena di
morte” ma anche che “non c’è stato nessun accordo, né ci sono state
garanzie” nei colloqui fra i due governi volti a permettere il ritorno
dei marò in India.
Il ministro della Giustizia indiano,
Ashwani Kumar, in un’intervista afferma che non è stata data alcuna
garanzia sulla non applicazione della pena di morte al governo italiano.
– 28 marzo 2014
Viene ammesso un ricorso italiano in
merito all’esclusione della SUA Act dal caso, ma ad oggi in merito
nessun pronunciamento definitivo è stata emesso dalle Corti indiane.
Ora è facilissimo verificare che il 1 Agosto 2015
sono state abborracciate le famose “testimonianze fotocopia” di tre
pescatori indiani (Kinserian, Freddy e Adimal) per poterle inserire
nello sproloquio del 6 Agosto a Amburgo (le Osservazioni Scritte, quelle
della compassione) dove i tre testimoni miracolosamente hanno riconosciuto i volti di Girone e Latorre che sparavano a 300 metri di distanza
e dall’ala di plancia di dritta alta 23 metri (un palazzo di sette
piani!) Queste testimonianze completano quelle rese a marzo 2013 da tre
imbarcati sulla Enrica Lexie (Vitelli, Gupta e Samson) che altrettanto
miracolosamente vedono che era un peschereccio, non c’erano persone
armate, non c’erano scale e nemmeno ganci da abbordaggio (gli hanno
fatto la radiografia). Ma, altrettanto miracolosamente non leggono il
nome “St. Antony” lungo due metri e dipinto sulla fiancata.
(http://www.seeninside.net/piracy/it-alle2.htm#c1)
Quindi i nostri militari non sono stati protagonisti di un incidente in mare (e quindi in giurisdizione del Tribunale Internazionale) ma sono dei criminali comuni,
volgari assassini che senza preavviso (Kinserian, Freddy, Adimal) hanno
sparato contro persone disarmate che non costituivano nessuna minaccia
(Vitelli, Gupta, Samson). C’è tutto quello che serve per applicare la
Sez.3 del SUA Act e andare a processo senza esibire neanche le prove a
carico dei due accusati (che non esistono). E la Sez. 3 del Sua Act
prevede l’automatica condanna a morte in caso di colpevolezza, potete
verificare.
Che facciamo, la seconda del governo Monti? Facciamo tutti finta di niente per non turbare il cash flow dall’India sui conti correnti delle Prime Tessere? Ma
poi i 30 Denari li distribuite o rimangono tutti in Svizzera? Io non ci
voglio neanche pensare che dopo aver avuto finalmente il coraggio di
ricorrere al Tribunale Internazionale, liberandoci dalla ignomignosa
condotta cominciata con Monti, ora il governo Renzi faccia altrettanto.
Non ci voglio neanche pensare, ma attenti perché non vi facciamo vendere
più all’India nemmeno un archibugio d’epoca e quando viene il paperone
siderurgico indiano a comprarsi l’Ilva, lo andiamo ad accogliere a
mattonate. Nei gruppi Pro-Marò su facebook siamo ormai quasi centomila,
qualcuno che mi accompagna lo trovo.
Luigi Di Stefano
Fonte: http://www.ilprimatonazionale.it/
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