domenica 31 agosto 2014

Marò in India: ma quanti nemici hanno i nostri due Fucilieri?


I mezzi di informazione possono essere considerati i nemici dei Marò?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo per forza di cose chiederci, se ci sembra corretto avere tutti i dettagli dei vari omicidi accaduti in Italia, da Avetrana a Cogne, da Novi Ligure a Parma..... e non sapere cosa sia successo veramente sulla Enrica Lexie? Non è una novità che i mezzi d'informazione, hanno un potere più forte di quello politico, rappresentano l'ago della bilancia sul modo di pensare.

Eppure l'impianto accusatorio nei confronti dei Fucilieri di Marina illegalmente detenuti in India del 15 Febbraio 2012, è viziato da:
  1. indagini omissive verso altri potenziali colpevoli;
  2. distruzione dei reperti giudiziari;
  3. negata ammissione dei Consulenti Tecnici della difesa;
  4. secretazione degli atti processuali dopo l'incriminazione formale;
  5. grave indizio di costruzione di false prove a carico;
  6. omissione di elementi a difesa;
  7. completa inattendibilità dei testimoni a carico;
  8. costruzione di falso scenario da parte della Guardia Costiera.  
Ce ne è abbastanza per invalidare qualsiasi accusa e arrivare al proscioglimento dei due accusati. Ma i nostri giornalisti non lo dicono. 

I nostri giornalisti non ci raccontano che quella tragica sere di due anni e mezzo fa, al largo delle coste indiane ci furono più imbarcazioni. E le indagini Indiane, volontariamente o involontariamente, venivano omesse. 

Le autorità indiane il giorno 15/2/2012 erano a conoscenza di due attacchi pirata o presunti tali:
  1. alla petroliera italiana Enrica Lexie, che è stata richiamata in porto con l'intervento immediato delle più potenti unità navali della sua Guardia Costiera;
  2. alla petroliera greca Olympic Flair, che non è stata neanche chiamata per radio e quindi lasciata libera di andarsene indisturbata.
In questo comportamento delle autorità indiane si ravvisa una omissività nelle indagini, volontaria o involontaria che sia, e quindi una nullità di tutto l'impianto accusatorio nei confronti dei militari italiani.
Infatti è ovvio che nel caso di diversi potenziali colpevoli di un atto ritenuto criminoso (la morte dei due pescatori) sia obbligo dell'autorità indagare tutti i possibili colpevoli. E' evidentemente inammissibile che a uno gli si mandi dietro le navi da guerra, e l'altro si finga di non sapere.

Già nei giorni immediatamente successivi al fatto da fonti italiane si fece rilevare che anche la Olympic Flair era stata attaccata dai pirati nella stessa zona
Ne vennero polemiche giornalistiche, con accuse agli italiani di essersi inventato tutto e di cercare di scaricare su un altro soggetto, innocente, le proprie responsabilità.
Queste polemiche ebbero riflesso anche sui media italiani, disinformando l'opinione pubblica italiana su pretese "falsità" e avvalorando la tesi di colpevolezza sostenuta da una sempre maggiore area dei media.

Fonte:  http://www.seeninside.net/piracy/index.htm


#Marò in india: Federica Mogherini neo Lady Pesc



Federica Mogherini inizierà il nuovo incarico di Alto rappresentante della Ue dal 1° novembre, data legata al completamento delle procedure previste per l'insediamento della nuova Commissione Ue. Come successore all'incarico che fino al 31 ottobre sarà della britannica Catherine Ashton, Mogherini avrà il compito di guidare la politica estera e di sicurezza comune della Ue per i prossimi 5 anni. L'Alto rappresentante è anche vicepresidente della Commissione e partecipa ai lavori del Consiglio europeo.

Jean Claude Junker definisce la Mogherini, dopo averla incontrata, «molto competente e fortemente europeista». Van Rompuy rivolgendosi a Lady Pesc e Tusk dice: «Avete il sostegno pieno del Consiglio e questo è molto importante per me». Sulla Mogherini, il presidente uscente spiega: «Si rivelerà una abile e ferma negoziatrice e mediatrice e uno strenuo difensore del ruolo dell’Europa nel mondo. Sarà il nuovo volto dell’Ue con i nostri partner internazionali».

Per l'Italia Europeista questa è sicuramente una nomina importante. Gli italiani che stanno aspettando di vedere l'Europa dei popoli e non quella delle banche, sanno benissimo che questo è la corsia preferenziale per dimenticare definitivamente la nostra Sovranità.

Noi, che conosciamo la vicenda dei due Fucilieri di Marina illegalmente detenuti in India, auspichiamo che questo incarico, possa essere determinante per la loro liberazione. Del resto siamo stanchi di essere presi in giro da promesse e dichiarazioni seguite da un nulla di fatto. Alla domanda del perchè Mogherini non sia mai andata in India, la risposta sta proprio in questa nomina.

Con sarcasmo ringraziamo anche Lady Ashton per non aver fatto proprio nulla per i "due cittadini europei" in India. Oltre che a dichiarazioni "Inaccettabile che l'Italia sia vista come terrorista" e gaffe, definì i nostri militari "guardie private", altro non si è fatto. 

Non possiamo fare altro che unirsci in coro alla dichiarazione della portavoce Ncd Barbara Saltamartini che invita la Mogherini ad attivarsi subito per riportare a casa i due marò trattenuti in India, missione per la quale l’Alto rappresentante può fare molto, sicuramente più di quanto fatto sinora alla Ashton.

Fonte: http://it.blastingnews.com/
          http://www.iltempo.it/mobile/


giovedì 28 agosto 2014

#The Italian Marines are innocent


This video wants to be a simple contribution to the establishment of the long-denied truth in this never-ending tragic and farcical saga. 

Please share it with any English-speaking person you feel appropriate to involve and especially with any person of Indian background whom you are in contact with or whom you are just in a position to reach.

The Indian and the Italian people have always enjoyed a deep and long-standing friendship. The case of the two marines has unfortunately cast a shadow on their relationship.
The people of both countries deserve better than the incompetent and corrupt elites who have governed them in the most recent years and are responsible for what has happened to the two marines in the last two years and a half.
We shouldn't allow the personal interests and the lies of a few to damage the mutual perception for years to come.

Please share this video and give your contribution to the establishment of the truth! 


mercoledì 27 agosto 2014

#Marò in india: Riflessioni di fine Agosto

Non credo ci siano molti aggettivi per descrivere l'abisso della vicenda dei nostri due Marò. Ridicolo, grottesco, paradossale, indegno...l'elenco sarebbe infinito. La questione è stata gestita in modo deliberatamente ignobile sin dalle primissime battute, non discuto qui sull'innocenza o colpevolezza dei due militari perchè è del tutto inifluente, la giurisdizione era Italiana, al massimo, pro bono pacis, si sarebbe potuto accettare un tribunale internazionale ma con i Marò in Italia, non lo si volle fare. 

Poi i Marò tornarono in Italia, si subì o si finse di subire il ricatto dell'India che violando tutte le norme internazionali osò di fatto prendere in ostaggio il nostro Ambasciatore, evento che non si verificava dai tempi dell'antica Roma con qualche rarissimo esempio perpetrato da popoli particolarmente barbari, e li si rimandò in India violando così esplicitamente l'Art, 698 del CPP che non solo espressamente vieta l'estradizione verso Paesi che prevedono la pena di morte, ma esplicitamente ritiene insufficente la mera garanzia formale che non verrà applicata la pena di morte ( a rafforzare il concetto esiste anche la sentenza della Corte Costituzionale n°223 del 27 Giugno 1996), li si rimandò in India di fatto estradandoli e se non è Alto Tradimento questo mi si spieghi che cosa lo sarebbe

Certo, tutte nefandezze che l'attuale Governo ha ereditato, ma che cosa avrebbe fatto di concreto questo Governo più di quanto non abbiano fatto quelli precedenti? Nulla e tutto, parliamoci chiaro, in nome di Finmeccanica e di qualche altro losco affare che l'Italia intrattiene con l'India o, meglio, intratteneva perchè come forse sapete da oggi Finmeccanica è ufficialmente tagliata fuori. 

Si è sommerso di ridicolo il prestigio dell'Italia in nome di una pedata nel sedere. E che cosa fà il nostro ineffabile Governo ed il suo Ministro, chiedo scusa ai Ministri del passato quelli degni di questo nome, degli Esteri? Vanno a "risolvere" le crisi in Palestina, Libia, Ucraina ed Iraq e chiacchere perchè di concreto l'Italietta di questa gente da poco non può fare proprio nulla, però due risultati li hanno ottenuti, certo, i catto-comunisti, perchè di loro parliamo e del loro devastato cervello, dalla Libia le forniture sono per ovvii motivi praticamente cessati, dalla Russia pure e anche le importazioni, un Paese che annaspa in cerca di centesimi si permette di sputare in faccia velleitariamente ad uno dei principali partner commerciali, si permette di contribuire a turbare delicatissimi equilibri in nome di altrettanto velleitari interessi della Francia. 

No, i due Marò, mi duole dirlo, c'entrano sempre di meno in tutto questo, c'entra una classe politica catto-comunista indegna persino di un Paese del quinto mondo, non esiste il quinto mondo? Beh ho una notizia, esiste ed è composto solo dall'Italia. 

Fonte: https://www.facebook.com/giuseppe.salomone.79?fref=nf

martedì 26 agosto 2014

La Petroliera Greca Olympic Flair

Questa sezione dimostra che le autorità indiane il giorno 15/2/2012 erano a conoscenza di due attacchi pirata o presunti tali:
  1. alla petroliera italiana Enrica Lexie, che è stata richiamata in porto con l'intervento immediato delle più potenti unità navali della sua Guardia Costiera;
  2. alla petroliera greca Olympic Flair, che non è stata neanche chiamata per radio e quindi lasciata libera di andarsene indisturbata.
In questo comportamento delle autorità indiane si ravvisa una omissività nelle indagini, volontaria o involontaria che sia, e quindi una nullità di tutto l'impianto accusatorio nei confronti dei militari italiani.
Infatti è ovvio che nel caso di diversi potenziali colpevoli di un atto ritenuto criminoso (la morte dei due pescatori) sia obbligo dell'autorità indagare tutti i possibili colpevoli. E' evidentemente inammissibile che a uno gli si mandi dietro le navi da guerra, e l'altro si finga di non sapere.

rapporto IMO Olympic Flair 

In questo documento dell'IMO (International Maritime Organization) si certifica che oltre a tutte le altre autorità anche la Guardia Costiera indiana era stata avvertita, alle 16:50 UTC (corrispondenti alle 22:20 locali), che la petroliera greca Olympic Flair era stata oggetto di un attacco pirata.
Alle 22:20LT di scorta alla Enrica Lexie c'erano in mare i due pattugliatori Shamar e Lakshimi Bahi, e un aereo da sorveglianza marittima Dornier228 della guardia costiera indiana.
Tutti si trovavano a circa 10 miglia dal porto di Kochi, e si trovavano vicinissimi (circa 3 miglia) al punto geografico indicato dalla Olympic Flair quale luogo dell'attacco pirata da lei subito.
Le autorità indiane avevano il dovere di lanciare l'allarme, allertare i mezzi militari navali e aerei, e per mezzo dei rilevamenti radar avviarli verso la Olympic Flair, tanto più che erano già sul punto preciso dove era avvenuto l'agguato e dove la Olympic Flair sosteneva di stare.
Avrebbero dovuto fare esattamente quello che avevano fatto poche ore prima nei confronti della Enrica Lexie.
Ma non l'hanno fatto.
Qualunque ne sia il motivo (colpa o dolo) l'impianto accusatorio costruito nei confronti dei due militari italiani manca dell'indagine su almeno uno dei possibili colpevoli: è omissivo.
E quindi l'intero impianto accusatorio sarebbe dichiarato nullo in qualsiasi tribunale.

La vicenda della Olympic Flair
Già nei giorni immediatamente successivi al fatto da fonti italiane si fece rilevare che anche la Olympic Flair era stata attaccata dai pirati nella stessa zona
Ne vennero polemiche giornalistiche, con accuse agli italiani di essersi inventato tutto e di cercare di scaricare su un altro soggetto, innocente, le proprie responsabilità.
Queste polemiche ebbero riflesso anche sui media italiani, disinformando l'opinione pubblica italiana su pretese "falsità" e avvalorando la tesi di colpevolezza sostenuta da una sempre maggiore area dei media.

ansa su olympic flair 

Il giorno 21 febbraio, mentre un portavoce della Marina Mercantile greca smentiva falsamente l'attacco pirata alla Olympic Flair, dalle autorità internazionali questo veniva confermato.
Nei giorni fra il 15 e il 21 febbraio le autorità indiane, benchè perfettamente a conoscenza dell'attacco alla Olympic Flair, anziché confermare le fonti italiane tacevano lasciando montare la campagna giornalistica che accusava gli italiani di falso e quindi lasciando montare lo sdegno popolare dei cittadini indiani contro gli italiani.
Nello stesso giorno in cui la marina mercantile ellenica dichiarava falsamente che non c'era stato nessun attacco pirata alla Olympic Flair, e le autorità indiane tacevano quanto a loro conoscenza, l'armatore della Olympic Flair dichiarava alla Marina Militare italiana che l'attacco c'era stato.
Le dichiarazioni indiane che "mai si erano verificati in India attacchi di pirateria" sembrano almeno stravaganti, visto che lo ICC-IMB (International Chamber of Commerce - International Maritime Bureau), nel suo rapporto "Piracy and armed robbery against ship" relativo al periodo 1 gennaio -30 settembre 2011 certifica 6 attacchi, di cui 4 avvenuti proprio negli ancoraggi di Kochi.

pirateria in India

L'incidente della Olympic Flair verrà riportato nel rapporto "Piracy and armed robbery against ship" pubblicato il 16 giugno 2012 (vedi allegato 2 pag.4)
TMNews del 21 febbraio 2012 

Nello stesso giorno in cui la marina mercantile ellenica dichiarava falsamente che non c'era stato nessun attacco pirata alla Olympic Flair, e le autorità indiane tacevano quanto a loro conoscenza, l'armatore della Olympic Flair dichiarava alla Marina Militare italiana che l'attacco c'era stato.
Le dichiarazioni indiane che "mai si erano verificati in India attacchi di pirateria" sembrano almeno stravaganti, visto che lo ICC-IMB (International Chamber of Commerce - International Maritime Bureau), nel suo rapporto "Piracy and armed robbery against ship" relativo al periodo 1 gennaio -30 settembre 2011 certifica 6 attacchi, di cui 4 avvenuti proprio negli ancoraggi di Kochi.

pirateria in India

L'incidente della Olympic Flair verrà riportato nel rapporto "Piracy and armed robbery against ship" pubblicato il 16 giugno 2012 (vedi allegato 2 pag.4)

report IMO Olympic Flair 

Olympic Flair, la "nave sparita"
E' evidente che il rapporto fatto dalla Olympic Flair su data, ora e posizione dell'attacco subito non può essere vero.
Nella medesima ora in quella posizione stanno transitando la Enrica Lexie e le potenti unità della Guardia Costiera che la stanno scortando. A un allarme lanciato dalla Olympic Flair sarebbero intervenute.
timeline posizioni della Olympic Flair e della Enrica Lexie Timeline delle posizioni della Olympic Flair e della Enrica Lexie nelle fasi successive all'incidente
Come pure è evidente dal rapporto che l'attacco è avvenuto di giorno. Si dice che la vedetta della nave greca ha avvistato due imbarcazioni con 20 armati. E che i pirati quando hanno visto l'equipaggio entrare in allarme hanno desistito.
E come si sono reciprocamente visti, marinai e pirati, se fossero state veramente le 22:20 locali, e quindi notte fonda?
Dovremmo anche ammettere che i 20 pirati, nonostante la presenza a vista della Enrica Lexie, di due unità navali armate e sorvolati da un aereo da sorveglianza mattittima, siano andati audacemente all'attacco.
Anche a un profano un racconto del genere appare del tutto incredibile.
E' tutto da rivedere e chiarire, ci sarebbe voluta una "indagine", ma a quanto pare alle autorità indiane la cosa non è mai interessata.

tracking AIS 

Sparisce dal sistema di rilevamento e indentificazione AIS il 13 febbraio alle ore 00:29 UTC diretta a Kochi orario di arrivo stimato 15 febbraio ore 08:00 UTC.
Riappare circa allo stesso punto il giorno 20 febbraio alle ore 05:36 UTC diretta ad Arzew (Orano, in Marocco, orario previsto di arrivo il 1 dicembre, dieci mesi!)
Poco ore dopo, alle 19:14 UTC, cambia destinazione verso Khahg Island, arrivo alle 23:59 del 23 febbraio.
E quindi un buco nero di ben 7 giorni durante i quali non sappiamo dove la Olympic Flair sia stata e cosa abbia fatto, tranne che ha subito un attacco pirata denunciato da lei stessa e confermato dagli organismi internazionali e dall'armatore.
Attacco pirata in giorno, luogo e ora palesemente falsi, e quindi avvenuto necessariamente in altro luogo, e/o in altre data e ora.

Conclusioni.
Al di la di ogni altra considerazione la responsabilità di accertare gli eventi che interessano la Olympic Flair è responsabilità delle autorità indiane.
Accertare se persone imbarcate sulla Olympic Flair siano responsabili della morte dei due pescatori è responsabilità delle autorità indiane.
L'omissione è accertata: lo certificano organismi internazionali quali lo ICC e l'IMO, e lo ammette lo stesso armatore della Olympic Flair.
E' evidente che l'impianto accusatorio contro i due marinai italiani deve andare a cadere, perchè viziato fin dall'inizio da omissioni (colpose o dolose è lo stesso) e quindi da carenza investigativa.

Fonte: http://www.seeninside.net/piracy

CASO' MARO', TUTTA LA VERITA' SUI NOSTRI DUE SOLDATI ILLECITAMENTE TRATTENUTI IN INDIA! INTERVISTA AL QUOTIDIANO "IL TEMPO" ED ESTRATTO DAL LIBRO "MARO', LE VOCI DEI PROTAGONISTI"…

ESTRATTO DAL LIBRO "Marò: le voci dei protagonisti", di Carla Isabella Elena Cace (per gentile concessione dell’editore “Pagine")




(…)

Ambasciatore Terzi, lei ha seguito il caso sin dalle primissime fasi in qualità di Ministro degli Esteri. Ce ne vuole parlare?

  Appena ho avuto notizia di questo incidente, avvenuto fuori dalle acque territoriali indiane (come riconosciuto successivamente dalla sentenza della Corte Suprema indiana del 18 febbraio 2013) e della richiesta della Guardia Costiera indiana di far invertire la rotta alla Enrica Lexie per indirizzarla verso il porto di Kochi, ho subito detto che la nave non doveva assolutamente lasciare le acque internazionali. Mi è apparso subito evidente che dovevamo tenere la nostra nave e i nostri militari in sicurezza: in acque internazionali la giurisdizione italiana sulla propria nave di bandiera era incontestabile . Gli indiani non avrebbero potuto in alcun modo agire con un atto di forza in alto mare. Modificando invece una situazione di fatto favorevole alla nave e ai nostri militari italiani avremmo corso gravi rischi. Mandai immediatamente una e-mail urgente al mio Capo di Gabinetto chiedendogli di sottolineare immediatamente questa posizione al Ministero della Difesa. Mi era perfettamente chiaro che la Farnesina non aveva certo autorità o titolo per “dare istruzioni” in un ambito rientrante nella catena di comando militare: una linea gerarchica costituita da Squadra Navale, Comando Operativo Interforze fino ad arrivare al Ministro della Difesa, come si deduce dalla normativa che regola la presenza dei nuclei militari di protezione (Vessel Protection Detachment) a bordo delle navi mercantili. Mi era tuttavia immediatamente apparsa la necessità di rappresentare con nettezza alla Difesa una valutazione di fondamentale buon senso, maturata in base all’esperienza dalla Farnesina nella gestione di numerose crisi riguardanti nostri connazionali all’estero nelle quali la “situazione di fatto” influisce spesso, sin dall’inizio, assai più delle azioni diplomatiche e legali che poi seguono. La risposta che mi arrivò subito mi sorprese e mi irritò: mi riferirono che l’incidente non era “appena avvenuto”, ma che si era verificato diverse ore prima, e che la nave aveva già invertito la rotta, eseguendo ordini e indicazioni del Ministero della Difesa, perciò si trovava, nel momento in cui mi era stata fatta la prima comunicazione già circondata da unità della Guardia Costiera indiana, e molto vicino al porto di Kochi. Chiesi subito copia di tutte le comunicazioni intercorse tra Unità di Crisi della Farnesina e Autorità militari, e dovetti constatare con estremo disappunto il fatto che il Ministero della Difesa aveva informato l’Unità di Crisi della Farnesina soltanto parecchie ore dopo, tutto questo risulta agli atti dei Ministeri interessati (…)
 
Ma allora si può ipotizzare che ci sia stato un preciso “disegno”, per come si sono svolti i fatti?
(…) La volontarietà di tenere all’oscuro il Ministero degli Esteri è uno di quegli aspetti sul quale mi auguro che faccia piena luce una Commissione parlamentare d’inchiesta (…) Per la lunga esperienza che ho dei processi decisionali interni alle Amministrazioni dello Stato, mi sembra inimmaginabile che una decisione di questa rilevanza sia stata presa unicamente a livelli intermedi. Sono invece convinto, e non sono certo il solo, che essa sia stata presa ai livelli più elevati della catena di comando (…) Questo è stato il punto: l’aver gestito l’immediato seguito di un incidente, che può sempre avvenire, senza prestare la massima attenzione alla tutela dell’immunità funzionale e della sicurezza dei nostri militari. Prima di consegnarli ad un’autorità di polizia straniera bisognava porsi il problema con estrema serietà (…)”.
 

Quindi il ministro della Difesa, il Comando Operativo Interforze e la Squadra Navale sono i primi responsabili di questo disastro…
Non è un’impressione. E’ scritto nelle carte, gli atti lo documentano. Tra l’altro, nell’ottobre del 2012, proprio il Ministro della Difesa Di Paola ,rispondendo all’interrogazione del senatore Domenico Gramazio conferma che l’autorizzazione era stata data dal suo Ministero, condendo la ricostruzione dei fatti con considerazioni e giustificazioni piuttosto “acrobatiche” (…)
 

Lei si recò pochi giorni dopo il 15 febbraio in India.
(…) Mi recai a Kochi, per dare pubblicamente all’India la il segnale dell’elevatissima priorità politica che la questione dei nostri Maro’ aveva per il Governo e per l’intero Paese. Feci il punto della situazione con il team che stava lavorando al caso. Proprio in quel momento stavano emergendo attriti nella effettuazione della perizia balistica, perche’ gli indiani contrastavano la presenza dei nostri esperti nelle rilevazioni tecniche. Fu una visita utile: in primo luogo perché consentì di rafforzare la tesi che i Marò potessero e dovessero essere giudicati soltanto in Italia; in secondo luogo perché apparve evidente alle autorita’ indiane, a seguito delle mie pressioni durante la visita, che non era nemmeno immaginabile che i nostri Maro’ venissero messi in un carcere del Kerala, come inizialmente gli indiani volevano fare. Si ottenne che essi fossero sistemati in una guest house, in area si’ sorvegliata ma con la possibilità di una presenza continuativa dell’addetto militare da Nuova Delhi e assistenti delle nostre Forze Armate. Inoltre poterono mantenere la divisa in riconoscimento del loro status militare (…)
 

Come trovò i due marò quando passò del tempo con loro?
Ho sempre constatato in Massimiliano Latorre e Salvatore Girone una forza morale straordinaria. Sono due uomini di grande carattere, assoluta dedizione al servizio dello Stato e di un grandissimo attaccamento alla Patria e al loro contingente. Ritengo siano il simbolo della fierezza e dell’orgoglio italiano e anche della grandissima qualità degli uomini che noi impegniamo nelle Forze di Pace. Per questo ho sempre considerato fondamentale il Paese e per la nostra politica estera trovare una soluzione che li riporti a casa (…)
 

Un Momento molto delicato della vicenda fu quando annunciò la decisione di trattenere i Marò in permesso in Italia. Ma dopo qualche giorno lei stesso informò del loro rientro e si dimise. Cosa accadde realmente?
La questione è molto semplice e tutto quello che ora ricostruisco è ampiamente documentato da lettere e comunicazioni ufficiali che sono state via via analizzate anche da trasmissioni televisive, dibattiti e interviste. Il primo ritorno dei nostri sottoufficiali in Italia, il cosiddetto “congedo natalizio” a fine 2012, lo avevo ottenuto personalmente a seguito di una conversazione con il mio “omologo” indiano Salman Khurshid, come gesto simbolico di buona predisposizione e di distensione dell’India nei confronti dell’Italia per il prosieguo di questa vicenda. Lo ottenemmo sulla base di un affidavit, che poi venne replicato anche per la licenza elettorale del febbraio-marzo successivo. Nell’affidavit avevamo inserito una clausola importante che la disinformazione della stampa governativa della fine-governo Monti ha cercato di occultare e confondere. Con l’affidavit il governo italiano s’impegnava, tramite l’ambasciatore a Nuova Delhi, a fare “tutto il possibile” per far tornare i marò in India alla fine della licenza nell’ambito delle sue prerogative e dei suoi poteri costituzionali. Questo era un passaggio chiarissimo anche per gli indiani che lo avevano accettato. Ciò significava che se la magistratura italiana, presso la quale erano aperti da inizio novembre 2012 due procedimenti penali per l’incidente che veniva addebitato a Latorre e Girone (uno presso la Procura militare e uno presso quella ordinaria), avesse trattenuto il passaporto ed emanato delle misure cautelari nei confronti dei due uomini, impedendo che ripartissero dall’Italia per tutto il periodo delle indagini e del processo in Italia, nessuno avrebbe potuto dire nulla. Al primo rientro dei due Marò, mi attivai con il Presidente del Consiglio affinché si svolgesse un’opera di sensibilizzazione della Procura di Roma, come avvenuto in altri casi, ad esempio quelli Lozano e Baraldini. Il mio obiettivo era l’attivazione della magistratura e di conseguenza il trattenimento dei due marò almeno fino ad una sentenza che ne accertasse la responsabilità o meno per l’incidente che eravamo certi fosse avvenuto in acque internazionali (…)
 

E quando tornarono la seconda volta, quindi?
Il dato certo è che quando tornarono la seconda volta, per il permesso elettorale, vi fu una serrata concertazione fra tutte le diverse Istituzioni coinvolte per capire se l’impegno per rimandarli in India dopo le votazioni politiche tenesse ancora, essendo sopravvenuta violazione indiana alla Convenzione sul Diritto del Mare (…) Vi era stato un nuovo importante sviluppo tra il primo ritorno di Latorre e Girone in dicembre e quello di fine febbraio. Il 18 gennaio, infatti, la Corte Suprema indiana aveva emanato una sentenza sul ricorso intrapreso dai legali di Latorre e Girone (…) Qualcosa nella sentenza della Corte, fu a nostro favore. Per la Corte Suprema l’incidente nel quale era incorsa la Lexie configurava un’azione antipirateria avvenuta al di fuori delle acque territoriali indiane e quindi, era coperta dall’articolo 100 del Trattato UNCLOS (la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del mare). Ciò è molto importante anzitutto perché la Corte Suprema indiana riconosceva l’applicabilità della convenzione UNCLOS alla controversia fra Italia e India. In secondo luogo, perche menzionava l’ articolo 100 ,che prevede delle consultazioni bilaterali tra i due Paesi in vista di una soluzione diplomatica. Se la Convenzione Unclos deve essere applicata, come dicono gli stessi indiani, allora entra in campo l’arbitrato quando le consultazioni bilaterali non hanno dato nessun esito, come infatti è avvenuto da due anni a questa parte. L’Arbitrato può essere di due tipi: consensuale se i due Paesi nominano di comune accordo i loro arbitri; obbligatorio se una delle due parti non accetta l’arbitrato. La nazione che accetta l’arbitrato, a discapito di chi lo rifiuta, può chiedere la nomina d’ufficio e procedere comunque. In quel febbraio del 2013, dunque, dopo consultazioni interministeriali molto approfondite si decise di chiedere formalmente all’India l’attivazione di un arbitrato consensuale. L’India rispose, che non voleva saperne e reiterò questa risposta negativa ripetutamente. A quel punto, dinanzi ad un atteggiamento indiano completamente negativo, il Governo italiano annunciò di voler trattenere in Italia i marò fino a che l’Arbitrato obbligatorio, che parallelamente stavamo attivando, non avesse stabilito quale Paese avesse giurisdizione. Decidemmo altresì di attivare tutte le sedi internazionali spiegando quello che era avvenuto e chiedendo sostegno: l’Italia riteneva che l’India avesse disatteso impegni previsti dalla convenzione UNCLOS e reiterati dalla stessa Corte Suprema (…)
 

Quindi, almeno fino a questo punto, nel governo sono tutti d’accordo nel trattenere i marò in Italia. Cosa succede poi?
Tutti eravamo d’accordo, al punto che facciamo un comunicato del Governo in due occasioni diverse, a distanza di una settimana di tempo. Il primo l’11 marzo e il secondo il 18 marzo a nome dell’intero Esecutivo, pubblicati anche sul sito della Presidenza del Consiglio, in cui si spiegava quello che ho appena esposto non soltanto ai cittadini italiani, ma anche agli indiani e a tutto il mondo. Lo inviamo, infatti, a 150 sedi su tutta la rete diplomatica e lo spiegammo a Ban Ki Moon. I toni indiani ovviamente a quel punto montano, con dichiarazioni della signora Sonia Gandhi, leader del partito del Congresso, ma tutto questo era scontato e previsto. Era evidente che ci sarebbe stato un po’ di ‘teatro’ perché ormai i due marò non erano più in mano indiana, e si era ribaltata la situazione di fatto. Tra l’altro tutte queste preoccupazioni legalistiche, compreso l’affidavit, erano perfino pleonastiche perché i due marò erano stati presi dall’India con l’inganno. Se anche li avessimo riportati a casa con altri mezzi, si sarebbe pur sempre trattato di un’operazione imposta dallo stato di necessità: quello di tutelare nostri uomini in divisa, senza lasciarli, come nessun Paese serio fa, “dietro le linee”. Tornando ai fatti, i Comunicati del Governo furono seguiti dal reintegro immediato dei due fucilieri nei rispettivi reparti. Le loro famiglie e tutti gli italiani erano molto soddisfatti per la soluzione di un dossier cosi’ delicato, mentre la vicenda – cosa importante - veniva ricomposta sui binari del Diritto internazionale: si apriva formalmente una controversia fra due grandi Paesi; sarebbe stata gestita in modo civile , con tutti i dettami della legalità, senza forzature e colpi di mano. Il 21 marzo, dal nulla, parte invece una convocazione del Presidente del Consiglio per una riunione ristretta e riservata dei ministri più interessati alla vicenda. Avevo avuto sentore che uno scivolamento si stava verificando perché il giorno precedente alla convocazione avevo ricevuto un paio di telefonate nelle quali mi si allertava che un collega di governo si stava agitando freneticamente perché temeva per gli interessi economici in India e riteneva che i due marò dovessero essere rispediti indietro immediatamente. Quindi mi preparai a sostenere con tutto il dovuto vigore in sede di discussione la validità di una linea che era stata sino a quel punto fortemente condivisa soprattutto dai Ministri della Difesa e della Giustizia, oltre che da Presidente del Consiglio. Con profonda tristezza, mi resi conto che nessuno, oltre a me, era disposto a confermare la linea collegialmente decisa dal Governo poche settimane prima e messa in atto dinanzi all’intera Comunità internazionale sino al giorno prima. Nonostante la mia netta opposizione ci si rivide la mattinata successiva, e lì la decisione era stata presa. Già il 21 sera, comprendendo che il Governo stava facendo qualcosa di incredibile, qualcosa che molti definiscono subito come la nuova ‘Caporetto’ o l’8 settembre della nostra Diplomazia, inviai una comunicazione formale scritta in cui esponevo le mie considerazioni di ferma contrarietà a questa vicenda (…). Questa lettera non ottenne nessuna risposta e, il giorno dopo, sappiamo quello che è successo: il Ministro della Difesa Di Paola e il sottosegretario de Mistura si recarono a convincere Latorre e Girone affinché ripartissero; dando loro assicurazioni, a quanto mi risulta, che si sarebbe trattato di una permanenza in India di poche settimane e poi il caso sarebbe stato risolto. Sappiamo invece cosa è successo. Le garanzie non c’erano. Per più di un anno si è discusso persino sul fatto se la pena di morte potesse essere applicata o meno. Il governo indiano addirittura smentì su questo punto la Presidenza del Consiglio in maniera a dir poco imbarazzante. Ecco perché decisi di dare le dimissioni. Provai un grande dolore nel constatare di dover rappresentare nel mondo un Paese che si comportava dando così scarso valore alla propria Sovranita’ e interesse nazionale. E lo dico dopo 40 anni di servizio diplomatico in una Carriera che si è sempre battuta per tenere alto il nome dell’Italia e degli italiani nel mondo
 

E’ passato più di un anno da quei momenti. Cosa è stato fatto?
Non è stato fatto assolutamente nulla...


(il seguito dell’intervista all’Ambasciatore Terzi, oltre ai contributi degli altre importanti personalità intervistate su questo delicato è importante dossier, è disponibile sul libro di Carla Cace dal titolo "Marò: le voci dei protagonisti", ordinabile in libreria, editore "Pagine” (pagg. 150, Euro 16,00)


Fonte:  https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi?fref=photo

Marò:Terzi:«Il governo non fa nulla, folle affidarsi solo alla giustizia di New Delhi»



REDDITI ONLINE: TERZI DA MINISTRO 'PERDE' 100 MILA EUROMichele De Feudis «Non se ne può più»: l'ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata con una battuta sintetizza lo stato d'animo di amarezza che stanno vivendo i familiari dei marò detenuti in India e...

Perché domani (oggi ndr)una manifestazione davanti all'ambasciata dell'India? 

«Per restituire visibilità a questa incredibile vicenda che coinvolge Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trattenuti come prigionieri in India».

Eppure si attendevano soluzioni dalla politica...

«Esprimiamo una grandissima insofferenza. Non ne possiamo più di sentirci raccontare di tecnicismi segreti, negoziati subacquei, assi nella manica del governo Letta, inviati speciali con chissà quale soluzione magica per riportarli a casa. E non possiamo escludere in campo un ritorno dell'agenzia investigativa indiana antiterrorismo. Questo quadro aggrava le preoccupazioni di tanti italiani che da 500 giorni sono in prima linea dopo le giornate della vergogna».
 
A cosa si riferisce?

«Al marzo 2013 quando abbiamo rimandato in India i nostri soldati in India».
 
Cosa ha prodotto l'azione del governo italiano?

«Non ho visto, in contesti internazionali, recenti dichiarazioni di autorità italiane sul torto che stiamo subendo. Grazie alla manifestazione davanti all'ambasciata a New Delhi arriverà qualche telegramma o rapporto da Roma nel quale si spiega che il governo non si muove, ma c'è un popolo che è in trepidazione per Latorre e Girone».
 
L'operato di Mogherini e Renzi?
«Ero molto fiducioso. Ho preso per buone le dichiarazioni sulla internazionalizzazione, ma siamo di fronte ad un nulla di fatto. Con alcune note verbali abbiamo chiesto il dialogo... Poi c'è la curiosa telefonata tra Renzi e Morsi: mi pare di capire che il premier indiano ci ha invitato a fidarci della giustizia indiana. Se è questa la conquista della diplomazia italiana, non c'è da stare tranquilli».
 
Ci sono certezze sul piano giudiziario?

«Stiamo lasciando andare avanti l'ipotesi di un processo. Abbiamo versato la cauzione. I due militari sono attesi domani in tribunale. Mi auguro non si presentino».
 
Nell'Italia delle tante commissione d'inchiesta, manca un organismo di indagine sulle giornate che hanno portato al ritorno in India dei marò.

«Fdi ha chiesto da mesi una inchiesta parlamentare. La auspico dal momento delle mie dimissioni da ministro degli Esteri. Bisogna fare luce sulle responsabilità, dopo disinformazione e politica del silenzio, sulle concertazioni ministeriali, sui ministri che avevano insistito per trattenerli e hanno cambiato idea, sulle promesse fatte ai due marò per farli tornare in india, promesse poi rivelatesi false».

Fonte: http://www.iltempo.it/

 

 

 

lunedì 25 agosto 2014

Marò, udienza a sorpresa. Tutti convocati in tribunale.

Non c’è che dire: continuano a fare gli indiani. E, a parte le difficoltà linguistiche, è difficilissimo cercare di entrare nel guazzabuglio di stratagemmi che le autorità di New Delhi sfornano come pizze calde dal forno di una rabbia che in Italia lievita, almeno per chi crede ancora nella giustizia e nel valore delle nostre Forze Armate. O, quantomeno, nella diplomazia.

In spregio alla prima regola del giornalismo - la notizia sùbito - la premessa era doverosa per cercare di decriptare il senso dell’indiscrezione trapelata nella giornata di ieri: per mercoledì 27 agosto un tribunale non meglio identificato di New Delhi ha fissato un’udienza sul caso dei nostri due Marò. Per l’occasione sono stati convocati alcuni rappresentanti della polizia speciale Nia che hanno svolto indagini su quello che è divenuto un calvario per i nostri due Fucilieri, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Peraltro, si sa che l’ennesima convocazione è stata firmata dal giudice aggiunto, Reetesh Singh, che opera al Karkardooma Courts, nella zona orientale di New Delhi. Ignoto, come quasi sempre, il motivo ufficiale dell’udienza, ma scartabellando le ultime carte si può desumere che la nuova convocazione sia da mettere in relazione con l’ultima udienza della Corte Suprema (che risale a lunedì 4 agosto): quel giorno in aula si è proceduto al rinnovo delle garanzie finanziarie a sostegno della libertà dietro cauzione concessa a Latorre e Girone. Fino a qualche mese fa questa specie di fidejussione era depositata in un istituto di credito del Kerala. 

Da qualche giorno le garanzie sono state trasferite in una banca della capitale dell’India: dunque, quasi certamente è da ricercare in questa sorta di informativa la convocazione del 27 agosto. Note conoscitive delle quali verranno ufficialmente informati gli uomini della polizia anti-terrorismo, la famigerata Nia. La stessa che ha chiesto il 31 luglio scorso a un tribunale speciale di New Delhi di prendere in carico la sorveglianza dei nostri due Marò. 

Nel merito, la decisione è stata rinviata al 14 ottobre. Ma - e qui scatta la nuova, intollerabile incongruenza delle autorità giudiziarie e di governo indiane - è necessario ricordare come il 28 marzo scorso la Corte Suprema avesse sospeso il processo a carico di Latorre e Girone dopo aver ammesso un ricorso sull'incompetenza della Nia, ora convocata per il 27 agosto. Eppure, quel giudice speciale aveva sentenziato che la polizia anti-terrorismo non poteva seguire quel tipo di indagini in assenza di leggi ad hoc. Insomma, una vergogna che va avanti dal 15 febbraio del 2012.

Fonte: http://www.iltempo.it/

domenica 24 agosto 2014

Marò in India: Le ragioni dell'Innocenza.

Sintesi di quanto accaduto il giorno 15 Febbraio 2012 nell'Oceano Indiano alla Enrica Lexie e ai Marò, ancora illegalmente trattenuti in India da due anni e mezzo, senza (ovviamente" nemmeno un capo d'imputazione. Per ulteriori approfondimenti vi rimando al sito www.seeninside.net/piracy 









Marò in India: solo due domande a Matteo Renzi.

Presidente Renzi, ci faccia capire le vere ragioni dell' abbandono da parte di tre governi dei Fucilieri di Marina Latorre e Girone, non si vogliono turbare le relazioni commerciali in corso ? Avete paura di perdere appalti milionari? 

Le ragioni dell'innocenza.




Sintesi di quanto accaduto il giorno 15 Febbario 2012 nell'Oceano Indiano alla Enrica Lexie e ai "Marò", ancora ingiustamente trattenuti in India da due anni e mezzo, senza (ovviamente) nemmeno un capo d'imputazione. Per ulteriori approfondimenti vi rimando al sito www.seeninside.net/piracy



venerdì 22 agosto 2014

Cancro, chi è povero muore



Per la prima volta in Italia due farmaci oncologici sono in vendita solo a pagamento: chi vuole curarsi deve pagare più di mille euro a settimana. Si viola la Costituzione, ma il governo fa finta di niente 

Cancro, chi è povero muoreNon se ne è accorto nessuno. Ma presto se ne accorgeranno i malati di cancro. Perché, in barba alla Costituzione, per la prima volta nel nostro Paese, le autorità sanitarie hanno deciso che ci sono malati di tumore ricchi che avranno accesso a due farmaci oncologici, e quelli poveri che dovranno fare senza.

È accaduto infatti che il pertuzumab (Roche) e l'afibercept (Sanofi-Aventis) siano stati autorizzati dall'Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) il 27 maggio scorso e quindi ammessi in farmacia, ma a totale carico del malato.

Che, se vuole curarsi, dovrà quindi pagare per il farmaco Roche 6.000 euro per le prime due somministrazioni e poi tremila euro ogni 21 giorni; e per quello Sanofi Aventis 4.000 euro ogni tre settimane.

Perché le medicine sono sì registrate e ammesse alla vendita, ma non rimborsate dal Servizio sanitario nazionale. Non era mai successo per gli anticancro, salvavita. Perché se è vero che molti farmaci innovativi sono oggi disponibili in farmacia a pagamento (è la cosiddetta Fascia C), è anche vero che si è sempre trattato di prodotti non salvavita, per i quali, il più delle volte, esiste un'alternativa, ancorché meno potente o meno avanzata.

Il cancro, poi, è di una tale drammaticità che nessuno aveva mai osato nemmeno immaginare che si potessero registrare delle medicine e non metterle a disposizione di tutti i malati.

Non c'è dubbio che l'Aifa ha agito secondo le norme. Anzi, la norma. Sciagurata e passata finora sotto silenzio: quella con la quale l'ex ministro Renato Balduzzi, oggi deputato montiano, ha deciso, nel novembre del 2012, che i farmaci non ancora ammessi al rimborso del Ssn ma verificati come efficaci dalle autorità sanitarie potessero essere venduti in farmacia a chi ha i soldi per comprarseli. “Nelle more”, si dice in gergo.

Ma queste more sono lunghissime: come “l'espresso” ha denunciato più volte, i farmaci innovativi arrivano nel nostro paese con grande ritardo: fino a due anni dall'approvazione europea. Diversi mesi trascorrono mentre l'Aifa rivede i dossier già esaminati e approvati dalle autorità europee e autorizza il farmaco anche nel nostro paese, ma altri mesi passano a definire prezzo e modalità di accesso al mercato. I tempi di questi iter si fanno sempre più lunghi anche perché si allungano i negoziati, con l'Aifa che offre prezzi che le aziende ritengono bassi.

Ed è chiaro a tutti che non ci sono soldi per la sanità, e che, quindi, i negoziati non sono destinati ad accorciarsi. Anzi. Nelle “more”: chi ha i soldi si comprerà il farmaco con gli evidenti benefici terapeutici, chi non li ha lascerà questa vita. E non serve raccontare come, negli Usa e nei paesi senza servizio sanitario universale, le persone si indebitino, vendano la casa, chiedano prestiti per potersi pagare anche solo qualche mese di vita.

E a guadagnarci sono le aziende che inizieranno a vendere il farmaco mesi e mesi prima del suo accesso agli ospedali pubblici. Ma resta l'interrogativo: Balduzzi si è reso conto della drammaticità di quella firma? E non ci vengano dire che è solo “nelle more”, perché una volta infranto il muro della decenza, non si torna più indietro. 

Fonte: http://espresso.repubblica.it/


Comune di Aviano. Manifesto in municipio: «Riportiamo a casa i marò»


Aviano, Municipio



"Nella sede municipale sarà presto affisso un manifesto con le immagini di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due Marò detenuti in India, per chiederne la liberazione. La loro foto, con a lato un fiocco giallo e la scritta “Riportiamo a casa i marò” dovrebbe essere al più presto inserita anche nel sito internet dell’amministrazione comunale. 

In tal senso si sono pronunciati i consiglieri comunali, che hanno approvato una mozione presentata dal gruppo di minoranza del Pdl, Forza Italia. L’unica astensione è arrivata da Valentino De Piante, consigliere della maggioranza di “Sinistra in comune per Aviano”"(http://messaggeroveneto.gelocal.it/). 

La mozione è stata presentata il 17 Luglio 2014 e, a detta di alcuni cittadini, in data odierna ancora non si sono viste le foto dei Fucilieri di Marina ne nella sede Municipale ne tantomeno nel sito internet dell'Amministrazione Comunale.


giovedì 21 agosto 2014

Marò in india: La sede vacante dell’onore

Ognuno per sé, nessuno per tutti. Le plateali dimissioni del ministro degli Esteri Terzi, non concordate con Monti né con Napolitano, e le altrettanto stentoree non-dimissioni del ministro della Difesa Di Paola, illustraronono lo stato delle pubbliche istituzioni in Italia. Siamo in perenne sede vacante, con governi che da alcuni anni hanno cessato di governare e parlamenti, non eletti dal popolo, che non hanno voce in capitolo.

Quando un giorno gli storici vorranno indagare la parabola della seconda repubblica, leggeranno nella tragicommedia dei due marò palleggiati fra Italia e India la biografia di una nazione che solo tre anni fa celebrava con fervore il secolo e mezzo di unità. “Noi non capiamo, ma non ci abbandonate”: le parole di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre — le due sole figure dignitose, quali che siano le loro responsabilità, nella sceneggiata in corso — rivolte al loro ministro prima di essere rispediti in India, echeggiano quelle, ben più drammatiche, dei nostri soldati abbandonati senz’ordini dal re e dai comandanti militari in fuga, l’8 settembre di settant’anni fa. 

Ieri come oggi: chi decide in Italia? Chi si assume la responsabilità delle scelte? Nessuno. In ogni caso, le colpe sono altrui.

Da quando QUALCUNO ha improvvidamente ordinato ai due marò sospettati di avere ucciso due pescatori indiani di consegnarsi alle autorità locali, le strutture politiche, tecniche e militari deputate a gestire il caso sono riuscite a sbagliare ogni singola mossa. Prima che il senso delle istituzioni, è mancato il senso del ridicolo. Siamo riusciti in una triplice impresa: confermare il mondo nella convinzione che l’Italia sia un paese di furbi, i quali regolarmente finiscono vittime della propria astuzia; produrre una gravissima crisi politico- diplomatica con l’India — sulla quale il grado di conoscenza delle nostre strutture tecniche sembra rimasto alla prosa di Emilio Salgari; svelarci impotenti a difendere i diritti e la sicurezza di due nostri cittadini soldati, ciò che di norma pertiene alla primaria funzione dello Stato.

Terzi, con le sue dimissioni, si è autoproclamato campione dell’“onorabilità del paese, delle Forze armate e della diplomazia italiana” Di Paola, forse inconsciamente aderendo al clima da “tutti a casa”, ha voluto paragonarsi all’ammiraglio Bergamini ed evocare la tragedia della corazzata Roma, gioiello della Regia Marina, affondata il 9 settembre al largo della Sardegna da una bomba tedesca, che spezzò la vita di quasi 1.400 marinai? Ancora: fa senso che il capo di Stato maggiore della Difesa, con un pronunciamento d’altri tempi, denunciò la “farsa” in atto senza allegare contestuale lettera di dimissioni o senza che il governo gliela imponesse

Monti, lasciò che i suoi ministri si scannassero in Parlamento, quasi che la responsabilità ultima dello scaricabarile non fosse sua. Sarebbe inoltre stato legittimo attendersi dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che pure sostiene che questa vicenda l'ha seguito molto da vicino, una parola netta e chiarificatrice, a difesa della dignità nazionale, vista la sua omertà nella scelta di farli rientrare, andando per altro contro la nostra Carta Costituzionale.

Infine, la lezione più profonda e più amara. La crisi dei marò espone a chiunque non si rifiuti di vederla la deriva della tecnocrazia nostrana. Chiamata ad assumersi responsabilità politiche, si è rivelata tecnicamente impreparata a governare l’Italia. Scopriamo oggi che cosa significhi per un paese a debole legittimazione istituzionale e modesto spirito civico non disporre di una “nobiltà di Stato”, di quell’alta amministrazione selezionata per merito che nelle più antiche nazioni europee ha garantito, anche nell’ora più buia, continuità e prestigio alle pubbliche istituzioni.

STRAGE DI USTICA: MOVENTE NUCLEARE CON REGIA DI ISRAELE


Dopo 34 anni le 81 vittime non hanno avuto giustizia, così come i numerosi testimoni assassinati in seguito dall'intelligence. Eppure il movente mai indagato a fondo dalla magistratura, è fin troppo evidente. Nel 1983 un ingegnere dell’Enea, Carlo Giglio, aveva denunciato alla magistratura un traffico di uranio puro, consegnando un voluminoso carteggio. Nel 1988 fonte “Billy” aveva depositato un altro esposto, ma i giudici avevano prontamente ed inspiegabilmente archiviato in un lampo. In seguito, nel 1995 Giglio aveva indirizzato alla procura della Repubblica di Reggio Calabria che indagava sull’affondamento delle navi dei veleni, una serie documentata di denunce. 

Nei verbali del 17 marzo 1995 è scritto: «Fu così che l’Enea (ovvero il CNEN, ndr) divenne lo strumento operativo dei vari governi italiani dell’epoca per fornire all’Iraq e al suo capo di Stato, Saddam Hussein, tutta l’assistenza tecnologica nonché tutto il materiale fissile idonei ad assicurare a detto Stato piena autonomia nucleare e la possibilità di dotarsi di armi atomiche».

In effetti, a metà degli anni ’70 il governo tricolore, unitamente a quello francese, stipula una serie di accordi commerciali con l’Iraq per la fornitura di tecnologia e materiale nucleare, in cambio di petrolio. E dentro c'è pue lo scandalo della banca italiana Bnl con sede ad Atlanta (USA). Ai magistrati l’ingegnere Giglio fornisce - così è scritto nei verbali di interrogatorio - «tutta la documentazione comprovante la fornitura all’Iraq di tecnologia e materiale nucleare (12.000 kg di uranio). Detto traffico clandestino intercettato dai servizi segreti israeliani e americani, che addirittura rappresentarono allo stesso Colombo che l’attività svolta dall’Enea e quindi dal Governo italiano non era tollerabile, determinava Israele a compiere vere e proprie attività terroristiche contro le ditte di proprietà statale incaricate dall’Enea di fornire la tecnologia nucleare: Snia Techint (attentato negli uffici romani), attribuito dallo stesso presidente del CNEN Colombo ai servizi segreti italiani». 


L’intelligence di Tel Aviv già prima della strage del 27 giugno 1980 aveva distrutto con un attentato tutto il materiale nucleare in partenza dalla Francia per l’Iraq. Nel frattempo il presidente del consiglio Francesco Cossiga, pur incalzato dal governo israeliano confermava alla stampa internazionale che, nonostante le pressioni americane e di altri Stati, il Governo italiano avrebbe mantenuto agli accordi sottoscritti dal presidente Andreotti.

Secondo quanto riportato dagli investigatori nei verbali, «la successione temporale degli nell’attività clandestina dell’Enea in favore dell’Iraq dimostrerebbe la vera causale dell’abbattimento dell’aereo di linea italiano su Ustica vada ricercata in un possibile trasporto clandestino verso Palermo da Bologna di combustibile nucleare. A Bologna, infatti, all’epoca vi erano due impianti nucleari di ricerca gestiti dall’Eni e dell’Agip Nucleare».
In effetti, ben 7 anni prima che la società francese Ifremer (una controllata dei servizi segreti di Parigi) effettuasse i primi recuperi dei rottami del Dc 9 Itavia e filmasse addirittura i resti di un missile di nazionalità israeliana (Shafrir) mai recuperato, nel profondo del Tirreno una società di cui erano titolari il capo di Stato Maggiore della Difesa (dal 1980 al 1981), tale Giovanni Torrisi (iscritto alla loggia massonica P 2 e capo di stato maggiore della marina militare dal 1977 al 1980), ed il banchiere Francesco Pacini Battaglia, con sede in via Fauro a Roma (una mera concidenza l' attentato del 1993?) aveva effettuato indisturbatamente e a più riprese proprio durante l'estate del 1980, con il pretesto della ricerca idrocarburi, ricognizione sui fondali ove giaceva la carcassa dell’aereo civile, alterandone la situazione.
Perché le indagini giudiziarie non sono mai state indirizzate in maniera approfondita sulla pista nucleare, liquidata con accertamenti superficiali? Come è stato possibile consentire a Cossiga di depistare in tempi più recenti, fino all'ultimo respiro? Bastava scandagliare il ponderoso carteggio diplomatico dal 1976 al 1980 che intercorre tra Tel Aviv e Roma per capire fino in fondo le motivazioni addotte per "sacrificate" 81 persone, compresi alcuni neonati. Ed emerge la solita ragion di Stato, ovvero gli affari indicibili intessuti da Palazzo Chigi con l'Eliseo. A proposito Cossiga e Andreotti, grazie allo zio Sam avevano già "sacrificato" Aldo Moro: ma questa è un'altra storia.
 
di Gianni Lannes
  
Fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/

mercoledì 20 agosto 2014

Marò in India: ITALIA SENZA SOVRANITA', IN GUERRA PER CONTO STRANIERO

Il ritornello pretestuoso è la pace, ma basta leggere il decreto legge 107 del 12 luglio 2011 (promulgato da Napolitano su proposta del consiglio dei ministri targato Berlusconi), convertito con legge 130 del 2 agosto 2011, votata ad ampia maggioranza dal parlamento (finta opposizione di centro-sinistra inclusa), per capire quali siano le operazioni belliche in atto da anni (almeno dal 1990), mascherate per ottemperare agli ordini del governo degli Stati Uniti d’America e della NATO.
In questo calderone illegale è stata inserita la scorta armata di nuclei di fucilieri della Marina Militare su navi civili. Perché il servizio di scorta era stato affidato ai militari, invece che alle guardie giurate come hanno stabilito norme in vigore che risalgono al 1940? Infatti,  a bordo di navi civili i servizi di vigilanza privata possono essere svolti con l'impiego di particolari guardie giurate armate, a protezione delle merci e dei valori sulle navi mercantili e sulle navi da pesca battenti bandiera italiana negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria, ai sensi degli articoli 133 e seguenti del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, e successive modificazioni, e dagli articoli 249 e seguenti del relativo regolamento di esecuzione, di cui al regio decreto 6 maggio 1940, numero 635, e successive modificazioni.


Eppure nonostante la palese incostituzionalità di tutto l’orpello “normativo” orchestrato dai vertici statali, addirittura l’1 settembre 2011 il ministro della difesa Ignazio la Russa ha sfornato un collegato decreto sulle aree marittime a rischio. E si è proceduto alla stipula di protocolli di intesa tra Ministero della Difesa e Confederazione italiana armatori, con tanto di tariffario.


La legge 130/2011 viola gli articoli 11 e 52 della Costituzione: un’osservazione elementare che il capo delle forze armate Giorgio Napolitano dovrebbe sapere a memoria, invece, hanno svenduto da un pezzo le nostre Forze Armate e prostituito la Marina Militare. Già, ma nell'Italietta delle banane di zio Sam, trasformata da Washington in una portaerei dentro il Mediterraneo, chi ha fiatato oppure ha obiettato qualcosa in proposito? Per dirla tutta: gli ufficiali italiani nell'alleanza atlantica sono dei meri subordinati.

L’ammiraglio Bruno Branciforte è stato il deus ex machina della vicenda marò, ed appare indimenticabile la sua audizione in Senato (14 luglio 2010) per l’approvazione della cosiddetta “legge antipirateria”. L’ammiraglio Branciforte è stato il primo direttore dell’Aise e aveva alle sue dipendenze nei servizi segreti, il generale Alberto Manenti.
Dopo lo scandalo mondiale al largo dell’India nel febbraio 2012, i soliti boiardi di Stato hanno cercato di porre rimedio con il decreto del Ministro dell'interno del 28 dicembre 2012, numero 266, si è cercato di regolamentare le modalità attuative dell'articolo 5, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 12 luglio 2011, numero 107.


La catena di comando e le responsabilità a monte dell’operato dei due fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone - a prescindere dal loro coinvolgimento nella morte dei due pescatori indiani, ancora tutto da dimostrare con solide prove -   sono state volutamente ignorate ed occultate all’opinione pubblica per coprire i veri responsabili in divisa e doppiopetto d’ordinanza istituzionale. Se vogliamo veramente dare un sostegno ai marò dobbiamo scaricarli da responsabilità che non sono loro pertinenti e individuare i responsabili mediante una severa e rigorosa disamina dei fatti. Per esempio, qualcuno dovrebbe spiegare le eventuali ragioni dell’ordine impartito dall’ammiraglio Donato Marzano di ottemperare alla richiesta indiana (una trappola) dell’entrata in porto a Kochi della petroliera Enrica Lexie. L’ammiraglio Marzano è l’assistente personale dell’ammiraglio Luigi Mantelli Binelli, attuale capo di stato maggiore della difesa, che all’epoca dei fatti era il Cincnav (comando in capo della squadra navale della marina militare).
Il peggio l’hanno offerto Mario Monti e Corrado Passera offrendo nuovamente in pasto i fucilieri italiani al governo indiano, per ungere i soliti nebulosi affari all’italiana. E Renzi come i burattini telecomandati che l'hanno preceduto a palazzo chigi, non risponde alle interrogazioni parlamentari sullo scottante argomento, relegato nel dimenticaio.
L’atto che viene imputato ai due sottufficiali italiani, a parte ogni altra considerazione circa la veridicità dei fatti asseriti dall’accusa ancora senza un briciolo di prove, non è qualificabile come terrorismo.
I due fucilieri della marina militare sono organi dello Stato italiano e quindi godono dell’immunità per gli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni. Tanto più che il preteso omicidio di due pescatori è avvenuto in alto mare (20,5 miglia dalle coste del Kerala) e non nelle acque territoriali indiane. Questo non significa che i marò siano svincolati da qualsiasi normativa. Essi sono soggetti unicamente alla legge italiana e spetta giudicarli soltanto alla magistratura italiana ordinaria e militare. L’assenza di giurisdizione indiana, in virtù della Convenzione di Montego Bay (UNCLOS) è una questione di interesse nazionale, ma non bisogna dimenticare, in base ala legge elettorale numero 270/2005, dichiarata incostituzionale con sentenza della Consulta numero 1/2014, che il presidente della Repubblica, il governo ed il parlamento sono abusivi, proprio come i predecessori (da Berlusconi a Monti & Letta). E tutti questi personaggi appena menzionati mantenuti a spese del "popolo sovrano", devono rispondere di gravi reati penali: alto tradimento della Patria e attentato alla Costituzione, stracciata con la firma il 13 dicembre 2007 (Prodi e D'Alema) del Trattato di Lisbona. Tutto il resto sono inutili chiacchiere morte e sepolte, omissioni e manomissioni della verità, utili a distrarre il gregge tricolore in perenne letargo.
riferimenti:

martedì 19 agosto 2014

DUE SOLDATI ITALIANI DATI IN PASTO ALL'INDIA PER UNGERE AFFARI NEBULOSI

C’è un furbo - per cui non vale la pena spendere un nanosecondo - che ha fatto il ritaglio dei giornali indiani e italiani. E con un banale copia e incolla, spacciato per giornalismo di inchiesta, ha sfornato un volume, pompato dal famigerato sistema manipolatorio dello stivale. Bontà sua. I fatti nudi e crudi, però, dicono altro.
Le etichette non mi incantano. Non sono di destra, né di centro e tantomeno di sinistra. Mai avuto tessere di partito. Non sono iscritto a sindacati o logge segrete. Non sono più un giornalista per scelta personale, vale a dire nausea e perché non mi sono adeguato al sistema imperante. Ma ho dedicato quasi 30 anni della mia vita alla ricerca di notizie sul campo, compreso l’Oceano Indiano. In passato da freelance (Il Manifesto, L'Unità, Liberazione, Avvenimenti, Famiglia Cristiana, Il Corriere della Sera, La Stampa, e così via), per i settimanali L’Espresso e Panorama, ho seguito più di un sequestro di pescherecci e navi italiane all’estero, nonché svariate stragi, omicidi su commissione, e strani "incidenti”, esodi forzati di migranti e guerre coloniali. In materia ho pubblicato qualche libro: e qualcuno di essi (NATO: COLPITO E AFFONDATO) ha consentito alla magistratura italiana di riaprire un fascicolo archiviato relativo all'uccisione deliberata di ben 5 pescatori italiani. Non sono un tuttologo e neanche un esperto, ma qualcosa ho imparato dal mestiere senza raccomandazioni.
Dunque, è lapalissiano: la cosiddetta destra italidiota sull'argomento ha offerto il peggio. E allora, che c'entra con la ricostruzione puntuale e rigorosa degli accadimenti che hanno portato il 15 febbraio 2012 alla morte di due pescatori del Kerala? 

Per i sinistroidi tricolori nostrani che dagli anni ’60 sbirciano tutto sotto la lente deformante del fascismo, i due fucilieri della Marina Militare sono colpevoli a prescindere, solo perché indossano una divisa. Di prove, zero e neanche l’ombra di un indizio contro di loro. Il verdetto senza processo vomitato da questi esperti che non distinguono una petroliera da un mercantile, e un fucile da una pistola, lo dobbiamo accettare per dogma ideologico. Delle innumerevoli "stranezze" (le vogliamo definire così?) non ne viene menzionata nessuna, a parte, ma solo indirettamente, quella dell'autopsia. Autopsia che sarebbe (il condizionale è d'obbligo) stata effettuata il giorno stesso senza che un perito di parte potesse prendere parte all'esame, e dopo due giorni i cadaveri sono stati inceneriti (con una fretta difficilmente comprensibile). E addio alle prove. Servono settimane perché gli indiani si decidano a fare quello che si doveva fare, una prova balistica. Di cui ancora oggi, non conosciamo con certezza gli esiti. 
Da quello che trapela l'autopsia avrebbe rivelato che i due indiani sarebbero stati uccisi da proiettili calibro 0.54, che nemmeno esistono. Senza dimenticare le tantissime versioni cambiate nel giro di poco tempo. A tutt'oggi gli indiani si ostinano a non voler prendere in considerazione le posizioni delle due navi risultanti dai vari sistemi elettronici di rilevamento. Una prova decisiva, visto che l'Italia ha sempre sostenuto che la petroliera navigava a diverse miglia di distanza da dove si trovava la barca di pescatori nel momento della presunta sparatoria che ha portato alla morte di due pescatori indiani. Perché le autorità indiane non esaminano le rotte della petroliera e della barca St. Antony, che non era neanche registrata? Mistero. Eppure basterebbe pochissimo. Che il battello dove si dice si trovassero i due pescatori presenti fori di proiettili assolutamente incompatibili con una traiettoria dall'alto verso il basso (ossia dall'alto di una petroliera contro una barchetta), come è evidenziato da fotografie effettuate alla barca e pubblicate da alcuni giornali, non si fa la minima menzione. 
Stranamente la barca, che non è mai stata esaminata dalle autorità indiane, e nemmeno da quelle italiane, per determinare la traiettoria dei proiettili ed il calibro, viene affondata dopo qualche mese (una pura casualità?), e con lei inabissano le prove. E poi, considerando che le armi in dotazione ai due fucilieri di marina avevano una gittata utile di qualche centinaio di metri, che ci faceva una barca di pescatori ad un soffio da una petroliera, quando avevano tutto l'oceano a disposizione? Quei fucili Beretta vantano una potenza devastante. Se avessero colpito il peschereccio l’avrebbero ridotto un colabrodo, falcidiando tutto l’equipaggio. Ma i due sottufficiali italiani sono colpevoli. Per fede di sinistra. 
E dire che la finta opposizione di centro & sinistra ha votato in parlamento la legge numero 130 del 2 agosto 2011. E dire che il capo abusivo dello Stato (uno di sinistra, fino a prova contraria) ha promulgato il decreto legge (anch’esso incostituzionale) numero 107 del 12 luglio 2011, su proposta del governo Berlusconi (La Russa, Frattini, eccetera).
E dire che la Convenzione internazionale di Montego Bay, sottoscritta anche dall’India, stabilisce inequivocabilmente che sono acque territoriali solo quelle fino a 12 miglia dalla costa. Quindi l'India non ha la giurisdizione del caso, poiché la petroliera Enrica Lexie incrociava a 20, 5 miglia dalle coste del Kerala.
Indubbiamente ci sono responsabilità nella catena di comando, a partire dall'attuale capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Lugi Mantelli Binelli (promosso a dicembre 2013). Le alte sfere militari nostrane hanno consentito alla politica di usare a piacimento le forze armate per i propri porci comodi. E i soliti La Russa e camerati on si sono tirati indietro. 

Dal 19 febbraio 2012 Massimiliano Latorre e Salvatore Girone - nell’esercizio delle loro funzioni operative, ovvero istituzionali - sono stati privati della libertà e dati in pasto dallo Stato italiano, o meglio dai governi eterodiretti Monti, Letta e Renzi, alle autorità dell’India, in attesa di un processo farsa, rinviato al 14 ottobre 2014. L'Italia avrebbe potuto tranquillamente invocare e far ricorso pacificamente ad un arbitrato internazionale, ma nulla, di serio e concreto è stato mai fatto per il bene di questi due uomini e padri di famiglia.
Per la cronaca: l'India non è più quella del mitico Gandhi, ma piuttosto è la prima nazione al mondo, per import di armamenti di guerra. E per giunta, vanta addirittura un arsenale nucleare. 
A proposito ma che ci fanno Finmeccanica, Eni, De Benedetti, la Bocconi di Mario Monti eccetera eccetera a quelle latitudini orientali? Sono tutti in vacanza premio a spese degli ignari italiani?

di Gianni Lannes
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